HITLER vs INGHILTERRA – 3

a cura di Cornelio Galas

Testate a confronto

Secondo i giornali italiani, alla Gran Bretagna non rimane altro che un «miserando destino insulare»

Agosto 1940. Proponiamo un confronto fra la stampa italiana, che parla ormai già di «inevitabile crollo» degli Inglesi, e la fredda analisi della stampa alleata sulle prime battute della Battaglia d’Inghilterra.

L’Inghilterra è una nazione fuori della realtà. Essa non ha capito né il brillante destino imperiale che l’Asse comunque le aveva riservato, né il miserando destino insulare al quale la condanna la sua cocciutaggine. Resa cieca e sorda dalla superbia che tutta la inturgida, l’Inghilterra non si rende conto né della sua debolezza militare di fronte all’Asse né dei pericoli che rappresentano per essa altri imperialismi ormai in agguato, né dell’odio che cova nei sotterranei dei suoi possedimenti coloniali né dell’antipatia generale che la circonda nel mondo… L’irrigidimento dell’Inghilterra ha obbligato i due grandi capi delle Rivoluzioni a modificare il loro piano storico e ad affrontare in tutte le sue conseguenze il problema che avrebbero voluto evitare: la distruzione dell’Impero britannico.

Il Popolo d’Italia, 9 agosto 1940

La caduta in mano tedesca delle coste francesi, olandesi e belghe ha convinto la Germania a tentare il blocco anche contro di noi, servendosi sia della flotta che dell’aviazione. Siamo sicuri che se i Tedeschi potessero chiudere la Manica lo farebbero, ma non sono in grado di farlo. […]

The Manchester Guardian, 10 agosto 1940

Le tragiche notti che sta vivendo l’Inghilterra sotto i continui assalti dell’aviazione tedesca, la strage di apparecchi inglesi e lo sgretolamento dei suoi forti e delle sue difese costiere sotto i colpi dei piloti di Göring: le umilianti sconfitte subite nel Mediterraneo e in Africa, dove le Forze Armate dell’Italia fascista giorno per giorno vanno scardinando il prestigio e la potenza britannici, dovrebbero avere persuaso gli Inglesi, come hanno già persuaso il mondo, che la guerra viene condotta non come piace a Londra, ma come vogliono le potenze dell’Asse. Gli attacchi avvengono nel momento e nelle condizioni che i due grandi Capi giudicano più opportuni: e agli Inglesi non resta ormai più che cercare di difendersi, se pure ci riescono, per ritardare di qualche settimana l’inevitabile crollo.

Corriere della Sera, 13 agosto 1940

Negli ultimi giorni la frequenza degli attacchi aerei è stata tale che le incursioni si sono susseguite incessantemente fino a diventare un’unica battaglia, una battaglia che è ancora in corso mentre scriviamo e della quale non si può prevedere una conclusione a breve scadenza […].
È difficile a questo punto fare un quadro abbastanza generale dell’andamento del conflitto, mentre è addirittura impossibile confrontare i dati tedeschi con i nostri. Le cifre fornite dalle due fonti presentano discordanze che non si possono imputare a semplici errori; a volte la sproporzione è tale da far dubitare che i dati si riferiscano alla stessa operazione. Si tratta evidentemente di propaganda da parte dei Tedeschi, e la propaganda ha un duplice scopo: quello di risollevare il morale dei loro compatrioti – e ciò è per noi motivo di moderato ottimismo – e quello di minare la fiducia degli Inglesi nei resoconti ufficiali.
Come vadano in realtà le cose è chiaro: i nostri piloti, di solito inferiori come numero, riescono ad abbattere aerei nemici in proporzione di due o tre contro uno; contemporaneamente i nostri bombardieri in Germania distruggono le basi e le linee di comunicazioni delle potenziali forze d’invasione e i danni provocati sono molto maggiori di quelli subiti dai nostri docks, aeroporti e linee di difesa. […]
Se essi accettano tutte queste perdite deliberatamente è perché seguono una precisa strategia. E il Blitzkrieg ne è una prova: i bombardamenti contro l’Inghilterra sono in continuo crescendo, esattamente come è stato nelle precedenti campagne, a cominciare da quella contro la Polonia. La tattica è quella di paralizzare il sistema difensivo con continui e sempre più violenti attacchi dall’aria; che poi questa sia la vera e propria battaglia o siano i preparativi per uno sbarco, il metodo non cambia…

The Times, 14 agosto 1940

Mentre stiamo scrivendo, l’attuale crisi europea potrebbe evolversi repentinamente e trovare uno sbocco funesto. Nella lotta tra Germania e Inghilterra non è in gioco solo il futuro di un popolo, ma la stessa sopravvivenza della nostra civiltà… È un’ora di estremo pericolo, non per l’Inghilterra sola, ma per noi, per la civiltà, per l’umanità intera. […] Dobbiamo intervenire per aiutare l’Inghilterra finché si è in tempo. Il nostro intervento non significa estensione della guerra: oggi sarebbe molto più pericoloso trincerarsi dietro un rifiuto che potrebbe comportare la resa dell’Inghilterra. Dobbiamo intervenire ora, non tra cinque mesi, non tra un mese e nemmeno domani ma oggi. Il nazismo conosce un solo valore: la forza. Per questo non può essere addomesticato, va domato e ridotto all’impotenza.

New York Times, 17 agosto 1940

Blocco delle isole inglesi
Secondo la propaganda tedesca l’Inghilterra va messa al bando da tutte le nazioni europee

«I mari delle isole britanniche ridotti a mari di morte». Con questo titolo La Stampa di Torino del 20 agosto 1940, in un articolo dell’inviato Giuseppe Piazza, annunciava il controblocco tedesco attorno all’Inghilterra. Il servizio spiegava la «grande importanza dell’iniziativa nella storia della guerra» e le conseguenze che sarebbero toccate agli Stati che avessero aiutato la Gran Bretagna.

Berlino, 19 agosto.

La settimana finita ieri è destinata a segnare una data nella storia della guerra per la dichiarazione della Germania formalmente fatta attraverso una vasta azione diplomatica in tutte le capitali del mondo neutrale di «blocco totale» delle isole inglesi. Con essa il Governo del Reich trae radicalmente le conseguenze da un anno di guerra di mare inglese contraria ad ogni diritto e spregiatrice di tutte le norme, costumi e sentimenti di umanità e civiltà e che anziché flettersi o modellarsi col tempo a seconda delle giuste reazioni del sentimento giuridico e morale delle nazioni ovvero in seguito alle nuove situazioni della guerra, ha invece deliberatamente accumulato sulla sua via le violazioni mettendosi totalmente sotto i piedi, per quanto era in suo potere, gli interessi e la vita stessa dei popoli e giungendo infine a lanciare una sfida temeraria a tutto il continente.

Al vertice della pirateria

Le tappe successive di questa via della prepotenza e del delitto che hanno messo moralmente come politicamente l’Inghilterra al bando delle nazioni d’Europa sono ancora nel ricordo di tutti e le passa in efficace rassegna la nota del Governo del Reich diretta a tutti i Governi neutrali. In breve: dalla primitiva dichiarazione di contrabbando delle materie alimentari di importazione in Germania che violando e prevaricando sfacciatamente ogni norma di diritto internazionale poneva il principio dell’affamamento di donne e bambini a base di una condotta di guerra, si è passati alla dichiarazione di contrabbando anche per le esportazioni tedesche in possesso di navi neutrali al fine di colpire con ciò in pieno l’economia del nemico, venne dopo l’armamento non meno contrario al diritto delle genti delle navi commerciali britanniche come mezzo di lotta contro i sottomarini tedeschi, nonché la manomissione delle bandiere neutrali, e la gamma delle violazioni e degli abusi si spinse sino alla appropriazione indebita e violenta di tanta parte delle flotte commerciali di Norvegia, Danimarca, Olanda, Belgio e Francia a compensazione parziale delle perdite di tonnellaggio subite; finché raggiunse il culmine non mai finora toccato nemmeno dai più celebri fasti di tutte le maggiori storie piratesche del passato con tutti gli attuali sistematici tentativi di controllo e di arresto della navigazione mondiale con gli sbarramenti di mine dei mari non propri, con i fermi a navi di nazioni del tutto estranee al settore europeo e infine col metodo del navicert che tende ad asservire ai propri fini tutta la navigazione neutrale dichiarando la guerra commerciale a tutto il continente. […]

Anche l’Irlanda bloccata

Inoltre, secondo quanto ci risulta, nella zona geografica di blocco è anche l’Irlanda, paese come si sa neutrale; e a questo proposito se le nostre informazioni sono esatte il Governo del Reich rendendosi conio della speciale situazione di questo paese avrebbe intavolato trattative con il Governo di Dublino, trattative che al momento in cui scriviamo ancora continuerebbero onde su questo punto preciso la situazione sarebbe ancora sospesa.
Tutta la stampa, mentre con ogni insistenza si indugia nel prospettare l’estrema serietà del monito rivolto ai neutrali davanti ai quali il Governo del Reich definitivamente fin d’ora respinge ogni sorta di responsabilità, rileva la grande importanza dell’avvenimento nella storia della guerra alla cui fine più sollecita è indubbiamente destinata a contribuire potentemente.
A nessun essere raziocinante infatti può sfuggire l’importanza somma dell’annunzio di una simile radicale intensificazione del controblocco germanico da condurre con tutti i mezzi sia di mare che di aria (quasi tutti gli sbocchi dei mari e dei porti inglesi sono stati fra l’altro nelle ultime settimane sbarrati di mine dall’aviazione tedesca) in un momento in cui anche l’azione militare vera e propria si appresta ad entrare, se non è forse più esatto dire che vi è già entrata in pieno nella sua fase decisiva e in cui insomma tutta la guerra sembra trarre le fila di un anno di esperienze e di risultati, per dare l’estremo colpo verso una decisione delle sorti.

L’invasione fallita

Tra alterni pareri e discordanze degli stati maggiori tedeschi viene formulata la direttiva dell’Operazione «Leone Marino» La direttiva operativa emanata dall’Alto comando dell’esercito tedesco per l’invasione dell’Inghilterra porta la data del 30 agosto 1940 e la classifica «segretissimo».

Comando dell’OKH, 30 agosto 1940.
Il comandante in capo dell’esercito
Stato maggiore dell’esercito – Sezione operativa (I) No. 480/40 g. Kdos.
DIRETTIVA PER I PREPARATIVI DELL’OPERAZIONE «LEONE MARINO»

1. Compito
Il comandante supremo ha ordinato alle tre forze armate di compiere i preparativi per uno sbarco in forze in Inghilterra. Scopo dell’attacco è di eliminare la Madre Patria come base per la continuazione della guerra contro la Germania, e, se necessario, procedere all’occupazione totale. L’ordine esecutivo dipende dalla situazione politica. I preparativi debbono essere compiuti in modo che l’operazione possa venire effettuata a partire dal 15 settembre. Pur proseguendo nell’espletamento delle attività di occupazione in Francia e
salvaguardando la sicurezza sugli altri fronti, sarà compito dell’esercito sbarcare forti contingenti nell’Inghilterra meridionale, sconfiggere l’esercito inglese, e impadronirsi della capitale. Altre regioni dell’Inghilterra verranno occupate non appena la situazione lo permetta.

2. Nome convenzionale
L’operazione sarà designata col nome convenzionale di «Leone marino».

3. Il corso che assumerà l’operazione dipende da molte e imprevedibili circostanze. Perciò i preparativi per l’imbarco, la traversata e lo sbarco iniziale debbono essere condotti con flessibilità, in modo che l’alto comando possa fronteggiare imprevisti mutamenti della situazione senza perdite di tempo. Comandanti e truppe debbono rendersi conto che le condizioni particolari del trasporto via mare provocheranno inevitabilmente la disgregazione delle formazioni e che le situazioni insolite che si verificheranno potranno essere dominate solo con un grande spirito d’iniziativa da parte di tutti i comandi.

4. Modalità esecutive proposte
(a) La Luftwaffe annienterà la RAF e la produzione di armamenti che le dà appoggio, e conquisterà la supremazia aerea. La marina creerà dei corridoi di transito liberi da mine e, con l’aiuto della Luftwaffe, sbarrerà sui fianchi la zona della traversata.

(b) Le forze da sbarco dell’esercito conquisteranno innanzi tutto teste di sbarco locali con gli scaglioni di punta delle divisioni della prima ondata, dotati di speciali equipaggiamenti. Immediatamente dopo, amplieranno le singole teste di sbarco sino a formare una zona continua di sbarco, dominando la quale sarà protetto lo sbarco delle truppe che seguiranno e ci si garantirà il sollecito controllo uniforme della sponda inglese. Non appena saranno disponibili forze sufficienti, si lancerà un’offensiva contro il primo obiettivo operativo, che potrà essere l’estuario del Tamigi, le alture a sud di Londra, o Portsmouth. Poiché gli Inglesi contrattaccheranno le truppe tedesche sbarcate per prime e resisteranno con ogni mezzo a ulteriori avanzate tedesche verso l’interno, bisogna prevedere aspri combattimenti. Il comando e l’organizzazione delle truppe avranno lo stesso peso determinante in queste azioni iniziali.

(c) Conquistato il primo obiettivo operativo, il successivo compito dell’esercito sarà il seguente: sconfiggere le forze nemiche ancora tagliate fuori nell’Inghilterra meridionale, occupare Londra, rastrellare il nemico dall’Inghilterra meridionale e impadronirsi della linea Maldon (a nord-est di Londra) – estuario della Severn. Gli ordini concernenti ulteriori compiti saranno diramati al momento opportuno. (d) La situazione del nemico verrà periodicamente resa nota, come in precedenza, ai gruppi d’armate e alle armate.

5. Comando e organizzazione delle forze
All’inizio i compiti assegnati all’esercito saranno affidati al Gruppo d’Armate A (con la XVI e la IX Armata). Dipenderà dallo sviluppo della situazione l’impiego, nel corso dell’operazione, di elementi del Gruppo d’Armate B. […] Rimangono in vigore i precedenti compiti dei gruppi d’armate (difesa costiera, truppe di occupazione, controllo dei limiti di settore).

6. Compiti dei gruppi d’armate e delle armate
(a) Compito del Gruppo d’Armate A. Muovendo su ordini dell’OKH, il gruppo compirà uno sbarco sulla costa inglese tra Folkestone e Worthing: e prenderà, per primo, possesso di una testa di sbarco, dove sia possibile assicurare il successivo afflusso di altre forze, con l’appoggio del fuoco d’artiglieria rivolto verso il mare, e dove inoltre si possano creare le condizioni preliminari per continuare l’attacco. È auspicabile poter usare al più presto le installazioni portuali sulla costa nemica per un rapido sbarco delle forze che seguiranno.
Dopo lo sbarco di forze sufficienti su suolo inglese, il Gruppo attaccherà, assicurandosene il possesso, la linea estuario del Tamigi-alture a sud di Londra-Portsmouth. Non appena la situazione lo consenta, formazioni motorizzate saranno fatte avanzare nella zona a ovest di Londra, per isolarla a sud e ad ovest e impadronirsi dei passaggi sul Tamigi in vista di un’avanzata in direzione Watford-Swindon.

(b) Compiti iniziali delle armate. La XVI Armata si imbarcherà nei porti d’invasione posti fra Rotterdam (compreso) e Calais (compreso). Sbarcando su ampio fronte nel settore della costa Folkestone-Hastings (località comprese), l’armata occuperà una zona estesa almeno sino alla linea qui indicata: alture a mezza via tra Canterburv e Folkestone-Ashford-alture 20 km a nord di Hastings. È importante una immediata conquista delle installazioni portuali di Dover. Il settore costiero Ramsgate-Deal, al quale, per motivi navali, non ci si potrà accostare che dopo eliminata la difesa costiera, dovrà essere conquistato dal fronte a terra il più presto possibile.
Si dovranno prendere accordi per l’impiego di truppe paracadutiste per la rapida conquista delle alture a nord di Dover: questa operazione si svolgerà contemporaneamente allo sbarco.
La IX Armata, sbarcando contemporaneamente alla XVI fra Bexhill e Worthing, occuperà una testa di sbarco estesa almeno alla linea: alture 20 km a nord di Bexhill fino alle alture 10 km a nord di Worthing. Ci si renda conto che solo i primi scaglioni delle tre divisioni della prima ondata possono essere trasportati attraverso la Manica direttamente da Le Havre; la quarta divisione e i successivi scaglioni e ondate, partendo da Boulogne, devono compiere il tragitto sotto lo schermo protettivo dei settori di traversata della XVI Armata meglio riparati, e devono sbarcare ad est o ad ovest di Eastbourne, secondo quanto la situazione del momento suggerirà. […]

Il giovedì nero della Luftwaffe
1786 sortite tedesche contro 974 inglesi segnano però un attivo inglese nella prima fase del duello RAF – Luftwaffe

Azioni sporadiche della Luftwaffe contro l’Inghilterra se ne erano avute sin dal mese di giugno: attacchi contro gli aeroporti, ma soprattutto contro i convogli mercantili che si addentravano nella Manica: attacchi, del resto, energicamente bloccati e rintuzzati dalla RAF, che tra la metà di luglio e il 10 di agosto aveva abbattuto circa 250 nemici, contro una propria perdita di un centinaio di macchine.
Anche l’11 e il 12 agosto, peraltro, si svolsero alcune azioni piuttosto intense di bombardamento su Portland, Dover, Cardiff, Bristol e altri centri; ma il 12, in considerazione delle previsioni meteorologiche, secondo le quali era imminente un periodo di bel tempo, Göring decise finalmente che il giorno dopo – l’«Adlertag», appunto – la Luftwaffe desse inizio alle operazioni effettive, su vasta scala.

Il piano tedesco prevedeva che ogni giorno grosse formazioni di bombardieri appartenenti alle due Luftflotten dislocate in Francia – la 2ª e la 3ª – attaccassero in primo luogo le basi della caccia inglese, e anche, naturalmente, le industrie aeronautiche, i porti e le stazioni radar sparse in tutto il meridione dell’isola. I bombardieri sarebbero stati scortati dai caccia pesanti Me.110, mentre ai caccia monoposto Me.109 sarebbe toccato l’incarico di «aprire la strada» ai bombardieri, ma non quello di impegnarsi a tutti i costi nella loro protezione. All’offensiva, infine, avrebbero partecipato – anche se in forze più modeste, e col compito di colpire nel nord – i bimotori della Luftflotte 5.

Il 13, come stabilito, l’offensiva ebbe proporzioni veramente schiaccianti; benché la giornata fosse molto nuvolosa, i bombardieri della Luftwaffe eseguirono un totale di 485 sortite, mentre la caccia arrivava addirittura a 1000 compiendo incursioni su Portsmouth, Eastchurch, Southampton, sugli aeroporti di Manston e di Hawkinge, su alcune fabbriche e su alcune stazioni radar. I risultati, però, furono tutt’altro che brillanti: non solo la Luftwaffe non arrivò a colpire e a distruggere alcun obiettivo di primaria importanza, ma perse 45 apparecchi, contro una perdita, da parte inglese, di soli 13 velivoli.

Il 14, le condizioni atmosferiche furono ancora sfavorevoli, e non si ebbero azioni di rilievo, ma il 15 l’assalto si ripeté con accresciuta violenza. Raggiungendo la cifra record di 1786 sortite, e spedendo le formazioni di tutte e tre le Luftflotten, la Luftwaffe riuscì per la prima volta a conseguire risultati di una certa consistenza: a sud, furono colpiti gravemente diversi aeroporti, tra i quali quello di Croydon, e le industrie aeronautiche subirono danni ingenti. Per gli «Spits» e gli «Hurries» dell’Air Marshal Sir Keith Park, comandante del Group 11, fu invece una giornata dal bilancio più che positivo: ben 22 squadrons furono impegnati in 5 grandi scontri, per un totale di 974 sortite, e, durante uno di quei cimenti, le formazioni tedesche si videro piombare addosso 150 intercettatori.

Un po’ più a nord, una cinquantina di Junkers 88 della Luftflotte 5 riuscì a colpire gravemente l’aeroporto di Driffield, dove distrusse al suolo 10 bombardieri, ma, assalita da 4 squadrons del Group 12 (comandante del quale era l’Air Marshal Sir Trafford Leigh-Mallory), pagò a carissimo prezzo questo suo successo. Più a nord ancora, un’altra formazione di Heinkel 111, anche questi provenienti dalla Norvegia, fu captata con molto anticipo dai radar, e, ad est delle Farne Islands, venne aggredita dal primo di 5 squadrons del Group 13, partiti su allarme.

Quando stabilì il contatto col nemico, il Flight Lieutenant Edward Graham, che comandava lo squadron, anziché attaccare subito, sostò per qualche istante a valutare la situazione; ma, durante quella pausa, un suo gregario impaziente gli domandò, per radio, se avesse avvistato qualcosa. «Certo», rispose Graham. «Certo che li ho avvistati. Ma mi sto domandando che cosa mi convenga fare». Dopo di che, si buttò sui caccia tedeschi, costringendoli ad assumere uno schieramento difensivo, e, nella mischia che seguì, 15 Messerschmitt ci rimisero le penne, mentre gli inglesi ne uscivano praticamente indenni.

Così, quel 15 agosto si chiuse assai malamente per la Luftwaffe, che, pur avendo totalizzato la cifra record di 1786 sortite, perse in tutto 76 velivoli. Mentre, la RAF, con un complesso di 974 sortite, ne perse solo 34. Non per nulla i piloti tedeschi chiamarono quel giorno Schwarzer Donnerstag, giovedì nero. Per gli Inglesi, invece, fu una giornata all’insegna della vittoria.

da Carlo Rossi Fantonetti, Le grandi Battaglie aeree della Seconda Guerra
Mondiale, Mondadori 1970, pp. 13-14

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