GLI UOMINI DI MUSSOLINI – 5 -RODOLFO GRAZIANI

a cura di Cornelio Galas

  • documenti raccolti da Enzo Antonio Cicchino

Rodolfo Graziani

 RODOLFO GRAZIANI

Rodolfo Graziani

di Enzo Antonio Cicchino

Rodolfo Graziani, il lupo sconfitto, il condannato, il processato, il massacratore dei libici e degli etiopi. Dei partigiani e degli italiani. Di poche sfumature, il carattere sbozzato a colpi di martello. Senza utopie. Semplice. Onesto. Solitario. Per questo piace ai soldati. Lo sentono uno di loro.

Crudele per mestiere, coraggioso per necessità, deciso. Mandano lui quando c’è da uccidere. E lo premiano col bastone di maresciallo. Ma non lo proteggono, è l’uomo da buttare sulla graticola ogni volta che bisogna sacrificare qualcuno per una causa sbagliata.

Rodolfo Graziani

Nasce l’11 agosto 1882 a Filettino in Ciociaria, da una famiglia di pastori. Quarto di nove figli. Dopo un’esperienza in Seminario si arruola nel plotone allievi ufficiali del 94esimo Reggimento Fanteria in Roma.

Partecipa alla Grande Guerra. Più volte citato nei bollettini militari, nel 1918, è il più giovane colonnello d’Italia. Il suo nome appartiene alla leggenda. Combatte in Africa per la riconquista della Libia, tornata in mani arabe durante la guerra in Europa.

Graziani con moglie e figlia – 1915

“Presso questo comando non c’è cassaforte!” fa scrivere fuori della sua tenda. La sua spietatezza nei confronti dei guerriglieri senussiti è così efficace che nel 1922 Giovanni Amendola, allora Ministro per le Colonie, scrive: “Rodolfo Graziani è metodico nella preparazione, rapido nell’azione. Il suo comportamento è superiore ad ogni elogio!” e lo premia con due onorificenze civili.

Si lega al fascismo non tanto perché si identifica nella sua ideologia, quanto perché lo coglie in corso d’opera, mentre combatte per la riconquista della Libia. Per lui è un semplice avvicendamento al potere, del tutto occasionale. Solo più tardi – entrambi –  diventano necessari.

Sia chiaro: Rodolfo Graziani è di quegli uomini che sarebbe stato comunque uno dei protagonisti della storia militare del ‘900, anche senza l’avvento del Regime. Possiede tutti i requisiti per essere un generale di talento al servizio del paese.

Graziani al fronte, nella Grande Guerra – 1916

Dopo aver debellato la guerriglia libica al comando di Omar El Muktar e consegnato il vasto territorio nelle mani di Italo Balbo, il 20 febbraio del 1935 Mussolini, lo nomina Governatore della Somalia, della quale diviene anche Comandante Supremo delle truppe. E’ in vista la campagna d’Etiopia

In ottobre del ’35, con la guerra, dapprima avrebbe solo impegni difensivi; ma poi, dopo aver convinto il Duce di poter superare l’impervio territorio abissino, caricando tutto su 100 trattori Caterpillar, apre un proprio fronte, con linea di attacco Somalia – Addis Abeba. “Quel soldataccio mi piace proprio!” commenta Mussolini, entusiasta.

Il 5 maggio ’36 Badoglio, al comando delle truppe italiane entra in Addis Abeba. Durante il famoso discorso della proclamazione dell’Impero, il Duce ha però dimenticato un dettaglio, la conquista non è finita, il territorio è in preda ad un vasto movimento di guerriglia, le cui bande partigiane armate di fucili con pallottole dum-dum di produzione svedese mettono a dura prova gli italiani.

Il primo luglio del 1936 Graziani è nominato Viceré d’Etiopia. Da un lato adotta una feroce azione repressiva, dall’altra una linea morbida pacificatrice. Ma la guerriglia continua. Decide allora di estirparla fino in fondo, con la stessa cinica sobrietà usata in Libia, differenziandosi da Badoglio solo nel preferire le bombe incendiarie al posto dell’iprite.

Rodolfo Graziani, Viceré

Il 19 febbraio del 1937, durante i festeggiamenti per la nascita del figlio del principe Umberto è ferito in un attentato. Per qualche giorno rimane tra la vita e la morte; gli italiani, per suoi ordini, si abbandonano a tre giorni di crudeltà efferate. Seimila i morti. Ma fonti etiopi dicono 30.000. Viene raso al suolo perfino il monastero copto di Debre Libanos, i cui 1600 monaci sono massacrati e buttati giù nel dirupo sul Nilo Azzurro.

Cercherà poi di farsi perdonare, con continui pellegrinaggi di pacificazione presso i conventi superstiti. Nonostante la complicità di molte organizzazioni religiose con la guerriglia abissina, colpisce in Graziani – viceré – la lungimiranza nel cercare di costruire un clima di fratellanza tra tutte le comunità. Ed a suggello di questo, convince sua figlia a sposarsi in una chiesa di Addis Abeba.

Rodolfo Graziani

Odiatissimo in Etiopia ma acclamato in Italia, tornato a Roma a gennaio ’38, nel ’39 diventa Capo di Stato Maggiore e Maresciallo d’Italia. Sente che Mussolini sta scivolando verso la guerra accanto alla Germania. Non ne è entusiasta.

Il 25 maggio 1940 si presenta a Palazzo Venezia per dissuaderlo. E’ l’unico generale a farlo così, caparbiamente. Vuole dimostrare che è impossibile sostenere una vera guerra. I nostri carri armati non solo sono inferiori a quelli avversari per armamento e corazza, ma vengono ancora costruiti a mano! E gli otto milioni di baionette di cui Mussolini si vanta esistono solo sulla carta, perché manca il necessario equipaggiamento moderno.

Italo Balbo e il suo successore Rodolfo Graziani durante un’ispezione sul fronte libico

L’assurdo poi, è che la produzione bellica di qualità, i mortai da 45 e da 81 fino a marzo del 1940, sono venduti in buona parte all’estero, anche a Francia ed Inghilterra! “Una guerra è possibile solo fra dieci anni!” protesta. Ma la reazione di Mussolini è sprezzante. “Stia tranquillo Maresciallo, questa guerra sarà essenzialmente aeronavale, l’esercito servirà a poco!”

Graziani non esulta all’annuncio del conflitto. Soprattutto è inorridito dall’idea pazza del Duce di voler fare la guerra a Francia e Inghilterra con l’assoluta convinzione di non combatterla, pensando che ormai l’abbiano vinta i tedeschi. In un primo momento la storia sembra quasi dar ragione a Mussolini. Il 24 giugno infatti i Francesi sottoscrivono l’armistizio con l’Italia. Ma rimane l’Inghilterra.

Federzoni, Badoglio, Graziani e Acerbo dopo la dichiarazione dell’entrata in guerra dell’Italia

E’ a questo punto che Mussolini si rende conto che per giocare il peso dell’Italia sul futuro tavolo della pace è necessario contro di essa almeno un fatto d’armi che risulti vittorioso. E il Duce pensa di attaccare l’Egitto.

Morto Balbo a fine giugno, Graziani viene catapultato in Libia. E’ l’unico che ha dimestichezza con la guerra nel deserto e poi quel territorio lo conosce. Si acquartiera presso Cirene, ma prende tempo.

Le nozze della figlia del Viceré d’Etiopia Vanda Graziani con il conte Sergio Gualandi

Il Duce scalpita. Seccato dall’insistenza, Graziani, a fine luglio, piomba a Roma. Deciso a discutere le condizioni per una guerra vera, se deve essere fatta! che porti all’avanzata italiana fino ad Delta del Nilo, oppure la si pianti con quelle schermaglie sterili e di finto attacco che mostrerebbero solo la nostra impreparazione.

“Ho due armate senza armi anticarro ed antiaeree! Le mitragliatrici inglesi trasformano i nostri blindati in ruvidi colapasta di latta! è una guerra assurda di carne contro ferro! Non voglio uomini, voglio armi moderne!” ribatte a Mussolini che vuole mandargli altri soldati con salmerie di muli.

Graziani in visita all’aeroporto di Addis Abeba – Reparto A.O.I. (Africa Orientale Italiana)

Invece chiede una squadra navale! pronta al controllo parallelo delle coste egizie man mano che la conquista procede. Poi alcune divisioni corazzate, per il rafforzamento della Decima Armata, un migliaio di autocarri ed altrettanti aeroplani. Ultimo, suggerisce di iniziare l’attacco al principio della stagione fresca, in ottobre. Al che, gelido, Mussolini gli risponde: “Graziani, io non pretendo che voi conquistiate Alessandria, che dista 600 chilometri dal confine libico. Io voglio solo che attacchiate!”

Graziani, uomo metodico, ma anche uomo d’onore non accetta di essere crocefisso senza un Sinedrio. Tornato in Africa convoca immediatamente il comandante della Decima Armata generale Mario Berti, ed il comandante della Quinta Italo Gariboldi, chiedendo loro un parere tecnico per iscritto. Essendo questo molto critico, vi appone la sua firma, chiedendo allo Stato Maggiore di essere esonerato dall’incarico.

Il maresciallo vicerè Graziani e il generale Gariboldi alla stazione di Addis Abeba per la partenza del generale Cona

Sorte vuole che questo plico di dimissioni si incroci con un telegramma di Mussolini in data 19 agosto con cui lo avverte che l’invasione tedesca dell’Inghilterra avverrà fra poche settimane e che l’Italia non può farsi trovare inattiva. Assolutamente deve attaccare le forze inglesi oltre il confine egizio! Non gli viene posto neppure un obbiettivo da raggiungere. Il Duce assume su di sè tutte le responsabilità, purché attacchi!

Graziani non ha piu’ la forza di disobbedire.“Gli ordini saranno eseguiti” risponde. Conscio della debolezza delle sue Forze, cerca di arrangiarsi inventando alla meglio quello che può. Dispone che la Quinta Armata ceda il suo miglior armamento alla Decima, così da formare un esiguo battaglione corazzato. Requisisce tutti gli autocarri esistenti in Libia di uso civile e li adopra per rifornimenti e logistica. I soldati però, salvo i corpi scelti, devono marciare a piedi.

Graziani tra i Galla – Reparto A.O.I. (Africa Orientale Italiana)

Meta di attacco è Sidi El Barrani: un oscuro punto nel deserto che non significa nulla salvo un mussoliniano intento politico. Il comandante in capo dell’Armata inglese del Nilo Arcibald Wavell Percival, consapevole del fatto che lo scacchiere di guerra per tutto il 1940 è ancora poco chiaro a definirsi, ha arretrato tutte le sue truppe, molte centinaia di chilometri all’interno del confine egizio, dato che una eventuale conquista italiana di estensioni di sabbia non avrebbe avuto nessuna rilevanza strategica.

Anzi, più gli italiani si perdono nel deserto più saranno in difficoltà. Ha fatto perciò interrare tutti i pozzi nelle oasi e distruggere le strade. Graziani attacca. La mancanza totale di resistenza! Questa è la ragione per cui gli italiani il 13 settembre giungono a Sidi el Barrani!

Saluto del maresciallo Graziani

La vittoria italiana, comunque, in Inghilterra, non passa inosservata. Con imbarazzo, Winston Churchill, di fronte alla Camera dei Comuni, difende la strategia di Wavell; e afferma stravagante: “Soldato che scappa, buono per un’altra volta!” Forse, dal punto di vista inglese, ha ragione.

Mussolini freme di contentezza. Può dire a Hitler di essere – lui – per ora, il primo ad aver conquistato un palmo di possedimento inglese. Solo che la felicità del Duce non è condivisa con la stessa soddisfazione dal suo Maresciallo. Lui conosce la verità. Militarmente Sidi El Barrani è una vittoria tanto imprevista, quanto strategicamente inutile, e che neppure avrebbe voluto.

Il Duca d’Aosta, Graziani e Castellani sul palco delle autorità all’ippodromo di Addis Abeba

Lo pone troppo lontano dalle basi, con serie difficoltà logistiche. Per far giungere i rifornimenti è necessario costruire strade, ponti, infrastrutture, prolungare la Balbia oltre il confine egizio. Trovando impossibile rifornire di acqua un intero esercito si mette all’opera anche per costruire un acquedotto! Graziani tende a comportarsi più come un antico generale romano che come un uomo di Mussolini, con la differenza che Palazzo Venezia non è la Roma dei Cesari!

Anzi è subissato da messaggi di irritazione ed insulti con i quali si rimprovera scarsa combattività. “Mi trovo a far la guerra come ai tempi di Cleopatra” constata con amarezza, valutando la sua totale mancanza di mezzi, mentre dall’Italia riceve il nuovo ordine di spingersi fino a Marsa Matruh.

Rodolfo Graziani

Eppure questo suo voler essere civile anche in guerra è un aspetto curioso non estraneo al suo carattere. Anche in Etiopia aveva tentato di conciliare la ferocia della necessità con l’umano del ramoscello d’ulivo. Forse è istintivo retaggio del seminario… Un che di religioso, di antistorico, certo inconciliabile con la guerra.

Dopo tanto insistere Graziani promette a Mussolini che forse avrebbe riattaccato. Quando lo sovverte, improvvisa, la notizia che il 28 ottobre l’Italia ha dichiarato guerra alla Grecia. “Ecco perché mi sono stati negati i rinforzi!” urla e si abbandona ad epiche invettive contro il perfido Badoglio, che sino ad allora gli ha taciuto tutto. “Si è trattato di una scelta necessaria” risponde cinico Mussolini “Gli Italiani potrebbero anche accettare di essere battuti dagli inglesi, ma non dai Greci!”

Sir Archibald Wavell, il generale inglese – suo vecchio amico – che sconfigge Graziani in Africa Settentrionale nel 1940

Aspetto curioso è che neppure il suo amico Wavell, nel Quartier Generale del Cairo è convinto che sia utile agli inglesi prendere l’iniziativa contro gli italiani. E così come Mussolini insiste con Graziani ora anche Churchill fa pressioni perché si parta al contrattacco. Certo, i Britannici, dispongono di solo 50.000 uomini ma possono contare su 200 carri leggeri e 400 pesanti, più 700 aerei e la flotta al largo.

Di Graziani, abbiamo detto – il suo amico Wavell -. Certo i due si conoscevano bene. Si erano incontrati nel gennaio del 1934 nell’Oasi di Kufra, quando dopo la riconquista libica gli italiani avevano invitato un gruppo di ufficiali francesi ed inglesi a visitarla. Wavell e Graziani avevano provato così simpatia l’uno per l’altro che si erano scambiati le sciabole.

8 dicembre. Gli inglesi lanciano al contrattacco le loro forti divisioni corazzate sostenute da stormi di aeroplani. Ma è soltanto l’intervento dei cannoni della loro marina, dislocata al largo, che mette in rotta gli italiani. Molti sono gli atti di resistenza, di eroismo. La divisione di camicie nere “Tre Gennaio” dotata di soli due mortai di bronzo della Grande Guerra si distingue per i suoi disperati corpo a corpo. Molti muoiono schiacciati dai carri. Consunti, come braci nella cenere.

Non va dimenticato che Graziani è un esperto della guerra nel deserto. Egli sa che in caso di sfondamento, se non si hanno le forze di manovra sufficienti, una volta creata la falla, il crollo del fronte diventa totale ed inarrestabile. A metà dicembre, con un telegramma spietato, informa Roma che la battaglia è persa. E’ deciso a ritirarsi fino a Tripoli. Teme un accerchiamento. “E’ impazzito!” urlano allo Stato Maggiore. Il telegramma fa tale orrore a Mussolini che gli squadristi per dargli una lezione, vorrebbero assalire la sua fattoria di Arcinazzo.

Il Duce per tenerlo buono gli fa pervenire i suoi rinnovati sentimenti di fiducia. Gli ricorda che ha ancora una discreta forza, che lungo la costa ci sono duemila cannoni e diverse piazzeforti ben fornite tra cui quella magnifica di Tobruk. Ma, Graziani, colpito da una crisi di nervi, risponde con un nuovo telegramma, dai toni ancor più pesanti:

“Duce” gli scrive “Al momento delle supreme responsabilità di fronte alla Storia ed alla Patria mi è ora indispensabile parlarvi da uomo a uomo. La sua fiducia doveva essermi concessa quando con tutti i mezzi ho cercato di farvi comprendere la verità. Non mi avete ascoltato!”

Il messaggio è un maremoto. “Nessuno, neppure io ho mai parlato al Duce in questo modo” s’indigna Farinacci, inviperito che qualcuno abbia potuto superarlo.

Mussolini e Graziani a Salò

Il 22 gennaio 41 cade Tobruk. Il 31 gennaio, dopo aver trasmesso un messaggio di plauso al maggiore Castagna per l’eroica resistenza di Giarabub, Graziani ordina la ritirata generale. Lasciati i comandi al generale Tellera parte per Tripoli.

Wavell, che sul principio, sembra essersela presa comoda, decide una mossa fulminea: affonda le truppe corazzate all’interno del deserto ed aggira gli italiani sul fianco, facendoli cadere in trappola ad Agedabia. L’Armata Italiana che ripiega pensa di avere gli inglesi soltanto alle spalle invece se li trova a sorpresa di fronte.

A Beda Fomm avviene la prima vera battaglia di carrarmati della campagna d’Africa. Gli italiani si battono con sacrificio, nel tentativo di rompere l’accerchiamento e la mattina del 6 febbraio ripetono l’ultimo disperato attacco (mettendo insieme una ottantina di blindati M11 ed M13, i nostri carri migliori) ma in poche ore sono spazzati via. Inutile ogni eroismo. Inutili i morti.

Rodolfo Graziani assunse il comando dell’armata Liguria il 15 agosto del 1944. L’unità italo-tedesca comprendeva tre divisioni della Rsi

“I soldati che si arrendono si contano ad ettari!” telegrafa Wavell a Churchill. L’intera armata di Graziani è catturata. I prigionieri salgono ad oltre centomila.

Viene da riflettere su come gli ordini di Mussolini siano stati ancora una volta sciagurati. Graziani avrebbe voluto una veloce ritirata strategica su posizioni difendibili, tenendo ben presente che le battaglie nel deserto sono più simili a quelle di una guerra navale che terrestre, non conta la vastità del territorio a disposizione quanto la tattica con cui in esso si muovono i mezzi. E’ proprio la ritirata combattuta voluta da Roma che impantana gli italiani nel gomito cirenaico e permette l’aggiramento inglese.

Mussolini ottiene la sconfitta che ha cocciutamente voluto. Battuto, Graziani non ha timore, poi, di scomparire nell’ombra… mentre le vittorie di Rommel ne offuscano il ricordo. Lui sa che sono inutili.

Per vincere la guerra mancano le premesse strategiche fondamentali; la Volpe del Deserto otterrà solo che la sconfitta d’Africa venga rimandata di due anni, andandosi peraltro ad imbottigliare nella stretta gola di El Alamein dove, lui – con il suo modo artigianale di combattere – non sarebbe mai caduto.

In ogni modo e comunque, a Graziani, bisogna riconoscere il merito di essere stato l’unico che abbia avuto il fegato di dire a Mussolini che nel dicembre del 1940 la guerra per l’Italia era già definitivamente persa. Vien da chiederci, in quei giorni di dicembre dove sono i salvatori della patria? Dove si nascondono? Dove sono gli uomini del Gran Consiglio? Dove è il Re, lo Stato Maggiore, Badoglio?! Denigravano e vituperavano Graziani. Proponendo di deferirlo alla Corte Marziale!

Manifesto della RSI: il Maresciallo Rodolfo Graziani

Lui se ne torna a fare il contadino, ad Arcinazzo, come un Cincinnato qualsiasi. E ci rimarrebbe volentieri se, il crollo del Duce non lo costringesse – proprio lui, il rinnegato – a tornare alla guida di nuove truppe, che ancora una volta saranno sconfitte: quelle dell’Esercito di Salò.

Sottoponendolo a infide minacce, i tedeschi hanno insistito perché diventi Ministro della Difesa nel Governo della Repubblica Sociale. Graziani sostiene la necessità’ di creare un Esercito non politico, che abbia un carattere “Nazionale”, basato sulla coscrizione dei giovani, e con solo impegni militari; non deve essere utilizzato per ordine pubblico.

Badoglio e Graziani

L’11 ottobre ’43 riceve un telegramma di Hitler, per conferire direttamente con lui a Rastemburg. Graziani si aspetta un colloquio a proposito della riorganizzazione dell’Esercito della RSI, invece è incredibile la richiesta del Führer. Non vuole soldati ma l’emigrazione di un milione di operai italiani che possano sostituire cittadini tedeschi da mandare al fronte.

Dopo una feroce lite giungono al compromesso che gli operai italiani non siano più di 300.000, però i nazisti si impegnerebbero ad armare ed addestrare in Germania quattro divisioni italiane. La prima chiamata alle armi, il 9 novembre ’43 è un successo per Graziani. In molte regioni rispondono alla leva oltre il 90% dei giovani. Non accadrà la stessa cosa negli arruolamenti successivi.

E così …nel ’44 diviene, suo malgrado, il massacratore dei partigiani. L’uomo che guida alla lotta italiani contro italiani. Il fucilatore dei renitenti alla leva. Ad onor del vero Graziani fa anche molti tentativi per impedire i massacri, ma è in balia dei tedeschi, che lo costringono troppe volte ad esser complice di atti che non ha né deciso né voluto. Dopo la cattura di Mussolini da parte dei partigiani sul lago di Como, la notte tra il 29 ed il 30 aprile 1945 si arrende al comando del IV Corpo d’Armata americano.

1945 RODOLFO GRAZIANI PRIGIONIERO DEGLI ALLEATI AD ALGERI

Dopo la guerra verrà sottoposto ad un lungo processo durante il quale tenterà di dimostrare la sua riluttanza a commettere i crimini di cui lo si accusa. “Ho agito solo per difendere la Patria!” insiste. Tuttavia il marchio dell’infamia se lo porta addosso e gli resta.

Graziani al processo

I funerali di Graziani

CHI ERA RODOLFO GRAZIANI?

 

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