FOTO E STORIE DI GUERRA – 4

a cura di Cornelio Galas

di Wladimiro Settimelli

“No pasaran” era il grido di battaglia di Dolores Ibarruri, la “Pasionaria”, una delle più straordinarie e conosciute combattenti della guerra contro il colpo di stato franchista e contro le truppe fasciste e naziste inviate in Spagna da Hitler e Mussolini nel 1936. Ma, purtroppo, loro, gli aggressori, passarono, e il colpo di stato contro la repubblica spagnola diventò il prologo della Seconda guerra mondiale.

Un prologo sanguinoso e terribile che costò un milione di morti e la feroce dittatura fascista della Spagna. La guerra di Spagna è passata alla storia per i grandi romanzi, le poesie, i film e le personalità che arrivarono a Madrid da tutto il mondo per arruolarsi nelle Brigate Internazionali in difesa della libertà. È inutile elencare: l’élite intellettuale e politica europea, degli Stati Uniti e persino del Giappone e della Cina, c’era tutta e non si risparmiò.

Tra i cinquemila italiani che costituirono le brigate “Garibaldi” e il celeberrimo “Quinto Reggimento”, c’erano i fratelli Rosselli, Nenni, Togliatti, Pacciardi, Longo, Di Vittorio, Picelli, Vidali e tanti altri compagni, socialisti, anarchici, liberali, repubblicani e antifascisti, provenienti dalle più diverse posizioni politiche.

Furono i Rosselli a scrivere sulla guerra di Spagna la frase rimasta celebre: “Oggi qui, domani in Italia”. Ma in Spagna accorsero anche un gran numero di fotografi e giornalisti per raccontare al mondo l’aggressione fascista, il bombardamento e la distruzione di Guernica, le fucilazioni, le stragi e i terribili bombardamenti sulle grandi città.

Così la guerra di Spagna, prima del Secondo conflitto mondiale, fu fotografata in ogni momento, in ogni circostanza e zona. È proprio in Spagna che il grande reporter di guerra Robert Capa (ossia l’ungherese Endre Friedmann, ebreo e comunista) scattò la sua più celebre fotografia: quella del “miliziano caduto” che ancora oggi fa discutere, litigare, polemizzare.

È una fotografia che è diventata, per chiunque la guardi, “la guerra di Spagna”, il simbolo dello scontro e della lotta. È insomma, quella che, per tutti, rappresenta, ormai da anni, la chiave di lettura della tragedia spagnola. In quella guerra, tra l’altro, Capa perse la sua compagna, schiacciata da un carro armato repubblicano in manovra. Era la dolcissima Gerda Taro, anche lei fotografa e giornalista.

Di quella foto che mostra un combattente repubblicano proprio nell’attimo della morte e della caduta sulle sterpaglie di un campo, è stato scritto di tutto: che si tratta di una messa in scena organizzata da Capa e dal combattente per realizzare una immagine mai vista prima; che si tratta di un falso clamoroso anche mal riuscito; che il combattente, dopo la presunta morte, si era rialzato per sdraiarsi beato al sole.

In realtà, non è poi così importante quello che accadde veramente perché quella fotografia, appunto, è diventata il simbolo mondiale della guerra di Spagna, nonostante tutto e nonostante le polemiche che durano ancora oggi. È accaduto per molte altre foto e accadrà ancora.

A parte le fotografie di Bob Capa (ne scattò anche altre bellissime), gli archivi sono pieni di foto della guerra di Spagna: ce ne sono in Francia, in Italia, in America, in Cina, in Belgio, in Inghilterra, in Australia e migliaia sono ancora riposte nei cassetti delle case degli ex combattenti di una parte o dell’altra. Il motivo di tanta abbondanza è semplice.

Negli anni ’30, la fotografia aveva già subìto la grande svolta della massificazione e anche i non ricchi potevano ormai permettersi una piccola “Kodak” a soffietto, da portare in tasca. Inoltre, nessuno utilizzava più le pesanti lastre di vetro o le pellicole piane: c’erano le pellicole in rullo, abbastanza sensibili da permettere di “bloccare” il movimento con una certa facilità. Così, i combattenti repubblicani, ma anche i franchisti, i fascisti e i nazisti, scattarono migliaia di fotografie che ebbero una grandissima diffusione.

Poi, naturalmente, c’erano i fotografi di Hitler, quelli italiani del “Luce” che lavoravano per il governo fascista e i professionisti della parte repubblicana. Il governo legittimo di Madrid aveva, come è ovvio, un proprio ufficio fotografico che lavorava per i giornali spagnoli e stranieri. Le immagini dilettantistiche che documentano spesso momenti determinanti della guerra e dello scontro, sono, in genere del diffusissimo formato 6×9.

Le piccole stampe di questa misura, hanno i bordi zigrinati, così come era di moda in quel periodo tra gli stampatori locali o i fotografi a due passi da casa. Sono state spesso scattate proprio dai dilettanti le foto più orrende della guerra: mucchi di morti stesi per strada o portati nelle fosse comuni; i corpi di suore uccise dopo essere state violentate; le foto di combattenti franchisti o repubblicani ai quali erano stati cavati gli occhi prima della fucilazione.

Una, famosissima, è proprio inguardabile: mostra il corpo di un pilota dell’aviazione repubblicana che è stato tagliato a pezzi, messo in una cassa di sapone e paracadutato sulle trincee antifranchiste. Le foto, diciamo così, ufficiali delle due parti in lotta, mostrano soltanto entusiasmo, sfilate, bombardamenti, qualche fucilazione. E le manifestazioni con gli uomini politici e i dirigenti della Repubblica.

Capita spesso di imbattersi anche in fotomontaggi di carattere futurista e costruttivista, nello stile sovietico del dopo rivoluzione. Poi ecco le foto degli “insulti” anarchici alle chiese e ai simboli religiosi con le “fucilazioni” di statue del Bambin Gesù o dei ritratti della Madonna.

Nella “Fotostoria” non pubblichiamo queste immagini e neanche quelle più crude e terribili. Non ci sono nemmeno quelle troppo propagandistiche o dei tanti, tantissimi personaggi del mondo antifascista italiano o europeo che accorsero in Spagna per battersi in difesa della libertà e contro il fascismo e il nazismo. Ci interessano di più i combattenti sconosciuti, gli “uomini semplici” e coloro che fecero le loro scelte in silenzio e con orgoglio, per una questione di fede e di coscienza.

Gli autori delle foto? A parte quella celeberrima di Capa, le altre sono tutte di sconosciuti. Un monumento a questi uomini che, alzando appena la macchina fotografica, poterono poi spezzettare il pane della verità e distribuirlo a chi non c’era, non sapeva o non voleva sapere. Le foto parlano… raccontano… ricordano.

Nella foto di copertina: L’immagine di un anziano combattente accorso volontario in difesa della Repubblica.

Una straordinaria immagine che coglie il momento dello scatto all’attacco di un gruppo di combattenti antifascisti.

Agosto del 1936: i miliziani repubblicani partono per il fronte dalla stazione di Barcellona.

Militari franchisti, dopo un breve scontro a fuoco con morti, prendono prigionieri un gruppo di contadini che si sono battuti per la Repubblica.

Una foto straordinaria: un commissario politico spiega la situazione ad un foltissimo gruppo di volontari antifascisti appena arrivati ad uno dei tanti centri di raccolta.

Una fotografia divenuta poi molto nota. È stata scattata tra i garibaldini italiani nell’intervallo tra un combattimento e l’altro. A sinistra, con il basco nero in testa, il dirigente comunista Giuseppe Di Vittorio che, nel secondo dopoguerra, diverrà segretario generale della CGIL.

23 dicembre del 1936: tre garibaldini italiani si fanno scattare una foto ricordo a Madrid, nei pressi del parco reale della Zarzuela. Sono Federico Gentilucci, Lorenzo Vanelli e un certo Tomat.

Foto di gruppo per i garibaldini italiani volontari in Spagna. Tra loro comandanti militari e commissari politici. I due al centro sono (a sinistra con il giaccone bianco) Luigi Longo “Gallo”, poi comandante partigiano in Italia e segretario del Pci, e il dirigente comunista Ilio Barontini.

Una nave con rifornimenti di viveri arriva a Barcellona dall’Unione Sovietica. Viene accolta in porto da una folla strabocchevole. È la prima. La popolazione spagnola non spera soltanto di mangiare, ma tocca con mano la concreta solidarietà dell’Unione Sovietica.

I bombardamenti franchisti, nazisti e fascisti di Madrid, costringono la popolazione a scendere nelle gallerie della metropolitana. Spesso, intere famiglie con bambini, ammalati e vecchi, devono trascorrere la notte in condizioni terribili.

La celeberrima fotografia scattata dal grande Robert Capa. La didascalia originale diceva: “Morte di un miliziano lealista nei pressi di Cerro Muriano”. La foto, da sempre, ha scatenato violentissime polemiche. Si tratta di una messa in scena organizzata da Capa, o di una straordinaria e autentica immagine di eroismo e di morte? Fino ad oggi nessuna risposta certa. Il miliziano che muore dovrebbe essere un combattente anarchico di nome Federico Borrel Garcia, unico caduto, quel giorno, sul fronte di Cerro Muriano. Ma anche di questa identificazione non esiste nessuna certezza. Gli archivi spagnoli, infatti, non sono stati in grado di fornire conferme o smentite.

Un miliziano antifranchista ripreso in trincea durante un combattimento. È, come si vede, armato in modo sommario e non ha neanche potuto indossare una divisa.

L’immagine terribile di un rastrellamento dei soldati franchisti, in un villaggio appena occupato. Si procede, casa per casa, alla ricerca dei comunisti. Quasi sempre, i catturati verranno immediatamente fucilati. La foto è stata sicuramente scattata da un fotografo professionista.

Combattenti repubblicani fotografati in una trincea improvvisata. Dietro la foto nessun’altra indicazione. Non si tratta di una immagine originale, ma di una riproduzione.

Un gruppo di volontari italiani antifascisti della “Centuria Gastone Sozzi”. Tutti salutano con il pugno chiuso. Alle loro spalle un cartello con una serie di slogan politici. Anche in questo caso si tratta di una riproduzione tagliata e ampiamente rimaneggiata.

Combattenti repubblicani in una trincea nella campagna intorno a Barcellona.

Questa fotografia è stata scattata da un operatore del “Servicio Español de Información” del governo repubblicano. È il 1° febbraio del 1938 e un gruppo di combattenti cammina per le strade nel centro di Teruel.

Un gruppo di commissari politici del battaglione “Garibaldi” del quale facevano parte i volontari antifascisti italiani. Da sinistra a destra, in alto: Provera, ferito a Guadalajara; Roasio, ferito alla Città universitaria; Belloni, poi caduto; Rossetti ferito. In basso: Luigi, ferito sul Jarama e Falcheri.

Una nonna con il nipotino sulla porta di casa, a Madrid, subito dopo un bombardamento.

Uno scontro tra repubblicani e franchisti, in una stradina di un piccolo paese della regione Basca. La foto, come tutte le altre, anche se scattata con maestria giornalistica, non è “firmata” dall’autore.

Combattimenti per le strade di Teruel. In primo piano la carcassa di un animale. Nella città gli scontri furono terribili e provocarono centinaia di vittime.

Ancora bambini fotografati in una strada di Madrid dopo un bombardamento.

Soldato lealista ucciso durante la posa dei fili del telefono sul fronte aragonese. È una delle splendide e terribili foto scattate da Capa in Spagna (dicembre 1937).

L’autore di questa fotografia è il reporter Artur Grimm che lavorava per una agenzia giornalistica francese. Siamo alla fine della guerra e coloro che hanno sostenuto i repubblicani si avviano verso la frontiera francese per cercare rifugio. I franchisti fucilano senza pietà e la popolazione civile è terrorizzata. Questa donna ha raccolto tutte le proprie cose in un grande sacco e parte verso l’ignoto.

Anche questa immagine è stata scattata da un operatore del “Servicio Español de Información” del governo repubblicano. Sono gli abitanti di Teruel in fuga dalla città dove sono in corso durissimi combattimenti.

È finita, finita davvero. La Spagna repubblicana e i combattenti antifascisti sono stati sconfitti dai soldati di Franco appoggiati dalle truppe di Hitler e Mussolini. I miliziani e la popolazione civile che sono riusciti a mettersi in salvo in Francia, vengono internati, sotto la sorveglianza della polizia, in campi di raccolta chiusi con il filo spinato.

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