ERI, SOGNAVI, PENSAVI A … – 1

ERI, SOGNAVI, PENSAVI A …

di Cornelio Galas

E di colpo, toh … arrivano i sessant’anni. Te li ritrovi, in men che non si dica, sulle spalle. A mò di hairbag davanti. “Come stà il tuo vecchio?” -Beh, è in pensione adesso … dovrebbe muoversi di più. Poi lo vedo, come dire … lo vedo troppo immerso nei suoi ricordi.

Quando i necrologi cominciano ad addentare, sempre di più,  la tua classe … beh, ci pensi, ci pensi eccome. Ars longa, vita brevis? No breve ormai è il tempo anche per fare, dire, pensare, scrivere. Si tratta di lasciare qualcosa. In una soffitta – anche virtuale, come Facebook – dove qualcuno – ammesso ne abbia voglia – rovisterà tra qualche anno. Ripescando vecchie ricerche, vecchi video, vecchi racconti …

E va bene così. Vecchi articoli, vecchi libri, vecchi saggi storici. Qualche memorial (di sci, di scacchi? Di fumo lento con la pipa?), magari anche un convegno (no, per favore, risparmiatevi questo: buttate lo spumante del rinfresco sulla mia tomba), o – che dire? – il remake di un romanzo, appena abbozzato.

Quanti sogni rimasti nel cassetto. Quante utopie azzannate davanti al  cancello delle istituzioni. Quante idee copiate malamente, ma con successo, da altri. Bastava una chitarra, in una cantina. Senza karaoke: i testi si sapevano a memoria.

Bastava uno sguardo: non si poteva chiedere a lei il numero telefonico di casa (dei suoi). E quegli abbracci nei “lenti” (senza sfiorare parti intime), quei capelli lunghi spostati solo per vedere il suo sorriso, null’altro.

Sul sedile posteriore della “600” il giradischi a pile proponeva, a seconda dei sobbalzi, la nostra canzone preferita. Un toast e una “spuma” e poi … In riva al lago di Garda c’erano solo i nostri occhi come panorama.

Eravamo tristemente felici. Eravamo felicemente tristi. “Ragazzo triste come me, ah ah …”.

“Non posso, non posso … non posso”. “E tu …. e tu …”.

Festini clandestini. Dove giravano i primi “misciòti” alcolici. Da dove era bello scappare all’aperto. Per giurarsi cose impossibili. Per sognare di poter fare l’amore, liberi, per sempre, sotto le stelle.

Non ha senso, ora che ti rivedo, dire queste cose. Non ha senso … non ha senso e basta. Sono vecchio, vado dove finiscono tutti i fiumi e i torrenti, verso il mare, l’oceano, che tutto inghiotterà.

“Eppur mi son scordato di te, cosa ho fatto, non so …”

No, non mi sono dimenticato di te. Come potrei …

Mi sono trovato con te, vicino al mio cuscino, che dicevi: “Devo tornare da lui, a casa, mi aspetta …”

E da soli si muore. Si muore, si muore, se vorresti essere con lei … per sempre. Non solo fino ad una certa ora.

Ora manca poco alla fine di questo melodramma. L’innamoramento, l’amore, il primo matrimonio, il secondo matrimonio, il venir meno della passione, dell’erotismo, della voglia di accarezzare ed essere accarezzati, della vita che salta su un taxì diretto al cimitero. Pagano altri …

Ora vorrei solo sussurrarti verità, senza sesso ed infatuazioni, senza voglie e poesie ipocrite, senza …

Ti prego, ricordami, se puoi, in quei momenti nostri di felicità, senza pensieri.

Ma quali sono stati i miei migliori anni? Come avrebbero essere stati migliori quei già migliori anni? Cos’ho dimenticato? Cos’ho perso in quegli anni?

E quella ragazza, che amavi alla follia, che sognavi, ma che era di un altro …

 

RESTANO SOLO SOGNI, SOGNI, SOGNI IN MARE APERTO … CIAO FRANCESCO, CIAO, MI MANCHI

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