da l’Adige.it 18 gennaio 2018
È morto questa mattina alle 4.30, attorniato dall’affetto dei suoi cari, Michele Deon, personaggio molto conosciuto a Riva e in tutto l’Alto Garda.
Aveva 38 anni e dalla nascita la sua vita è stata segnata profondamente dalla distrofia muscolare.Ma Michele ha sempre reagito combattendo come un guerriero, con il sorriso stampato sul volto e la sua grande fede juventina.
I funerali di Michele Deon si svolgeranno sabato prossimo 20 gennaio nella chiesa Arcipretale di Riva
di Cornelio Galas
Sapevamo tutti, da sempre, della fragilità di Michele. Della sua spada di Damocle, di quella maledetta, crudele, vigliacca malattia che lo aveva subito messo di fronte al dolore, ad una esistenza “diversa” dai suoi coetanei, alla mancanza di autonomia nel vivere quotidiano.
Eppure bastava vederlo, ascoltarlo, fin quando poteva girare con la sua carrozzina, per credere nell’impossibile. Cioè di poterlo incontrare ancora, domani, tra una settimana, un mese, un altro anno.
Incredibile, assurdo: era lui, Michele, a dare forza agli altri. Lui che di quella “sentenza” sapeva tutto da tempo, lui che con mamma Carmen, papà Bruno ha vissuto 38 anni come un condannato a morte che non sa quando arriverà il boia. Ma anche con la consapevolezza del vivere. Con l’amore per tutti quelli che gli erano vicini. Con la generosità che solo le grandi anime possono permettersi quando tutto sembra remare contro.
Ci eravamo visti più volte dopo le prime interviste, i primi servizi sul suo caso per questo giornale. Immancabili, da parte sua, gli sfottò, anche sui social, sulla mia Inter. Lui, “gobbo” juventino che mai conteggiava, nei nostri incontri, quello “scudetto rubato” alla sua squadra.
Era uno dei tanti modi per sdrammatizzare. Perché era dura anche solo star lì, accanto a quel lettino, dove un ragazzo respirava da un tubo e tra un soffio e l’altro lanciava la battuta. Era difficile sì. Ma col tempo abbiamo capito che il problema era solo nostro. Non suo. Eravamo noi ad invidiare quella sua grande forza di andare avanti, nonostante tutto. Eravamo noi quelli a disagio di fronte ad una “lezione” – quella di Michele – che non dimenticheremo mai.
Così come non potrà essere dimenticata l’attività di mamma e papà a sostegno di quanti si trovano a dover combattere ogni giorno contro quel male. Ecco, vorremmo sperare solo che Michele possa vivere, adesso, da un’altra parte senza quello che finora gli ha tarpato le ali. Quest’anno, caro, dolcissimo, amico, lo scudetto più importante l’hai vinto tu…