a cura di Cornelio Galas
Torniamo in Alto Adige. Precisamente a Fortezza. Perché lì arrivò (e da lì ripartì) un vero e proprio “tesoro”. Di cosa stiamo parlando? Durante la Seconda Guerra Mondiale, i tedeschi trafugarono 515 tonnellate d’oro, ed è una stima per difetto, dai paesi occupati, per sostenere lo sforzo bellico del Terzo Reich. A questo dato vanno aggiunti i preziosi razziati agli ebrei e ai deportati.
Un tesoro che nella primavera del 1945 uscì dalle stanze blindate della Reichsbank, a Berlino, per disperdersi in diversi rivoli. In gran parte è stato ritrovato, una parte ingente è stata rubata. Enzo Antonio Cicchino e Roberto Olivo hanno risalito le piste dell’oro nazista, ma molti misteri rimangono da svelare. Per restituire ai singoli paesi quanto rubato dai nazisti, almeno in parte, una Commissione Tripartita ha lavorato dalla fine della guerra fino al 1998.
Il libro di Antonio Cicchino e Roberto Olivo, “Caccia all’oro nazista – Dai lingotti della Banca d’Italia ai beni degli ebrei: indagine sui tesori scomparsi”, p. 328, Mursia, Milano, ripercorre le straordinarie vicende di tonnellate d’oro in viaggio per mezza Europa, alcune tornate ai legittimi proprietari, altre diventate proprietà privata di abili banchieri, di nazisti scampati alla giustizia, di veri e propri banditi.
Scrivono gli autori a pagina 274: “Ma una volta terminate le ostilità, anche le “forze del Bene”, liberatrici dalle tirannie totalitarie e dispensatrici di democrazia, si rivelarono uomini in carne, ossa e avidità, come tutti, dandosi a saccheggi, stupri, omicidi, corruzione, malversazioni, estorsioni, manipolazioni finanziarie, espropriazioni illecite ad alti livelli, contrabbando, traffico di droga, mercato nero”.
Nel 1957 il Guinness dei Primati, sotto la voce “Furto: la più grande rapina mai risolta” scriveva: “La più grande rapina che si conosca è quella delle riserve auree dello Stato tedesco, effettuata in Baviera nel giugno del 1945 da un gruppo di soldati americani insieme a dei civili tedeschi. Durante un trasporto sparirono 750 lingotti d’oro del valore di 3.528.000 dollari, insieme a sei sacchi di banconote e 25 cassette di lingotti di platino e di pietre preziose. Nessuno dei responsabili è mai stato arrestato”.
I tesori nascosti dai nazisti fecero nascere numerose leggende, anche perché corrisponde a verità che nelle ultime settimane di guerra circolavano in Europa partite d’oro con storie diverse: dai beni saccheggiati alle comunità ebraiche, all’oro sottratto alla Banca d’Italia nell’ottobre del 1943.
È così che ogni tanto salta fuori la notizia di rinnovate cacce al tesoro, nonostante siano trascorsi quasi oltre settant’anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Eppure gli strascichi e, soprattutto, i misteri di tante vicende di quell’immane conflitto continuano a tenere banco. La scomparsa di ingenti ricchezze appartenute al Terzo Reich e in parte al regime fascista è uno degli argomenti capaci di mobilitare legioni di ricercatori più o meno titolati, lanciati per terra e per mare alla ricerca dei tesori nascosti.
Enzo Antonio Cicchino e Roberto Olivo, giornalisti e ricercatori storici, con certosina pazienza, hanno messo insieme una vera e propria mappa delle ricchezze predate durante la guerra. “Caccia all’oro nazista” si apre con la vicenda del tesoro della Banca d’Italia, 120 tonnellate d’oro, tra cui otto provenienti dalla Banca nazionale jugoslava e finite, nel 1941, nei forzieri italiani come preda bellica, più 14 tonnellate e mezzo trasferite all’Italia dal Governo francese di Vichy e altri 373 chili provenienti dalle razzie in Grecia.
Una montagna d’oro che dopo l’8 Settembre finì per una parte a Fortezza, in Alto Adige, un’altra in Germania, una terza nelle banche svizzere. A guerra finita, l’oro tornò nei forzieri italiani. Ma ancora oggi si favoleggia di 79 casse interrate nei cunicoli del Monte Soratte. Cicchino e Olivo raccontano le imprese delle squadre del “Gold Rush”, esperti che dal febbraio del 1945, sotto il controllo dei Servizi segreti, dovevano individuare i nascondigli di tutti i beni della Reichsbank e delle SS.
Dopo il bombardamento del 3 febbraio 1945, le stanze blindate della Reichsbank non furono più considerate sicure per proteggere i tesori del Reich che furono così smistati in varie direzioni. Furono gli uomini del “Gold Rush” a scovare nelle miniere di potassio di Kaiseroda, a mezzo miglio di profondità, tonnellate d’oro in lingotti, un milione di franchi svizzeri, un miliardo di franchi francesi, 711 sacchi contenenti ciascuno 25 mila dollari.
Oltre a valigie gonfie di oggetti d’oro e d’argento, sacchi di denti e protesi dentarie d’oro, gioielli di ogni genere. In un’altra galleria della miniera erano ammassate 400 tonnellate di quadri e altre opere d’arte firmate da Rembrandt, Tiziano, Van Dyck, Raffaello, Dürer, Renoir.
Fra i “tesori” scomparsi, anche se meno ingente di quelli nazisti, va ricompreso anche “l’oro di Dongo”. Si trattava di diversi milioni in oro, beni e valuta, che Mussolini aveva con sé al momento della cattura. Gli autori ricostruiscono l’intera vicenda della grande ruberia che s’intreccia con la tragica fine di “Gianna” e “Neri”, i due amanti partigiani uccisi dai loro compagni.
Nel libro non mancano riferimenti a personaggi noti, come Licio Gelli, e ignoti, se non agli addetti ai lavori, come Herbert Herzog, sopravvissuto al campo di sterminio di Buchenwald, diventato una specie d’investigatore sulle tracce dell’oro trafugato dai tedeschi in tutta Europa.
Il tema trattato si rivela impegnativo, anche se il ritmo narrativo è ben dosato e capace di catturare il lettore. A parte la ricostruzione minuziosa della contabilità aurea, per tonnellate, chili e grammi, così come risulta dai meticolosi documenti dei banchieri, Cicchino e Olivo scrivono di vicende che hanno contribuito ad accrescere l’interesse sui misteri dell’oro nazista.
Così ripercorrono il processo a Vincenzo Azzolini, Governatore della Banca d’Italia durante il ventennio fascista, condannato a trent’anni di carcere dall’Alto Commissariato per le sanzioni contro il fascismo, presieduto da Carlo Sforza. Una condanna draconiana quanto inutile, perché nel 1946 Azzolini fu assolto per intervenuta amnistia e perché “il fatto non costituisce reato.
Non si è poi saputo e non si saprà mai quanti lingotti d’oro i nazisti riuscirono a ricoverare nelle banche svizzere, con l’assenso dei banchieri e il supporto, persino, della Croce Rossa svizzera, secondo alcuni in relazione con la Reichsbank. Il meccanismo per trasferire oro in paesi neutrali era semplice, scrivono Cicchino e Olivo: “I nazisti vendevano l’oro alle banche elvetiche, ricevendo in cambio franchi svizzeri. Con questa valuta, i tedeschi acquistavano in Portogallo e Spagna prodotti agricoli, tessili e tungsteno, minerale essenziale per la produzione di acciai speciali, destinati all’industria pesante. Le Banche Centrali di Lisbona e di Madrid, a loro volta, usavano i franchi svizzeri per comprare i lingotti che i nazisti avevano venduto agli elvetici, chiudendo il cerchio …”.
Gli autori non hanno dimenticato proprio nulla, compresi gli inevitabili riferimenti ad azioni che per la loro geniale elaborazione sono state oggetto di pellicole cinematografiche come la famosa Operazione Cicero e l’incredibile Operazione Bernhard che produsse per la Germania ben 130 milioni di sterline false stampate da maestri ebrei, con lo scopo di rovinare l’economia britannica.
Secondo stime approssimative, la Germania trafugò dai paesi europei circa 515 tonnellate d’oro, senza contare quello razziati ai privati. Per indennizzare i paesi vittime delle razzie fu costituito un Pool dell’oro che doveva assegnare le restituzioni, con equanimità e in proporzione ai danni subiti. Ma la Guerra Fredda fece sì che il Pool diventasse improvvisamente strabico e così, se l’Italia e l’Austria ottennero con una certa tempestività le loro quote d’indennizzo, gli Stati finiti sotto l’influenza sovietica dovettero aspettare un bel po’.
La Polonia rientrò in possesso di circa 900 chili d’oro soltanto nel 1976, 10 tonnellate furono restituite alla Cecoslovacchia nel ’82. Solo nel 1996 l’Albania ha ricevuto poco più di una tonnellata e mezza d’oro. Erano trascorsi 50 anni dalla costituzione della Commissione Tripartita che nel suo periodo di attività è costata la bellezza di 2 tonnellate e 400 chilogrammi del prezioso metallo.
Il 29 giugno 1998 sono stati restituiti all’Italia ancora 764,4 chili d’oro, per un controvalore di 12 miliardi 843 milioni 868,278 lire. Gran parte della somma è stata destinata al Fondo di assistenza delle vittime delle persecuzioni naziste. Il 9 settembre 1998 la Commissione Tripartita è stata sciolta, avendo esaurito il suo compito. Ma la caccia ai tesori nazisti non si è conclusa.
Nel 1996, Enzo Cicchino, insieme al giornalista Amedeo Ricucci si è occupato per la trasmissione della RAI “MIXER” diretta da Giovanni Minoli, della storia dell’oro italiano trasferito dai nazisti in Germania. In tale occasione si recò a Vienna ad intervistare il noto ricercatore Hubertus Czernin gli fornì peraltro anche una copia del famoso dattiloscritto di Herbert Herzog e di molti documenti ad esso allegati con il quale si rivelavano molti dettagli riferiti alle vicende germaniche dell’oro del nostro paese.
“Herzog – dice Cicchino – aveva acquisito le informazioni inerenti questo lavoro in circostanze avventurose e tragiche connesse al suo internamento presso il campo di sterminio di Buchenwald dal quale però ne era uscito miracolosamente vivo. E dove -sembra- avesse incontrato un giovane funzionario nazista del Ministero degli Esteri che si era occupato dell’occultamento dell’oro italiano appunto.
Una volta fatto tradurre dal tedesco il lungo resoconto di Herzog – aggiunge Cicchino – mi sono reso conto che sia per la congenita difficoltà della scrittura, che per la ossessiva pedanteria del testo, l’insieme dei fatti di cui si narra risultavano quasi illeggibili.
Lavorando all’adattamento dunque, ho avuto l’idea – spero piaccia – di rendere con maggior chiarezza i fatti trasponendoli sotto forma di dialogo, immaginando me Enzo Cicchino a colloquio con tre immaginari studiosi di quell’episodio.
Garantisco che tutte le parole espresse corrispondono dettagliatamente a verità storica, essendo il tutto solo uno stratagemma esplicativo. Gli storici che fossero interessati a particolari che qui non descrivo si possono porre in contatto, scrivendo a larchivio@tiscalinet.it”.
Il dialogo è in due parti, la prima si riferisce alla storia dell’oro italiano amministrato sotto l’egida del Ministero degli Esteri germanico, la seconda – che proporremo in seguito – quello acquisito dalla Reichsbank.
Ho sempre trovato la storia relativa all’oro italiano dopo l’armistizio dell’otto settembre del 43 piuttosto complicata, con un continuo muoversi di spedizioni e di partite catalogate e ricatalogate che ingenerano gran confusione. Mi si può offrire un criterio comprensibile di tutta la vicenda, semmai anche omettendo qualche informazione ragionieristica?
“Bisogna premettere che dopo un tentativo non andato a buon fine di celare ai nazisti la presenza dell’oro italiano a Roma, questo -per non umiliare il nascente Governo Mussolini- in un primo momento fu trasferito presso la sede di Milano. Da qui in dicembre 1943 fu totalmente trasferito in Alto Adige, a Fortezza.
Quest’oro subi’ tre prelievi, il primo fu inviato in Germania, il secondo in Svizzera, il terzo nuovamente in Germania. La parte restante a Fortezza poi, requisita dagli Alleati fu da questi restituita al nostro paese. Le nostre informazioni riguardano, nello specifico, l’oro spedito in Germania. Molto poco sappiamo di quello che fu inviato in Svizzera”.
Perché all’analisi dei documenti tutto risulta complicatissimo ?
“Colpa della meticolosità germanica! davvero pedante nel contrassegnare ogni qualsiasi minimo avvenimento con dettagli maniacali. V’é pero’ da premettere, che e’ -proprio merito di questo fare- se possiamo ricostruire tutto con precisione.
Nella globalità, dell’oro spedito in Germania, possiamo dire con certezza che esso prese tre direzioni. Una verso il fondo di garanzia presso il Ministero degli Esteri del Reich a Berlino, la terza verso il fondo spesa dell’Ambasciata italiana in Germania, la terza esplicitamente verso la REICHSBANK.
La confusione, nei calcoli nasce dal fatto che il Ministero degli Esteri germanico, avendo bisogno di verificare la consistenza aurea in suo possesso, ha per ben due volte inviato oro italiano presso la REICHSBANK, la quale disfaceva le confezioni, le rinumerava e le ricodificava, cosicché sono sorte un’infinita’ di bolle e verbali per ogni singola operazione”.
In base a quali documenti consultati voi potete fare affermazioni proprio così precise ?
“Ci ha colpito molto lo studio dettagliato dell’austriaco Herbert Herzog. Legga! questa é la prima pagina del suo lavoro messo insieme nell’aprile del 1957, guardi il titolo! “DOCUMENTAZIONE RELATIVA ALL’ORO ITALIANO TRAFUGATO IN GERMANIA DURANTE LA GUERRA” costituita in base ai documenti della Deutsche Reichsbank e ai rapporti ufficiali relativi all’oro italiano, redatti all’epoca dai funzionari di detta banca; agli atti dell’ex Ministero degli Esteri tedesco e alle dichiarazioni rese in luogo del giuramento dai funzionari responsabili di tale ministero; alle relative dichiarazioni ufficiali della Finance Division americana, e ad altri documenti sull’argomento”.
Cosa era accaduto che si dette inizio a questo peregrinare in Europa dell’oro italiano ?
“Nel 1943, quando ci si rese conto che l’avanzata delle forze alleate nell’Italia del Sud non poteva più essere arrestata, gli organi del regime fascista cominciarono a trasferire verso il nord del Paese parte degli ingenti valori che erano in suo possesso. Nel quadro di queste operazioni, furono trasferiti a Milano anche due cospicui quantitativi d’oro.
Cosicché alla fine del 1943, giacevano nella cassaforte della sede milanese più di 136 tonnellate di oro, anzi, quasi 137; inoltre vi erano casse di valori proprietà della principessa Mafalda, pacchi sigillati di denaro in valuta estera, 39 casse con dipinti, 29 casse sigillate con lastre tipografiche, certamente lastre per stampare denaro! In dicembre l’oro, in barili e sacchi, venne trasferito a Fortezza, con il consenso di Mussolini e del ministro delle finanze della REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA, Pellegrini Giampietro, e sistemati in appositi locali della fortezza asburgica.
I beni depositati (affidati alla vigilanza di una truppa della polizia tedesca e soggetti al controllo di due funzionari italiani della sede milanese) erano costituiti da: Depositi di Libera proprietà della nostra Banca; Depositi vincolati a favore della Banca dei Regolamenti Internazionali; Deposito a nome della Banca Nazionale Svizzera; Deposito per conto di Istcambi; Deposito per conto Ministero Scambi; Deposito per conto della Regia Zecca. Oltre a monete e lingotti di oro ve n’erano -pochissimi- di platino”.
Quando cominciarono da Fortezza le prime sottrazioni di oro ?
“Il 29 febbraio 1944 furono spediti a Berlino 175 barili e 435 sacchi. 55 tonnellate di oro in tutto. Fu la prima spedizione. “La seconda spedizione fu verso la Svizzera, il 19 aprile 1944 furono inviati a Berna 163 barili; 23,5 tonnellate di oro in tutto. Infine, il 21 ottobre 1944 avvenne il terzo ed ultimo prelievo, furono trasferiti a Berlino altri 135 barili e 53 sacchi: in tutto 24 tonnellate di oro”.
Tra quello inviato in Svizzera e quello spedito in Germania quanto oro fu prelevato da Fortezza ?
“Tra lingotti e monete … fu un totale di circa 102,5 tonnellate. Delle 23,5 tonnellate di oro inviato in Svizzera, parte erano “Deposito a nome della Banca Nazionale Svizzera” e “Deposito per conto di Istcambi” che furono trasferiti integralmente”.
Ci furono altri prelievi ?
“Che ci risulti, no. Di conseguenza, a Fortezza dovettero rimanere circa 25 tonnellate di oro, e pochissimo platino. Va ricordato poi, che -quando giunsero gli Alleati- i beni rimasti nel deposito di Fortezza furono da essi confiscati e riconsegnati al nostro paese solo dopo il 10 ottobre 1947”.
Attraverso quale accordo fu permesso che l’oro italiano venisse trasferito in Germania ?
“Il 5 febbraio 1944 fu stipulato un accordo tra il “Governo” della REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA e il Governo del Reich con cui si stabiliva il trasferimento in Germania di gran parte dell’oro custodito a Fortezza. Scopo e intendimento del trasferimento era di sottrarlo definitivamente alla possibile confisca Alleata ed al tempo stesso sostenere economicamente il Governo del Reich quale difensore degli interessi dell’Asse. Nell’accordo -il Governo di Mussolini- designava inoltre gran parte dell’oro da trasferire in Germania, “quale contributo della REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA alla Campagna tedesca sul fronte Orientale”.
A quante tonnellate ammontava complessivamente l’oro trasferito in Germania ?
“Nei due trasferimenti … a 71 tonnellate circa d’oro fino. Il primo trasferimento, quello partito da Fortezza il 29 febbraio 1944 fu ricevuto a Berlino il 21 marzo 1944 da funzionari della Reichsbank e del Ministero degli Esteri. Secondo le dichiarazioni italiane ammontava a 50.537 kg. circa di oro, era costituito da monete e lingotti; non tutto era oro fino. Una parte dei lingotti possedevano infatti diversi gradi di impurita’ d’argento.
Tra le monete auree c’erano: dollari oro, franchi oro, corone oro austriache, lire oro turche, rubli oro russi, fiorini oro olandesi, ducati, sovrane, monete d’oro del Reich, lire oro italiane (nuova coniatura, 1931)”.
Il secondo trasferimento per la Germania da quali beni era costituito ?
“Il secondo trasferimento da Fortezza, quello del 19 aprile 1944 ando’ in Svizzera! E’ bene che sia chiaro. Mentre il secondo trasferimento da Fortezza per la Germania, che avvenne il 21 ottobre 1944, fu ricevuto a Berlino all’inizio di novembre dello stesso anno da funzionari della Reichsbank. Ammontava a 21.460 kg di oro fino circa ed era costituito, in base al verbale di cessione, da lingotti e monete. Le monete erano dollari oro, sovrane, franchi oro, corone oro austriache, ducati, lire oro turche”.
Che impiego contava di farne il governo nazista dell’oro italiano ?
“Per quanto riguarda il primo trasferimento, ammontante ad un valore di circa 141 milioni di Reichsmark, era previsto che: oro per un valore di 10.000.000 RM (marchi tedeschi dell’epoca) doveva servire per le le spese dell’ambasciata italiana a Berlino. Oro per un valore di 26.000.000 RM doveva essere accantonato -come compensazione- in vista della confisca delle riserve auree jugoslave da parte del nostro paese. Tale valore: 26 milioni di Reichsmark era soltanto approssimativo.
Oro per un valore di 20.000.000 RM doveva essere riservato al Ministero degli Esteri tedesco a garanzia di un’assegnazione di pari valore prevista dal piano quadriennale del Governo del Reich. 5.000.000 RM (Oro-Istcambi, già di proprietà tedesca) dovevano essere assegnate nuovamente alla Reichsbank.
Il restante oro, per un valore complessivo di circa 80.000.000 RM doveva essere acquisito dalla Reichsbank e, mediante relativo accredito, essere versato al REICH, al piano quadriennale, ai sensi del Deposito vincolato “DER”.
Abbiamo visto le intenzioni di impiego per il primo trasferimento. Riguardo al secondo invece … ?
“Per il secondo, ammontante ad un valore di circa 60 milioni di Reichsmark, non fu revisto alcun impiego immediato. Ma fatto importantissimo, restò inattuato il progettato incorporamento da parte del REICH dell’oro italiano trasferito. E in scrupoloso rispetto di questa circostanza, i funzionari tedeschi provvidero a tenere l’oro italiano rigidamente separato dalle altre riserve auree custodendolo come “oro italiano” e astenendosi dal farne qualsiasi uso per coprire spese da parte tedesca”.
Questo mancato incorporo fu una dimenticanza dovuta alle traversie della guerra, o invece un riguardo per l’alleato italiano ?
“Né l’una né l’altro. Forse motivo determinante di tale comportamento fu che anche le autorità tedesche avevano riconosciuto che, con il progressivo indebolimento del potere del “Governo” Mussolini, il REICH, in base al cosiddetto “accordo governativo” del 5 febbraio 1944, non aveva ottenuto né il possesso dell’oro italiano custodito su suolo tedesco, né un’autorizzazione vera all’uso del medesimo. Determinante, comunque, fu anche il fatto che, a causa del blocco progressivo e del boicottaggio inflitti al REICH, non era possibile un legittimo impiego di tale oro”.
Quindi …
“I responsabili tedeschi decisero tout court che doveva ritenersi semplicemente in custodia. E tale custodia si esplicava nel segno di una amministrazione fiduciaria e come tale veniva accuratamente rispettata. Si creavano i presupposti necessari perché fosse garantita in ogni momento la possibilità di una sua restituzione senza perdite dopo la guerra”.
Comunque dei prelievi avvennero !
“Gli unici effettuati furono quelli dell’Ambasciata italiana a Berlino”.
Che ne fu dell’oro che divenne fondo di garanzia per il Ministero degli Esteri tedesco ?
“Questo fondo era costituito da lingotti e monete. Dei lingotti, che rimasero in custodia presso la Reichsbank, parleremo nella seconda parte della nostra storia, quella riservata solo alla Reichsbank. La parte del fondo di garanzia costituito invece da monete d’oro contenute in 135 sacchi, fu accolta nella cassaforte del Ministero degli Esteri tedesco.
Tale fondo, per un valore di circa 22,5 milioni di Reichsmark, avvenne ancora nella convinzione che l’oro italiano dovesse essere incamerato dal Reich e fu accantonato nell’intento di offrire una garanzia sicura quanto al promesso finanziamento di 20 milioni di Reichsmark che detto ministero avrebbe dovuto ricevere dal Governo nazista nell’ambito del piano quadriennale. “Comunque essendo per il momento, tale oro, solo di garanzia, il ministero si limitò alla semplice custodia e lo immagazzinò in modo nettamente separato dalle proprie riserve”.
Facciamo un passo indietro. Con quali modalità avvenne la consegna di oro italiano al Ministero degli Esteri tedesco?
“Il controllo fu eseguito alla presenza dei funzionari italiani che avevano accompagnato il trasporto. Non si fece pero’ la conta dettagliata, si aprirono solo i sacchi ma non le bisacce in essi contenute e nelle quali stavano le monete. Tutto fu fatto sulla base di quanto dichiarato sulle etichette e senza verificarne direttamente il valore”.
Certo che agli italiani veniva riservata una fiducia incalcolabile …
“Beh nella forma, sì. Nella sostanza, no. Tant’e’ il 19 luglio 1944 fu concordato tra il Ministero degli Esteri e la Reichsbank il controllo esatto, la determinazione del peso, di tutto l’oro italiano. Pertanto veniva inviata una prima tranche di 5 milioni di Reichsmark.
La Reichsbank per quella operazione ricevette 13 sacchi il 12 agosto 1944; 12 sacchi il 4 settembre 1944, e 13 sacchi il 13 settembre 1944. 38 sacchi in tutto. Al termine della verifica furono restituite al Ministero degli Esteri tutte le monete auree inviate, in un nuovo imballaggio di 368 bisacce ed in sacchi (ciascuno con 5-8 bisacce). Importante! questi sacchi erano più leggeri di quelli italiani”.
Si tenga presente questo dettaglio del minor peso dei sacchi tedeschi perché avrà conseguenze in un discorso che faremo in seguito! Le bisacce restituite al Ministero erano chiuse con piombi della Reichsbank e munite di etichette con stampigliato “DEUTSCHE REICHSBANK HAUPTKASSE BERLIN” (Cassa Centrale della Reichsbank – Berlino), l’annotazione “2126 g/44” e, nei casi indicati, il numero della rispettiva bisaccia completo dei dati esatti su valuta, quantità e peso delle monete auree contenute”.
Rientrate nelle casse del Ministero degli Esteri dove furono messe queste bisacce ?
“Tutte e 368 (infilate in sacchi) furono custodite separatamente dalle monete d’oro italiane non ancora controllate e comunque lontane dalle altre riserve auree di proprietà del ministero”.
Il restante oro italiano restò senza essere pesato e verificato ?
“Beh, non proprio. Il 28 novembre 1944 il Ministero degli Esteri trasmise una seconda partita di 15 sacchi d’oro perché venisse controllato. Ma questo secondo invio la Reichsabank non lo restituì’”.
Comunque, presso il ministero tedesco, restò dell’altro oro di cui non fu rifatto l’imballaggio, rimanendo in quello originale italiano ?
“Sì. Dal momento che poi non furono più effettuate verifiche, le rimanenti monete auree della riserva mantennero il loro imballaggio italiano costituito dalle bisacce sigillate e piombate nei sacchi. “Si tengano ben in mente le diverse posizioni dell’oro, perché ognuna -in futuro- avrà una storia a sè. Ricapitolando.
Nei forzieri del Ministeri degli Esteri tedeschi abbiamo: 1) oro italiano nell’imballo originale; 2) oro italiano nell’imballo tedesco i cui sacchi sono più leggeri di quelli italiani; 3) oro italiano del Ministero degli Esteri in deposito presso la Reichsbank; 4) oro italiano acquisito direttamente dalla Reichsbank; 5) oro italiano custodito dalla Reichsbank ma di proprietà italiana, destinato alle spese della nostra ambasciata”.
Mai ci furono pressioni da parte del Ministero degli Esteri per destinare il proprio oro diversamente ?
“Quando nell’estate del 1944, per le continue richieste del Ministero degli Esteri di monete d’oro (lire turche, dollari, sovrane, franchi, richieste solitamente soddisfatte in cambio di lingotti d’oro) la Reichsbank si trovò in difficoltà, furono proprio i suoi funzionari a suggerire a quel ministero di coprire il fabbisogno con monete italiane! e precisamente consigliavano quelle già controllate, depositate nelle casse degli Esteri.
Sebbene tutti i funzionari si fossero trovati d’accordo, questa proposta, su espressa disposizione del Ministro degli Esteri del Reich, fu invece respinta! e con l’ordine peraltro di desistere anche in futuro da qualsiasi utilizzo delle riserve di auree italiane!
Le direttive emanate dallo stesso Joachim Von Ribbentrop indicavano che tali riserve dovevano essere prese in considerazione solo in caso di assegnazione definitiva. Ma tale assegnazione non fu mai fatta. Tantomeno si procedette ad una incorporazione dell’oro italiano da parte del REICH”.
Quest’oro restò sempre nelle casse del Ministero degli Esteri a Berlino … quando cominciarono le sue traversie ?
“Nella primavera del 1945 le 368 bisacce ispezionate dalla Reichsbank – con i loro sacchi – furono trasferite su ordine del ministro degli esteri del Reich Von Ribbentrop nello Schleswig-Holstein e lì consegnate alla moglie del legato Mai, Frau Maria Mai.
Lei fece sistemare tutti i sacchi in casse più grandi e all’inizio di aprile del 1945 dispose il sotterramento di due di queste casse in un suo podere nei pressi della tenuta Seehof, vicino Plön, e la terza in un pascolo confinante”.
Sotterrarlo! Un metodo piuttosto antico per nascondere l’oro ?!
“Sì, ma per poco. Infatti subito dopo l’arrivo delle truppe britanniche, Frau Mai informò dell’occultamento il comandante di una divisione di “Royal Tanks” insediata a Plön e il 20 maggio 1945 tutte e tre le casse furono disseppellite alla presenza della donna e prese in consegna da un tale caporale Holstock della sezione dei servizi segreti britannici di stanza a Wilster.
Stabilito che né i luoghi dell’occultamento né le casse presentavano segni che facessero pensare ad una sottrazione dell’oro, e dopo che Frau Mai ebbe confermato che non mancava nessuno dei sacchi da lei presi in custodia, le tre casse con il rispettivo contenuto furono portate via dal caporale Holstock. “Tuttavia, circa due settimane dopo, siamo all’inizio di giugno del 1945, la guerra in Germania é finita da un mese.
Le autorità militari britanniche inoltrarono alle forze d’occupazione americane in Austria la richiesta di rintracciare, per interrogarlo, Bernd Gottfriedsen consigliere di legazione del Ministero degli Esteri, l’uomo che era stato incaricato da Ribbentrop della custodia di tutti gli ori, sia quello inviato nel lontano Schleswig-Holstein, che quello sepolto altrove. Eseguito l’interrogatorio di Gottfriedsen i britanni ricevettero tutte le informazioni che volevano intorno a quell’oro ulteriori e ne restarono soddisfatti”.
E’ la storia di cui é protagonista Herbert Herzog !
“Appunto, Gottfriedsen era l’amico di Herzog. Per un ulteriore incrocio di dichiarazioni, alla metà di giugno del 1945 Gottfriedsen fu nuovamente interrogato e questa volta dal comandante in capo della 3a divisione di fanteria statunitense a Salisburgo. Anche in questa dichiarazione, messa a verbale, Gottfriedsen dette informazioni esaurienti, in particolare per quanto concerneva la provenienza dell’oro e la ripartizione successiva all’uscita dal deposito di Berlino. Fatto importantissimo però, rivelò il seppellimento di una seconda partita di oro, quella di Hintersee”.
Mi risulta, anche al processo di Norimberga si venne a parlare dell’oro italiano, o mi sbaglio ?
“In occasione di quel processo, il professor Robert N.W. Kempner, procuratore aggiunto per gli Stati Uniti, svolse accurate indagini sulle cosiddette “riserve auree segrete” del Ministero degli Esteri ed i suoi risultati furono assolutamente concordi con le dichiarazioni di Gottfriedsen”.
Una volta rinvenute dagli Alleati, queste monete d’oro ritrovate nello Schleswig-Holstein che destinazione ebbero ?
“Si può ritenere che esse siano state cedute alla COMMISSIONE TRIPARTITA PER LA RESTITUZIONE DELL’ORO MONETATO alle rispettive nazioni. Quindi incorporate nella massa comune dell’oro destinato alla distribuzione in base alla Parte III del Trattato di Parigi per le Riparazioni di Guerra”.
Finora abbiamo seguito soltanto il percorso dell’oro del Ministero degli Esteri sepolto nello Schleswig-Holstein: che corrispondeva alla partita di monete il cui valore era stato verificato dalla Reichbank, e le cui 368 bisacce erano state rimesse in sacchi più leggeri. Manca all’appello l’oro che invece non fu esaminato e che restò nei sacchi italiani !?
“Certo. Questo è l’oro che Gottfriedsen rivelò a Herzog di aver seppellito ad Hintersee. Una partita di monete auree in 82 sacchi, non aperti né controllati e rimasti negli imballi italiani. All’inizio del 1945, questa giacenza residua di 82 sacchi con il relativo contenuto originario integro e immutato, fu trasferita in due scaglioni nel castello di Fuschl (Austria) qui anch’essa venne presa in consegna da Gottfriedsen.
Tra il 27 e il 29 aprile 1945, Gottfriedsen spostò 81 di questi sacchi a Hintersee (Austria) e, racchiusili in due casse, li fece seppellire alla presenza di Alois Ziller, capo della locale comunità rurale”.
Qualcuno ha detto che si perse un lingotto ?
“L’82° sacco si era lacerato durante il trasporto verso il castello di Fuschl. Il suo contenuto, 10 bisacce da 20.000 franchi oro vari, più 3 bisacce da 5.000 dollari oro che erano cadute mentre si portava tutto a Hintersee, fu invece trasferito da Gottfriedsen a Badgastein (Austria) e lì, sistemato in una cassetta insieme a qualche lingotto d’oro e ad un lingotto d’argento facenti parte delle riserve di proprietà del Ministero degli Esteri. Il 1° maggio 1945 anche quest’oro venne sepolto: in uno scantinato della casa di Böcksteiner Strasse 89”.
Mi risulta che dopo l’arrivo delle forze alleate, entrambi i nascondigli austriaci furono notificati da Herbert Herzog al comandante in capo della 3a divisione di fanteria americana di stanza a Salisburgo.
“Certo. Il 17 giugno 1945 l’oro nascosto a Hintersee fu preso in consegna da un responsabile di quella divisione di fanteria, J. Devan. Questi procedette anche al recupero dell’oro nascosto a Badgastein e sequestrò nel contempo alcuni mazzi di banconote: valuta estera per un valore di svariati milioni di Reichsmark di proprietà del Ministero degli Esteri”.
Furono mai rinvenuti indizi che facessero pensare a manomissioni ?
“Il consigliere di legazione Gottfriedsen, che assisté ai dissotterramenti, confermò l’integrità dei sacchi, delle bisacce e dei pacchi con i lingotti da lui nascosti”.
Fu subito identificato come oro italiano …
“Sì. Già al momento del ritrovamento, le monete auree di Hintersee e Badgastein furono riconosciute in modo inequivocabile come oro italiano portato in Germania durante la guerra. Questa identificazione fu possibile da un lato grazie ai contrassegni esterni dell’imballaggio, in particolare dall’integrità dei piombi con i quali erano state chiuse le bisacce con le monete, poi dalle indicazioni riportate sulle etichette delle bisacce.
Tra l’altro tutto fu chiaro anche grazie alle dichiarazioni, rese immediatamente dopo la confisca, dal consigliere di legazione Gottfriedsen, al comandante in capo della 3a divisione di fanteria di stanza a Salisburgo”.
Ci fu qualche contestazione ?
“No”.
Come può essere accaduto allora che nonostante non sussistessero dubbi sull’origine delle monete auree rinvenute a Hintersee e Badgastein, il 19 febbraio 1947, su ordine del Governo degli Stati Uniti, esse furono date all’Austria?
“Il tenente generale Geoffrey Keyes provvide al trasferimento delle monete auree italiane (insieme ad altri lingotti sempre proprietà del Ministero degli Esteri tedesco nascosti a Badgastein) alla Banca Nazionale d’Austria per il tramite del Governo austriaco e con la motivazione “che trattasi di parte delle riserve auree della Banca Nazionale d’Austria precedenti al 1938 che non hanno mai lasciato il territorio austriaco nemmeno durante l’occupazione tedesca
Attenti, non vogliamo innescare equivoci. Per quanto riguarda il ricevimento e la gestione di quest’oro, il Governo austriaco ha agito in buona fede, essendo venuto a conoscenza delle reali circostanze di questa vicenda solo all’inizio del 1950.
Vogliamo aggiungere e precisare: gli Alleati agivano in base ad un principio di equità e di compensazione globale che avrebbe fatto sì che tutto l’oro trafugato dai nazisti in Europa, sarebbe stato ridistribuito con criteri oggettivi e giusti pur da applicare caso per caso. Quindi il comportamento americano non va visto nel suo aspetto occasionale ma nell’ambito di una strategia di riequilibrio ben più ampia.
Quando negli anni successivi emerse le reale provenienza delle monete auree sequestrate a Hintersee e Badgastein e venne a cadere il primo assunto in base al quale erano state consegnate, gli Alleati (richiamandosi all’adesione nel frattempo intervenuta di Italia e Austria alla Parte III del Trattato di Parigi per le Riparazioni di Guerra) disposero che la riserva in questione fosse da considerare solo come un anticipo sulla quota spettante all’Austria”.
A conclusione. Mettendo a confronto tutto l’oro spostato, nessun lingotto … ?
“Purtroppo a conti fatti ci sarebbero delle scomparse apparentemente inspiegabili. Si calcola un ammanco di circa 600 kg di monete auree rispetto ai quantitativi trasferiti a Hintersee e Badgastein”.
Come sono possibili 600 kg in meno con tutta la pedanteria a cui ci siamo appellati ?
“Innanzitutto si deve dire che questo ammanco é rilevabile solo contabilmente, potrebbe essere ricondotto ad una sottostima dell’oro, o magari anche ad una trattenuta dei quantitativi citati da parte delle autorità americane sotto la cui custodia questi beni erano rimasti dal 1945 al 1947”.
Ma é poco credibile …
“Certo. Potebbe esserci un’altra causa dell’ammanco dell’oro. Ricorda che i sacchi verificati dalla Reichsbank erano più leggeri di quelli italiani? Beh, in occasione del trasferimento potrebbe essere accaduto che alcuni sacchi sensibilmente più leggeri siano stati presi al posto di quelli più pesanti.
Cosicché, a fronte di un corrispondente aumento del quantitativo dislocato nello Schleswig-Holstein, potrebbero esser finite monete d’oro per un peso minore di alcune centinaia di kg in Austria”.
Ma non sarebbe più semplice ipotizzare che queste monete d’oro siano state semplicemente sottratte ?
“Sulla scorta delle indagini effettuate all’epoca, deve essere esclusa ogni possibilità di una depredazione durante il trasporto a Hintersee e Badgastein o nel periodo del loro occultamento.
Facciamo tuttavia notare, a scanso di equivoci, che nei primi anni del dopoguerra alcuni abitanti di Hintersee disposero di una quantità non esigua di monete d’oro di cui erano venuti in possesso in modo illecito”.
Parte di queste monete fu venduta a privati o scambiata con generi alimentari e capi d’abbigliamento. Un’altra parte (ca. 180-200 kg di monete d’oro) fu confiscata dalla locale gendarmeria nel febbraio del 1949 nel cosiddetto “vecchio mulino del contadino Posch” a Hintersee e successivamente consegnata alla Banca Nazionale d’Austria (si trattava soprattutto di monete d’oro latine e turche e di alcune austro-ungariche, montenegrine e spagnole, in prevalenza coniate nel periodo 1870-1892).
Una quantità più piccola fu trovata da un gendarme e da lui trattenuta. Nel corso di un successivo procedimento penale presso il tribunale di Salisburgo (Gz 5 Vr 1767/49), vennero sequestrati a questo gendarme un totale di 4.920 franchi oro vari, 465 lire oro turche e 5 monete d’oro varie gr. 32,2, anch’essi poi consegnati alla Banca Nazionale d’Austria. Il resto delle monete d’oro era stato trasferito all’estero con la complicità di un avvocato di Salisburgo.
Ad ogni modo, come hanno potuto dimostrare accurate indagini in proposito, tutti questi quantitativi sicuramente non erano stati sottratti alle riserve di monete auree dislocate dal Ministero degli Esteri del Reich ma sembrano piuttosto appartenere alle riserve lasciate dall’ex dittatore croato Ante Pavelic che alla fine della guerra aveva soggiornato a Hintersee o far parte di quella riserva aurea trasferita sul finire della guerra in una cascina alpestre nei pressi di Hintersee dal capo dei servizi di sicurezza tedeschi Kaltenbrunner.
Ma non può essere esclusa nemmeno la possibilità che le monete d’oro in questione provenissero dalle riserve auree trasferite dall’Ungheria oppure che facessero parte di quei quantitativi d’oro trafugati in Austria dai Balcani verso la fine della guerra ad opera di singoli elementi dello spionaggio tedesco”.
Stranezze e misteri fittissimi !
“Queste sono solo alcune delle ipotesi possibili. Possiamo aggiungere per esempio, quelle monete d’oro sarebbero potute provenire anche dalle casse abbandonate da divisioni e reparti dell’esercito. O appartenenti al bottino aureo trasferito dalle SS sul finire della guerra ad Altaussee. O alle partite d’oro vendute durante la guerra a diverse banche tedesche, o ancora alle riserve della filiale viennese della Reichsbank che negli ultimi mesi del conflitto aveva ricevuto dalla sede centrale di Berlino quasi 12 tonnellate di oro fino in monete. E’ davvero difficile dare una risposta definitiva”.