L’ARCIDUCA ALBERTO D’ASBURGO AD ARCO

Due video e una ricca galleria fotografica. Oltre al link con Wikipedia per saperne di più. Riguardano Alberto d’Asburgo ad Arco. Quindi l’epoca in cui Arco (provincia di Trento) era considerata la “Riviera dell’Impero Austro-ungarico”. Il tempo del “Kurort”, gli albori di Arco come “stazione di cura e soggiorno”. Insomma, in quel periodo Arco, da “anonimo paese del Tirolo meridionale” diventa appunto Asburgica.

Una svolta epocale nella storia della città – come scriveva nel 2013 l’allora assessore provinciale alla cultura Franco Panizza nella prefazione del libro di Marco Ischia di cui parleremo tra poco – con palazzi, giardini e viali alberati, ma anche edifici minori e monumenti. Tutto grazie all’intraprendenza di amministratori pubblici e di imprenditori privati lungimiranti e particolarmente attenti allo sviluppo della città, supportati dall’appoggio economico del più grande benefattore di Arco: l’arciduca Alberto d’Asburgo, per l’appunto.

Ricordo al riguardo quanto mi disse un giorno il compianto professor Francesco Monti di Arco. Eravamo alla stazione delle autocorriere. Lui mi indicò viale Roma, quello che dalla stazione porta verso il Casinò. “Vedi quanta precisione e cura avevano gli austriaci nel costruire le case? Da qui, dalla stazione, appena arrivati ad Arco, si poteva vedere subito, in una magica prospettiva: Casinò, Giardini Pubblici e Castello”.

Ed in effetti è vero. Provare per credere. Magari senza guardare indietro, verso la stazione che, da tempo, è in grave, indecoroso stato di degrado.

Dicevo del libro di Marco Ischia. E’ stato stampato nel marzo 2013 dalla “Grafica 5” di Arco per le edizioni “Il Sommolago”. Credo quindi sia ancora possibile trovarne una copia. Nelle biblioteche trentine di sicuro. Hanno collaborato con l’autore, arcense, Mauro Grazioli, Selenio Ioppi, Lodovico Tavernini, Carlo Tamanini, Romano Turrini, l’Archivio Storico del Comune di Arco, l’Archivio di Stato di Trento, il Mag, Museo Alto Garda, Il Sommolago. Preziosa la consulenza e la disponibilità di: Arianna Tamburini, Selenio Ioppi, Marcello Berlanda, le Compagnie Schützen “Arciduca Alberto d’Asburgo” di Arco e “Giuseppe Maria Fedrigoni” di Rovereto.

Va detto subito che questo volume (160 pagine, tante foto e illustrazioni, che riportiamo nella galleria sotto) ha un sottotitolo: “La storia di un monumento”. Insomma, oltre alla storia dell’arciduca, tra l’altro molto interessante, con tante curiosità e vicende storiche dell’epoca, c’è anche l'”odissea” del monumento che Arco eresse ad Alberto d’Asburgo il 2 marzo 1913. Poi appunto, il “travaglio” di quella statua, opera dello scultore di Lasino, Francesco Trentini. Che fu rimossa dal suo piedistallo durante il primo conflitto mondiale per preservarla dai bombardamenti. Poi più volte condannata alla fusione nel primo dopoguerra perché ritenuta memoria da cancellare. E ancora, dimenticata per mezzo secolo nelle cantine del Castello del Buonconsiglio. Infine tornata al suo posto il 2 aprile 1980 dopo una battaglia decennale condotta principalmente da Umberto Berlanda di Arco.

Marco Ischia, con scrupolo e attenzione ai dettagli, ripercorre la storia di questo monumento che “divise” Arco in due fazioni. Quella di Umberto Berlanda, strenuo difensore di quella memoria storica. E quella che – almeno sulla stampa – faceva riferimento al commerciante Raffaele Marti. E considerava il monumento in questione una sorta di omaggio, sgradito, alla figura di un “guerrafondaio”. Ricordo – allora lavorava alla redazione di Riva del Garda del giornale “l’Adige” – che furono versati fiumi d’inchiostro per questa polemica. Finché, appunto il 2 aprile 1980, la statua dell’arciduca tornò ad Arco.

“Non è – scrive nel libro Marco Ischia – la statua di un grande condottiero a cavallo, ma di un anziano sorretto dal suo bastone, con una divisa poco appariscente. La statua insomma non richiama la storia di un comandante militare quale fu l’arciduca, bensì quella di un uomo generoso al quale la comunità cittadina si sentì eternamente riconoscente.

Del giorno dell’inaugurazione riporto, nel primo video, l’intervista che feci allora – per Radio Canale 64 – proprio a Umberto Berlanda. Emozionatissimo per la soddisfazione di aver appunto ridato l’arciduca alla “sua” Arco.

Nel secondo video invece c’è una recente esibizione (al Palameeting di Riva del Garda, in occasione del concerto dell’orchestra Casadei) della “Corte Asburgica” del Comitato Tradizioni Usi e Costumi Arcensi. E’ un gruppo che fa rivivere, con magnifici quanto impeccabili costumi di quell’epoca, il periodo asburgico arcense. Così come asburgico è anche il carnevale di Madonna di Campiglio. E asburgica fu una ricetta riproposta alcuni anni fa, alla “Lanterna” di Prabi, dal noto chef Abramo Prandi. Insomma, anche se lì vicino c’è ora un parcheggio interrato funzionale al centro storico, l’arciduca Alberto d’Asburgo è sempre lì, su quel basamento a suo tempo anche profanato dai vandali, a osservare la “sua” Arco.

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LE FOTO E I RITRATTI

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