UNA VITA SOTTO I PIEDI

Era nudo. Completamente nudo. Dall’alto vedeva la sua pancia. Sporgente. Andò a prendere una birra per accentuare il senso del peccato. Per esasperarlo. E mentre beveva, mentre fumava, mentre pensava al fatto che stava bevendo e fumando, così, senza che nulla lo riparasse dai colpi d’aria, fissò un punto nella stanza da dove ripartire con i ragionamenti. Era difficile trovarlo. Intanto il sudore tracciava degli irregolari ruscelli sul suo viso. Non scivolava a caso. Seguiva le vie di vecchie abitudini dei muscoli facciali. Anche i buchi di brufoli schiacciati davanti allo specchio diventavano, in quel momento, determinanti spartiacque. Così come i peli risparmiati dal rasoio. E la goccia scendeva. Fino al mento. Fino al palmo della mano che l’avrebbe raccolta. E spianata, come un impasto investito dal mattarello. Cercava quel maledetto punto di partenza. E lampi di genialità. Come quando l’aria che entra dalla finestra fa venir voglia di portar via i lingotti d’oro custoditi in un millesimo di secondo. Ma la ricerca non dava i frutti sperati.

“Vorrei vivere di più – pensava Peter – fino a morirne, ma solo se fosse veramente necessario”.

Voleva ammazzare chi teneva in ostaggio i suoi desideri, tutti i suoi desideri. Aveva tanti pensieri in testa. Doveva sfamarli, dar loro un giaciglio. Ma non era più in grado di far fronte alle spese di vitto e alloggio di quei numerosi ospiti. Gli finì tra le mani un vecchio calzino. Aveva un buco. Piccolo, ma si vedeva. Era lì da settimane. Aspettava che mani pazienti sigillassero con ago e filo la fessura. Ed invece Peter infilò in quel buco la punta dell’indice. Fino ad allargare il foro. Sempre di più. Ancora di più. Di più. Un urlo. Nel calzino era rimasto l’ago di un precedente tentativo di rattoppo. Era buffa ora l’unghia di quel dito. Sembrava quella di una donna. Con lo smalto rosso fuoco. Peter andò in bagno. Annullò con un cerotto gli effetti dell’incidente. Riprese in mano il calzino e cominciò a cercare le labbra di una ferita, quella del tessuto, larga e profonda. Finì molte ore dopo. Con gli occhi stanchi, esausto, s’infilò quel calzino rabberciato. Da allora è il suo portafortuna.

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