TRENTINI FAMOSI, MA NON TROPPO – 29

ROLANDO MARCHI (detto Rolly)
Lavis, 31 maggio 1921 – Milano, 14 ottobre 2013

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Rolly Marchi

a cura di Cornelio Galas

Negli anni Sessanta, quando la Tv era ovviamente ancora in bianco-nero, oltre al Gatto Felix, l’attenzione di noi ragazzini era tutta per quelle lezioni di sci del “caubòi” Rolly Marchi. Si può dire che prima ancora di poter avere il primo paio di sci (senza lamine, racchette di bambù) fu quella per me, per i miei fratelli (ora tra l’altro istruttori nazionali di sci) la scintilla che fece scattare la passione per gli sport invernali.
Più tardi, da giornalista, ho avuto l’onore di incontrare Rolly. E di confessargli quella ammirazione giovanile. “Dai, dai – mi disse – che sicuramente, dopo, avrai avuto maestri migliori”.

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Sulla vita di Rolly Marchi abbiamo trovato una accurata, completa, biografia raccolta da Liliana Cianni nel giugno 1996 e in seguito aggiornata da Beba Schranz. Fu stampata, in occasione del 90° compleanno di Rolly, dalla Litografica Editrice Saturnia di Trento. Ne propongo ampi stralci. Oltre ad alcuni video.

1938, Monte Bondone: Ciro Marchi ai fornelli

1938, Monte Bondone: Ciro Marchi ai fornelli

Rolando Marchi, il cui nome fu sintetizzato in Rally da un gruppo di sciatrici universitarie toscane che egli allenava sul Monte Bandone durante una licenza militare del gennaio 1942 (il nome non gli piaceva, gli amici trentini ironizzavano, ma poi ha prevalso il diminutivo), è nato a Lavis, 8km da Trento, il primo maggio 1921, dal padre Ciro Marchi, enologo e irredentista amico di Cesare Battisti, e da mamma Emma, insegnante.

Rolly Marchi

Rolly Marchi

Figlio unico.ha frequentato il ginnasio a Rovereto e il liceo “Prati” a Trento. Si è laureato in giurisprudenza a Bologna, discutendo la tesi “Responsabilità civile in materia di sport” prima del genere sicuramente in Italia e alla quale il grande e sorpreso, in quel caso, Gianni Brera, dedicò un bellissimo pezzo sulla prima pagina della Gazzetta dello Sport.

Rolly Marchi

Rolly Marchi

Sue passioni giovanili sono state l’atletica leggera, lo sci. l’alpinismo, anche se le sue prime esperienze agonistiche furono dedicate al ciclismo (età 16 e 17 anni, una vittoria. dodici piazzamenti: per la statura e l’abilità in volata era chiamato Di Paco, campione dei tempi).
Ha fatto la guerra nei Granatieri di Sardegna, ferito in combattimento, decorato con questa laude:
“Al comando di un reparto di formazione, sotto violento fuoco avversario, raggiungeva la posizione assegnatagli. Con l’esempio del suo freddo coraggio, galvanizzava i dipendenti che, nonostante le gravi perdite e la preponderanza dei mezzi avversari, trattenevano il nemico incalzante. Sempre primo ove maggiore era il pericolo, continuava ad animare la disperata difesa, finché veniva ferito “.
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Indro Montanelli

Indro Montanelli

Prigioniero in Africa, primo ufficiale a tornare a Trento con le truppe alleate nel maggio 1945, brano di vita che ha raccontato nel suo romanzo n silenzio delle cicale, recensito in modo lusinghiero, fra tanti, da Indro Montanelli, il quale tra l’altro ha dichiarato: “Mi sono coricato e ho preso in mano il libro per vedere come cominciava e poi non l’ho più lasciato fino alle tre di notte!”. Anche Candido Cannavò, magistrale direttore della Gazzetta dello Sport e siciliano di nascita, dedicò al libro un suo prezioso pezzo.

Nel dopoguerra, a Trento. Marchi ha organizzato La stagione dei Concerti, rivelando alla città Arturo Benedetti Michelangeli, Franco Mannino, Il Quartetto Italiano, oltre naturalmente ad altri e anche a musica diversa, come quella di Luciano Sangiorgi. Da quell’esperienza nacque il sodalizio del celebre Coro della SAT (Società Alpinisti Tridentini) con l’ancor più celebre Benedetti Michelangeli.

Arturo Benedetti Michelangeli e il coro

Arturo Benedetti Michelangeli e il coro della Sat

Nello stesso periodo Rolly radunava e avviava allo sport ragazzini smarriti, orfani, convocati al mercoledl allo stadio Briamasco a Trento: li faceva correre e saltare, premiandoli con cioccolato. La manifestazione si protrasse per un anno e fu chiamata Mercoledì Italcima, eccellente prodotto donato dai Pizzoccaro, stimata famiglia di Milano. In seguito l’iniziativa di Rolly commosse un sacerdote, don Ziglio, che raccolse questi giovani in una casa sulla collina della città. Nel 1939 Rolly Marchi aveva fondato a Trento la sua prima società sportiva, il Gruppo Sportivo Cesare Battisti .

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Da lui è poi nata anche la 3-Tre (gennaio 1950), famosa gara di Coppa del mondo di sci, che allora si disputò intorno a Trento, appunto 3-TRE, tre .gare di Trento, discesa sulla Paganella, dominata dal fuoriclasse Zeno Colò, slalom a Serrada e slalom gigante sul Monte Bondone, e adesso continua a Madonna di Campiglio.

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Ma Rolly Marchi appena finita la guerra, aveva fondato anche le Scuole di Sci del Monte Bandone (1945-46) e della Paganella (1946-47), luoghi dove organizzava varie gare. Alcune le vinse, il Trofeo Dal Lago sul Bondone e una discesa in Paganella, e ne corse molte altre, come la Direttissima sulla Marmolada e il famoso Hahnenkamm a Kitzbuhel nel 1947.

Nel 1945 sul Bandone ebbe un’altra felice idea, proponendo alle Forze Alleate di mandare ogni settimana un centinaio di militari convalescenti o bisognosi di riposo, che così occuparono per oltre due mesi tre alberghi. Con Giuliano Babini, azzurro dello sci, e altri amici, sempre nel 1945 aveva fondato il SAI, Sci Accademico Italiano.

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Durante l’estate poi, rivelava ai suoi conterranei il “miracolo” dello Sci nautico. da lui scoperto con gli americani a Punta Ala durante una pausa bellica. Lo eseguì sul lago di Caldonazzo anche assieme all’attore statunitense Douglas Fairbanks.

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Rolly Marchi e Mike Bongiorno

Nel 1958 stimolato dal famoso Mike Bongiorno inventò il Trofeo Topolino che in pochi anni diventò la gara per ragazzini più importante del mondo. Lo è ancora adesso e vi partecipano giovani di oltre 40 nazioni. Poi creò anche Ausonia Sprint. Mediolamun Boys e Fila Sprint, così come il Gran Premio Saette che rivelò e lanciò Alberto Tomba, Claudia Giordani e Piero Gros.

Nel 1959 promuoveva la prima gara di KL, il Kilometro Lanciato, sul Monte Bianco a Courmayeur, manifestazione diffusasi poi nel mondo intero. Anche lo Slalom Parallelo cli Natale è una sua creatura, prima edizione al Passo del Tonale nel 1974.

Rolly Marchi apripista del trofeo Topolino

Rolly Marchi apripista del trofeo Topolino

Nel 1971 fondava lo Sci Club Rolly Go, nome di una linea di indumenti sportivi da lui ideata. Primo socio volle essere lo scrittore Dino Buzzati. Un anno dopo, con il suo amico avvocato Franco de Pilati, organizzò il primo Gigantissimo sulla Marmolada, tipo di gara imitata poi in alcune stazioni delle Alpi.

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Sollecitato dalla passione per la vela di suo figlio Jacopo, Rolly pensò e decise di fare la prima barca italiana per la sfida della Coppa America di vela. Preparò il progetto di massima e accompagnato dall’autorevole amico Luca Cordero di Montezemolo fu ricevuto a Torino dall’avvocato Gianni Agnelli che ne fu entusiasta concedendogli il primo finanziamento di 600 rnilioni di lire. Il secondo aderente fu l’Aga Kahn e il terzo il grande amico Pietro Barilla.

Rolly Marchi con Dino Buzzati

Rolly Marchi con Dino Buzzati

Ciclismo: nel 1955 poiché era amico del proprietario della ditta che produceva il dentifricio Chlorodont e la Leocrema, gli propose di costituire una squadra ciclistica, il Gruppo Sportivo Chlorodont; uno dei suoi pupilli, Gastone Nencini, vinse il Giro d’Italia conquistando la maglia rosà proprio a1 traguardo sul Monte Bondone (1957).

Però Rolly è considerato dall’UCI. Unione Ciclistica Internazionale, l’inventore della prima sponsorizzazione al di fuori delle case ciclistiche. Questa notizia si può leggere in un testo pubblicato in occasione dei Campionati del Mondo del 1999 disputati a Verona .

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Come alpinista ha scalato due volte il Cervino (una anche da solo), quindi il messicano Popocatepetl, il Mount Kenya, le Grandes Jorasses ,il Monte Bianco e un centinaio di impervie pareti dolomitiche. Suo gioiellino personale è quello di aver legato alla sua corda lo sherpa Norgay Tenzing, primo conquistatore dell’Everest con il neozelandese Sir Edmund Hillary, e di averlo portato sulla Paganella a fare la prima ascensione della sua vita in Europa.

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Sempre in materia di ascensioni accompagnò il celebre Dino Buzzati, a salire la Croda da Lago, l’ultima ascensione dello scrittore bellunese nel 1966. Suoi compagni di cordata (lui di loro …) sono stati Cesare Maestri, Walter Bonatti, Toni Masè, Marco Franceschini, Bepi De Francesch, con il quale nel giorno del suo cinquantesimo compleanno ha scalato lo Spigolo Pìaz al Sass Pordoi e il celebre Manolo, compagno nel 1997 sulla Punta Fiammes a Cortina. Nello stesso anno sali anche il Campanile di Val Montanaia con l’eccentrico e forte Mauro Corona. Rolly Marchi è stato presidente onorario della Scuola di Roccia “Giorgio Graffer”, la più nota in Italia .

Rolly Marchi con Petrucci del Coni

Rolly Marchi con Petrucci del Coni

Atletica Leggera: nel 1947 Rolly Marchi è stato presidente del Comitato Trentino della FIDAL, la Federazione di Atletica Leggera. Giornalista: mentre frequentava l’università e coltivava le sue diverse passioni sportive, cominciò a scrivere per il quotidiano cti Trento e per la rinata storica e autorevole rivista “Neve e Ghiaccio”. Il direttore Pio Antonio Caliari, Presidente della FISI lo volle con sè a St. Moritz per le sue prime olimpiadi.

Dopo la laurea, nel 1950 lasciò Trento per stabilirsi a Milano, chiamato da un amico a fare l’assicuratore. Nello stesso anno Gianni Brera, letto un suo articolo spiritoso pubblicato su un numero unico dell’Università di Pavia, lo invitò alla Gazzetta dello Sport dove ha scritto fino al 1956 per poi passare, con Brera, al nuovo quotidiano Il Giorno.

ROLLY MARCHI CON ERWIN STRICKER NEL 1975 OLYCOM

Rolly Marchi con Erwin Stricker nel 1975

È il solo giornalista al mondo che ha seguito tutti i Giochi Olimpici Invernali dal 1948 fino a Torino 2006. Con quelli estivi ne ha visti e raccontati ben 23 (“Non è un vanto, si tratta di anagrafe e di salute” come ebbe a di.re anche Indro Montanelli).
Nel 1957 si rivela scrittore vincendo con il suo primo racconto il Premio St. Vincent. Ha poi pubblicato alcuni romanzi: Un pezzo d’uomo, Le mani dure, Ride la luna e Il silenzio delle cicale e libri di racconti: Il tram della vita, Neve per dimenticare, Parole Bianche, e ancora La neve e Se non ci fosse l’amore.

Rolly Marchi con Walt Disney

Rolly Marchi con Walt Disney

Ride la luna fu premiato al Campiello, Le mani dure ebbe un Premio CONI. Sempre nel campo culturale Marchi ha organizzato a Cencenighe la prima mostra antologica delle opere pittoriche e disegni di Dino Buzzati (1985), curandone un importante catalogo: un successo notevole. Apprezzata iniziàtiva anche il Premio Agordino d’Oro – I Discreti, manifestazione che ha onorato persone di notevoli meriti, ma riservate, cioè “discrete”, quali: la vedova dell’illustre statista Alcide De Gasperi, la moglie di Indro Montanelli premiata dal capo dello Stato Sandro Pertini, anche lui molto applaudito fra le verticali rocce dolomitiche.

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Gina Lollobrigida, Antonio Zichichi e Rolly Marchi

Quindi il fuoriclasse dello sci Gustavo Thoeni e tanti altri scelti con cura dalla Giuria della quale erano parte il ministro Virginio Rognoni, l’oncologo Umberto Veronesi, il noto nome dello sport e della moda Ottavio Missoni e il presidente dell’Agordino d’Oro Floriano Pra.

Zeno Colò

Zeno Colò

Nel 1956 fu Speaker Ufficiale dei Giochi Olimpici di Cortina d’Ampezzo e raccontò in televisione le cronache dei Campionati del Mondo 1958 e di altre gare internazionali Ha condotto anche due fortunate trasmissìoni televisive a puntate “Lo sci è uno sport fantastico” con Zeno Colò e Giuliana Minuzzo e ”Invito allo sport” (1965-1966).

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Buon fotografo (”di classe internazionale” scrisse Dino Buzzati) ha pubblicato libri per Olivetti, Parmalat e altri, dai titoli: Dove lo sci, Messico 68, Azzurrissimo, Sapporo 72, Monaco 72, L’anno dei nostri, e una decina ancora. Ha fatto anche un calendario per Marlboro con dodici sue foto olimpiche, e uno per Montedison .
Per· alcuni anni fu chiamato “il cow-boy delle nevi”, per il cappellone nero impostogli da Walt Disney ai Giochi Olimpici di Squaw Valley nel 1960.

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Altra sua creatura sportiva, contemporanea a Il silenzio delle cicale (giudicato anche dalla critica il suo miglior libro) è una singolare e “affettuosa” gara di sci chiamata 6 Sci – Campionato delle Famiglie, che si disputava ad Andalo-Paganella, la montagna che sovrasta il suo paese di nascita.
Ne] 1998 ha preso a cuore un’iniziativa benefica, quella cioè di trovare i fondi necessari alla costruzione di un ospedalino a 4850 metri di quota per i 13.000 nomadi del Tibet che vivevano soltanto in tende e sopravvivevano di pecore e yak e vendendo sale. L’operazione. come si dice, è andata in porto in breve tempo soddisfacendo anche il governo cinese.

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L’ospedalino, dedicato a Fosco Maraini, noto scrittore e alpinista, è stato inaugurato da Rally e da altri suoi ventiquattro amici il7 giugno 1999. Al tra sua proposta, ”Milano Montagna 2000″, l’idea di celebrare il mito e la storia dei monti a Milano, in concomitanza con l’arrivo del terzo millennio: un successo. Sono state allestite due mostre, una di oggettistica e fotografia e l’altra di pittura, aperte dall’ottobre 1999 a marzo 2000.

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Momento massimo è stato il raduno, a Milano, di 100 Protagonisti , uno per ognuno dei cento anni dell’ultimo secolo. Uomini e donne. che più di altri hanno inciso sulla storia dei monti: alpinisti, sciatori, esploratori giunti da tutti i continenti. Momenti magici dell’evento furono la discesa in corda doppia dalla sommità del grattacielo della Regione, la sfilata lungo le vie centrali della città con le auto d’epoca italiane, una memorabile serata nel palazzo della Triennale con musiche e medaglie d’oro ai protagonisti.

ROLLY E GRAZIELLA

Nel 2002, il comitato della Comunità Walser di Macugnaga gli ha assegnato la prestigiosa Insegna di San Bernardo, intitolata al patrono delle genti di montagna, premio che viene dato a uomini e donne che abbiano operato con amore e successo per la montagna, la sua gente e lo sport. Nella circostanza Rolly fu ufficialmente definito “Decathleta della Vita”.

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Nel 2003 l’Associazione Alvise Cornaro, che si occupa di problemi degli anziani, gli ha conferito l’omonimo premio assieme all’attrice Gina Lollobrigida e al prestigioso professore Antonino Zichichi, con la seguente motivazione:

”La biografia di Rally Marchi è piena di amori: il giornalismo, la scrittura, la montagna, la neve e specialmente idee e progetti sempre innovativi, sul terreno della competizione agonistica, ma anche su quello della solidarietà.

La sua sensibilità e l’apertura verso gli altri non sono mai state motivo di vanto; piuttosto sono sempre state e lo sono tuttora, la semplice espressione di una salute piena. fisica e mentale, che non ha età. E il fuoco e il desiderio di fare cose nuove sono immutabili: oggi come ieri. Le sue passioni” non sono né giovani né vecchie, né sentono il segno del tempo, ma sono una continua testimonianza di ardente vitalità alle giovani generazioni”.

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In questo spirito andrebbe ricordata anche l’edizione 1960 del Campionato mondiale di sci dei giornalisti, quando fu vincitore della discesa e secondo in slalom.
Nel 2004 la FIS, Federazione Internazionale dello Sci, lo elevava a personaggio d’onore dello sci mondiale. Ultima sua grande iniziativa è stata, sempre nello stesso anno, la realizzazione a Skardu in Pakistan di un museo destinato a ricordare nei secoli il successo degli alpinisti italiani sul K2 il 31 luglio 195’4.

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Purtroppo in seguito la sua creatività è stata bloccata da un grave incidente stradale avvenuto a Bolzano dove era parcheggiato in luogo consentito dal regolamento stradale e dove fu investito da un tir sbandato a forte velocità. Nell’incidente Rolly perse due terzi della vista.

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Rolly Marchi ha vissuto a Milano e Cortina d’Ampezzo, ma non ha mai trascurato il “suo” Trentino. Sposato con Graziella, affermata pittrice, ha avuto due figli: Paolo, giornalista e Jacopo, dirigente d’azienda. Oltre a tanti nipoti.

FUNERALE DI ROLLY MARCHI, ALLA CHIESA DI SAN SIMPLICIANO

FUNERALE DI ROLLY MARCHI, ALLA CHIESA DI SAN SIMPLICIANO

 

Rolly Marchi, lo scrittore che racconta le storie di montagna e di neve

intervista di Mauro Fattor (25 novembre 2011)

C’era Rolly e c’era Marchi. Erano minimo in due. Sicuro. Ma forse erano in tre. Forse c’era anche Rolando. Uno abitava in Trentino, l’altro a Milano e il terzo, come una trottola, era sempre in giro per il mondo. Tutti e tre si facevano chiamare Rolly Marchi, ma era un trucco. Solo così si spiega la leggenda di un novantenne che ha sciato con Zeno Colò e Federico Fellini.

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Che nel 1939 era sugli strapiombi della Graffer al Campanil Basso e che poi ha arrampicato con Dino Buzzati e Cesare Maestri, Walter Bonatti e Reinhold Messner.  Che tra un libro e l’altro ha raccontato – unico cronista sportivo al mondo – tutte le Olimpiadi invernali e molte di quelle estive, da quelle con Hitler in tribuna d’onore nel 1938 a Torino 2006.

Che si è inventato con Mike Bongiorno il Trofeo Topolino nel 1958, e poi la «3Tre» al Canalone Miramonti e il Kilometro lanciato. Che per la festa dei suoi 90 anni si è augurato «ancora cieli limpidi, montagne e ancora la neve», come uno sbarbatello qualunque. Vissi d’arte, canta Tosca in una delle romanze più celebri del melodramma italiano. Vissi di montagna, le fa eco Rolly Marchi. E così è.

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Una vita intensa come poche, tutta all’ombra delle cime.  Rolly Marchi doveva essere a Bolzano oggi, ospite della sezione cittadina del Sai, lo Sci accademico italiano, che lo stesso Marchi contribuì a fondare nell’ormai lontanissimo giugno del 1945. Non ci sarà perchè costretto a prendersi qualche giorno di riposo dopo un breve ricovero ospedaliero.  L’appuntamento però è solo rimandato, perchè Rolly Marchi vuole esserci.

 Lui ci scherza: «Rassicuro tutti: niente di grave, certo è che il mio cuore ha 90 anni, per la miseria». Il cuore sì, Rolly no. Per capirlo basta poco, sterzata sui temi di montagna e via.

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Lei ne ha viste e ne ha fatte di tutti i colori. Come è cambiata la montagna di Rolly Marchi ?

«È cambiato il nostro punto prospettico. La montagna di una volta era una cosa lontana dalla quotidianità, quasi un universo parallelo. La cesura era piuttosto netta. Oggi la linea di demarcazione tra questi due mondi tende a sfumare, c’è maggiore contaminazione».

In che modo ?

«Meno immobilismo, più velocità, più movimento. Insomma, la montagna è diventata più rock».

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Anche nel suo amatissimo Brenta ?

«Certo, anche lì. Anche se il Brenta è talmente ampio che ancora oggi si riesce a trovare di tutto, piste da sci e orsi, per intenderci. La differenza è che certi angoli, una certa idea di montagna, quella che 50 anni fa era la norma, oggi invece bisogna andare a cercarsela. Ma non è scomparsa, e questo è importante».

Cosa pensa del marchio Unesco impresso sulle Dolomiti? Un’opportunità importante o molto fumo negl’occhi ?

«Senza dubbio un’opportunità, anche se trovare un equilibrio tra conservazione e sviluppo è cosa tutt’altro che semplice. Sarà una bella sfida, comunque».

Rolly Marchi e Ferruccio De Bortoli

Rolly Marchi e Ferruccio De Bortoli

Lo scorso settembre è morto Walter Bonatti, una leggenda dell’alpinismo. Lei ha arrampicato con molti dei protagonisti dell’alpinismo del Dopoguerra. Che ricordo ha di Bonatti ?

“Ho fatto due salite con lui: la via di Soldà sul Baffelan, nelle Picole Dolomiti e poi una salita di misto a Courmayeur. Uno straordinario alpinista, senza dubbio. Con un grande limite, di cui forse non si è mai reso conto fino in fondo: ha deluso molti dei suoi compagni di cordata. Penso a Carlo Mauri in particolare, ma anche a Gigi Panei».

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Perchè delusi ?

«Due delle sue vie più famose, quella sul Dru e la nord del Cervino furono pianificate e, in parte, provate e riprovate, in cordata. La storia racconta che divennero due formidabili solitarie, ma chi restò con un palmo di naso a cose fatte, non la prese proprio bene».

Bonatti giù dalla torre. Chi salviamo allora ?

«Se proprio devo dire un nome, dico Reinhold Messner. Tutt’altra cosa. Solido e determinato quanto Bonatti, ma alpinisticamente – almeno a mio parere – molto più completo. Anzi, direi il più completo. Fortissimo in arrampicata quando aveva in testa le pareti dolomitiche, e poi un precursore, quasi un visionario, quando si è trattato di mettere mani e piedi sui colossi himalaiani. Fomidabile, davvero. Un personaggio unico e non solo in ambito alpinistico».

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Dall’alpinismo allo sci. Lei era un grande amico di Zeno Colò, ma gli eroi del circo bianco, dal Dopoguerra in poi, li ha conosciuti un po’ tutti. Chi era il più forte?

«Se proprio devo dire un nome, vado al 1956 e dico Toni Sailer. A 19 anni ha vinto tre titoli olimpici rifilando distacchi abissali ai suoi avversari. Più che sciare, volava. Un peccato che abbia mollato tutto a 22 anni per buttarsi nel cinema. Del resto, difficile chiedergli di più».

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E Tomba?

«Se è diventato quel che è diventato lo deve soprattutto alla tenacia di suo padre. Alberto a 14 anni era uno sciatore normale, bravino, ma niente di più. Suo padre però sentiva che sarebbe diventato un campione e ha insistito, non ha mollato. A 16 anni poi Tomba è esploso e da allora non si è fermato più».

L’emozione più grande vissuta a bordo pista ?

«Olimpiadi di Lillehammer, 1994, staffetta maschile di fondo. Centomila tifosi a bordo pista, in 30mila avevano bivaccato all’aperto aspettando la grande sfida. Centomila bandierine norvegesi pronte a sventolare per una vittoria annunciata. E invece abbiamo vinto noi. Ho ancora negl’occhi quel testa a testa incredibile tra Fauner e Daehlie, con Sissio che batte il più grande fondista della storia. E poi quel silenzio. Centomila norvegesi ammutoliti. Non era solo silenzio, era qualcosa di spettrale, come se sullo stadio avessero sganciato un’atomica. Un’emozione indescivibile».

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Restiamo al fondo: Grenoble 1968. L’oro al collo di un certo Franco Nones …

«Beh, qui ho qualche titolo di merito da rivendicare. Se non altro quello di avere intuito che quel giorno sarebbe accaduto qualcosa di straordinario. Ero l’unico italiano a bordo pista. Ma proprio l’unico! I giornalisti avevano preferito andare a vedere le prodezze di Jean Claude Killy, e pazienza. Ma non c’era neppure un dirigente del Coni. Zero. Nones è stato in testa dal primo all’ultimo chilometro, una cosa mai vista. Quando ha tagliato il traguardo, dopo 30 chilometri di fatica immane, sono stato il primo a festeggiarlo. Quel giorno però ho capito cos’è lo sport per gli scandinavi».

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Perchè, cosa accadde in quella circostanza ?

«Nones e i dirigenti della nazionale italiana mi invitarono a pranzo, visto che ero stato l’unico a credere nell’impresa.  Eravamo cinque o sei in tutto, non di più. Ad un certo punto sentiamo bussare alla porta della sala da pranzo dell’albergo, che era poi l’albergo della nazionale, e vediamo entrare quattro norvegesi con tanto di divisa ufficiale e un mazzo di fiori. Erano i quattro che fino ad un’ora prima avevano dato filo da torcere a Nones sui binari della 30 km. Dopo la gara erano andati in albergo, si erano fatti la doccia, si erano cambiati ed erano subito venuti, senza perdere tempo. I fiori erano per Nones. Per congratularsi e per tributargli tutti gli onori. Questo è il fondo al Nord: una religione».

Rolly e Isolde

Rolly Marchi con Isolde Kostner

Ha qualche ricordo particolare che la lega a Bolzano ?

«Nessun ricordo particolare. Non sarei sincero se dicessi il contrario, sono nato in Trentino e i miei orizzonti sono soprattutto quelli. Però a Bolzano c’è una bella sezione dello Sci Accademico, molto attiva, sono stati così gentili da invitarmi e io ci vengo sempre volentieri. Fuori ci sono delle montagne splendide. Per me altro non serve».

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Rolly in famiglia

 

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