TRENTINI FAMOSI, MA NON TROPPO – 13

MARTINO MARTINI

Trento, 20 settembre 1614 – Hangzhou, 6 giugno 1661

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a cura di Cornelio Galas

Martino Martini (in cinese 卫匡国, pinyin: Wei Kuangguo, citato anche come “Martin” o “Martinius”) nacque il 20 settembre 1614 da Andrea e da Cecilia de Rubeis a Trento, dove frequentò il ginnasio della Compagnia di Gesù.

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Nel 1632 si trasferì a Roma e il 7 ottobre entrò nell’Ordine dei gesuiti, in S. Andrea al Quirinale. Negli anni 1634-35 completò il noviziato e frequentò i corsi di retorica presso il Collegio romano. In una lettera dell’11 agosto 1634 chiese al padre generale Muzio Vitelleschi di essere destinato alle missioni nelle Indie.

Muzio Vitelleschi

Muzio Vitelleschi

Intanto, negli anni 1636-37 frequentò i corsi di filosofia presso il Collegio e compì studi di matematica sotto la guida di Athanasius Kircher. Il 22 luglio 1638 la sua domanda fu accolta e ricevette l’ordine di partire per la Cina. Dopo essere stato ordinato sacerdote, raggiunse Genova, da dove il 19 settembre si imbarcò per il Portogallo.

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Athanasius Kircher

Da Lisbona partì il 13 maggio 1639 per le Indie, ma le avverse condizioni del mare nel Golfo di Guinea costrinsero la nave a fare ritorno in Portogallo dopo cinque mesi. Partì nuovamente con 24 confratelli a bordo della «Nossa Senhora de Atalaia» e arrivò a Goa il 19 settembre 1640. Ripartì quindi per Macao il 19 dicembre 1641, dove sbarcò il 4 agosto 1642.

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Nei primi mesi del 1643 entrò in Cina, in compagnia di padre Giulio Alenis, viceprovinciale, seguendo la via fluviale interna; dopo una sosta a Nanchino, raggiunse la città di Hangzhou, dove si stabilì. Compì una missione nella città di Changshu, a nord di Suzhou, e nel marzo del 1644 ricevette l’ordine dal viceprovinciale di trasferirsi a Nanchino per sostituire Francesco Sambiasi, in partenza per Macao.

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A Nanchino il 17 maggio giunse la notizia della caduta della dinastia Ming (1368-1644). In luglio fece ritorno a Hangzhou, da dove però fuggì nell’agosto 1645, quando la città fu conquistata dai Mancesi, che avevano frattanto preso il potere a Pechino e fondato la dinastia Qing (1644-1911). Nel corso dell’anno raggiunse Yanping (ora Nanping), nella provincia del Fujian, dove Alenis gli assegnò il compito di insegnare la lingua cinese al confratello Johannes Nikolaus Smogulecki.

Martino Martini

Martino Martini

Frattanto il principe della deposta dinastia Ming, Zhu Yujian (1602-46), si proclamò imperatore con il titolo di Longwu, stabilendo la sua corte prima a Jianning e quindi a Yanping, dove si trovava Martini, che divenne così testimone di alcuni eventi bellici da lui poi descritti nel De bello Tartarico historia.

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Zhu Yujian

Martini collaborò con il funzionario militare Liu Zhongzao, al servizio dell’imperatore Longwu, guadagnandosi l’appellativo di Huopao shichen, «mandarino polvere da sparo»: grazie alle sue conoscenze di balistica, sarebbero stati fusi cannoni di stampo occidentale.

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Fallito il tentativo di ristabilire la dinastia Ming, nel 1647 Martini si trasferì a Lanxi, nel Zhejiang, presso la residenza dei gesuiti, e quindi a Lingyan, dove incontrò il mandarino Zhu Shi, con il quale intrecciò conversazioni sul tema dell’amicizia che poi raccolse nel suo trattato, composto in lingua cinese, Qiuyou pian (Trattato sull’amicizia) ispirato all’analoga opera di Matteo Ricci Jiaoyou lun (1595).

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Nell’opera il missionario trentino mise a confronto le diverse concezioni dell’amicizia nella tradizione cinese e in quella umanistica occidentale, traducendo per la prima volta in cinese passi tratti dai classici latini e greci.

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Nel 1648 tornò nella residenza di Hangzhou, di cui nel 1650 divenne superiore; in quegli anni, con l’aiuto di un convertito, iniziò la versione cinese delle opere di F. Suarez, che non fu mai completata. Nel 1650 il padre provinciale Manuel Diaz lo inviò a Pechino per affiancare Adam Schall von Bell nell’Ufficio per l’astronomia.

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Adam Schall von Bell

Tuttavia, dopo poco più di un mese, forse perché aveva collaborato con la destituita dinastia Ming, forse per dissapori fra i due, Diaz dispose che Martini facesse ritorno in Europa per perorare presso la congregazione di Propaganda Fide la posizione dei gesuiti sulla questione dei riti.

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Martini raggiunse nel gennaio 1651 la città di Anhai, sulla costa del Fujian, da dove si imbarcò per le Filippine in compagnia di Domenico Siquin, un giovane convertito cinese nativo della provincia dello Hebei, che lo accompagnò per tutto il viaggio.

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Si trattenne a Manila dal marzo 1651 al gennaio 1652, quando i due si imbarcarono alla volta di Batavia. Durante il viaggio fece visita al sultano di Makassar, che lo avrebbe invitato a inviare missionari in quel Regno. Nel maggio 1652 fu preso in custodia dagli Olandesi, che lo trasferirono a Batavia, dove fu trattenuto per circa otto mesi.

Qui lasciò una prima copia manoscritta della sua Grammatica sinica, mai pubblicata, che costituisce il primo tentativo di descrizione analitica delle caratteristiche grammaticali della lingua cinese. Ripreso il viaggio il 1° febbraio 1653, Martini. e Siquin sbarcarono a Bergen in Norvegia il 31 agosto.

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Il viaggio in Europa fu l’occasione per far conoscere i successi dell’attività missionaria in Cina, diffondendo per la prima volta in Europa notizie certe sulla geografia e la storia antica e recente dell’Impero cinese. A Leida, nel gennaio 1654, Martini consegnò allo studioso olandese Jacob Golius (1596-1667) una copia della Grammatica sinica.

Jacob Golius

Jacob Golius

Bruxelles incontrò il governatore, l’arciduca Leopoldo Guglielmo d’Asburgo, al quale avrebbe dedicato il Novus Atlas Sinensis. In marzo fu pubblicata ad Anversa la De bello Tartarico historia, sulle vicende della conquista della Cina da parte della dinastia mancese dei Qing. L’opera raccolse un successo straordinario: ebbe sei edizioni latine e fu tradotta in dieci lingue.

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Arciduca Leopoldo Guglielmo d’Asburgo

Alla fine del 1654 giunse a Roma, da dove indirizzò alcune lettere ai cardinali per essere ascoltato sulla questione dei riti, e in dicembre pubblicò la Brevis Relatio de numero et qualitate Christianorum apud Sinas, nella quale descrisse attentamente la condizione della missione cinese.

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Il 21 giugno 1655 il cardinale Francesco Albizzi presentò a Propaganda Fide la supplica di Martini sui riti cinesi, ma la congregazione ordinò di attenersi a quanto già disposto dal Santo Uffizio. Martini insistette presentando un lungo memoriale direttamente al Santo Uffizio, in particolare si adoperò per ottenere l’apertura in Cina di un seminario, maggiori sovvenzioni per l’acquisto di libri e una serie di dispense che rendessero più agevole l’esercizio del ministero in terre così lontane.

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Il Cardinale Francesco Albizzi

Il 15 agosto 1655 professò a Roma i quattro voti e le cinque promesse. Nella seconda metà dell’anno fu pubblicato ad Amsterdam il Novus Atlas Sinensis, con in appendice il De Regno Catayo addimentum, scritto da Jacob Golius a seguito del loro incontro.

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Basata su fonti cinesi, l’opera presentava per la prima volta al pubblico europeo la conformazione geografica della Cina: 17 mappe accompagnate dalla descrizione dettagliata delle 15 province cinesi e dall’indicazione di oltre 10.000 toponimi. Per oltre un secolo fu la principale fonte occidentale sulla geografia dell’Impero cinese.

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Il 19 diceembre 1655 lasciò nuovamente Roma, diretto in Portogallo. Dopo varie peripezie, però, si ritrovò a Genova, da dove scrisse al padre generale Goswin Nickel e al cardinale Francesco Barberini per chiedere l’autorizzazione per tornare a Roma e seguire gli sviluppi della questione dei riti.

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Il 23 marzo 1656 un decreto di Alessandro VII dette ragione alle tesi di Martini, privando di efficacia il precedente decreto, quello di Propaganda Fide del 12 settembre 1645 approvato da Innocenzo X, restrittivo nei confronti della posizione di accomodamento culturale sostenuta dai gesuiti.

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La missione in Europa costituì dunque un successo per Martini, sia per il suo impegno a favore dell’interpretazione dei gesuiti circa l’ammissibilità per i cristiani di partecipare ai riti in onore di Confucio e ai riti in memoria dei defunti, sia per la diffusione in Europa di conoscenze sulla storia e la geografia cinese.

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Trascorso un altro anno in Europa, durante il quale si dedicò anche alla stesura della sua opera storica, il 4 aprile 1657  ripartì da Lisbona alla volta di Goa, dove sbarcò alla fine dell’anno. Proseguì poi per Macao, dove giunse il 17 luglio 1658, trattenendovisi quasi un anno, e solo l’11 giugno 1659 raggiunse la sua residenza a Hangzhou.

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Frattanto a Monaco alla fine del 1658 era stata pubblicata la Sinicae historiae decas prima, nella quale Martini ricapitolava in modo analitico tutta la storia della Cina dal 2952 a.C. alla nascita di Cristo, redatta sulla base di una scrupolosa analisi delle fonti cinesi.

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In particolare, in quell’anno, il missionario gesuita pubblicò la prima cronologia  cinese a partire dall’imperatore Fu-hi, giudicando, sul seguito dell’avviso di molti studiosi cinesi, i tempi precedenti a questo imperatore, come mitici.

Ritratto di Martino Martini

Ritratto di Martino Martini

Dai calcoli di Martini la storia della Cina risale al 2952 p.c.e., vale a dire 600 anni prima dell’età stimata, a seconda del tracciato biblico, per il Diluvio. Peggio ancora, per i fautori della Bibbia, è che dagli Annali cinesi risulta che attorno al 3000 p.c.e. si verificò un diluvio e che a quell’epoca l’astronomia era già sviluppata e dunque la Cina era già da tempo popolata.

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Conclusione, questa, che Martini non rinnega affatto nonostante il palese contrasto con il dettato biblico : “Hanc enim qua describo, extremam Asiam ante diluvium habitatam fuisse pro certo habeo”.

Martini, e in misura minore i suoi successori Riccioli e Couplet, non sembrò curarsi molto dell’aiuto indiretto che, con le sue conclusioni cronologiche, apportava alle argomentazioni dei libertini. Fu dunque per conciliare le tesi dei loro studiosi con il tracciato biblico, che i missionari gesuiti ottennero di praticare la predicazione seguendo la Septuaginta che, meglio della Vulgata, si accordava con i dati cronologici che avevano ricalcolato.

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Ė opportuno ricordare, però, che mentre i missionari gesuiti in Cina avevano questa necessaria preferenza per la Septuaginta, i loro confratelli operanti in Europa erano strenui difensori della Vulgata. Per conciliare questo contrasto, nel 1703 il dotto gesuita padre Tournemine pubblicò un articolo sui Memoires de Trévoux nel quale aumentò di 650 anni la durata dei patriarchi successivi al Diluvio.

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Se l’opera di Martini fornì un non desiderato aiuto ai libertini, essa fu nondimeno fonte di ispirazione per molti religiosi che in essa cercarono conferme circa ipotetiche relazioni tra religione cristiana e forme delle religiosità cinese. Tra questi il curato padre Buerrier autore dell’opera destinata ai missionari Speculum christianae religionis in triplici lege.

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A Hangzhou, Martini, grazie alle donazioni di due donne convertite, fece costruire una imponente chiesa, con annesso seminario. Morì a Hangzhou il 6 giugno 1661 a causa di un’intossicazione.

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La tomba di Martini a Hangzhou

 

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