I SERVIZI SEGRETI ITALIANI DAL 1919 AL 1949 – 8

a cura di Cornelio Galas

Dopo l’8 settembre. Il difficile periodo 1943-1945

di Maria Gabriella Pasqualini *

Al momento dell’armistizio, dunque, come già esposto, le strutture informative militari italiane erano quattro con una serie di attribuzioni esclusive per il S.l.M.; gli altri organi di Forza Armata erano: il R.I. E. (Esercito), il S.I.S. (Marina) e il S.I.A (Aeronautica). Sui vari fronti poi esistevano i servizi di informazione delle unità mobilitate. Dopo il 25 luglio era stato chiamato a “coordinare” il settore, come “commissario” il generale Carboni, che aveva già svolto quell’incarico precedentemente, durante il regime. Il suo “coordinamento” fu molto breve e terminò sostanzialmente proprio l’8 settembre.

Nel periodo immediatamente successivo a quella data, molti dei componenti il Servizio rimasero fedeli al Re e si nascosero durante l’ occupazione tedesca, giungendo alla spicciolata a Brindisi. Infatti il Governo italiano aveva ritenuto giusto lasciare Roma e andare a sud, in territorio liberato, decisione sulla cui opportunità molto è stato scritto. Inutile recriminare se fu o no un errore… il dato storico è quello e le conseguenze sono state pagate anche dalla popolazione italiana.

Il S.I.M. si ricostituì, seppur in embrione, già alla metà di settembre, a Brindisi come Ufficio Informazioni e Collegamento del Reparto Operazioni del Comando Supremo, con diretta dipendenza dal Capo Reparto, disponendo solo di una decisa volontà per ricostruire qualcosa che si era sciolto, dopo tanto lavoro e tante amarezze. Fu strutturato agli inizi della nuova fase dello sforzo bellico, con un Capo Servizio e tre addetti.

A dirigere questa organizzazione fu nominato il colonnello Agrifoglio, fatto rientrare dalla prigionia in America il 25 settembre; era già pratico del Servizio, essendo stato a capo del Servizio Informazioni Militare del Comando Supremo dall’ottobre 1943, dopo essere stato addetto al S.I.E. dal 1941. Era stato catturato l’8 maggio 1943 a Tunisi, mentre era Capo dell’intelligence italiana in quella sede. Rilasciato dal campo di prigionia americano, per via aerea fu trasferito ad Algeri e poi a Brindisi, al Comando Supremo. Avrebbe tenuto l’incarico fino al dicembre 1945, a guerra ultimata.

Una delle prime attività dell’embrionale Ufficio fu quella di riprendere i contatti con Roma, occupata dai tedeschi: al momento di lasciare la capitale, il Comando Supremo aveva nascosto nella città una delle due radio clandestine con le quali, in fase armistiziale, aveva mantenuto i contatti con i Comandi anglo-americani. Intanto anche il S.I.A. era riuscito a dare origine ad un nucleo informativo e soprattutto a costituire un Centro radio clandestino (che sarà poi conosciuto con sigla B.L.Z.). I primi collegamenti tra Roma e Brindisi avvennero il 19 settembre.

Le stazioni radio erano state sottratte al Centro Radio del S.I.A. da alcuni addetti che ben ne conoscevano l’uso e l’importanza. Una di queste radio fu trasferita a Villa Savoia: le trasmissioni da Roma tra l’ottobre 1943 e il gennaio 1944, furono fatte proprio da quella residenza reale e dalla casa privata di un maresciallo dell’Esercito che abitava nei pressi del Vaticano, al quale fu consegnata una seconda radio.

Il primo foglio della biografia di Pietro Badoglio redatto dall’Ufficio dell’Addetto militare degli Stati Uniti in Italia, nel 1922

 Dopo lo sbarco ad Anzio degli anglo-americani e l’arresto di gran parte degli esponenti del Fronte Clandestino Militare, il Centro radio dovette pensare ad altre sedi e le stazioni radio furono installate: una presso l’abitazione dell’ Arcivescovo di S. Giovanni all’interno dei Palazzi Lateranensi; una saltuariamente presso abitazioni private e successivamente nel Collegio Tedesco in San Pietro. Una terza radio, ancora in possesso degli ex addetti al S.I.A., fu accantonata per riserva. Quella di Roma fu la prima importantissima “cellula” a funzionare e quella che purtroppo venne in gran parte annientata dai tedeschi: successivamente, con ben 27 missioni, in modo clandestino furono gettate le basi per il Servizio in tutta Italia.

Il “Centro Informativo Roma”, meglio conosciuto come Centro “R”, fu agli inizi costituito da gruppi isolati, non ancora collegati fra di loro e perciò alla ricerca di una organizzazione centrale ufficiale. Non era ovviamente facile operare, data la situazione di estrema tensione nella capitale, però ad un certo punto il Centro riuscì a mettersi in contatto con un Ufficio Informazioni del Fronte Militare Clandestino, che dipendeva direttamente dal Comando Supremo. Il colonnello Cordero Lanza di Montezemolo diventò l’esponente più autorevole di quel Fronte, rappresentante riconosciuto del Governo italiano e del Comando Supremo, in clandestinità, durante l’occupazione della capitale.

I Gruppi riuscivano a compilare, nel primo periodo della loro attività, un bollettino d’informazioni e il coordinamento delle notizie venne fatto nei primi mesi dallo stesso Montezemolo, fmo alla sua cattura da parte dei tedeschi. Dopo questo evento fu nominato capo del Fronte il generale Quirino Armellini, Fronte che in tale occasione fu ufficialmente denominato “Centro Informativo R”, ente incaricato del servizio informazioni in Roma.

Al Centro vennero assegnati i seguenti compiti: organizzare una buona rete di informatori interni ed esterni: gli interni per la città di Roma dovevano raccogliere notizie in campo militare (movimenti di truppe, apprestamenti difensivi, depositi vari); in campo politico dovevano monitorare l’azione della polizia tedesca e italiana e l’attività dei partiti nel campo della organizzazione e della preparazione militare; dovevano anche osservare e riportare l’umore e l’atteggiamento della popolazione. Gli informatori esterni dovevano agire secondo le necessità e le richieste che venivano di volta in volta avanzate.

Il Centro doveva organizzare un servizio di controspionaggio allo scopo di “garantire le spalle” all’organizzazione e di controllare l’azione degli informatori; doveva compilare e inviare giornalmente al Centro radio (conosciuto come Centro X), il messaggio da trasmettere, che conteneva le notizie operative più urgenti che potevano interessare le forze a sud; doveva analizzare e esaminare le notizie ricevute in un notiziario riassuntivo, da diramare in un numero limitato di copie a quegli elementi che potevano avere uno speciale interesse a riceverlo; doveva tenere al corrente uno schedario delle persone sospette o che non si erano comportate in modo adeguato e sicuro nei confronti del Centro e del Fronte Clandestino Militare.

Il funzionamento del Centro “R” coprì l’arco di tempo tra il 15-16 settembre 1943 e la liberazione di Roma, il 4 giugno 1944. A mano a mano il Centro riuscì a organizzarsi e ad articolarsi con un Capo Servizio, uno schedario, un Gruppo Centrale, che elaborava le notizie operative, sulla base delle quali compilava gli importanti messaggi giornalieri da trasmettere al Comando Supremo, all’Ufficio Informazioni e Collegamento; sulla base delle richieste del vertice forniva dati e precisazioni e soprattutto provvedeva a intensificare e a dirigere l’attività dei Gruppi dipendenti.

La struttura comprendeva poi il cosiddetto Gruppo “Margaritondo”: che raccoglieva e vagliava, controllandole, le informazioni di carattere politico-militare o che interessavano il controspionaggio, a mezzo di numerosi elementi che operavano in modo continuativo nell’Italia centrale e a volte si spingevano anche in quella settentrionale.

Seguiva il Gruppo “Lo Faso”, che raccoglieva e analizzava le notizie che arrivavano per mezzo dei vari nuclei addetti al controllo del movimento stradale e ferroviario, nel Lazio e nell’Abruzzo, e che riguardavano anche informazioni di carattere operativo nelle retrovie nemiche; in questo Gruppo vi era una sezione di controspionaggio.

Era stato comunque costituito un Gruppo C.S. che doveva tenere al corrente, in base alle segnalazioni pervenute dalle indagini che conduceva, lo schedario dei sospetti e una mappa, con la situazione degli elementi operativi e logistici tedeschi con sede in Roma, e una per quelli dislocati fuori della capitale. Doveva altresì tenere aggiornato l’elenco dei depositi delle armi ivi esistenti nella capitale e informare con ogni consentita tempestività tutte le persone che erano minacciate d’arresto per motivi politici.

Al Centro “A” (Aeronautica, derivato dal nucleo informazioni del S.I.A.) e al Centro “M” (Marina), integrati nel Centro “R”, voluti per ordine del generale Armellini, affluivano quelle notizie note ai Comandi delle due Forze Armate e quelle che giungevano al Centro dal Comando delle bande interne di Roma. Peraltro anche la Marina era riuscita a stabilire un proprio Servizio Informazioni Clandestino (S.I.C.).

L’attività da svolgere era sicuramente difficile, ma fu seguita con grande interesse da parte dei Comandi alleati, che utilizzarono le informazioni raccolte, con concreti riscontri. Particolarmente attento fu il controllo del traffico ferroviario e stradale in tutta la zona dell’Italia centrale e dell’attività di mezzi d’assalto, che consentì di neutralizzarne missioni nonché di catturare alcuni militari e agenti nemici. Un Centro, dunque, che fece un lavoro egregio non solo per la liberazione di Roma, ma per tutta l’Italia occupata.

A Roma si trovarono dunque ad operare una serie di enti informativi: vi fu una certa collaborazione tra i servizi di matrice militare, mentre sembra che non ve ne fu assolutamente tra quelli militari e i civili, organizzati nell’ambito di ricostituiti partiti politici, collegati al Comitato di Liberazione Nazionale (C.L.N.), che aveva alle proprie dipendenze anche esso un proprio organo informativo clandestino.

5 maggio1945: i comandanti del Comitato di Liberazione Nazionale della val di Non, con il tricolore al braccio, sfilano per la strada principale di Romeno

Bisogna poi aggiungere che anche l’Arma, tra il 20 e il 30 settembre 1943 aveva organizzato una rete informativa militare, inquadrata nel Fronte Clandestino dei Carabinieri Reali. Stessa cosa accadde per la Guardia di Finanza. Tra le attività iniziali furono organizzati gli interrogatori degli evasi dai territori in mano ai tedeschi, attivate le comunicazioni radiotelegrafiche con il Comando alleato e con le Unità italiane in Albania e il collegamento con la Missione Militare alleata, nonché ripristinati i servizi cifra.

Nei primi giorni di ricostituzione vi fu assenza di attività di controspionaggio, ma in seguito esso assunse una parte preponderante anche perché il Servizio continuava a mantenere tutte le attribuzioni del controspionaggio per quanto riguardava la Marina e l’Aeronautica. Fu mantenuto l’Ufficio “I” dello S.M.E., con il compito del coordinamento degli organi informativi delle Grandi Unità, l’allestimento e la distribuzione dei cifrari, il censimento e l’assegnazione degli interpreti agli enti italiani e alleati.

La prima pagina del “Corriere della Sera” del giorno 27 luglio 1943 che fu sequestrato dal nuovo Governo

Al 1° ottobre 1943, quando il colonnello Agrifoglio assunse ufficialmente la Direzione dell’Ufficio, questa era l’organizzazione del Servizio, peraltro in costante evoluzione, come imponeva la complessità del momento in un territorio “liberato” solo per una parte e per l’altra occupata dai tedeschi e dai fascisti repubblicani: il Servizio, ancora nella sede di Brindisi, prevedeva un Capo Ufficio, un Vice e due addetti, con compiti di coordinamento e di collegamento con altri organi informativi. Era stata costituita una Sezione C.S. operata dal Centro C.S. di Bari (con sottocentro a Brindisi); una Sezione offensiva, con annessa una scuola per informatori e marconisti; una Segreteria.

Dal Capo della Sezione offensiva dovevano dipendere tre Gruppi. Il primo Gruppo doveva: conoscere la situazione politico-militare tedesca nell’Italia non liberata e i movimenti dei partiti antimonarchici; seguire la situazione dei nuclei di patrioti dislocati nell’Italia non liberata; riprendere contatto con gli elementi italiani dislocati all’estero ed eventualmente inviarvi altri elementi idonei.

Il secondo aveva il compito di: ristabilire e mantenere i collegamenti con i nuclei dei patrioti dislocati nell’Italia non liberata; assistere e incrementare i nuclei stessi, organizzarli, eventualmente rifornirli per manovrarli, in relazione alla situazione contingente degli alleati e degli avversari.

Il terzo avrebbe dovuto attuare sabotaggi atti a paralizzare o, quanto meno, rallentare i movimenti e rifornimenti avversari, riducendone l’efficienza bellica. Il Gruppo doveva altresì dirigere l’organizzazione e la vita delle scuole (radiotelegrafisti, informatori, sabotatori); l’organizzazione e la vita del gabinetto chimico; l’organizzazione del collegamento radio; l’acquisto e la distribuzione dei materiali necessari.

Per conoscere poi la situazione politico-militare tedesca nell’Italia non liberata occorreva anche una organizzazione territoriale, che doveva prescindere da qualsiasi articolazione preesistente e dagli aiuti che potevano derivare dalle operazioni condotte in ambienti particolarmente sfavorevoli.

Occorreva dunque una fitta rete di agenti, tale da garantire il controllo di tutte le comunicazioni ferroviarie e di quelle stradali; che potesse seguire l’organizzazione militare del territorio e soprattutto la dislocazione e lo schieramento delle forze armate avversarie, che seguisse ad horas la situazione politica dell’Italia non liberata.

Era indispensabile essere al corrente della situazione dei nuclei dei patrioti e di elementi di conoscenza che dovevano essere forniti da una solida organizzazione territoriale. Solo in un secondo tempo sarebbe stato possibile assisterli, organizzarli e impiegarli, ma per tali compiti era anche necessario l’impianto di collegamenti operativi, indipendenti dalla rete territoriale. Non si poteva escludere che la consistenza e la fluidità di alcuni nuclei non giustificassero la messa in opera di tali collegamenti diretti e che non fosse possibile avvalersene.

Questa eventualità poteva evidenziarsi soprattutto nel campo delle organizzazioni armate politiche e in questo caso, dunque, sarebbe stato opportuno creare appositi Centri direttivi ai quali facessero capo le varie organizzazioni di una determinata area o località.

Una cedola di sottoscrizione per finanziare la lotta armata contro il fascismo. E’ stata emessa dal Comitato di Liberazione Nazionale (CNL) ancora nell’ottobre del 1943

Per quanto riguardava il sabotaggio, esso richiedeva meticolosa preparazione, si estingueva in breve tempo e soprattutto la violenza dell’azione rivelava al nemico la presenza di elementi attivi. Era pertanto necessario che ogni operazione fosse organizzata e condotta a termine all’insaputa della stessa organizzazione territoriale, mentre era possibile appoggiarsi in determinati casi alla rete operativa e più spesso ai centri direttivi. Assistere concretamente i nuclei dei patrioti significava prevedere tre distinte procedure operative connesse alla zona d’azione: a) nei territori neutrali; b) nei territori occupati dagli italiani e passati sotto l’esclusivo controllo tedesco; c) in territorio nemico.

Nel primo caso si trattava di riprendere contatto con Centri e agenti già esistenti e riattivarli anche con eventuali sostituzioni di persone. Nel secondo caso occorreva collegarsi con i reparti italiani che ancora combattevano, avvalendosi di connazionali o amici rimasti sul posto. Nel caso di attività in territorio nemico indubbiamente bisognava pensare a paracadutare e far vivere agenti dotati di particolari abilità.

Il 29 ottobre, la Sezione “Bonsignore”, incardinata nel primo Reparto dell’Ufficio Informazioni e Collegamento del Comando Supremo, ormai costituita e con un ottimo avvio di attività, poteva inviare le “nuove” direttive ai Capi Centro di Bari, Cagliari e Napoli, superstiti e ancora organizzati, indicando come dopo i ben noti avvenimenti l’attività di controspionaggio aveva aumentato e in parte mutato il campo d’azione.

In particolare, l’attività doveva essere svolta sia in campo politico sia in quello militare; pertanto il Capo Sezione richiamava l’attenzione di quei Centri soprattutto su alcuni punti che venivano ritenuti della massima importanza.

Carta redatta dal S.I.M sulla dislocazione delle basi inglesi in Grecia e nel Levante

Doveva essere attuata una seria azione di contrasto allo spionaggio tedesco, tenendo presente che questa attività poteva essere svolta dal nemico in due modi, o lasciando sul posto all’atto del ripiegamento agenti italiani e tedeschi, o, approfittando della facilità con cui si potevano attraversare le linee, inviare agenti con specifici compiti; agenti che potevano anche assumere l’aspetto di soldati italiani sbandati, vista la situazione confusa esistente.

Bisognava tener conto che il morale e le tendenze politiche delle truppe andavano seguite con molta attenzione, nel prosieguo del conflitto. Per il governo italiano e per tutti era molto importante sapere cosa pensava il militare, per poter in tempo provvedere alle eventuali deficienze di comando o per stroncare gli eventuali focolai antimonarchici che si venissero formando in seno alle truppe; era molto temuta la posizione antimonarchica, che veniva vista come.una reazione favorevole al radicarsi del comunismo, contro una istituzione che indubbiamente aveva favorito il fascismo.

Doveva essere attentamente seguita la situazione politica locale. E in modo periodico doveva essere inviata alla Centrale una relazione per ciascuna provincia, della quale dovevano essere messi in rilievo i partiti che godevano di maggiore credito verso la popolazione, le loro attività e gli esponenti principali.

Occorreva monitorare con cura anche l’attività portuale e cioè controllare minuziosamente le persone che raggiungevano i porti, via mare o via terra: oltre al personale specializzato appartenente al S.I.M. che avrebbe diretto il servizio, potevano svolgere questa attività la Guardia di Finanza e la Milizia Portuale, che già nel passato si erano distinti in questo tipo di lavoro, chiaramente scegliendo elementi di sicura fede.

Era evidente che il personale del controspionaggio, già specializzato e rimasto fedele alla Monarchia, non poteva comunque assolvere tutti i compiti, sia perché non era numeroso sia perché la carenza di risorse umane sarebbe peggiorata con l’avanzata al nord delle truppe anglo-americane: era quindi assolutamente necessario che quella deficienza fosse ampiamente integrata con un elevato numero di nuovi informatori.

Bisognava però utilizzare le risorse fìnanziarie con la massima parsimonia, anche perché non erano molte e dovevano comunque assicurare un notevole rendimento. Il Capo Sezione “Bonsignore” notava che specie in sottocentri e nuclei aveva notato un certo sbandamento che poteva essere giustificabile nei primi giorni post armistizio, ma non tollerabile in un futuro. Naturalmente tutta questa complessa attività doveva essere svolta nella massima assoluta collaborazione con gli organi di controspionaggio anglo-americani.

Verso la fine di ottobre, l’Ufficio Informazioni presso il Comando Supremo assorbì quello che era stato ricostituito e integrato, nello S.M.E. quando questo aveva riorganizzato il proprio ordinamento interno il 18 settembre 1943, istituendo una Sezione “situazione”. Questo venne fatto, secondo i documenti ufficiali, per semplificare l’attività di ricerca e di elaborazione delle informazioni, compito che venne poi affidato alla 3^ Sezione “Zuretti”, cioè “situazione”, ricostituita, per passare in novembre alla Sezione Organizzazione. Questo accorpamento fu realizzato anche per meglio utilizzare gli elementi disponibili e semplificare le non facili relazioni con i nuovi alleati.

Non tutti gli storici che si sono occupati di questo argomento hanno considerato in modo positivo tale fusione, che invece ad avviso di chi scrive in qualche modo garantiva anche una pur minima collaborazione interforze, soprattutto nella Resistenza, considerata la pletora di servizi di informazione civili, che riguardavano incontestabilmente anche questioni militari, incardinati in comitati territoriali per la liberazione nazionale.

Già i contatti con quelli anglo-americani non erano facili e la collaborazione avveniva, soprattutto nei primi tempi, sul fùo del rasoio, in quanto gli alleati avevano bisogno assoluto della professionalità, che a volte peraltro contestavano, degli italiani nel settore informativo. Agli inizi, indubbiamente, la situazione non fu molto semplice se il Capo Sezione della “Bonsignore” doveva inviare direttive di servizio al Centro C. S. di Bari e a quello di Napoli, chiarendo che le disposizioni, alle quali i Centri dovevano attenersi, sarebbero state solo quelle emanate dalla Centrale del Servizio e a questa si dovevano rivolgere i Comandi alleati: la collaborazione doveva essere massima con gli organi locali anglo-americani, ma non dovevano essere accettati incarichi che non riguardassero specificamente il Servizio e comunque non comunicati dalla Centrale.

Il 1° novembre, infatti, l’Ufficio presso il Comando Supremo, che aveva potuto incorporare altri elementi, molti già specializzati, si riorganizzò: un Capo Servizio e un Vicecapo Servizio, riprendendo la tradizionale ripartizione in Sezioni, con i nomi precedenti (“Zuretti”, “Calderini”, “Bonsignore”, direttamente dipendenti dal Capo Servizio), istituendo anche due Nuclei informativi e due Sezioni di controspionaggio presso le Armate alleate in Italia, cioè la 5^ e la 8^, un nucleo di collegamento a Bari presso il Comando Unità Aerea Italiana e uno per la Marina (esigenza assai sentita in ambo i casi), e una Sezione “organizzazione” che si occupava del reclutamento e assegnazione del personale “I” e dell’allestimento e distribuzione dei cifrari.

A dicembre si sarebbe costituita una Sezione “tecnica”, con la 135^ compagnia marconisti “speciale”, da essa dipendente, per l’organizzazione e il controllo del funzionamento delle reti ricetrasmittenti, intercettazione, eventuale attività di radiogoniometria. Fu organizzata rapidamente una scuola per informatori e marconisti, una scuola sabotatori, un centro interrogatori a Lecce e uno a Napoli e furono avviate le altre attività concernenti il Servizio, incluso il reclutamento di nuovo personale e la fornitura di materiale ricetrasmittente, la cui necessità era evidentissima, considerato il fatto che la raccolta informazioni avrebbe dovuto essere svolta in gran parte in territorio italiano occupato dai tedeschi.

Importanti notizie avrebbero potuto essere raccolte con gli interrogatori di coloro che avevano attraversato le linee o erano giunti fortunosamente dai Balcani: questi riscontri erano molto importanti per la massa di informazioni che i singoli potevano fornire su situazioni ancora poco chiare e poco conosciute.

All’interno della Sezione “Calderini” (1^ Sezione offensiva) per scindere l’attività informativa da quella antisabotaggio, fu organizzato il Gruppo “bande e sabotaggio”, che iniziò il suo lavoro insieme alla N.1 Special Force inglese, il cui compito specifico era appunto questo tipo di attività, e con l’O.S.S. (Office of Strategic Service) americano. Le missioni che iniziarono subito furono quelle radiotelegrafiche nel territorio occupato, soprattutto per prendere contatti con le bande formatesi sul campo e cercare i nuclei non ancora noti, per coordinarli e collegarli.

Il 7 novembre 1943, la Sezione “Bonsignore” inviava una circolare a tutti i Centri C.S., allo scopo di disporre periodicamente di un quadro sintetico della loro attività, un “Bollettino” che doveva trattare chiaramente i risultati conseguiti, perseguendo i cinque compiti affidati con la circolare del 29 ottobre precedente. Al Bollettino che doveva pervenire entro il 30 di ogni mese, dovevano essere allegati specchi nominativi distinti: degli arrestati per attività spionistica, con indicazione dei provvedimenti adottati o proposti (denuncia al Tribunale Speciale, internamento, diffida, etc .. ); degli arrestati per attività politica fascista e filo tedesca, con indicazione dei provvedimenti adottati; dei militari arrestati per attività fascista o filo tedesca.

Per il 15 del mese, invece, dovevano essere inviate le varianti di una certa importanza al Bollettino mensile, verificatesi nella prima quindicina del mese (ad esempio operazioni di servizio di rilevante importanza). Il 15 dicembre 1943, il Reparto Autonomo S.I.M. del Comando Supremo riceveva l’autonomia amministrativa di guerra. I fondi occorrenti sarebbero stati prelevati secondo le norme vigenti ogni 15 giorni presso la Cassa Militare della Direzione di amministrazione del Comando del IX Corpo d’Armata.

A fine dicembre i militari in forza al ricostituito Servizio erano solamente 112, ma sarebbero aumentati moltissimo nel giro do un anno. Per una migliore comprensione del lavoro svolto dal Servizio in quel complesso periodo – forse gli anni più difficili del conflitto -, è interessante comprendere come erano strutturati in Italia gli organi informativi alleati di carattere strettamente operativo: gli americani avevano il G-2 dell’Allied Forces Head Quarters (organo di informazioni militare) nel Mediterraneo, sede ad Algeri, con un distaccamento a Brindisi (G-2 advanced), il G.S.I (General Staff Intelligence) del 15° Gruppo Armate e della 8^ Armata, il G-2 della 5^ Armata, il C.I.C. (Counter Intelligence Corps); da parte inglese il F.S.S. (Field Security Service).

Dal Secret Service di Londra dipendevano sul territorio italiano o connesso con la situazione bellica italiana: a Brindisi il I.S.L.D. (Intelligence Service Liaison Department), incaricato del servizio informazioni offensivo, la N. 1 Special Force, incaricata dell’attività di sabotaggio, la I.S.G., per il recupero dei prigionieri, il servizio di controspionaggio S.C.I. (Service Counter Intelligence) e una speciale organizzazione incaricata degli interrogatori, con sede ad Algeri e distaccamenti a Napoli e a Bari, il C.S.I.D.I.C. (Combined Service Detailed lnterrogation Centre). Per gli americani era presente l’O.S.S., con sede ad Algeri, e distaccamenti a Caserta, Centrale a Brindisi e direttamente dipendente da Washington.

Dopo vari problemi avuti sia con il Comando della Special Force che con il G-2 americano, per far comprendere l’importanza delle missioni sul territorio italiano, ne furono organizzate in seguito moltissime: alcune fallirono, ma la maggior parte furono indispensabili per la completa liberazione del territorio italiano.

A metà novembre 1943 fu costituita la Sezione controspionaggio presso l’8^Armata inglese, con compiti contro l’attività tedesca e contro quella fascista e squadrista, soprattutto considerando e selezionando le informazioni avute dalla polizia e dalla popolazione locale (valutando le notizie in base alle fonti di persone influenti e attendibili), per arrestare cittadini che si fossero particolarmente compromessi nell’attività fascista e in quella filo-tedesca. Avrebbe avuto due Sottosezioni; la dipendenza della Sezione era, per l’impiego dal Comando dell’8^ Armata inglese e per le direttive tecniche per il personale e l’amministrazione, dal Comando Supremo, Ufficio “I” Sezione “Bonsignore”.

L’organizzazione del Servizio Informazioni negli Stati Uniti, come risultava al S.I.M.

L’8 dicembre 1943 si costituiva quindi la Sezione di controspionaggio presso la 5^ Armata americana, con compiti identici a quelli della Sezione presso gli inglesi. Anche in questo caso, avrebbe avuto alle sue dipendenze due Sottosezioni; la dipendenza d’impiego, come per l’altra, dal Comando dell’Armata inglese e per le direttive tecniche, dal Comando Supremo.

Nel gennaio 1944, allo scopo di migliorare il funzionamento e di realizzare una economia di personale, essendo modeste le risorse umane, il colonnello Agrifoglio decise di costituire in alcune province ancora non estremamente indicative per il controspionaggio, dei Nuclei mobili, che avevano i seguenti compiti: costituzione di una rete informativa; contatti diretti personali del Capo Nucleo con informatori; accertamenti immediati delle informazioni ricevute.

Agli inizi, i Nuclei mobili costituiti furono quello di Caltanissetta, con competenza per Caltanissetta, Enna, Licata, Gela; un secondo, quello di Cosenza, per Catanzaro, Paola, Cosenza, Crotone. Nei primi mesi del 1944 si costituì anche un gruppo che doveva rimanere segreto fino a quando non avesse avuto la possibilità di operare efficacemente: il Gruppo “A.A.”(Informazioni e assistenza degli italiani all’estero, con particolare riguardo al mondo arabo e alle colonie). Venne diretto dall’allora maggiore Amedeo Guillet, gran conoscitore dell’Africa orientale, che lavorò in stretta connessione con il Ministero degli Affari Esteri e con quello delle Colonie.

maggiore Amedeo Guillet

Il Guillet, dell’Arma di Cavalleria, era entrato in forza alla Sezione “Zuretti” il 1° gennaio 1944; all’8 settembre 1943 era presso il Governo dell’Asmara, Ministero delle Colonie, ed era rientrato in patria attraverso la penisola araba. Superate le linee nemiche vicino Capua, si era presentato nella seconda quindicina di ottobre all’Ufficio “I” del Centro di Napoli. Si tratta di uno dei tanti esempi di militari che non disertarono, ma vollero continuare la lotta per la liberazione dell’Italia, offrendo la propria professionalità, ancora una volta a vantaggio della Nazione.

Il 1° maggio 1944 si era aggiunto all’organizzazione del Servizio un Reparto autonomo e un autodrappello; la forza totale era così divenuta di 163 ufficiali, 319 sottufficiali e 608 elementi di truppa. Tra il 4 giugno 1944, all’arrivo delle truppe anglo-americane a Roma, e il 7 giugno, i primi elementi del S.I.M. che vi erano addetti in modo occulto dal settembre 1943, si presentarono ai Comandi interessati per essere integrati ufficialmente nel Servizio e ricevere le prime disposizioni.

L’attività iniziò immediatamente con indagini, pedinamenti, individuazione e arresti di agenti dello spionaggio nemico, lasciati a Roma dopo la ritirata dei nazi-fascisti, e doppiogiochisti. Già l’8 giugno si era ricostituito il Centro di controspionaggio di Roma e ne era stata effettuata la suddivisione in gruppo Nord e gruppo Sud. Il 23 luglio 1944 il personale della “Bonsignore”, cioè l’808° Btg. C.S., in quanto parte integrante della SpeciaL Force, partiva alla volta di Firenze al seguito delle truppe operanti.

Nell’agosto 1944 l’Ufficio ritrovò il vecchio nome di S.I.M., ma per poco tempo, dopo aver ritrovato anche la vecchia sede in Palazzo Baracchini, a Roma, dove si era di nuovo insediato alla liberazione della capitale. Dai primi di quel mese, il Centro C.S. di Roma si era nuovamente ristrutturato in un Ufficio Comando (con una Segreteria e una Amministrazione); quattro gruppi: il “De Carolis”, “Frignani”, “Aversa”, “Talamo”; il nucleo informativo “Fontana” (trasformato poi in Gruppo Speciale C.S. “Fontana”); il nucleo “Rodriguez” (che sarebbe stato soppresso il 1° novembre di quell’anno), distaccato presso il C.I.C.; il nucleo servizi interni del Centro (soppresso a metà ottobre).

Palazzo Baracchini, a Roma

Vi erano elementi distaccati a Perugia, Terni, Civitavecchia e presso uffici e comandi della capitale. Successivamente i gruppi o “squadriglie” sarebbero stati ridotti a causa di quella che era la sempre crescente deficienza di personale. Nell’ottobre dello stesso anno vennero preparati i mezzi per allestire i Centri C. S. di Milano, Genova, Torino e Bologna. Il 28 settembre 1944 fu sanzionata la costituzione presso lo S.M.E. di un Reparto autonomo del S.I.M., che si era in realtà costituito e mobilitato il 1° dicembre 1943 presso il distretto militare di Taranto come centro di mobilitazione.

Il 30 settembre 1944 il Comando Supremo, come organo di vertice con quel nome, fu soppresso nel quadro delle dure imposizioni delle condizioni armistiziali e sostituito da uno Stato Maggiore Generale. Il testo dell’armistizio cosiddetto “lungo” (quello “breve” era del settembre 1943 firmato a Cassibile dal generale Castellano, mentre quello cosiddetto “lungo” fu firmato alcuni giorni dopo dallo stesso Badoglio a Malta), era ben chiaro: al punto A) le Forze italiane di terra, di mare e di aria, ovunque esse si trovassero, si dovevano arrendere. Badoglio aveva accettato senza condizioni quanto imposto e non poteva fare altro nella situazione contingente che aveva visto, accanto ad alcune pagine di storia militare eccelse, altre di carattere certamente poco edificante anche dal punto di vista umano.

3 SETTEMBRE 1943 CASSIBILE – LA FIRMA DELL’ ARMISTIZIO

Quell’armistizio “lungo”, i cui termini rimasero segreti per lungo tempo, era molto duro per le Forze Armate italiane e l’analisi integrale del testo fa ben comprendere come in realtà, a vari livelli, la cosiddetta cobelligeranza non fosse stata compresa e accettata, e comunque, almeno agli inizi, poco considerata. Fu permessa, forse obtorto collo dagli Alleati e solo perché con grande pragmatismo essi avevano compreso che era utile, se non necessario, usare anche forze locali, militari e civili, per vincere il nemico e far terminare il conflitto.

Poi, nel quadro generale dell’assetto politico-istituzionale del territorio, l’utilizzo anche di Forze Armate italiane “locali”, poteva costituire/rappresentare quindi una interessante premessa e un ulteriore vantaggio per controllare il futuro della penisola. Questa considerazione è storicamente utile per comprendere meglio atti e fatti della collaborazione con gli anglo- americani e le varie trasformazioni che i Servizi di Informazione militare, soprattutto quello dipendente direttamente dal Comando Supremo, poi Stato Maggiore Generale, ebbero nel periodo considerato.

Nell’ottobre 1944 l’organizzazione del Servizio divenne la seguente: un Capo Ufficio e un Vice Capo Ufficio dal quale dipendevano uno Stato Maggiore, una Segreteria con un autodrappello; le Sezioni: “Zuretti”; “Calderini”; “Bonsignore”; “Polizia militare”; “Organizzazione” (con una tipografia segreta); “Tecnica”( con la 135^ compagnia marconisti); “Monografie”; “Personale e affari vari”; “Amministrativa”; “Aeronautica”; “collegamento S.I.S.”; “collegamento O.S.S.”; “collegamento C.A.S. – City Administrative Sections”. Ognuna delle Sezioni aveva dei suoi organi dipendenti, con i quali poteva assolvere in forma coordinata i propri compiti, secondo la tradizionale divisione in attività offensiva e difensiva.

La Sezione Aeronautica aveva avuto il suo nucleo iniziale a Brindisi con la presenza di un ufficiale di collegamento dell’Arma azzurra: la Sezione si era andata sviluppando fino a divenire un organo tecnico di estrema utilità e necessario allo svolgimento delle missioni, partecipando a tutte le attività del settore. Anche l’Ufficio della Marina collaborava attivamente con il risorto S.I.M., che fungeva in realtà, come da tradizione, secondo ordinamento, da coordinatore dell’intero settore dell’informazione militare. I tempi storici, del resto, non avrebbero permesso, almeno in quei momenti, altri atteggiamenti, in vista della liberazione dell’intero territorio nazionale.

Il 26 dicembre 1944 la Missione Militare Alleata in Italia indirizzò al Ministero della Guerra una lettera con la quale si stabiliva che per il futuro i reparti del S.I.M., che avrebbe cambiato nome, sarebbero stati denominati, per i rapporti con gli alleati, cioè nel loro quadro di battaglia, ltalian Army lntelligence (I.A.I.) e Security Police Units (S.P.). Poi fu anche stabilito che nei servizi informativi poteva essere impegnato solo personale italiano che prestava servizio nei due reparti. Pertanto, dal 26 dicembre la sigla S.I.M. avrebbe dovuto essere abolita (come fu dal 1° gennaio successivo) e l’ I.A.I. divenne una realtà: una delle Sezioni, l’808° Btg. C.S., un ente informativo italiano fu operante sotto la direzione alleata e compreso nell’organico di guerra inglese. Un ente che avrebbe fatto diminuire, con la sua professionalità, una certa avversione degli ex-nemici nei nostri confronti.

Nel marzo 1945, dunque l’I.A.I. e la S.P. comprendevano quattro reparti che corrispondevano in pratica a quelli del S.I.M., all’interno del quale furono però sempre chiamati con i loro “vecchi” nomi:
810° Service Sqn (Sezione “Calderini”);
808° C. S. (Sezione “Bonsignore”);
3^ Section (Sezione “Zuretti”);
Intelligence Consorship Unit (Sezione Organizzazione).

Vi era poi l’ 862° reparto informazioni presso l’8^ Armata; il nucleo “I” della 5^ Armata; una Sezione P.A.V., personale e affari vari; una Sezione tecnica con la 135^ compagnia marconisti speciale e una Sezione amministrativa; il tutto con un organico, stabilito dagli alleati, di 2.079 unità.

Le funzioni delle Sezioni erano le seguenti:
– servizio informazioni offensivo (penetrazione di informazioni nemiche), operazioni controllate da un ufficiale inglese, il maggiore Page;
– informazioni di sicurezza (controspionaggio, sabotaggio e sovversione, sicurezza morale e civile). Anche in questo caso vi era un ufficiale di collegamento con gli organi alleati, il capitano inglese Stanhope Wright, aggregato al Comando Centrale C.S. di Roma. L’ufficiale alleato venne distaccato presso quella che era rimasta la Sezione “Bonsignore”, alla Centrale, per coordinarne l’attività con quella degli organi paralleli alleati in Italia e cioè l’A.F.H.Q. -il Comando delle Forze Armate Alleate, Comando territoriale il cui servizio informativo era svolto da un reparto, il G-2 (C.I.) e l’A.A.I.- Comando Armate Alleate in Italia, il Comando tattico del gruppo di Armate e il suo reparto informativo, la G.S.I. Era presente anche un ufficiale americano, il maggiore Brod, con compiti amministrativi;
– raccolta e collazione delle informazioni nemiche, con gli ufficiali di collegamento inglesi, maggiore Cave e maggiore Coventry, del Quartiere Generale Alleato;
– censura e sicurezza delle truppe italiane. La censura fu coordinata dal Quartiere Generale alleato e la sicurezza dal G.S.I. 15 ° Army Group.

Per la ex-Sezione “Bonsignore”, tramite ufficiale di collegamento, doveva passare tutta la posta in arrivo diretta ai Comandi alleati o a reparti da essi dipendenti. Si richiedeva inoltre che i rapporti delle Sezioni C.S. presso le Armate o dei Centri, che contenessero informazioni che potevano interessare il servizio informativo alleato, fossero inviati, non appena possibile, in visione a quell’ufficiale di collegamento, il quale li avrebbe fatti tradurre e trasmettere agli organi alleati competenti.

La direzione del Gruppo italiano, aggiunto al C.S.I.D.I.C., per gli interrogatori dei prigionieri, disertori, fuoriusciti, fu controllata da un ufficiale inglese, il maggiore Jephson. Dopo i primi mesi del 1945, le autorità militari alleate decisero che le funzioni della maggioranza dei reparti dell’I.A.I. e della S.P. non erano più così importanti per il Comando alleato e quindi l’I.A.I., nel quadro di battaglia alleato, fu sciolto (mentre il Servizio Informazioni militare presso il Comando Supremo, aveva continuato la sua attività indipendentemente dagli alleati, sia pur con la collaborazione dovuta dalle circostanze), ad eccezione dell’808° Btg. C.S, di cui diremo dopo, e altri piccoli reparti che, fu disposto, sarebbero stati trattenuti sotto il controllo anglo-americano per un periodo di tempo indefinito. A quell’ente fu data la graduale consegna della responsabilità della sicurezza.

Tra i casi rari di reale apprezzamento da parte degli Alleati nei confronti di militari italiani e di membri della Resistenza che hanno permesso un numero indicibile di pericolose “missioni oltre le linee”, altrimenti non realizzabili, con un numero di Caduti elevatissimo e caduto nell’oblio, non si deve dimenticare quello non molto conosciuto del 808° Btg. C.S., derivato, come ricordato, dalla originale sezione “Bonsignore” del S.I.M.; questa unità dipendeva amministrativamente e disciplinarmente dallo Stato Maggiore Generale italiano, mentre per tutte le pratiche di controspionaggio e le operazioni, dipendeva dall’A.F.H.Q. Riceveva le direttive generali dalla cellula G-2 (C.I.) di quel Quartiere Generale, che aveva, come si è visto, un ufficio di collegamento britannico, aggregato al Comando Centrale C.S. di Roma.

L’ 808° Btg. C.S. si era così ben riorganizzato che al gennaio del 1945 disponeva di proprie comunicazioni radiotelegrafiche fra i Centri e la Centrale. Al momento dello sbarco degli Alleati in Italia (luglio 1943), era stato considerato opportuno che alcuni degli ufficiali del S.I.M./C.S., presenti a Brindisi dopo l’armistizio, ricreassero un sistema di informazioni e controspionaggio, sotto il controllo anglo-americano. Molti degli ufficiali italiani, già specializzati nel settore, che erano stati catturati in Africa, furono fatti rimpatriare, per entrare a far parte del nuovo servizio, come il colonnello Agrifoglio. Gli alleati lo scelsero come comandante dell ‘organismo, anche se non aveva precedentemente fatto parte del S.I.M. o forse proprio per questa ragione.

L organizzazione era stata attuata sulla base della tradizionale attività difensiva, con una Sezione Comando, Centri, Sottocentri e Nuclei, i quali operavano come rami del Comando Supremo Italiano, ma sotto il controllo alleato. La collaborazione con gli anglo-americani stentò ad ingranare, ma a mano a mano gli alleati si resero conto del lavoro professionale e leale che veniva svolto dagli organi informativi italiani e le responsabilità dirette vennero progressivamente ampliate.

Il controspionaggio italiano apportò un sicuro contributo nella neutralizzazione dei sempre pericolosi servizi di informazione tedeschi e questo venne riconosciuto a livello ufficiale: ovviamente il personale italiano aveva una conoscenza molto approfondita della situazione, della storia politica passata e dei movimenti clandestini e soprattutto conosceva anche molto bene il servizio informazioni tedesco, non fosse altro per la collaborazione del passato, e anche perché il S.I.M., nonostante l’alleanza, aveva costantemente monitorata le truppe e l’attività spionistica tedesca.

Nel 1945, l’808° Btg. C.S. era strutturato con un Comando a Roma e centri sussidiari a Roma, Ancona, Bari, Bologna, Bolzano, Cagliari, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Pordenone, Torino, Venezia (tutti con sottocentri); con un nucleo presso l’8^ Armata e presso la 5^ Armata. Vi era anche un Centro Speciale a Marsiglia, composto da due ufficiali e dodici sottufficiali, che lavoravano sotto la direzione del G-2 americano, Delta Base, il cui compito principale era la discriminazione degli italiani per il rimpatrio.

Le direttive per questo Battaglione erano impartite di volta in volta dal 15° Army Group del Quartiere Generale Alleato. Non sempre alcuni aspetti del lavoro erano di grande valenza, ma in generale venivano riconosciuti come i più importanti:
– controspionaggio e contro sabotaggio: bisognava rastrellare e processare un vasto numero di agenti che erano stati al servizio del Servizio Informazioni della Repubblica Sociale (S.I.D., Servizio Informazioni Difesa); da ricordare che la cattura, l’interrogatorio, la raccolta, la divulgazione di informazioni e l’istruzione dei procedimenti penali dinanzi ai tribunali militari italiani erano quasi interamente devoluti al controspionaggio;
– sicurezza civile: in collaborazione con gli alleati, il battaglione doveva procedere all’indagine, all ‘osservazione di persone o movimenti ritenuti di natura sovversiva o comunque ritenuti pericolosi per le truppe italiane ed alleate e gli impianti sensibili. Si trattava anche di attività contro la formazione di movimenti neo-fascisti.

Il generale lavoro di controinformazione, normalmente eseguito da distaccamenti delle truppe anglo-americane, però fu svolto anche dal Battaglione, ma su precisa richiesta delle autorità militari alleate. Era stato indicato che il controspionaggio non doveva interessarsi di politica e non era desiderabile che lo facesse; poteva interessarsi dei movimenti politici solamente nei limiti della loro diretta importanza per la sicurezza dei militari italiani e degli alleati.

Con la graduale liberazione dell’Italia l’808° Btg. C. S. continuò a fornire un prezioso contributo agli organi di controspionaggio alleati, tanto che nel settembre 1944 esso era stato integrato nell’organico di guerra inglese con 69 ufficiali e 931 sottufficiali e truppa. Oltre ai normali compiti di controspionaggio, l’808° Btg. C.S. ebbe una parte importante, molte volte risolutiva, in quasi tutte le operazioni della Special Force anglo-americana, riuscendo a guadagnare sul campo la stima degli ex-nemici, che evitarono così l’errore di azzerare un settore tanto delicato composto da operatori che conoscevano il territorio e l’organ1zzaz10ne nem1ca.

Quando i vincitori consentirono ufficialmente alle Forze Armate italiane di riorganizzare un servizio di informazioni militari, sebbene non ancora interforze, nel 1945, intesero continuare ad avvalersi dell’ 808° Btg. C. S. per la professionalità dimostrata. Il Battaglione era direttamente responsabile verso il Quartier Generale americano e, dal punto di vista operativo, dipendente da quell’ente: quindi il suo primo obbligo era quello di assistere gli organi informativi di sicurezza e di controspionaggio alleati.

Solo il 15 agosto 1946, dopo 33 mesi di intenso lavoro, in seguito agli accordi tra il Quartier Generale delle Forze Alleate e il Ministero della Guerra, quella unità sarebbe rientrata, anche per la parte relativa all’impiego, alle dirette dipendenze dell’Ufficio “I” dello S.M.E., nella sua antica veste di 2^ Sezione, pur conservando la denominazione di 808° Battaglione C.S. Fu naturalmente prevista una riorganizzazione interna per meglio ripartire i compiti, fatta salva la sempre stretta collaborazione con i Servizi alleati.

A questa valutazione positiva da parte degli anglo-americani, contribuirono notevolmente i Carabinieri Reali, che costituivano il nucleo più numeroso del Battaglione e svolsero una intensa e valida opera nel campo informativo e di controspionaggio: del resto, proprio questa ultima attività era stata la loro specificità durante tutta la vita del S.I.M . .L Arma si era fatta apprezzare dagli alleati per l’opera di prevenzione e repressione di reati commessi ai danni della stessa amministrazione anglo-americana, anche con recupero di materiale di loro pertinenza; nella disciplina del traffico stradale, nell’assistenza alle corti giudiziarie, nell’assistenza alla polizia militare, nel rastrellamento delle armi, nella vigilanza ai depositi di carburante, oltre che nella normale attività istituzionale.

È stato specialmente durante quel periodo che gli anglo-americani si resero ben conto sul terreno della doppia valenza dell’Arma dei Carabinieri Reali, arma combattente e polizia con status militare, tipologia non presente nella struttura militare americana e inglese, con possibilità di intervenire in un conflitto armato e capacità di mantenimento dell’ordine pubblico.

Il 1° gennaio 1945 il S.I.M. mutò denominazione ufficiale in Ufficio Informazioni dello S.M. G., che l’ 8 marzo 1945 passò alle dipendenze del Ministero della Guerra, d’intesa con il Comando Alleato, adeguandosi alle esigenze dell’ora dal punto di vista tecnico- militare. Alla stessa data furono abolite le denominazioni nominative delle Sezioni dell’Ufficio e fu loro data l’indicazione di 1^, 2^, 3^, 4^ Sezione. Nel quadro di battaglia alleato la seconda sezione era stata denominata 808° Btg. C.S.; per uniformità e tenuto conto della costituzione di altri Centri speciali, le Sezioni C. S. presso la 5^ e l’8^ Armata assunsero la denominazione di Centri C.S. presso quelle Unità. Di conseguenza l’organo informativo passava di nuovo alle dipendenze del Ministero della Guerra, cioè allo S.M.E., come era stato nel 1940, mantenendo intatte tutte le sue attribuzioni.

Nel giugno 1945, il Ministro della Marina, allora l’ammiraglio de Courten, propose al Presidente del Consiglio dei Ministri la restituzione al Ministero della Marina (e implicitamente a quello dell’Aeronautica), del servizio di controspionaggio, che, come si ricorda, era stato unificato e accentrato alle dirette dipendenze del Comando Supremo nel settembre del 1942 e dopo l’8 settembre 1943, allo Stato Maggiore Generale.

La richiesta era stata motivata dal fatto che pochissimo tempo prima (marzo o maggio, i documenti portano date diverse), anche il servizio di controspionaggio, in quanto parte dell’Ufficio Informazioni, era passato alle dipendenze del Ministero della Guerra, ma incardinato nello S.M.E. e quindi sarebbe stato normale tornare alla situazione precedente al 1942, quando le tre Forze Armate avevano autonome attribuzioni di controspionaggio.

La risposta non fu favorevole perché fu giustamente obiettato che quella attività veniva svolta dal Battaglione 808° , 2^ sezione del C.S., iscritta però nel quadro di battaglia del Comando Alleato nel Mediterraneo; quindi il Battaglione, dall’ottobre 1943 era un organo che agiva in seguito ad un armistizio e a una cobelligeranza, indipendentemente da precedenti accorpamenti o accentramenti decisi dal Comando Supremo. L’attività riguardante i due Ministeri interessati era assicurata dagli ufficiali di collegamento ed era considerata una attività contingente, che non aveva riferimento a quella svolta anteriormente al 15 settembre 1942. Non era possibile dunque prevedere mutamenti organici nel settore, senza il nullaosta del Comando Alleato.

Dunque si sarebbe trattato, attuando un decentramento, di moltiplicare i Servizi di controspionaggio, creando dei doppioni ad un ente militare già inserito in un quadro di battaglia, provocando oltre al probabile sospetto, anche un intervento degli alleati. Da parte della Marina la situazione fu compresa, tanto che fu ritenuto opportuno rinviare la questione a tempi diversi.

È interessante comprendere una delle ragioni per cui, seppur non principale, il S.I.M. cambiò denominazione dal 1° gennaio 1945: nel 1944 il Servizio era stato oggetto di numerosi attacchi stampa (ad esempio sull’ “Unità” del 21 settembre; su “l’Italia Libera” del 6 e 7 novembre); gli articoli erano diretti particolarmente contro il S.I.M./C.S. che tra l’altro proprio in quel momento non era così “indipendente”, come sottolineato nella stampa, considerato che esso collaborava, sotto la direzione del Comando alleato, con quei reparti preposti alla sicurezza del settore operativo nazionale.

Era però quello il momento del processo a Roatta (come già ricordato), a Suvich e altri ex potenti del fascismo, per i delitti del precedente regime. Naturalmente la stampa italiana si gettò sulle notizie del processo e su quelle che uscivano dalle sue carte, per chiedere l’immediato scioglimento di un organismo tanto nefando per la Nazione, dimenticando quello che era stato fatto nel settore militare e non volendo riconoscere che comunque ogni Stato necessitava e necessita di un servizio informativo, proprio per la sicurezza in tema e dei propri confini.

Sul S.I.M., che indubbiamente aveva avuto delle devianze nel periodo di comando di Roatta, dovute anche alla commistione degli incarichi politici e militari attuati nel periodo fascista – commistione che aveva portato anche ad una sovrapposizione di competenze e di responsabilità – si scaricò parte della rabbia e della rivolta popolare contro il regime, che si era praticamente auto-cancellato con l’Ordine del Giorno “Grandi” nella notte tra il 24 e il 25 luglio del 1943.

La struttura del nuovo ente di controspionaggio, la sua articolazione e l’attività del momento non erano ovviamente conosciute e quindi gli strali popolari, in un ambiente reso incandescente da un conflitto civile non ancora sopito, dalla sete di punizione verso coloro che del potere avevano fatto un uso personale e “disinvolto”, si appuntavano su un Servizio che veniva assimilato con superficialità, alla tristemente famosa O.V.R.A.

Del resto, anche gli alleati, agli inizi della collaborazione, ebbero l’opinione che il S.I.M. e lo stesso Comando Supremo rappresentassero una corrente politica o meglio fossero l’espressione del Governo italiano dell’epoca, ove per Governo si intendeva anche quello di Badoglio, idea nata dai movimenti di vari partiti politici, contrari a quel Governo di strana transizione, con a capo un militare che, nonostante il fallimento di Caporetto, aveva fatto una rapida carriera militare giungendo fino all’incarico apicale sotto il fascismo.

Gli attacchi della stampa non furono graditi neppure agli anglo-americani. L’ufficiale di collegamento del Comando Alleato richiamò l’attenzione dei suoi superiori e quella del Capo dell’Ufficio Censura Stampa Radio sul problema, affinché prendessero provvedimenti atti a vietare la pubblicazione degli articoli, ritenuti lesivi del proprio operato dagli stessi americani e pericolosi per il completamento dell’opera di liberazione del territorio italiano.

Per sopire l’opinione pubblica, il presidente del consiglio lvanoe Bonomi pensò di inviare un comunicato stampa ai giornali per far sapere che il S.I.M. non esisteva più, sostituito da un Ufficio Informazioni e Collegamento; inoltrò a tale scopo una lettera al Capo di S.M.G.:

caro Messe,
poiché deL S.I.M. si parLa tanto (troppo e spesso a sproposito!!) sarebbe opportuno far conoscere al pubblico ciò che Ella ha fatto conoscere a tutti i ministeri. E cioè che iL vecchio S.I.M. non esiste più e che c ‘è soltanto un ufficio informazioni. Ho perciò ridotto iL comunicato ai minimi termini come vedrà dall’accluso appunto. Resta da vedere la convenienza o meno della pubblicazione. Susciterà polemiche? Riaprirà l’antica campagna di accuse? Produrrà un effetto utile o nocivo? Mi dica liberamente il suo pensiero. Cordiali saluti. Bonomi. 19 gennaio 1945.

Messe espresse forti dubbi sulla convenienza di diffondere notizie riguardanti l’organizzazione di un Servizio per sua natura tanto riservato e soprattutto preferiva che il mutamento non fosse dato in pasto ai giornali (i processi contro Roatta e i suoi collaboratori per i fatti relativi all’uccisione dei fratelli Rosselli, non erano ancora iniziati), affinché la soppressione del S.I.M. non suonasse come una condanna preventiva. L’accusa che in realtà pendeva sul S.I.M. era quella di essersi talvolta piegato, secondo il costume di quel periodo, alle pressioni politiche del regime e di essere divenuto, per certi aspetti strumento della polizia politica all’estero.

Mario Roatta

Il comunicato fu però dato alla stampa, che per la maggior parte lo pubblicò come un semplice trafìletto. Il nuovo Ufficio “I” però era passato alle dipendenze del Ministero della Guerra nel marzo o maggio 1945, proprio in seguito alla campagna stampa particolarmente aggressiva; dunque andava a dipendere nuovamente da un organo politico, anche se temperato con una dipendenza intermedia dallo S.M.E.: in questa occasione non mutò sensibilmente il proprio ordinamento.

La situazione era estremamente delicata, perché il conflitto non era ancora finito, la collaborazione con gli alleati era necessaria, indispensabile e soprattutto fruttuosa per arrivare alla completa liberazione del territorio nazionale. Nelle carte del generale Messe vi è una interessante relazione preparata dall’Ufficio Informazioni dello S.M.G. nel maggio 1945, appena terminata la guerra, sul movimento italiano di liberazione dall’oppressione nazifascista, che riguarda in particolare la genesi del movimento e delle difficoltà iniziali, le previsioni dello stesso Stato Maggiore sulle possibilità del movimento in funzione antifascista, l’organizzazione creata nel territorio occupato e liberato, dando utili notizie sul riordinamento dell’attività informativa dal 1943 al 1945, anche se in alcuni passaggi non sembra essere completa, specie per quanto riguarda i vari ordinamenti nel tempo, almeno consultando altri documenti militari, anche alleati.

Non fu facile, da quanto risulta dai documenti, convincere soprattutto la Special Force a utilizzare i movimenti della Resistenza e a dare loro un aiuto concreto, in quanto gli alleati ritenevano che i movimenti clandestini non sarebbero riusciti ad operare efficacemente per far terminare il conflitto; quell’aiuto che si materializzò poi specialmente con le missioni. Queste si suddivisero in missioni di collegamento e operative; speciali; di istruttori per sabotaggio; rifornimenti; finanziamento; propaganda.

Per quanto riguardava le missioni di collegamento, nel maggio 1945 esse erano riuscite a coprire l’intero territorio, avendo così assicurato la possibilità a tutte le formazioni clandestine di essere in contatto con il territorio che veniva liberato progressivamente. Se molte missioni furono effettuate con aviolanci, alcune, particolarmente favorevoli, furono fatte infiltrare via terra: da ricordare, come segnalato nella citata relazione al generale Messe che, nell’ottobre del 1943, una missione attraversò le linee tedesche dell’Adriatico; nel dicembre 1944, una, partita da territorio neutrale; nel marzo 1945, una, partita da territorio francese; nell’aprile del 1945, due missioni infìltrate attraverso le linee tedesche in ripiegamento sulla pianura padana.

Ogni missione poteva disporre di uno o due apparati radio ricetrasmittenti, con relativi piani di collegamento; una o più batterie di accumulatori; uno o più cifrari; alcuni dispositivi particolari per il caricamento delle batterie e altro materiale di interesse. Il personale aveva ricevuto un addestramento molto particolare e vi erano paracadutisti, sabotatori, organizzatori e istruttori di sabotaggio, esperti nel perfezionamento degli agenti, radiotelegrafìsti e altre specifiche competenze richieste a seconda del caso.

È interessante riportare dei numeri: le statistiche sono sempre fredde, però danno l’idea del lavoro svolto. In tutto le missioni di collegamento furono: 96, delle quali 48 italiane, miste 25, inglesi 23, per un totale di uomini impiegati 163 italiani e 119 inglesi, cioè 282 operatori, più altri elementi reclutati sul posto, per l’assolvimento di specifìci compiti. Vi furono le missioni speciali, suddivise in organizzative; antisabotaggio; costruttive; con compiti particolari.

Normalmente fu evitato l’intervento organizzativo per lasciare ampia libertà ai partigiani o ai patrioti locali di agire secondo quanto richiesto e necessario per i Comandi italiani e alleati, ma alcune volte fu necessario invece dare un aiuto concreto agli sforzi locali. Quelle missioni speciali furono: nel gennaio 1944 (nelle Marche), la denominata “MAN”; la “ORO”, in Lombardia presso il Comitato Liberazione Nazionale Alta Italia (C.L.N.A.I).; la “RRR” e la “SSS” nell’agosto del 1944, la prima e la seconda nel Veneto, ambedue presso i locali Comandi Militari.

Furono realizzate missioni antisabotaggio, soprattutto per far sì che i tedeschi in ritirata non distruggessero completamente le risorse economiche italiane, che rilevavano non solo per gli aspetti militari, ma soprattutto per le possibilità della ripresa economica dell’Italia, al termine del conflitto. Le missioni costruttive erano dedicate al controllo delle regioni via via liberate, al mantenimento dell’ordine pubblico, al rispetto delle leggi nel periodo intercorrente fra l’evacuazione tedesca, l’arrivo in forze delle truppe alleate e il ristabilimento di un governo legittimo.

In questo caso gli organi alleati decisero di avvalersi della Special Force, costituendo missioni speciali ad assetto variabile con il compito di prendere contatti con i locali Comitati di Liberazione, di inquadrare se necessario le formazioni militari dei patrioti; di provvedere alla raccolta delle armi, controllando anche l’attività di patrioti e partigiani affinché non fossero commessi atti contro le leggi vigenti. Missioni delicate, che furono sospese con l’interruzione delle operazioni nell’inverno 1944-1945; posteriormente i compiti loro assegnati furono trasferiti alle missioni di collegamento.

Da ricordare anche le due missioni con compiti speciali, la “FAT” e la “VIS”, ciascuna con un ufficiale di aviazione, che furono inviate nel territorio occupato con fini operativi, informativi e propagandistici. Parallelamente, dal territorio dell’Italia liberata fu creata una organizzazione che provvide a reclutare il personale, a istituire delle scuole per l’addestramento specialistico; a organizzare centri di sosta dove poter far appoggiare gli elementi da impiegare nelle missioni, in partenza o in rientro: tre furono istituiti in Puglia, con il nome di “Fabbrica”, “Villetta”, “Villa”.

Nel febbraio 1945 l’Ufficio Informazioni prese sede in Toscana, ove furono allestiti altri centri con i nomi “Torre Fiorentina”, “Castagno” e “Villetta”. Fu organizzato un gabinetto fotografico e un settore per la riproduzione dei documenti, operazione assai delicata: furono riprodotte carte di identità, tessere del Partito Nazionale Fascista, del Partito Fascista Repubblicano, tessere postali, fogli di congedo, patenti, documenti italo-tedeschi: il necessario per la parte logistica, forse la più difficile, delle missioni.

Oltre a tutto questo, fu naturalmente organizzato un magazzino che provvedeva a rifornire di abiti adatti coloro che erano inviati in missione, e basi logistiche di approvvigionamento sul cosiddetto “libero mercato”, cioè a “borsa nera”, e d’altra parte non sarebbe stato possibile agire con tessere annonarie o attendere che sul mercato comparissero i generi di cui si aveva urgente bisogno.

Molto importante era l’organizzazione dei collegamenti, che ebbero base principale prima a Monopoli e poi a Siena, allacciata con tutte le missioni in territorio occupato: questo sistema divenne attivo nel dicembre 1943, mentre nei mesi precedenti i collegamenti dovettero allacciarsi con la zona di Algeri, perché la Special Force era di base nel Nord Africa prima che gli anglo-americani sbarcassero in Sicilia e a Salerno. In seguito la Force organizzò la sua base in Puglia, per evidenti motivi pratici e quindi fu Monopoli la città deputata a tale incombenza, appunto fino allo spostamento in Toscana.

Vi fu una base avanzata nella zona di Firenze, allacciata con le missioni di carattere tattico (nell’agosto 1944); un centro di intercettazioni stazioni radio per collaborare con le due basi (già attivo nel novembre 1943). Sempre nel quadro degli importanti collegamenti, la base principale provvide anche ai normali collegamenti di servizio con Londra, soprattutto, per far pervenire i famosi messaggi radiofonici convenzionali per gli aviorifornimenti; quello con il Quartier generale alleato in Italia e quelli non meno importanti con i nuclei della Force già installati in territorio liberato. Tutte le missioni ebbero personale militare (300 unità delle 474 reclutate); pochi furono i civili impiegati solamente nel periodo di ottobre-novembre 1943.

Il lavoro informativo continuava non meno alacremente di quello burocratico e la 2^ sezione dell’Ufficio Informazioni dello S.M.G. procedeva nella sua attività, anche organizzativa. Il 20 febbraio 1945 il Capo Sezione inviò una ennesima circolare, indicando e aggiornando compiti e direttive ai 14 Capicentro esistenti. Il controspionaggio e il contro sabotaggio rimanevano la funzione principale della Sezione C.S. e tutte le altre funzioni dovevano essere subordinate a questa. Particolare attenzione doveva essere posta ai casi di sovversione e di disfattismo nei reparti e alle cause che li avevano determinati, considerata l’importanza del morale delle truppe italiane in quello specifico momento.

Uno dei compiti che riguardava la Sezione era quello della sicurezza civile, prevedendo azioni contro la formazione di movimenti fascisti e di qualsiasi attività politica sovversiva che tendesse ad ostacolare lo sforzo bellico alleato: l’azione doveva essere condotta sia che l’attività fosse stata ispirata da comportamenti del nemico sia che fosse stata organizzata di iniziativa da elementi italiani.

Vi era poi un generale lavoro controinformativo eseguito a richiesta dell’autorità militare alleata entro la zona di operazioni. La circolare fissava anche le direttive che dovevano essere alla base del lavoro. Trattando della sicurezza civile, il Capo Sezione sottolineava che la nostra organizzazione è e deve rimanere estranea a qualsiasi ingerenza politica, pur provvedendo a riconoscere gli agenti provocatori, vedendo quali legami avessero tra di loro, sorvegliandoli e scoprendo da chi erano manovrati.

Costante era la minaccia delle cellule fasciste risorte, con programmi di sabotaggio: non interessava arrestare i singoli componenti, ma piuttosto risalire alla fonte per stroncare l’organizzazione nei suoi capi e nei suoi elementi direttivi. Era pertanto ancora molto valido il concetto di avere pochi informatori, ma professionali più che molto personale di mediocre qualità. Una efficiente rete informativa rimaneva la base del lavoro e quindi doveva essere curata nei minimi particolari. Il migliore informatore poteva essere finanche l’agente catturato se interrogato minuziosamente e con professionalità.

Vi era poi la collaborazione con i comandi militari locali per aiutarli a scoprire ed eliminare le cause che potessero minare alla base la coesione fra gruppi. Questo tipo di lavoro non doveva essere di critica o di inquisizione, ma di collaborazione attiva e disinteressata. Era anche auspicata la collaborazione con gli organi di polizia locale, in particolare con i Carabinieri Reali che continuavano ad avere quella organizzazione capillare che la Sezione C.S. non poteva possedere.

Anche la collaborazione col personale della Guardia di Finanza, per l’assolvimento dei compiti di controspionaggio nelle città marittime e nei tratti di costa più sensibili per il lancio o lo sbarco di agenti, si era sempre rivelata interessante. Nei porti era poi altamente desiderabile l’utilizzazione di agenti sotto copertura con incarichi civili, perché era sicuro che nell’ambito dell’attività portuale si nascondessero agenti nemici deputati a osservare e segnalare ogni movimento.

Auspicata anche la collaborazione con gli organi similari alleati: era infatti necessario che i Centri lavorassero con la più stretta coesione con gli organi omologhi alleati per evitare duplicati e spreco di risorse. In particolare, nella sua direttiva, il Capo Sezione ribadiva che non dovevano essere eseguiti arresti di agenti nemici sospetti, senza che prima non fossero state consultate le locali autorità competenti alleate, fatti salvi i casi di assoluta urgenza. Era necessario, dunque, che nella collaborazione con i servizi alleati non ci fossero quelle che venivano chiamate false gelosie di mestiere, ma una collaborazione di mente stretta e completa che sola poteva portare a maggiori successi nella lotta contro lo spionaggio.

Il 9 agosto 1945 fu diramata ancora un’altra interessante circolare riepilogativa delle norme riguardanti l’azione fiduciaria, che poteva essere esplicata dagli “agenti” incaricati di vere e proprie azioni di controspionaggio (azioni di doppio gioco- inserimento in servizi nemici e stranieri ad esempio) e dagli “informatori”, incaricati di raccogliere e fornire notizie interessanti il controspionaggio. Ambedue queste figure potevano essere in “servizio continuativo”, in “servizio non continuativo”, “occasionale“: quest’ultima categoria era intesa per quelle persone che venivano utilizzate una volta tanto e solo per un compito predeterminato, al termine del quale cessavano di avere rapporti con il Servizio.

Per ogni agente informatore vi era una sigla segreta (ignota allo stesso agente), che veniva utilizzata come riferimento nelle comunicazioni di servizio. Tale sigla era formata dalla lettera “P”, seguita da un’altra assegnata dalla Centrale; l’agente aveva poi uno o più nominativi segreti che gli servivano per contrassegnare le proprie comunicazioni e vi erano uno o più indirizzi convenzionali concordati con l’agente o con l’informatore che servivano al Centro da cui dipendeva per comunicare. Naturalmente, ogni Centro doveva tenere aggiornate due rubriche, una per gli agenti e informatori in servizio continuativo; una, per quelli in servizio non continuativo.

Per ogni agente informatore dovevano essere tenuti due fascicoli: uno contenente ampie informazioni sul suo conto, il carteggio che lo riguardava e un altro, contenente le relazioni di servizio che venivano a mano a mano da lui redatte e consegnate. Era altresì importante la documentazione dell’attività e del rendimento di informatori assunti dai vari Centri, in servizio continuativo e non continuativo. La circolare continuava con altri dettagli amministrativi.

Ogni Centro aveva anche una sigla assegnata dalla Centrale, che veniva utilizzata in tutta la corrispondenza, anche con gli altri Centri. Il 1° agosto 1945 si sciolse la 1^ Sezione e il Gruppo Speciale dell’Ufficio “I”, che si era costituito a Napoli nel marzo 1944 all’interno della “Calderini”, con il compito di dare vita alla preparazione e all’invio delle missioni, per operare con il corrispondente Special Force, avendo portato a compimento i particolari compiti per i quali era stato organizzato.

Anche la 3^ Sezione ebbe delle modifiche strutturali. In seguito, a richiesta del Comando alleato, vennero costituiti nell’Italia del Nord tre Nuclei economici industriali a Milano, Torino e Genova. Essi dipendevano per la disciplina di impiego dal Capo del Nucleo di Milano il quale a sua volta dipendeva dal Vice Capoufficio del Servizio. Secondo disposizioni della Missione Militare Alleata in Italia (M.M.I.A.), il personale dei tre Nuclei doveva essere assunto in forza ai soli effetti amministrativi dalla 2^ Sezione, cioè dall’808° Btg. C.S.

Al 1° dicembre 1945 il gruppo I/C.S.I.D.I.C. veniva incorporato nella Sezione (Btg. C.S.) e quel personale passava nell ‘organizzazione di controspionaggio, continuando il particolare servizio alle dirette dipendenze dei Capicentro. Aveva preso la denominazione di Gruppo Situazione ( 4°). Il suo compito era di tenere aggiornata la situazione sulle zone a cavallo delle frontiere e oltre, restando immutati i mezzi di indagine che aveva fino a quel momento utilizzati e cioè gli interrogatori e la raccolta di documenti. In particolare, l ‘attività del personale doveva essere rivolta proprio agli interrogatori degli italiani che comunque rimpatriavano, via terra o via mare, e degli stranieri, anche in relazione alla competenza loro particolare nei riguardi di specifici ambienti o situazioni per le quali potevano dare qualche utile ragguaglio.

Restavano immutate le modalità degli interrogatori, la forma e le stesure delle relazioni e i questionari. Oltre alle normali relazioni, dovevano essere compilate delle situazioni quindicinali dirette all’808° Btg. C.S. e al Gruppo Situazione, il quale ne avrebbe curato l’inoltro al Servizio centrale entro il 15 e il 30 di ogni mese.

Indubbiamente il Servizio Informazioni, nelle varie metamorfosi formali e organizzative, dovette superare molte difficoltà per operare: una causa importante fu la dipendenza completa dagli alleati anglo-americani per quello che riguardava le esigenze materiali per operare, per il completo controllo al quale erano sottoposti; controllo che a volte poteva essere giudicato fin assurdo e soprattutto per far intendere loro la realtà della situazione italiana e vincere il forte senso di diffidenza che avevano nei confronti dell’organizzazione militare italiana, derivata da un regime che senza dubbio l’aveva profondamente influenzata, così come aveva condizionato la società civile.

Solo con il tempo il Governo riuscì a far comprendere che non si trattava più di Forze Armate politicizzate, come nel passato, ma di elementi che avevano ben compreso quale partita si stesse giocando, quella della liberazione del suolo italiano e del raggiungimento della democrazia.

Il Servizio Informazioni post armistiziale, sorto a Brindisi con pochissimi elementi, in un momento storico critico – sotto l’aspetto militare e politico – aveva raggiunto alla fine del conflitto la consistenza di circa 2.700 unità, riuscendo a svolgere una buona attività, sia in autonomia – quella che gli alleati consentivano  -, sia sotto il loro controllo. Dal gennaio alla fine di aprile 1945, le operazioni di controspionaggio furono particolarmente importanti, perché quello rappresentò il periodo operativamente più intenso, soprattutto inteso a reprimere l’attività del servizio informazioni militare tedesco, svolta ai danni delle operazioni militari in corso sul fronte italiano.

Il lavoro svolto cercò anche di individuare quella propaganda a sfondo allarmistico che faceva capo alla Repubblica Sociale Italiana e ai suoi improvvisati servizi d ‘informazione, il già citato S.I.D. Allo stesso tempo la stasi delle operazioni sul fronte appenninico permise un vero riordino informativo nei minuti particolari e la dislocazione preventiva di personale nel nord Italia, contemporaneamente alla missione di ufficiali in territorio occupato, che consentì un primo orientamento ai fini repressivi, dopo lo sfondamento della linea gotica.

Tra il maggio e il dicembre 1945, una volta avvenuta la liberazione nel nord Italia, il controspionaggio vi poté iniziare la sua attività allo scopo di catturare gli agenti o gruppi di agenti segnalati nelle regioni settentrionali, ivi lasciati dai servizi informativi avversari; di individuare e neutralizzare reti e singoli elementi incaricati di svolgere attività contrarie alla sicurezza delle terre liberate; di concorrere e assorbire, in un secondo tempo, tutta l’attività informativa, spesso non organicamente impostata, dei molteplici organi di informazione che avevano fatto capo ai vari comandi delle unità partigiane; di bloccare i tentativi di camuffamento e la conseguente latitanza degli esponenti più in vista del passato regime.

Con la fine delle ostilità e la resa delle truppe nazi-fasciste della Repubblica Sociale l’8 maggio 1945, il compito principale del controspionaggio, inteso ad assicurare un quadro di sicurezza allo svolgimento delle operazioni militari, secondo i piani del Comando alleato e le disposizioni tattiche conseguenti, poteva dirsi assolto. Rimanevano i compiti di rastrellamento contro informativo, oltre a quanto d’inaspettato poteva interessare un Servizio, funzionalmente efficiente al termine di una guerra disastrosa che era stata anche guerra civile: una nuova situazione determinata da particolari caratteristiche politiche in un deciso antagonismo partitico. Vi furono sporadici tentativi di rinascita da parte di correnti fasciste, ma subito resi innocui.

Di particolare interesse in quel periodo, per lo storico, è anche l’attenta monitorizzazione dello stato d’animo della popolazione italiana nei rapporti con gli alleati: a parte, ancora una volta (pur se mutato era l’alleato), le consuete ufficiali dichiarazioni di circostanza (cordialità e collaborazione), risulta invece, dai dettagliati rapporti ancora negli archivi, che vi erano accuse volte a presentare gli anglo-americani come i primi responsabili delle difficoltà economiche nelle quali si dibatteva la popolazione italiana, oltre al forte risentimento per il mancato rientro in patria dei prigionieri di guerra e contro la lentezza delle stesse operazioni di rimpatrio.

Per quanto riguarda l’ordine pubblico, viene messa in rilievo una netta recrudescenza del banditismo sia verso i privati che verso le caserme dei Carabinieri Reali o della polizia. L’opinione pubblica era piuttosto preoccupata, ma la riorganizzazione interna della burocrazia italiana e la ricostruzione dell’organizzazione dei comuni, delle province e delle regioni faceva sperare per un migliore futuro.

Certamente la situazione economica veniva guardata con un accresciuto pessimismo anche perché non era stata ancora accordata all’Italia la liberazione dai gravami di regime armistiziale in campo economico, non solo militare, ma il Piano Marshall degli anni successivi avrebbe spinto la ricostruzione economica di tutta l’Europa, Italia compresa.

1946 -1949:  l’organizzazione di un Servizio informazioni interforze

li 2 giugno 1946 veniva proclamata la Repubblica Italiana, iniziando così un nuovo periodo nella storia dell’unità della penisola. Lo Stato Maggiore Generale continuava ad avere un Ufficio Informazioni, più o meno organizzato come nel passato era stato organizzato il S.I.M., cioè con una Centrale, una Sezione offensiva, una difensiva, una tecnica e Centri periferici C.S. Anche le tre Forze Armate disponevano ciascuna di un loro Ufficio Informazioni.

Come fa notare Viviani, in quel periodo non è molto chiaro da chi dovesse dipendere l’Ufficio Informazioni dello S.M.G., considerato che il Decreto n. 346 del 31 maggio 1945 aveva ancora una volta, dopo il periodo fascista, ridimensionato la funzione del Capo di Stato Maggiore Generale a quella di consulente del Presidente del Consiglio, con pochissimi poteri decisionali nei confronti dei Capi di Stato Maggiore delle tre Forze Armate.

Se il Capo di S.M.G. aveva quasi solamente poteri di consulenza, l’organo informativo passava alle dipendenze effettive del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, integrandosi con quell’Ufficio Informazioni, dipendente dal II Reparto. Infatti questo aveva nel giugno 1945 diramato disposizioni sull’attività informativa, definendo organi informativi centrali l’Ufficio Informazioni presso il Ministero della Guerra, cioè presso lo S.M.E., ma dipendente, secondo ordinamento, dallo Stato Maggiore Generale; il S.I.S. presso la Marina e il S.I.A. presso l’Aeronautica; gli organi direttivi sarebbero stati i Comandi di Corpo d’Armata dipendenti dall’Ufficio Informazioni presso il Ministero della Guerra, i Comandi militari marittimi dipendenti dal S.I.S. e i Comandi di Zona aerea dipendenti dal S.I.A; gli organi esecutivi erano, per la polizia militare l’Arma dei Carabinieri Reali e per il controspionaggio i Centri C.S. previsti per ogni Forza Armata; organi ausiliari erano, per la polizia militare la Guardia di Finanza e per il controspionaggio l’Arma; gli organi collaboratori erano le Autorità di Pubblica Sicurezza per la sicurezza interna, per il controspionaggio e per l’esclusiva competenza in termini di propaganda e contro propaganda politica.

Come si può notare, la situazione era notevolmente confusa, specialmente per quanto era attinente al controspionaggio, dove vari enti potevano esplicare l’attività difensiva. Situazione peraltro comprensibile, poiché tra l’aprile 1945 e la fine del 1947, le Forze Armate italiane vissero un periodo di transizione (il cosiddetto esercito di transizione), che ebbe fine solo dopo la firma del trattato di pace, il 10 febbraio 1947, e la conclusione dell’occupazione militare alleata del territorio italiano, il 15 dicembre dello stesso anno: in questo periodo iniziarono ad avere ipotesi di concretezza gli studi per una seria riorganizzazione dell’intero apparato informativo, sulla base delle esperienze della seconda guerra mondiale, di quelle ormai sedimentate della prima, e dell’ approccio internazionale all’intero settore.

Una comunicazione relativa a informazioni carpite all’Intelligence Service britannico tramite un fiduciario in Svizzera

Il 4 febbraio 1947, un Decreto del Capo di Stato provvisorio riuniva il Ministero della Guerra, della Marina e dell’Aeronautica in unico ente, il Ministero della Difesa. Con un successivo decreto sarebbe stato stabilito l’ordinamento interno del Ministero. Il 21 aprile 1948, con il Deçreto n. 955, il Capo di S.M.G. diveniva Capo di Stato Maggiore della Difesa (S.M.D.), passando alle dipendenze del Presidente del Consiglio-Capo del Governo e a quelle del Ministro della Difesa, con funzioni di consulente per le principali questioni relative alla organizzazione e alla preparazione di ciascuna Forza Armata.

Bisogna notare che negli anni 1946 e 1947 la predominanza nel quadro dell’informazione fu dell’Esercito, erede della struttura del S.I.M., che poteva altresì disporre di organi informativi delle truppe ed avere una capillarità notevole sul territorio, fruendo anche di quella dell’Arma dei Carabinieri Reali, che era pur sempre parte integrante della Forza terrestre, con compiti tradizionalmente esplicati proprio nell’ambito del controspionaggio, con numeroso personale inserito nei Centri C.S.

Nel 1946 era continuato, fra i Centri C.S. e i servizi di sicurezza alleati, il collegamento che doveva agire, come nel passato, soprattutto per quanto aveva attinenza alla difesa dal controspionaggio e dal sabotaggio. I Centri dovevano però, per quanto possibile, evitare di assolvere compiti che non entrassero in quelli menzionati, ma che si riferissero più specificamente ad attività di polizia militare o di procedere alla ricerca di informazioni di carattere particolare che erano di competenza della Pubblica Sicurezza e dei Comandi territoriali dei Carabinieri Reali.

Nel settembre 1946, dopo il rientro nell’agosto precedente dell’808° Btg. C.S. anche agli effetti operativi, nell’Ufficio “I” dello Stato Maggiore dell’Esercito, il coordinamento con gli organi militari alleati dei servizi informativi diventava di diretta competenza del Capo dell’Ufficio, come stabilito dallo stesso Comando alleato. Quindi tutte le notizie di rilievo riguardanti le questioni trattate in precedenza dovevano essere comunicate esclusivamente alla Centrale del Servizio che, tramite il Capoufficio, le avrebbe a sua volta comunicate all’ufficiale di collegamento alleato, peraltro insediatosi negli stessi locali dell’Ufficio “I”.

Gli organi alleati periferici che eventualmente si fossero rivolti direttamente ai Centri di C.S. per notizie, dovevano evitare di farlo e dirigersi al Capo dell’Ufficio “I” dello Stato Maggiore dell’Esercito, come ormai previsto. Il 30 dicembre 1946 la seconda Sezione di quello che era l’Ufficio “I” dello Stato Maggiore dell’Esercito veniva riorganizzata, per ricondurne l’attività ai suoi compiti principali, anche per una più armonica ripartizione delle competenze, dopo la sua ricongiunzione con l’Ufficio nell’agosto precedente.

L’organizzazione della Centrale era la seguente: un Capo Sezione e un Vice Capo Sezione; il 1 ° Gruppo (controspionaggio preventivo); il 2° Gruppo (controspionaggio repressivo) e il 3° Gruppo (ordinamento e varie). Il Capo Sezione era il Capo del Servizio di controspionaggio e rispondeva al Capo dell’Ufficio “I”; esercitava le sue funzioni direttive per mezzo degli organi della Centrale (Vice Capo Sezione e Gruppi dipendenti); nel settore esecutivo, per mezzo dei Capi Centro, che erano direttamente responsabili della buona esecuzione del servizio e dell’esatta applicazione delle direttive e riferivano solo a lui. Spettava al Capo Sezione mantenere contatti con i Servizi similari nazionali ed eventualmente con quelli stranieri, con il Ministero dell’Interno, con quello degli Esteri, con il Comando Generale dell’Arma.

Il Vice Capo Sezione era ovviamente il più diretto collaboratore del Capo. Si teneva al corrente delle attività di tutta la Sezione, soprattutto per essere in grado di sostituire il Capo in ogni circostanza, assicurando la continuità del servizio. Svolgeva anche quelle particolari attività che il Capo Sezione gli affidava in modo permanente o saltuario o gli delegava in modo fisso.

Il 1° Gruppo provvedeva alle misure preventive di controspionaggio; all’attività normativa; alla definizione e studio degli ambienti che potevano interessare il Servizio; all’osservazione e penetrazione negli stessi. Provvedeva anche alla sorveglianza su rappresentanze diplomatiche e consolari, sulle attività degli addetti militari, sulle missioni straniere militari e civili, sulle università e istituti di cultura stranieri in Italia. Prendeva le misure relative ai militari italiani disertori all’estero e ai disertori stranieri in Italia, all’arruolamento di cittadini italiani in eserciti e legioni straniere, all’attività di sudditi stranieri in territorio nazionale e alla ben nota “rubrica di frontiera”.

Il 2° Gruppo aveva competenza per le azioni repressive di controspionaggio e per il coordinamento di quelle azioni; ordinava altresì gli interventi operativi; compilava la rubrica degli agenti italiani e stranieri accertati e sospetti di spionaggio (schedario M); individuava e studiava i servizi di informazione stranieri per la compilazione e la tenuta aggiornata dei cosiddetti “servizi base”; curava la rubrica di frontiera.

Il 3° Gruppo provvedeva all’organizzazione e alla sussistenza degli organi periferici della Sezione; a tenere la rubrica degli agenti e degli informatori; alla trattazione delle pratiche di competenza del Capo Sezione; allo schedario generale; alla trattazione delle pratiche relative al personale; ai cifrari e alle pubblicazioni; al servizio di corrispondenza dei collegamenti in genere; ai servizi interni di carattere generale della Sezione.

Era previsto uno schedario generale che testimoniava tutto il lavoro prodotto. L’archivio doveva essere unico, anche se per comodità e snellezza rimaneva praticamente frazionato in tre parti che corrispondevano alle competenze dei tre Gruppi. Nella stessa data della riorganizzazione del settore, era inviata la nuova Direttiva riservata ai Capi Gruppo e ai Capi Centro C.S., che ovviamente definiva i nuovi lineamenti che il servizio doveva assumere in relazione appunto ai cessati motivi contingenti che ne avevano necessariamente deformati finalità e metodi.

La circolare voleva fare in modo che, dopo il periodo bellico e quello della Resistenza, fosse adottato da tutti uno stesso metodo di lavoro. Era quello indubbiamente un periodo di evoluzione, formativo, che aveva bisogno di una serie di continui interventi per la definizione di norme e competenze. La circolare chiariva che i compiti del controspionaggio consistevano nella tutela del segreto militare; difesa dello Stato e delle Forze Armate dalla insidia dello spionaggio e del sabotaggio effettuati o tentati da agenti operanti afavore dello straniero.

La stessa circolare notava che la definizione scolasticamente era piana e semplice, ma nella sostanza delicata e complessa, soprattutto per quanto riguardava la difesa dello Stato, che veniva ritenuto l’obiettivo più complesso, in quanto riassumeva tutti gli altri espressi o taciuti.

Un esempio della monitorizzazione del S.I.M. sulla dislocazione delle truppe tedesche nel 1940

È molto interessante anche quanto si legge subito dopo: basta accennare alle certe interferenze di natura politica cui si andrebbe incontro se non interpretassimo con “grano salis” la definizione citata. Ed il servizio invece vuole e deve sottolineare il suo disinteresse per tutto quanto ha evidente sapore politico …

Va sottolineato che in quel momento storico, terminato il conflitto, eventuali azioni straniere di spionaggio o sabotaggio avrebbero più che altro cercato di colpire la struttura politico-amministrativa dello Stato. La funzione dei Centri C.S. doveva avere l’obbiettivo di raccogliere il maggior numero possibile di dati relativi ad attività sospette in un territorio dove si stava svolgendo una corsa, da parte di servizi informativi stranieri, alleati o probabili avversari, per occupare posti di osservazione, inserendo nelle strutture del nuovo Stato italiano osservatori intelligenti.

Nella complessità di tutto il servizio, potevano essere individuate due attività distinte che rispondevano a due momenti successivi di una stessa indagine: l’attività formale (le indagini attraverso i normali metodi della polizia giudiziaria) e quella occulta (che era la base per il lavoro della precedente e che seguiva la attività di individui o società che sfuggivano alle indagini legali).

La circolare è molto lunga e dettagliata e copre ogni aspetto del Servizio, anche quelli che potevano sembrare banali e da tempo attuati nelle modalità che venivano illustrate. Era evidentemente necessario riprendere dei punti fermi di un’attività svolta alla fine di un periodo bellico, e soprattutto di Resistenza, durante il quale si era fatto ricorso a soluzioni di emergenza, che bisognava ricondurre in un alveo di normalità: in sostanza, occorreva ribadire le norme e le regole da utilizzare in tempo di pace.

Per dare un’idea di come stavano cambiando gli obbiettivi di lavoro, nel 1948 questa fu l’attività generale dell’Ufficio “I”: il 1° Gruppo aveva intensificato l’esame e l’analisi degli ambienti e della situazione nel settore del controspionaggio e aveva compiuto un lavoro penetrativo in quello della sicurezza. Dal punto di vista statistico le pratiche di maggior interesse trattate nel corso dell’anno furono, per quanto riguardava le Ambasciate, 5; legazioni, 7; consolati, 56; addetti militari, 4; missioni straniere, 30; delegazioni straniere, 14; Istituti di studio e cultura stranieri, 11; agenzie giornalistiche, 8; società e organizzazioni straniere in Italia, 37; associazioni varie, 13.

Gli Uffici “I” della Marina e dell’Aeronautica erano stati di volta in volta informati delle notizie di loro specifico interesse, con delle “confidenziali”. Era stata attiva anche la collaborazione con servizi di informazione stranieri “amici”, francese, americano, inglese, greco, turco e spagnolo. Nel 1948, in particolare, venne intensificato lo studio sistematico delle attività di carattere estremista e le relazioni esistenti fra gli organi direttivi di quella, in Italia, e gli omologhi internazionali.

Particolare attenzione era stata altresì posta nello studio delle forze paramilitari, difficili da catalogare: questa ricerca aveva prodotto il prospetto che poteva in linea di massima considerarsi attinente alla realtà e che veniva costantemente aggiornato. La sicurezza interna era sicuramente – in quel periodo particolarmente delicato con l’Italia ormai fuori dal conflitto, ma non ancora inserita nel novero delle potenze occidentali (nonostante la vittoria della Democrazia Cristiana nelle elezioni politiche e la scelta “atlantica” che si sarebbe consolidata solo l’anno successivo, il 1949) -, il maggiore obbiettivo di lavoro, con particolare riferimento, ad esempio, alla stabilità interna. Un momento delicato fu subito dopo il ferimento di Palmiro Togliatti nell’agosto 1948: le reazioni furono registrate con dettagli al centro e nelle periferie.

La propaganda antimilitarista, il traffico clandestino di armi, e l’attività ebraica (per quanto riguardava soprattutto l’appoggio all’immigrazione clandestina verso il giovane Stato d’Israele) furono altri impegnativi settori di lavoro del 1 ° Gruppo. I tempi però iniziavano a essere maturi per un riordino generale dei servizi informativi, anche sull’esempio degli omologhi occidentali, in particolare americano e inglese, con i quali lunga era stata la collaborazione non solo per il periodo bellico, ma anche per quello immediatamente successivo. Seguivano però le complesse vicende della generale riorganizzazione delle Forze Armate.

L’armistizio (breve e ‘lungo) e il seguente trattato di pace avevano imposto pesanti limitazioni e anche la situazione generale dell’Italia, economica innanzi tutto, non avrebbe potuto sostenere nel settore militare i grandi numeri; la via maestra per la ricostituzione delle Forze Armate italiane fu quindi quella di avere relativamente pochi elementi, ma preparati professionalmente: infatti, a termini dell’art. 61 del trattato del 1947, all’Italia era consentita al massimo una forza complessiva di 250.000 uomini, compresi 65.000 Carabinieri. L’anno prima era stato sanzionato il ritorno alla leva obbligatoria, già sospesa dopo l’armistizio del 1943, come segnale del principio morale della obbligatorietà del servizio militare, e la conseguente riattivazione degli organi di reclutamento e la formazione di quelli dell’addestramento.

Negli anni precedenti al 1947, si era ipotizzato anche il ricorso agli arruolamenti di volontari a lunga ferma, progetto sponsorizzato dagli alleati inglesi, che non vedevano di buon occhio in Italia forze armate formate da coscritti. Lo Stato Maggiore dell’Esercito, in particolare, e lo Stato Maggiore Generale si opposero a questo tipo di truppe, esclusivamente professionista, presentando la proposta di forze militari a orientamento muto, basato sulla coscrizione per la ferma breve e l’arruolamento di volontari per quella lunga (specializzati e istruttori).

Alcuni ufficiali erano però favorevoli al progetto britannico: iniziava a farsi strada l’idea di Forze Armate interamente volontarie e professionali, alle quali si sarebbe giunti solo oltre cinquant’anni dopo, evidentemente in una situazione internazionale, nazionale e sociale ben diversa. La politica estera italiana e i risultati raggiunti nella riorganizzazione militare, consentirono, come più volte detto, l’ingresso dell’Italia nel Patto Atlantico il 4 aprile 1949; un ingresso che segnò il riconoscimento della raggiunta maturità politica e militare della Repubblica Italiana, da parte della comunità internazionale.

Una informativa inviata in Albania circa i movimenti delle truppe tedesche nei Balcani nel 1941

Il 30 marzo 1949 una disposizione interna del Gabinetto del Ministro della Difesa dava istruzioni per una nuova struttura e nuovi compiti di un Servizio Informazioni delle Forze Armate, che aveva dipendenza diretta dal Capo di S.M.D. Il 1° aprile 1949 l’Ufficio Informazioni dello S.M.E. passava per ordine superiore “ad altra dipendenza”. La comunicazione firmata dal generale Marras, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, non indicava a quale dipendenza si riferisse. Anche Marina e Aeronautica si adeguarono. Il 25 agosto 1949l a nota riservata E-S/964 indicava che, in seguito ad un riordinamento deciso dal Ministro della Difesa, i servizi informativi militari dal 1° settembre successivo avrebbero ricevuto una nuova organizzazione.

Presso lo Stato Maggiore della Difesa veniva costituito un Servizio centrale, offensivo e difensivo, composto con personale delle tre Forze Armate, che avrebbe assunto la denominazione di Servizio Informazioni delle Forze Armate (S.I.F.A.R.). Questo doveva divenire il centro di elaborazione di tutte le notizie militari e di quelle che avevano attinenza con la situazione militare (notizie politiche, economiche, sociali, etc…). Il nuovo Servizio era diviso in “Ufficio O” e “Ufficio D”. Presso ciascuno degli Stati Maggiori delle tre Forze Armate veniva costituita una “Sezione delle Informazioni Operative e Situazione” (S.I.O.S.), dipendente direttamente da quegli Stati Maggiori.

L’azione difensiva a favore di tutte le Forze Armate spettava però al nuovo servizio, S.I.F.A.R., che le svolgeva per mezzo dell’ufficio “D”, mentre per l’azione offensiva facevano capo all’Ufficio “O” del S.I.F.A.R., e, presso gli Stati Maggiori delle Forze Armate, dalle S.I.O.S. ivi costituite. Era chiaro che nel campo della ricerca spettavano al S.I.F.A.R. l’organizzazione, la direzione e l’impiego degli organi occulti; alle S.I.O.S., quelli degli organi palesi, anche se questa ripartizione non doveva essere rigidamente interpretata, in quanto organi e mezzi palesi potevano essere sfruttati anche dal S.I.F.A.R., così come le S.I.O.S. potevano attivare qualche proprio organo o mezzo occulto.

Finalmente, dopo molti anni e molti tentativi, era stato possibile concentrare lo svolgimento di tutta l’attività offensiva e difensiva nel campo delle informazioni militari che interessavano lo Stato in una struttura unica, che esercitava anche la direzione e il coordinamento dell’attività informativa delle Forze Armate.

Erano trascorsi quasi cento anni dall’Unità d’Italia per arrivare ad una composizione armonica di una struttura ad hoc: vi contribuì anche la comparsa di nuovi mezzi tecnologici a disposizione e soprattutto l’evoluzione del concetto di intelligence, ancora oggi in itinere, in un mondo certamente globalizzato e tecnologicamente avanzato, ma che necessita sempre e comunque dell’ “intelligenza umana” (Humint).

L’essere umano infatti è sempre protagonista, con i suoi pregi e i suoi limiti, e non potrà mai essere integralmente sostituito dai mezzi che egli stesso inventa e realizza, per quanto sofisticati essi possano essere. Non dimenticando i difetti, cerchiamo sempre di valutare quanto di positivo è stato realizzato nel settore dell’intelligence. Nel concludere questo non semplice cammino storico, effettuato tra migliaia di documenti, il pensiero dell’Autrice va a quanti con fedeltà e professionalità, a volte perdendo anche la vita per questo loro impegno, hanno contribuito a far progredire una disciplina quale è l’ intelligence, fondamentale per la vita di ogni Stato.

Abbreviazioni usate

A.A.I.              Allied Armies in I taLy
AFHQ             Allied Forces Headquarters
A.O.                Africa Orientale
A.O.I.             Africa Orientale Italiana
A.S.                Africa settentrionale
C.A.S.            City Administrative Sections
C.I.C.             Counter Intelligence Corps
C.L.N.A.I.     Comitato Liberazione Nazionale Alta Italia
C.R.I.T.O.     Centro Raccolta Informazioni Truppe Operanti<
C.S.                Controspionaggio
C.S.I.D.I.C.   Combined Service Detailed Interrogation Centre
C.S.M.S.S.     Controspionaggio Militare e Servizi Speciali
C.S.T.A.         Comando Superiore delle Truppe d’Albania
D.S.                 Diario Storico
F.S.S.              Field Security Service
G.S.I.               General Staff Intelligence
G.U.                 Grande Unità
GG.UU.           Grandi Unità
I.A.I.                Italian Army Intelligence
I.S.L.D.            Intelligence Service Liaison Department
I.T.O.                Informazioni Truppe Operanti
M.M.I.S.           Missione Militare Italiana in Spagna
M.O.V.M.         Medaglia d’Oro al Valor Militare
M.V.S.N.           Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionales

O.S.S.                   Office of Strategic Service

O.V.R.A.               Organizzazione Volontaria di Repressione Antifascista
R.I.E.                     Reparto Informazioni Esercito
S.C.I.                      Service Cpounter Intelligence
S.I.A.                      Servizio Informazioni Aeronautica
S.I.D.                       Servizio Informazioni DifesaRepubblica Sociale italiana
S.I.E.                       Servizio Informazioni Esercito
S.I.F.A.R.                Servizio Informazioni Forze Armate
S.I.M.                       Servizio Informazioni Militare
S.I.M.P.                   Servizio Informazioni Milizia Portuaria
S.I.S.                        Secret Intelligence Service
S.I.S.                        Servizio Informazioni Marina
S.M.                          Stato Maggiore
S.M.A.                      Stato Maggiore Aeronautica
S.M.D.                     Stato Maggiore Difesa
S.M.E.                      Stato Maggiore Esercito
S.M.M.                     Stato Maggiore Marina
S.M.G.                     Stato Maggiore Generale
S.P.                           Security Police
U.T.P.O.                   Ufficio Propaganda Truppe Operanti

Bibliografia essenziale

La pubblicistica internazionale sui servizi di informazione è vastissima. Ma non è molto facile fornire una bibliografia essenziale e soprattutto ragionata sulla storia dell’ordinamento del Servizio Militare italiano nel periodo di tempo considerato nella presente ricerca, perché studi seri al riguardo specifico sono molto scarsi, mentre sono numerosi quelli riguardanti memorie o storie di missioni, senza però riferimenti archivistici e documentali.

Pertanto saranno di seguito fatte alcune “segnalazioni” di libri di qualche interesse per l’argomento del volume, lasciando al Lettore interessato approfondimenti in merito, anche perché molti dei volumi segnalati hanno una copiosa bibliografia in appendice.

Per quanto riguarda il segreto di Stato, i profili di costituzionalità del segreto di Stato e della sua disciplina, il controllo parlamentare sul segreto di Stato, gli aspetti del segreto di Stato nell’ordinamento italiano- solo per fare alcuni esempi -, possiamo dire che gli studi sono numerosissimi e la loro indicazione esula dall’oggetto specifico di questa ricerca, anche perché è facile trovare tali indicazioru sulla rete internet digitando varie parole chiave, come ad esempio, www. intelligence.gov.

Tra i volumi più accessibili ai non addetti ai lavori, per un inquadramento generale
si segnalano:
COSSIGA Francesco, Abbecedario per i principianti, politici, militari, civili e gente comune. I servizi e le attività di informazione e di controinformazione compilato da Francesco Cossiga, dilettante, con prefazione di Mario Caligiuri, Soveria Mannelli, 2002.
STEELE Robert D. Intelligence, Soveria Mannelli, 2002.
GUELTON Frédéric, Pourquoi le renseignement? De L’espionnage à l’information globale, Parigi, 2004.
FAURE Claude, Aux services de la Republique, du BCRA a la DGSE, Parigi, 2004.
KEEGAN John, lntelligence in war, New York, 2004.
DIAZ FERNANDEZ Antonio M., Los servicios de inteligencia espanoles, Madrid, 2005.
GARCIA SANZ Fernando, Hacia una cultura de los Servicios de Inteligencia, in “Arbor”, n. 709, gennaio 2005, p.1-21.

Per seguire meglio la storia e l’organizzazione del Servizio Informazioni Militare italiano, possono essere d’aiuto studi sull’organizzazione delle Forze Armate nel periodo considerato e soprattutto del Regio Esercito. A questo scopo possono essere consultati con profitto i seguenti volumi, tra i tanti editi:
ROCHAT G.- MASSOBRIO G., Breve storia dell’Eercito italiano dal 1861 al 1943, Torino, 1978.
GALLINARI Vincenzo, L’esercito Italiano nel primo dopoguerra 1918-1920, Roma, 1980.

STEFANI Filippo, Storia della dottrina e degli ordinamenti dell’Esercito Italiano, in due volumi, Stato Maggiore Esercito, Ufficio Storico, Roma, 1984-1985.
BERTINARIA Pierluigi, L’Esercito italiano dal 1918 a 1940. Dottrina d’impiego e ordinamenti tattici, in “Studi Storico-Militari”, Stato Maggiore Esercito, Ufficio Storico, Roma, 1987, p. 613-619.

Di notevole aiuto possono essere i vari volumi pubblicati dall’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito: Diario Storico del Comando Supremo, a cura di Antonello Biagini e Fernando Frattolillo.

Per il periodo storico considerato nel presente studio, dal punto di vista dell’informazione archivistica per l’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, è utilissimo strumento di ricerca il saggio di GIONFRIDA Alessandro, I servizi d’informazione militare italiani dalla prima guerra mondiale alla guerra fredda: le fonti archivistiche dell’Ufficio Storico (dello Stato Maggiore dell’Esercito) in SME, “Bollettino dell’Archivio dell’Ufficio Storico”, luglio-dicembre 2002, anno III, n.6, p. 9-23.

Maria Gabriella Pasqualini

* Maria Gabriella Pasqualini

 (Roma, 26 marzo 1944) è  una storica e accademica italiana.

Laureata nel 1966 in Scienze Politiche nella Università di Roma, ha insegnato per 40 anni, dapprima “Storia e Istituzioni dei Paesi afro-asiatici” nell’Università di Perugia e poi “Storia e Istituzioni dell’Africa Mediterranea e del Vicino Oriente” in quella di Palermo (ad eccezione di una parentesi decennale 1974-1984 per Servizio all’estero presso il Ministero degli Affari Esteri).

È docente alla Scuola ufficiali carabinieri a Roma, dove risiede.

Specialista di Storia dei servizi segreti italiani, ha pubblicato un corpus di studi di cinque volumi, riguardanti la storia dei Servizi Segreti italiani militari e civili, per il SISMI, per l’Agenzia informazioni e sicurezza esterna e per l’Agenzia informazioni e sicurezza interna.

I suoi studi sulla storia dell’intelligence italiana sono disponibili anche sul sito del Dipartimento delle informazioni per la Sicurezza DIS.

  • È stata vicepresidente del Comitato Consultivo del Capo di stato maggiore della difesa per il Servizio Militare Volontario Femminile dal 2000 al 2007 al Ministero della Difesa.
  • Direttore Scientifico di osservatorioanalitico.com
  • Vice Direttore del giornale on-line The HorsemoonPost.
  • Membro del Comitato Scientifico della Fondazione Giuseppe e Marzio Tricoli.
  • Membro della Società italiana di storia militare.
  • Premio Nazionale Universo Donna (2001).

Opere

  • L’Italia e le prime esperienze costituzionali in Persia (1905–1919), Napoli – Perugia, ESI, 1992.
  • Gli equilibri nel Levante. La crisi di Alessandretta 1936–1939, edito da IlaPalma – Edizioni Associate, Palermo, 1995.
  • Il Levante, il Vicino e Medio Oriente. Le fonti archivistiche dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, SME, Ufficio Storico, Roma,1999.
  • Le missioni all’estero dei Carabinieri 1855-1935, Ente Editoriale Arma dei Carabinieri, Roma, 2001.
  • Le missioni all’estero dei Carabinieri 1936-2001, Ente Editoriale Arma dei Carabinieri, Roma, 2002.
  • Operazione Vespri Siciliani, coautore con Giancarlo Gay, Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, con Introduzione del Ministro della Difesa, Roma, 2003.
  • Uomini in Uniforme, coautore con Giancarlo Gay, Rai-Eri-Roma, 2004.
  • L’Esercito Italiano nel Dodecaneso 1912-1943. Speranze e realtà, Roma, Stato Maggiore Esercito, Roma, 2005.
  • “Problematiche costanti nel servizio di informazione militare italiano dal 1861 al 1949”, in: Storia dello spionaggio, a cura di Tomaso Vialardi di Sandigliano e Virgilio Ilari, Savigliano, 2005.
  • Soldato per scelta. La tradizione del volontariato militare in Italia dal 1861 ai nostri giorni, Roma, Stato Maggiore Esercito, 2006.
  • Carte segrete dell’intelligence italiana. Vol. I: 1861-1918, Ministero della Difesa – RUD- Roma, 2006, (Prefazione Ministro della Difesa).
  • Carte segrete dell’intelligence italiana Vol. II: 1919-1949, Ministero della Difesa – RUD- Roma, 2007, (Prefazione Ministro della Difesa).
  • L’intelligence italiana dal 1949 al 1977, AISI, De Luca Editore, Roma, 2011.
  • Breve storia dell’organizzazione dei Servizi d’Informazione della Regia Marina e Regia Aeronautica. 1919-1945, Roma, 2013, 300 pagine, Ufficio Storico dello Stato Maggiore della Difesa, Ministero della Difesa e Commissione Italiana di Storia Militare. .
  • Carte segrete dell’intelligence italiana Vol. III, IL SIM negli archivi stranieri, Stato Maggiore Difesa, Ministero della Difesa. 2014.
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