I “SEGRETI” DI GALEAZZO CIANO – 12

a cura di Cornelio Galas

  • documenti raccolti da Enzo Antonio Cicchino

A settanta anni dalla loro redazione ecco per la
prima volta in rete i documenti che Galeazzo Ciano
allegava al suo DIARIO

APRILE 1939

COL MINISTRO DI JUGOSLAVIA

Roma, 7 aprile 1939 – XVII

Alle ore 11 di ieri sera il Ministro di Jugoslavia ha chiesto di vedere S.E. Ciano, al quale ha fatto una comunicazione urgente relativa alla vertenza italo-albanese, che S.E. Ciano mi ha riassunto nei quattro punti seguenti:

1. Il Ministro Christic chiede a S.E. Ciano quale portata abbia la nostra occupazione e quali siano le intenzioni del R. Governo a questo proposito. S.E. Ciano gli risponde che è nostra intenzione occupare immediatamente i quattro porti dell’Albania e da tali basi stabilire un progressivo irradiamento a seconda delle esigenze di carattere generale che si sarebbero presentate al nostro Comando Militare, anche in relazione all’atteggiamento del Governo albanese e sopratutto in relazione alla tutela della vita e degli interessi dei nostri connazionali.

Il Ministro Ciano ha aggiunto che nel proclama che veniva lanciato agli albanesi era specificamente detto che l’occupazione delle nostre truppe aveva carattere temporaneo e tendeva principalmente a ristabilire la pace e l’ordine in Albania.

2. Alla domanda di Christic relativa a quelle che sarebbero state le frontiere dell’Albania e ai limiti di estensione dell’occupazione in direzione di queste, il Ministro Ciano rispondeva che egli non poteva impegnarsi.

3. Il Ministro Christic domandava poi su quali basi il R. Governo sarebbe stato disposto ad accordarsi con la Jugoslavia in relazione all’attuale occupazione. Il Ministro Ciano rispondeva che di molto buon grado egli si sarebbe incontrato con Markovic per discutere detta questione, e prometteva di trattare con lui tale problema.

4. Il Ministro Ciano teneva ad assicurare il signor Christic che la formula adottata dall’Italia nell’attuale sua azione in Albania sarebbe stata ispirata al rispetto dell’indipendenza e dell’integrità albanese, mentre la forma di Governo che verrebbe conferita all’Albania sarebbe l’espressione della volontà popolare.

Il Ministro Christic ha aggiunto una domanda di carattere personale tendente a conoscere quale sarebbe stato l’atteggiamento del R. Governo in caso di occupazione da parte jugoslava di qualche punto di frontiera.

Galeazzo Ciano incontra il Ministro degli esteri jugoslavo Markovic a Venezia

Il Ministro Ciano ha dichiarato di non poter rispondere a tale domanda che investiva tutto il problema dell’occupazione militare strettamente connessa allo svolgersi degli avvenimenti. Il Ministro Ciano mi ha detto che Christic, che nel fare tale comunicazione appariva visibilmente depresso, non ha mancato di dirgli che l’opinione pubblica jugoslava era piuttosto colpita dallo svolgersi degli avvenimenti, di cui seguiva con viva attenzione l’attuale corso.

MAGGIO 1939

COLLOQUIO COL MINISTRO DEGLI AFFARI ESTERI DEL REICH

Milano, 6-7 maggio 1939 – XVII

Ho dato conoscenza a Ribbentrop dell’appunto redatto dal Duce e mi sono soffermato ad illustrare ogni singolo punto di esso. Ribbentrop ne ha preso attenta nota e ha dato le risposte che seguono:

1. Conferenza proposta dal Papa. – Il Führer ha ricevuto il Nunzio Apostolico Monsignor Orsenigo e ha ascoltato quanto veniva da lui proposto. Ha però evitato di dare qualsiasi risposta decisiva poiché intendeva prima consultarsi col suo “amico Mussolini”.

Mons. Cesare Vincenzo Orsenigo a Berlino il 12 febbraio 1932 durante la celebrazione del 10º anniversario dall’incoronazione di papa Pio XI

Il Führer ritiene che l’idea della Conferenza non sia accettabile, in primo luogo perché metterebbe l’Italia e la Germania sempre nella incomoda posizione della inferiorità numerica dato che dall’altra parte l’Inghilterra, la Francia e la Polonia, formerebbero presumibilmente un blocco unico, in secondo luogo perché ritiene che nell’attuale stato di cose la Conferenza non potrebbe raggiungere alcun risultato pratico, e al contrario renderebbe piú esasperato “l’isterico stato d’animo dei polacchi”.

Il Führer propone di far sapere al Vaticano che si è grati dell’iniziativa del Papa, ma che non si ritiene possibile di accettarla poiché l’atmosfera creata artificialmente contro le Potenze dell’Asse non permette di sperare che una Conferenza dia utili frutti.

2. Polonia. – Ribbentrop ritiene che il Governo polacco e particolarmente Beck sono vittime della situazione interna per aver permesso in questi ultimi tempi una propaganda troppo attiva contro la Germania. I polacchi, che sono di natura megalomane, sono stati esasperati al punto da non rendersi conto della più elementare realtà e cioè che in caso di scontro militare alcune divisioni tedesche e le forze dell’aviazione basteranno a liquidare il conflitto sul fronte orientale in meno di due settimane.

Hitler and Beck, 1937

Le proposte di accordo fatte da Hitler sono particolarmente vantaggiose poiché nessun uomo politico tedesco che non fosse lui avrebbe mai potuto affrontare l’impopolarità determinata dall’accettazione e dalla garanzia del corridoio. Allo stesso Reichstag, quando il Führer fece conoscere tali sue proposte, si notò un movimento che significava molto chiaramente la sorpresa e forse anche la reazione degli ascoltatori.

Ma il Führer è deciso di marciare su una strada di conciliazione e insiste per ottenere l’autostrada extra-territoriale, poiché questo varrebbe anche a modificare la situazione psicologica tedesca. Viceversa il Führer non può e non intende rinunciare a Danzica, la violazione delle cui frontiere da parte polacca sarebbe considerata come la violazione della stessa frontiera tedesca. I tedeschi non faranno più offerte alla Polonia.

Ma non per questo considerano la porta chiusa ai negoziati. Il programma è quello di non prendere iniziative: il tempo giuoca in favore della Germania tanto più che già si notano segni di stanchezza in Francia ed in Inghilterra nei confronti del problema polacco, ed è sicuro che tra qualche mese né un francese né un inglese marcerà per la Polonia. Comunque Ribbentrop conferma che è intenzione tedesca di lasciare stagionare la questione, pronto però a reagire nella forma più dura, qualora da parte polacca si cercasse di passare ad una politica di offensiva.

3. Periodo di pace. – Anche la Germania è convinta della necessità di un periodo di pace che dovrebbe essere non inferiore ai 4 o 5 anni. Il Governo tedesco intende impiegare molto attivamente questo tempo per la preparazione dell’esercito, sia dal punto di vista degli armamenti sia da quello dei quadri, tuttora incompleti, e per la costruzione della Marina che, nel giro di quattro anni, sarà anche se non estremamente imponente come tonnellaggio, molto efficiente dal punto di vista bellico.

Ciò non vuol dire che prima di questo periodo la Germania non sia pronta alla guerra. Qualora vi fossimo forzati, il Führer intende tentare di risolverla attraverso un rapido corso di operazioni. Ma se ciò sarà impossibile, si prepara anche a sostenere guerra di durata pluriennale. Comunque ritiene che l’iniziativa sia sempre dell’Asse, la cui posizione militare e politica si è molto rafforzata in questi ultimi tempi attraverso la soluzione del problema cecoslovacco e l’occupazione dell’Albania.

Dal punto di vista diplomatico ritiene anche che la stipulazione di un Patto di non aggressione con i Paesi Baltici e successivamente con i Paesi Scandinavi, sia di grande vantaggio per la Germania e per l’Italia.

4. Gran Bretagna. – Ribbentrop prende atto di quanto gli comunico circa le nostre relazioni con Londra. Non ha niente di particolare da dirmi per quanto concerne i rapporti anglo-germanici.

5. Francia. – Ribbentrop è assolutamente d’accordo con la politica che il Duce intende seguire. Non ritiene però possibile una guerra isolata tra l’Italia e la Francia poiché la Gran Bretagna non lascerebbe mai battere la sua alleata continentale senza tentare ogni sforzo per salvarla. Ciò provocherebbe l’automatico intervento della Germania.

Hitler e Franco

6. Spagna. – Il Governo tedesco è soddisfatto dell’atteggiamento di Franco. Concorda sulla necessità di continuare a svolgere un’azione comune dell’Italia e della Germania per rafforzare ancora i legami tra l’Asse e la Spagna; bisognerebbe possibilmente giungere ad una vera alleanza, poiché pur non facendo soverchio assegnamento sulle forze armate spagnole, sarebbe per noi di grande utilità inchiodare alcuni Corpi d’Armata francesi alla difesa della frontiera pirenaica.

7. Svizzera. – Si concorda nel considerare la Svizzera una Nazione fondamentalmente ostile all’Asse e si concorda anche sulla opportunità di non rivelare la cosa pubblicamente e formalmente fino a nuove disposizioni.

8. Jugoslavia. – A Berlino si è rimasti molto soddisfatti dei colloqui avuti con Markovic che ha ripetuto quanto aveva già detto a Venezia: in ogni eventualità la Jugoslavia si manterrà neutrale con appoggio economico alle Potenze dell’Asse. Ribbentrop ritiene che è, allo stato degli atti, nel comune interesse di salvaguardare lo status quo jugoslavo. Qualora però la dissoluzione del Regno trino avvenisse per processo interno, Ribbentrop conferma che dovrà l’Italia, quale Paese che ha interessi assolutamente prevalenti in Jugoslavia, dirigere la soluzione della crisi.

9. Grecia. – Ribbentrop ritiene che, dopo l’occupazione dell’Albania, l’importanza della Grecia sia molto diminuita e che sia comunque più facile esercitare una influenza dell’Asse su questo Paese. A tal fine bisognerebbe arrivare a sostituire l’attuale Re, ostilissimo all’Asse, col Principe Ereditario, che è di idee assolutamente opposte. Ciò non dovrebbe essere impossibile data la caotica situazione interna e le moltissime ostilità che convergono sulla persona del Re attuale.

10. Turchia. – Attendere di conoscere dei suoi nuovi impegni con l’Inghilterra.

11. Bulgaria. Continuare a svolgervi una politica di collaborazione ai fini sopratutto di impedire che la Bulgaria dia la sua adesione al Patto balcanico così come viene continuamente sollecitata dalla Turchia e dalle democrazie occidentali.

12. Russia. – Ribbentrop è convinto che bisogna cogliere l’occasione che si presenta favorevole per impedire l’adesione della Russia al blocco antitotalitario, ma concorda in pari tempi sulla assoluta necessità di svolgere una tale azione con molta discrezione e con un assoluto senso di misura. Qualsiasi esagerata manifestazione in senso filorusso avrebbe dei risultati negativi. Però insiste sulla necessità di continuare e di sottolineare la distensione che si è prodotta nei rapporti tra l’Asse e l’Unione Sovietica.

13. Alto Adige. – Ho parlato a Ribbentrop con molta chiarezza del problema e gli ho dato una quantità di particolari di cui egli non era a conoscenza. Mi sono formato la convinzione che fino ad oggi il problema non gli era mai stato prospettato nella sua pienezza e nella sua serietà.

Ribbentrop, dopo avermi ripetuto l’assoluto disinteresse presente e futuro del Governo del Reich per l’Alto Adige, mi ha dichiarato che intende mettersi immediatamente all’opera, insieme ad Attolico, per risolvere al più presto almeno il problema che concerne l’evacuazione dei 10.000 tedeschi ex-austriaci. Attolico oggi stesso conferirà con Mastromattei e, subito dopo il suo ritorno a Berlino, prenderà contatto con Ribbentrop per dare al problema una soluzione concreta.

14. Alleanza militare. – Per quanto concerne l’alleanza militare Ribbentrop si riserva di mandarci al più presto uno schema di trattato di alleanza che dovrebbe venire da noi esaminato e discusso. La firma del Patto propone che abbia luogo a Berlino non appena possibile ed in forma molto solenne. Ribbentrop, che non ha del tutto abbandonato l’idea di acquisire il Giappone all’alleanza militare, ha molto apprezzato il suggerimento del Duce di formulare l’alleanza in modo tale da costituire un Patto aperto all’adesione di quegli Stati che intenderanno in seguito parteciparvi.

TELEGRAMMA AL MINISTRO A SOFIA, TALAMO

Roma, 30 maggio 1939 – XVII

Ho ricevuto questo Ministro di Bulgaria che desiderava informazioni circa gli sviluppi della situazione internazionale. Il nostro colloquio si è particolarmente svolto sulla posizione che la Bulgaria dovrà assumere in relazione allo schieramento di potenze che sta sempre più nettamente determinandosi. Ho detto al Ministro di Bulgaria che la situazione geopolitica del suo Paese non lascia dubbi sulla necessità per i bulgari di prendere netta posizione a fianco dell’Asse.

Giuseppe Talamo

Egli, che in massima mostrava di condividere il nostro punto di vista, ha fatto presente che la Bulgaria non è ancora completamente pronta per quanto concerne la preparazione militare. Gli ho detto che tanto la Germania quanto l’Italia sono disposte a facilitare la preparazione militare della Bulgaria attraverso forniture di armi, ma ciò potrà aver luogo soltanto quando Sofia abbia nettamente definito la sua posizione internazionale.

Ho aggiunto che d’altra parte, dato che ormai l’Italia ha assunto nei Balcani un ruolo di primaria importanza anche sotto l’aspetto militare e strategico, converrà al Governo bulgaro di stringere i suoi legami con noi per poter fin d’ora studiare la preparazione da farsi in caso di complicazioni belliche.

Tanto comunico a V.S. per opportuna conoscenza. Voi potrete continuare a parlare in tal senso con codesti circoli responsabili facendo presente che:

1) la Bulgaria non deve per nessuna ragione entrare in alcuna combinazione balcanica che rappresenterebbe per lei l’accerchiamento giuridico;

2) che deve decidersi a marciare nettamente con le Potenze dell’Asse che potranno assicurarle quelle rivendicazioni cui essa aspira, nello stesso modo che le Potenze dell’Asse le hanno assicurate all’amica Ungheria.

LUGLIO 1939

LETTERA ALL’AMBASCIATORE

A BERLINO, ATTOLICO

Roma, 2 luglio 1939 – XVII Personale

Caro Attolico,

l’attuale momento internazionale, con i suoi possibili sviluppi ci fa ritenere opportuno, nell’interesse stesso dell’Asse, di essere informati con la maggiore precisione possibile di quelli che sono effettivamente gli intendimenti tedeschi nei confronti del problema di Danzica.

Ho presente quanto hai già riferito sull’argomento con i tuoi ultimi rapporti; occorre ora che tu ne parli con lo stesso Ribbentrop e che egli ci faccia conoscere – anche per l’ipotesi che la questione di Danzica venga sollevata con un movimento all’interno della città – come si veda costà la situazione e quali sono i reali programmi in proposito.

Mackensen, Ribbentrop, Ciano e Attolico

Il tuo colloquio con Ribbentrop dovrà avere carattere puramente informativo, il che è del tutto logico, dato che noi, che naturalmente non rifuggiamo da nessuna eventualità – nemmeno dalle più gravi -, desideriamo conoscere per tempo come stanno le cose per prendere i provvedimenti necessari sia d’ordine militare che morale.

Appena avrai avuto il colloquio con Ribbentrop riferiscine subito il contenuto.
Cordialmente.

COLLOQUIO COL GENERALISSIMO FRANCO

19 luglio 1939 – XVII

Istintivamente il Generalissimo Franco tende a portare il colloquio sul terreno militare da quello politico. Egli è ancora più Capo di un Esercito che Capo di uno Stato. I problemi politici, che durante tutta la sua vita e la sua carriera di militare sono stati da lui soltanto superficialmente sfiorati, adesso, nella nuova responsabilità di Caudillo di una rivoluzione e di un popolo, si presentano al suo spirito con la imperiosa urgenza di un dovere, ma si presentano ancora in modo confuso, ed egli non nasconde il suo impaccio.

Il Generalissimo Franco è, a trattarlo, quell’uomo che uno ha conosciuto attraverso le sue opere, le sue parole e le sue stesse fotografie. Non si hanno né sorprese né delusioni. Uomo semplice nel tratto e nel pensiero, sereno nell’esame delle questioni e nel giudizio, confina la conversazione ad una lucida esposizione di avvenimenti e di situazioni contingenti senza mai avventurarsi più oltre. Ha parlato della sua gratitudine per il Duce e per l’Italia in termini da non lasciare dubbio alcuno circa la sua sincerità.

Il generale Franco

Egli sa e dichiara di dover la vittoria in guerra alla collaborazione mussoliniana, cosí come comprende essere necessario l’ausilio fascista per superare le non trascurabili difficoltà interne che si presentano e più ancora si presenteranno al consolidamento del suo regime. Il prossimo incontro di Franco col Duce è atteso da lui – e dai suoi migliori collaboratori – come l’avvenimento fondamentale che dovrà segnare la direttrice di marcia della nuova Spagna, particolarmente per quanto concerne la politica interna e la politica sociale.

La politica estera invece, sembra – nonostante alcune incertezze ed esitazioni che trovano la loro spiegazione naturale nella presenza di molti elementi vecchio regime e nella necessità di dover superare alcune difficoltà contingenti, sembra – dicevo – nettamente orientata.

Franco – premettendo che deve per qualche tempo ancora ménager la Francia, al fine sopratutto di riavere in patria le ricchezze esportate dai rossi, che ammontano a oltre cinque miliardi – ha confermato la sua ferma intenzione di orientarsi sempre piú nettamente sulla linea dell’asse Roma-Berlino, in attesa del giorno in cui condizioni generali e preparazione militare della Spagna permetteranno di identificarsi col sistema politico dei Paesi totalitari.

Desidera a tal fine un periodo di pace ed è stato lieto di sapere quanto dal Duce fu detto in proposito a Serrano Suñer e da me a lui stesso confermato; soltanto bisogna tenere presente che le necessità spagnole vanno al di là dei due o tre anni previsti. Franco ritiene necessario un periodo di pace di almeno cinque anni, ed anche questo calcolo – a molti osservatori – sembra ottimista.


Serrano Suñer e Franco

Se nonostante le previsioni e la buona volontà, un fatto nuovo ed imprevedibile dovesse accelerare il momento della prova, la Spagna ripete la sua intenzione di osservare una neutralità molto favorevole, piú che molto favorevole nei confronti dell’Italia. (Dico dell’Italia e non dell’Asse, non perché la Spagna non approvi o sia comunque fredda nei confronti del sistema Roma-Berlino, ma perché gli spagnoli tengono a sottolineare una netta differenza nei loro sentimenti per l’Italia e per la Germania.) Ma Franco stesso si rende conto che una neutralità potrebbe essere osservata solo per poco tempo, cioè nel caso di una guerra a rapido corso.

Ma a lungo andare non sarebbe possibile: gli avvenimenti porterebbero la Spagna a dover prendere una piú netta posizione. La rivoluzione franchista, che trova i suoi elementi fondamentali nel risveglio dello spirito nazionale e imperiale spagnolo, non consentirebbe di rimanere a lungo in una posizione di inferiorità morale in Europa, cosí come rimase la Spagna democratica e decadente della monarchia. La Spagna dovrebbe prendere partito per la sua stessa vita futura.

Quali alternative può presentare un conflitto? La vittoria dell’Asse, ed in tal caso una Spagna neutrale non avrebbe che la prospettiva di un avvenire gramo in un’Europa nettamente controllata dalle Potenze totalitarie che – senza il contributo spagnolo – avrebbero giustamente ricostituito a loro solo vantaggio la situazione europea. Oppure la vittoria delle democrazie, e in tal caso non è ammissibile la sopravvivenza del regime franchista alla sconfitta degli altri e maggiori e più antichi regimi totalitari.

Roma – Stazione Ostiense: l’arrivo del ministro degli esteri spagnolo Serrano Suner accompagnato dal conte Galeazzo Ciano

Quindi la Spagna deve accelerare i suoi armamenti. In primo luogo sul mare. Franco è pienamente d’accordo con il suggerimento dato dal Duce a Serrano Suñer di decidere la costruzione di quattro corazzate da 35.000 tonnellate. Senza l’esistenza di un forte nucleo di navi da battaglia, non si può concepire una flotta spagnola capace di acquisire un peso reale nel controllo dei mari.

Intende quindi mettere subito sullo scalo due corazzate, ed a fine di risparmiare tempo chiede a noi se siamo disposti a fornirgli i piani del nostro tipo Vittorio Veneto che egli farà costruire al Ferrol con l’ausilio di ingegneri italiani. Oltre al vantaggio del tempo risparmiato, vi sarà anche quello che l’identità del tipo permetterà a tutti i fini una maggiore, più efficace collaborazione bellica tra la squadra italiana e quella spagnola, costituenti così un nucleo omogeneo. Su questo punto egli attende una nostra risposta con la possibile sollecitudine. Considera, tra i tanti problemi militari, questo quale il più urgente.

Mi ha parlato quindi dell’organizzazione dell’aeronautica confermando che egli intende sviluppare al massimo potenziale tale arma e che pertanto ritiene necessario che essa costituisca un organismo a parte e non venga divisa tra la Marina e l’Esercito. La collaborazione aeronautica italiana, che è stata uno dei fattori determinanti della vittoria, dovrà anche in avvenire costituire uno degli elementi principali per assicurare lo sviluppo all’aeronautica spagnola.

Per quanto concerne i Pirenei, il Generalissimo Franco ha già cominciato a far sviluppare una notevole opera di fortificazione, ma si riserva di intensificare e realizzare il pieno programma relativo agli apprestamenti militari in tale zona non appena le questioni in corso con la Francia saranno state sistemate. Ho personalmente fatto controllare a mezzo di nostri ufficiali i lavori in corso alla frontiera di Irún; è risultato che si stanno costruendo numerosi fortini.

Poco mi ha detto il Generalissimo Franco per quanto concerne la situazione interna spagnola. Si è limitato a svolgere gli argomenti che il Duce stesso aveva prospettato nella Sua lettera.

Serrano Suñer, Franco e Mussolini

Per quanto concerne la Monarchia, pure evitando di entrare a fondo nella discussione, ha affermato con una chiarezza inequivocabile che la Spagna non può adesso comunque tornare a vecchie formule del passato: il Paese respira aria nuova, intende procedere verso la sua ricostruzione materiale e spirituale; qualunque persona o istituzione dei vecchi tempi ne frenerebbe e forse ne troncherebbe la marcia. E devo aggiungere che su questo argomento ho trovato anche negli ambienti che circondano Franco una quasi assoluta identità di punto di vista.

Soltanto alcuni Generali, il cui prestigio e la cui influenza sta rapidamente diminuendo in confronto dell’accresciuto potere del Caudillo e contro i quali d’altra parte gioca anche il fattore tempo poiché sono tutti in età notevolmente avanzata, hanno delle nostalgie dinastiche che però non riescono e forse non intendono nemmeno tradurre in atti pratici. E dovrebbero anche fare i conti con il popolo il quale è nettamente antimonarchico nella sua assoluta maggioranza.

Percorrendo otto città della Spagna e traversando campagne e villaggi per molte centinaia di chilometri attraverso fittissime ali di popolo, non ho mai inteso un grido né visto un segno che manifestasse i sentimenti monarchici del Paese. È la Falange ormai al centro del Paese. È un Partito ancora all’inizio della sua formazione e della sua azione, ma raggruppa già tutte le forze giovanili, gli elementi piú attivi, e massimamente le donne.

La Falange è antimonarchica; dal Segretario del Partito ai Consiglieri Nazionali, a tutti i membri influenti che hanno con me conferito, non ho raccolto altro che espressioni di ostilità verso la dinastia e verso lo stesso sistema monarchico, espressione nei suoi ultimi tempi di una politica rinunciataria e decadente. Devo aggiungere che la Falange e tutto il popolo spagnolo sono dominati da un sentimento di odio profondo verso i Paesi democratici sui quali invece la monarchia fece per molto tempo perno.

Serrano Suñer, Franco e Mussolini

Non è un odio teorico e indeterminato: è l’odio di gente che è stata dilaniata nei sentimenti e nelle carni, che porta le piaghe e i lutti di perdite recenti e delle quali la responsabilità è fatta completamente risalire alla Francia e all’Inghilterra. Vedove e mutilati, combattenti ed orfani sono uniti in un unico slancio allorché si eleva un grido di ostilità verso Parigi e Londra. Serrano Suñer mi diceva che qualunque uomo che in Spagna volesse fare una politica di avvicinamento alle democrazie sarebbe travolto a furore di popolo.

Sono convinto che ha ragione, e di questo sono anche convinti quegli elementi piú moderati nei confronti della Rivoluzione, quale ad esempio il Ministro degli Esteri Jordana, che, per calcolo o per temperamento, sono partigiani di una politica prudente nei confronti dell’Asse, ma che non sono in alcun modo animati da sentimenti di francofilia o di anglofilia. La nostra vivace posizione polemica nei confronti della Francia è, per il popolo spagnolo nel suo grande complesso, un nuovo elemento di unione che si aggiunge ai tanti ormai realizzati tra l’Italia e la Spagna.

Il Caudíllo è deciso a svolgere una politica di grandi riforme sociali; vuole, secondo la formula mussoliniana, andare incontro al popolo. In realtà degli sforzi in tal senso sono stati fatti e con risultati anche abbastanza concreti. L’ausilio sociale, il piatto unico, una serie di contributi volontari o obbligatori, rappresentano già ora la decisa volontà del regime di migliorare le condizioni delle masse. In tutte le città da me percorse, tranne nei quartieri periferici di Madrid, ove l’atteggiamento popolare lasciava fortemente scettici sui sentimenti nutriti, l’adesione al regime sembra piena e completa.

Molti e gravissimi sono ancora i problemi che si presentano al nuovo Regime; e in primo luogo quello di liquidare la cosiddetta questione dei rossi. Già arrestati nelle varie carceri della Spagna ve ne sono 200.000. I processi si svolgono ogni giorno e con una rapidità che direi quasi sommaria e si basano su questi criteri: i responsabili di crimini sono passati per le armi; gli organizzatori rossi che prepararono e condussero la rivoluzione senza però macchiarsi di colpe disonoranti sono condannati a pene che variano dai dieci ai venti anni; i soldati dell’esercito repubblicano che furono inquadrati obbligatoriamente e che non ebbero responsabilità personali durante la guerra, sono messi in libertà e mandati ai loro paesi d’origine dove vivono sotto uno stretto controllo della Falange e della Polizia.

Francisco Franco e Galeazzo Ciano

I condannati però possono redimersi ed abbreviare la loro pena lavorando nelle opere di ricostruzione: ogni giorno di lavoro corrispondente a due di pena. Ho visto io stesso numerose squadre di prigionieri intente a riattare ponti e a riparare strade: il trattamento loro usato è buono e ciò è provato dal fatto che non si hanno che pochissimi tentativi di fuga.

I figli dei rossi giustiziati o caduti in guerra sono trattati con grande spirito umanitario; in seno alle organizzazioni giovanili della Falange vengono fusi coi figli dei nazionali. Sarebbe inutile negare che tutto ciò fa ancora gravare sulla Spagna un’aria cupa di tragedia. Le fucilazioni sono ancora numerosissime. Nella sola Madrid dalle 200 alle 250 al giorno, a Barcellona 150; 80 a Siviglia, città che non fu mai nelle mani dei rossi.

Ma ciò dev’essere giudicato alla stregua della mentalità spagnola e bisogna aggiungere che anche di fronte a questi avvenimenti il popolo mantiene un impressionante spirito di serena freddezza. Durante la mia permanenza in Spagna, mentre oltre 10.000 uomíni già condannati a morte nelle carceri attendono l’inesorabile momento della loro esecuzione, soltanto due, dico due, domande di grazia mi sono state rimesse da parte delle famiglie. Aggiungo che il Caudillo le ha accolte senz’altro.

Come ho prima accennato, il prestigio e l’autorità di Franco sono grandi in tutto il Paese ed in ogni strato della popolazione. Come il Duce prevedeva allorché si oppose ai vari tentativi di mediazione, la forte situazione di Franco è oggi determinata dall’essere egli il Capo vittorioso in guerra. Anche il prestigio degli altri Generali è svanito di fronte al fatto positivo e concreto che egli ha potuto depositare nella Cattedrale di Toledo, accanto alla spada di Alfonso VI liberatore della Capitale, la sua spada di generale conquistatore di Madrid.

Avrà ancora molte difficoltà da superare nella organizzazione interna. Il popolo, che ha innegabilmente ritrovato le tradizionali ed altissime manifestazioni eroiche, soffre ancora di quello stato di torpore nel quale fu abbandonato per secoli. L’opera di ricostruzione è caotica per quanto fervida. Si pone piú interesse a ricostruire Santuari che a riattivare i traffici ferroviari ancora in pessime condizioni.

Ritorno delle Aquile Legionarie vittoriose dalla Guerra di Spagna

Il clero tende a riprendere, sia pure con una forma di esasperato nazionalismo, la sua vecchia influenza. Sottolineo che anche il clero è molto francofobo. Il discorso pronunciato dal Cardinale di Toledo, uomo di altissima autorità nel Paese, non lasciava dubbi in proposito.

L’attuale elemento direttivo di governo è fiacco. Non risponde in gran parte allo spirito che si è creato nel Paese ed è necessario che Franco si circondi di uomini che siano l’espressione della rivoluzione e della guerra. In tal senso è spinto molto attivamente da Serrano Suñer, che svolge un’azione molto impetuosa e proficua, se pur non sempre prudente ed abile.

Comunque – come il Duce vide chiaramente anche prima di aver conosciuto l’uomo – Serrano Suñer è l’elemento sul quale deve poggiare la nostra politica. Egli aspira a diventare Ministro degli Esteri ed è nostro interesse che ciò avvenga. Lo stesso Serrano Suñer, che mi ha parlato con una confidenza ancora maggiore di quella che conoscemmo a Roma, ha detto che ciò sarà facilmente realizzabile se Franco troverà da parte del Duce una indicazione in tal senso. Ne sono anch’io convinto.

Franco è completamente dominato dalla personalità di Mussolini e sente che per affrontare la pace ha bisogno di Lui come ne ebbe bisogno per vincere la gnerra. Il viaggio a Roma – che sarà immediatamente seguito da un viaggio a Berlino – sarà per il Caudillo un avvenimento fondamentale nella sua vita politica. Dal Duce egli attende – e lo ha dichiarato ripetutamente nei colloqui che ha avuto con me – l’insegnamento e le direttive.

Ed egli stesso mi ha parlato di un avvenimento ancora maggiore, che anch’io reputo indispensabile per completare in Ispagna l’opera compiuta dalle nostre legioni vittoriose: il viaggio del Duce a Madrid, attraverso il quale la Spagna sarà in forma definitiva legata alle sorti dell’Impero romano.

AGOSTO 1939

VENTI DI GUERRA

Salisburgo, 11 agosto 1939 – XVII

Fino dai primi momenti del nostro incontro, il Ministro von Ribbentrop non ha nascosto che egli giudica la situazione estremamente grave e che, a suo avviso, lo scontro tra la Germania e la Polonia è inevitabile. Debbo aggiungere che egli impronta le sue parole ad una irragionevole pervicace volontà di determinare questo conflitto.

Ha riassunto gli avvenimenti già noti che hanno creato l’attuale stato di tensione tra la Germania e la Polonia. Non posso dire che ha dato nuovi elementi di fatto: ha cercato invece di drammatizzare gli eventi con l’ormai ben noto quadro a fosche tinte delle persecuzioni subite dai tedeschi in Polonia e le castrazioni inflitte ad alcuni uomini di razza germanica dalla soldataglia polacca. Ma fatti nuovi nessuno.

Mussolini e Ribbentrop

Egli afferma che ormai è in gioco l’onore della Germania (a volte ha anche detto l’onore dell’Asse) e che pertanto non è possibile per una grande Potenza non procedere ad una giusta reazione. Ribbentrop parte da due assiomi sui quali è vano tentare con lui di discutere poiché risponde ripetendo l’assioma stesso ed evitando qualsiasi argomentazione.

Questi assiomi sono:

1. Il conflitto non si generalizzerà e l’Europa assisterà impassibile all’implacabile stritolamento della Polonia da parte della Germania.

2. Che anche qualora Francia ed Inghilterra volessero intervenire, si trovano nella materiale impossibilità di recare offesa alla Germania ed all’Asse ed il conflitto finirebbe sicuramente con la vittoria delle Potenze totalitarie. Ripeto che è inutile iniziare la discussione su questi argomenti con Ribbentrop.

Ho piú volte esposto il nostro punto di vista. Ho dimostrato come tutte le condizioni attuali della politica europea facciano ritenere inevitabile l’intervento armato della Francia e dell’Inghilterra, con l’appoggio o con l’aiuto diretto di numerosi altri Paesi. Niente da fare. Ribbentrop si chiude nella pura e semplice negativa, dicendo che “le sue informazioni e sopratutto la conoscenza psicologica (sic) dell’Inghilterra lo rendono sicuro che ogni intervento armato britannico è da escludersi”.

Nel giro d’orizzonte che egli mi ha fatto della situazione europea in questo momento ha praticamente affermato quanto segue:

1. La Russia non interverrà nel conflitto perché le trattative di Mosca sono completamente fallite e perché (e ciò mi ha detto a titolo strettamente segreto) sarebbero in corso ormai conversazioni abbastanza precise tra Mosca e Berlino. (Faccio osservare che il segreto cosí strettamente osservato sullo sviluppo di questi negoziati mal si concilia coi termini dell’alleanza e con la totale lealtà da noi osservata nei confronti della Germania.)

Ciano, von Ribbentrop, Hitler e Mussolini

2. Francia ed Inghilterra non possono intervenire perché la loro preparazione militare è insufficiente e perché non hanno modo di recare offesa alla Germania, mentre questa è in condizioni, particolarmente in virtú della sua aviazione estremamente piú forte delle due aviazioni riunite, di battere tutti i centri franco-inglesi.

3. Belgio ed Olanda intendono mantenere una stretta neutralità e sono disposte a proteggere contro chiunque l’inviolabilità del loro territorio.

4. La Turchia non potrà dare alcun contributo concreto e molte condizioni, segnalate da von Papen (sic) fanno credere che questo Paese è scontento della strada che da poco ha cominciato a battere.

5. La Romania non intende far niente di preciso. Continuerà a barcamenarsi in un gioco di equilibrio e comunque non dà preoccupazione alcuna di carattere militare dato che ungheresi e bulgari sono piú che sufficienti per liquidarla.

6. La Jugoslavia è infida. A Londra Paolo ha svolto un’attività e tenuto propositi di carattere nettamente ostili all’Asse. Ma anche questo Paese è molto debole e Ribbentrop si augura che l’Italia voglia cogliere l’occasione dell’affare polacco per liquidare la sua partita con la Jugoslavia, in Croazia e in Dalmazia.

7. Per quanto concerne l’America, Ribbentrop nota, specialmente dopo un’azione di propaganda da lui compiuta a base di stampati, un profondo cambiamento dell’opinione pubblica tendente sempre piú a realizzare la neutralità e l’isolamento.

In questo stato di cose von Ribbentrop riconosce una situazione particolarmente favorevole per la Germania per agire. Ammette che egli nei nostri precedenti colloqui aveva sempre parlato di due o tre anni di preparazione per essere in grado di colpire gli avversari con l’assoluta sicurezza di successo; ma oggi dice che si sono presentate delle situazioni nuove che probabilmente faranno precipitare gli eventi. In tal caso la Germania marcerà con la massima decisione.

Gli ho parlato per parte mia con la massima chiarezza secondo gli ordini del Duce ed ho documentato le ragioni per le quali l’evitare un conflitto oggi è di tutto interesse per i Paesi dell’Asse, i quali finora hanno sempre avuto il vantaggio dell’iniziativa e della sorpresa, vantaggio che nella situazione presente è del tutto perduto.

I ministri Ribbentrop e Ciano conversano in una stanza dell’hotel Adlon

Ribbentrop ha ascoltato le mie argomentazioni e preso atto delle mie documentazioni senza però voler entrare nella discussione di merito, e quando gli ho sottoposto l’opportunità di fare un gesto atto a modificare nettamente in nostro favore la difficile situazione polemica di questi giorni, facendo cioè conoscere che le Potenze dell’Asse ritengono ancora possibile risolvere la crisi attraverso normali negoziati diplomatici, egli si è opposto.

Gli ho mostrato lo schema di comunicato ed ho lungamente, pazientemente esposto le mille ragioni che ci inducono a ritenere una tale procedura la piú opportuna e la piú utile. Ribbentrop non ha trovato che una sola obiezione, assolutamente infondata: quella che un tale gesto può venire giudicato una debolezza da parte dell’Asse.

Ho risposto che ciò era errato perché i termini del comunicato suonano piuttosto un ammonimento agli avversari che un ripiegamento delle nostre posizioni. Ribbentrop stesso ha dovuto ammettere che il gesto sarebbe tatticamente utile. Ma, chiuso nella sua pervicace ed irragionevole volontà di conflitto, ha sempre, durante i lunghi colloqui che ho avuto con lui nella giornata dell’11, cercato di lasciar cadere l’iniziativa ripetendo macchinalmente e senza spiegazioni plausibili le due frasi che il conflitto sarà localizzato e che anche in caso di generalizzazione, la vittoria della Germania è sicura al cento per cento.

Quando gli ho chiesto delle precisazioni sul prossimo programma di azione della Germania – dato che a suo dire gli eventi incalzeranno con una crescente rapidità – egli non ha saputo o voluto rispondere. Ed anche quando gli ho fatto osservare che questa imminenza di crisi non era stata fatta conoscere a noi in nessun modo, anzi era stata smentita nei recenti colloqui con l’Ambasciatore, egli ha ancora risposto che non era in grado di farmi conoscere particolari maggiori circa quanto stava per accadere poiché ogni decisione era ancora chiusa nel petto impenetrabile del Führer.

Heinrich Himmler, Generalfeldmarschall Hermann Gˆring, der ital. Aussenminister Graf Galeazzo Ciano, Adolf Hitler und Benito Mussolini.

Ma dopo dieci ore di continuo colloquio con Ribbentrop, l’ho lasciato con la profonda convinzione che egli intende provocare il conflitto e che osteggerà qualsiasi iniziativa che possa valere a risolvere pacificamente la crisi attuale.

PRIMO COLLOQUIO CON HITLER

Berchtesgaden, 12 agosto 1939 – XVII, ore 14,30 – 17,45

Hitler incomincia il suo dire illustrandomi con l’aiuto di carte geografiche la situazione della Germania dal punto di vista delle sue fortificazioni di frontiera. La “Linea Sigfrido” completamente ultimata, va dal confine svizzero al punto in cui il Reno entra in territorio olandese. Tale linea è giudicata insuperabile specialmente nelle zone in cui storicamente fecero irruzione i nemici per le invasioni della Germania. Anche tutta la frontiera belga è coperta dalla fortificazione.

La frontiera olandese invece lo è solo parzialmente. Ma ciò non preoccupa Hitler, dato che Belgio e Olanda sono disposti a garantire con le armi la loro neutralità contro qualsiasi invasione e comunque, in caso di violazione di tale neutralità da parte franco-britannica, i tedeschi potrebbero piú rapidamente degli avversari occupare il territorio olandese e provocarne l’allagamento attraverso la rottura delle dighe. Per quanto concerne il fronte orientale, l’opera di fortificazione è ben lungi dall’essere altrettanto progredita.

La sola zona nella quale sono stati fatti lavori di notevole importanza è quella della frontiera polacca immediatamente prospiciente Berlino. Ma ad Oriente non si tratta di porsi sulla difensiva. Bisogna agire offensivamente e con la massima rapidità. A tal fine le forze sono ormai concentrate e disposte in modo da rendere possibile l’attacco in qualsiasi momento. Il Führer non precisa il numero delle forze concentrate contro la Polonia, ma accenna alla cifra di un milione di soldati.

Come sola precisazione dice che nella Prussia Orientale si trovano 11 divisioni agguerritissime, delle quali alcune motorizzate. Quando verrà il momento dell’attacco alla Polonia – e tale momento verrà in seguito allo scoppio di un incidente grave oppure perché la Germania imporrà alla Polonia di chiarire la sua posizione politica (sic) – le forze tedesche si lanceranno contemporaneamente da tutti i punti di attacco della frontiera verso il cuore della Polonia seguendo itinerari ben prestabiliti.

Le forze polacche oggi sono insufficienti per resistere sia pur brevemente ad un tale attacco. L’aviazione è minima, l’artiglieria è scadente, mancano completamente le armi anticarro. La stagione piú indicata dal punto di vista meteorologico per l’azione è quella che, avendo inizio adesso, termina col 15 ottobre. Dopo, la pioggia e le nebbie proteggerebbero la Polonia meglio di qualsiasi altra arma. Hitler si dichiara deciso a liquidare definitivamente la situazione entro il 15 ottobre.

Dice che è spinto ad agire in tal modo per le seguenti ragioni:

1. perché la Polonia ha provocato la Germania, ne ha offeso l’onore, continua a far ciò quotidianamente, e una grande Nazione quale la tedesca non può tollerare piú a lungo un simile stato di cose senza perdere il prestigio. Ripete per ben due volte – e con molta energia – che il ritiro degli allogeni dall’Alto Adige è stato un duro colpo al prestigio germanico e suo personale. Questo gesto non può essere invocato a precedente da nessuno, ed anzi lo obbliga ad una maggiore intransigenza nei confronti della Polonia;

2. perché il terrore nel quale sono fatte vivere le minoranze tedesche in Polonia, ormai sottoposte alle piú brutali violenze (castrazioni, uccisione, rapine) ha agitato l’opinione pubblica germanica che reclama la guerra alla Polonia;

3. perché egli ha informazioni precise che la Polonia si appresta dopo il 15 ottobre ad occupare la città di Danzica ed eventualmente a distruggerla. In tale stagione la Germania non potrebbe che a costo di sacrifici molto maggiori e con esito naturalmente piú incerto portarsi in soccorso dei propri figli minacciati;

4. perché la Polonia rappresenta una minaccia nel dorso della Germania e quindi dell’Asse. Anche se con la Polonia venisse fatta una politica di collaborazione e di pace, questa non potrebbe modificare profondamente la situazione e quando la Germania e l’Italia si trovassero – come un giorno è inevitabile che si trovino – in lotta contro le democrazie occidentali, la Polonia troverebbe l’occasione per piantare un pugnale nel fianco della Germania. A questo proposito sottolinea subito che l’Italia si trova in situazione analoga nei confronti della Jugoslavia.

Vi sono segni precisi che la Jugoslavia conserverà la sua neutralità nei confronti dell’Italia soltanto fino a quando la posizione di questo Stato sarà buona. Qualora invece difficoltà dovessero sorgere, la Jugoslavia attaccherebbe alle spalle. Per questo motivo Hitler consiglía all’Italia di cogliere la prima favorevole occasione per smembrare la Jugoslavia occupando la Croazia e la Dalmazia (sottolineo che non nomina la Slovenia).

Allorché gli domando quali sviluppi prevede nella situazione generale, in seguito al suo attacco contro la Polonia, Hitler afferma ripetutamente che egli è convinto che il conflitto verrà localizzato e ne espone le ragioni nel modo seguente: Francia e Inghilterra faranno certamente dei gesti molto teatralmente antigermanici, ma non entreranno in guerra poiché la loro preparazione di armamenti e di spirito non è tale da permettere loro di iniziare il conflitto.

Hitler ripete che un giorno sarà necessario batterci contro le democrazie occidentali, se non fosse altro per liquidare il pregiudizio di superiorità morale che anima Francia e Inghilterra nei confronti dell’Italia e della Germania. Ma esclude che questa lotta possa iniziarsi adesso. Francia e Inghilterra non hanno modo di offendere la Germania. Al massimo potranno mettere un blocco nel Mare del Nord tra le coste della Scozia e quelle della Scandinavia e all’imboccatura occidentale della Manica.

Potrebbero anche tentare qualche azione aerea contro i centri tedeschi, ma ciò non è probabile, sia per il timore di rappresaglie (Ribbentrop mi dice però che non è nemmeno sicuro che tali rappresaglie verrebbero compiute dai tedeschi, almeno in un primo tempo), sia per tema della difesa antiaerea tedesca che è ottima e tale da garantire la quasi inviolabilità di tutti i centri urbani, tranne Berlino la cui superficie troppo estesa la rende piú facilmente vulnerabile. Nessun altro Paese avrebbe possibilità di muoversi.

Gli Stati Baltici sono neutri per definizione e la loro neutralità sarebbe in ogni caso favorevole alla Germania. Anche la neutralità svizzera si può considerare assicurata. Gli svizzeri tireranno su chiunque tenti di violare il loro territorio. Per quello che concerne l’Oriente è già prima stato detto. Bisogna aggiungere adesso che l’Ungheria amica varrà insieme alla Bulgaria cui la Germania ha fornito e fornisce armi, a neutralizzare l’ostilità, del resto molto incerta, della Romania. Jugoslavia e Grecia saranno immobilizzate dalla paura dell’Italia.

La Russia non si muoverà. Le trattative di Mosca sono state un completo fallimento. Le missioni militari franco-britanniche sono state inviate in Russia unicamente per coprire il grande insuccesso politico. Al contrario procedono molto favorevolmente i contatti russo-germanici, ed è proprio di questi giorni una richiesta russa per l’invio a Mosca di un Plenipotenziario tedesco che dovrà trattare il patto di amicizia.

Queste ragioni inducono il Führer ad affermare con assoluta certezza che il conflitto verrà localizzato e che la Germania potrà definitivamente e senza maggiori complicazioni liquidare la Polonia rendendo anche a un grande servizio alle Potenze dell’Asse poiché ogni rafforzamento di un membro dell’Asse deve essere considerato un rafforzamento del sistema politico italo-tedesco. La Germania “è stata lieta che iniziative individuali e coronate dal successo quali l’Abissinia, la Spagna e l’Albania, abbiano, aumentando la potenza e il prestigio dell’Italia, accresciuto nel mondo il peso dell’Asse”.

Ho preso la parola e ho esordito ringraziando il Führer per le molto franche e dettagliate comunicazioni che mi ha voluto fare aggiungendogli che l’interesse era in me reso anche maggiore dalla novità delle notizie che mi dava, dato che nei nostri precedenti colloqui la situazione generale e i problemi singoli erano stati esaminati sotto un altro aspetto. In realtà si era concordato di lasciar decorrere un periodo di due o tre anni, prima di prendere iniziative che avessero potuto avere conseguenze belliche, e ciò al fine di migliorare l’apprestamento militare dei due Paesi.

Il Führer ha interrotto dicendomi che era verissimo quanto gli dicevo e che anche lui concorda con Mussolini nel ritenere che due o tre anni – non però piú – siano utili all’Asse per migliorare la sua posizione e la sua preparazione. Li avrebbe attesi, secondo quanto era stato concordato. Ma le provocazioni della Polonia e l’aggravarsi della situazione ha reso urgente l’azione tedesca. Azione però che non provocherà un conflitto generale. Il Führer è quindi certo che, per quanto concerne l’Italia, egli non dovrà chiedere l’aiuto secondo l’impegno esistente.

Prendo atto di tali dichiarazioni del Führer e continuo l’esposizione delle ragioni per le quali l’Italia preferisce che un conflitto generale venga rinviato del periodo di tempo già prestabilito. Svolgo la mia esposizione e le mie argomentazioni sulla base degli appunti già in precedenza redatti dal Duce e degli ordini ricevuti. Hitler ascolta con molto interesse quanto gli dico ma non fa osservazioni di sorta.

Parlo quindi della possibilità di fare un comunicato, secondo le istruzioni datemi dal Duce, diretto a far conoscere che vi sono ancora possibilità di risolvere pacificamente le vertenze che turbano la vita politica europea. Spiego dettagliatamente i vantaggi di varia natura che deriverebbero all’Asse da un passo di questo genere.

Hitler ascolta con attenzione. Dice di avere già avuto copia del comunicato (da Ribbentrop, ma di non avere ancora potuto esaminare a fondo la proposta. Ritiene opportuno fissare un colloquio per il giorno successivo. Data l’ora tarda leva la riunione non senza prima aver riaffermato la sua volontà di agire rapidamente contro la Polonia e la sua sicurezza assoluta della localizzazione del conflitto in modo tale che l’Italia non dovrà per nessuna ragione trovarvisi coinvolta.

SECONDO COLLOQUIO CON HITLER

Berchtesgaden, 13 agosto 1939 – XVII, ore 11,30 – 12

Hitler domanda se ho qualcosa da dire. Lo ringrazio ma rispondo che attendo di conoscere le sue decisioni. Allora Hitler prende la parola per dirmi che dopo una lunga riflessione egli non ritiene conveniente fare alcun comunicato sull’incontro di Salisburgo. “Ciò lascia le mani piú libere per qualsiasi decisione o qualsiasi soluzione.” Ripete quanto piú o meno ha detto il giorno precedente circa la necessità di risolvere in modo totalitario il conflitto con la Polonia.

“Gli incidenti si ripetono e si moltiplicano. Il prestigio e l’onore tedesco ne sono scossi. Ogni ritardo è dannoso oltre che da un punto di vista politico anche da un punto di vista militare. Gli obiettivi dell’azione contro la Polonia sono ormai fissi nella sua mente. Il popolo tedesco ha bisogno di assicurarsi quello spazio e quei mezzi che garantiscono la sua vita”.

RARA FOTO ORIGINALE DI GALEAZZO CIANO RITRATTO CON HITLER DURANTE LA SUA VISITA AL BERGHOF NEL NOVEMBRE 1940

L’azione contro la Polonia prova quale sia la vera direttrice di marcia del popolo tedesco. L’Italia, che invece è per la sua posizione geografica la Nazione dominante nel Mediterraneo, dovrà sulle sponde di questo mare affermare e allargare il suo impero. Non vi sono possibilità di contrasto fra i due imperialismi. Ricorda che anche Bismarck scrisse una lettera a Mazzini per affermare questa verità.

La Germania agirà quanto prima contro la Polonia. L’azione sarà rapida, decisiva, implacabile. Le Potenze occidentali non interverranno. E se, per un’ipotesi ch’egli calcola assurda, le Potenze occidentali dovessero intervenire, questo significa che “esse avevano ormai deciso la lotta all’Asse e che anche senza l’attacco tedesco alla Polonia non avrebbero lasciato trascorrere quegli anni di preparazione che potevano apparire utili all’Italia ed alla Germania”. Prendo atto di queste asserzioni del Führer e domando qualora egli possa e voglia dirmelo, quando avrà inizio l’azione.

Hitler dice che ciò non è ancora fissato. Comunque tutto è pronto e se l’azione dovesse cominciare in seguito ad un incidente grave, ciò potrebbe aver luogo in qualsiasi momento. Se invece l’azione avrà un’altra origine, si può pensare che sia un po’ piú tardi. Termine ultimo per l’inizio delle operazioni; la fine di agosto. Come ultima ipotesi per sostenere l’attacco, e in mancanza di altre occasioni, egli considererà grave uno dei tanti incidenti locali che quotidianamente si producono a Danzica e nel Corridoio.

Qualsiasi ritardo non sarebbe possibile dato che lo Stato Maggiore tedesco ritiene necessario da quattro a sei settimane per liquidare militarmente la questione polacca e dato che, a partire dal 15 ottobre, la nebbia e il fango rendono impraticabili strade e aeroporti del fronte polacco. Dice di non avere altre comunicazioni da farmi.

La conversazione ha termine con un cordiale scambio di saluti. Hitler tiene a ripetermi piú volte il suo desiderio di incontrarsi col Capo del Governo, ma non mi accenna a questioni politiche e dice che “gradirebbe averlo una volta ospite alle rappresentazioni musicali di Bayreuth”.

 

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