I “SEGRETI” DEL FASCISMO – 39

a cura di Cornelio Galas

  • documenti raccolti da Enzo Antonio Cicchino

Benito Mussolini
28 aprile 1945
 
Misteri e cronaca

di una morte annunciata

di Antonio Carella, Enzo Cicchino

Massimo Caprara

4 gennaio 1944

Secondo la testimonianza del segretario di Togliatti, Massimo Caprara, la condanna a morte di Benito Mussolini viene emessa dal Komintern, che si assume anche l’incarico della sua esecuzione. Essa è comunicata al popolo italiano da Palmiro Togliatti, il 4 gennaio 1944 dal microfono di Radio Milano-Libertà che trasmette da Mosca.

Perché  Stalin vuole la morte di Mussolini? 

Possiamo ipotizzare che la ragione è quella di eliminare un testimone scomodo che gli avrebbe creato sicuro danno al futuro tavolo della pace. E’ risaputo che fino all’estate del 1943 l’atteggiamento del Capo sovietico nei confronti degli Angloamericani era alquanto critico, ritenendoli alleati in mala fede che poco o nulla avevano mantenuto delle promesse di sostegno militare, lasciando l’Armata Rossa, sola, a fronteggiare le efficaci divisioni motorizzate tedesche.

Stalin

E’ altrettanto noto che Mussolini, prevedendo l’infausto epilogo del fronte russo a danno dell’Asse ed al fine di ribaltare le sorti della guerra ha cercato di compiere ogni sforzo per convincere Hitler ad un armistizio con la mediazione del Giappone. Stalin fa sapere che un accordo è possibile.

Il 4 giugno del 1943 avviene un incontro segreto fra Molotov e Ribbentrop. L’ostinazione di Hitler però blocca tutto. A gennaio del 1944 la situazione cambia radicalmente. I rifornimenti che Stalin rimprovera agli Alleati cominciano finalmente a giungere. E dopo Kursk i nazisti sono in rotta. Stalin non avrà più tentennamenti e Mussolini diviene un testimone scomodo che sarebbe utile eliminare.

Perché anche Churchill potrebbe volere la morte di Mussolini?

Il gioco delle parti si rovescia, se prima è Stalin a diffidare della sincerità degli Alleati, nei mesi successivi avverrà il contrario. In modo sotterraneo possiamo dire che la Guerra Fredda comincia appunto nel 1944, quando l’irrompere dell’Armata Rossa verso Occidente riaccentua forte in Churchill l’orrore di un concreto rischio sovietico, al punto che accarezza l’idea di poter modificare il corso della storia ribaltando l’alleanza, vedendo nel nazismo di Hitler non più la forza del male bensì un valido complice per un affondo militare decisivo contro Mosca.

Non sappiamo chi sia stato il primo, se Mussolini, o Churchill, a prendere l’iniziativa aprire un contatto su questo fronte. Fatto è che a partire dal giugno del 1944, fino a gennaio 1945, quando ancora non sembra esaurirsi il colpo di coda tedesco nelle Ardenne, il contatto fra i due capi di Stato rimane vivo, con colloqui fra i rispettivi uomini, che avvengono in più occasioni.

Nel novembre del 1944 (forse il 16) ne è testimone Sergio Nesi, un ufficiale di Junio Valerio Borghese. L’incontro avviene sul Lago d’Iseo a Montecolino, presso la base della Decima Flottiglia Mas. Interprete dell’incontro è la moglie del comandante Daria Olsuffief. Sono presenti alti ufficiali inglesi in rappresentanza di Churchill ed il suo Stato Maggiore, Ufficiali americani per conto di Roosewelt.

Sergio Nesi

Per i tedeschi interviene l’ambasciatore Rahn ed il comandante in capo delle SS in Italia generale Wolff. Mussolini non è presente ma in sua vece interviene il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Francesco Maria Barracu, cui si aggiungono il generale Giuseppe Violante per la GNR, il capitano di Vascello Fausto Sestini per la Marina Repubblicana, e Junio Valerio Borghese per la X.a Mas.

Le proposte in tavola sono:

  • Riconoscimento ufficiale della RSI e contemporaneo armistizio con il medesimo stato.
  • Rovesciamento del fronte, con le forze della 5.a Armata americana e dell’8.a Armata Britannica all’attacco del fronte orientale contro la Russia.
  • Sfruttamento delle forze tedesche operanti in Italia in appoggio a quelle Alleate.
  • Intervento delle quattro divisioni italiane della RSI, Littoria, Monterosa, Italia e San Marco, nonché della Decima Mas in coordinamento alle precedenti.

Nel progetto sono escluse le truppe del Governo del Sud perché in linea di principio quel Governo è troppo permeato da uomini ideologicamente comunisti. Togliatti, per esempio. Secondo Alfredo Cucco poi, Sottosegretario alla Cultura Popolare, sempre sul Lago d’Iseo, ma sull’isola di San Paolo nella villa dell’industriale Beretta, di incontri ce ne sarebbero stati ancora altri.

Alfredo Cucco

Peraltro Pietro Carradori, attendente di Mussolini, afferma di aver accompagnato il Duce ad almeno due incontri riservatissimi con emissari britannici. Essi si sarebbero svolti a Porto Ceresio in provincia di Varese, a poche centinaia di metri dal confine svizzero. Il primo avviene la sera del 21 settembre 1944. Mussolini è accompagnato da Bombacci. A guidare la macchina è l’autista Cesarotti. Il secondo avviene la notte tra il 21 e 22 gennaio 1945. Questa volta il Duce è in compagnia di Barracu.

Se è vera inoltre la confidenza che lo stesso Mussolini avrebbe fatto ad Ermanno Amicucci, si sarebbe incontrato con emissari inglesi, in una villa presso Brescia, già il 14 giugno 1944, recandovisi da solo, guidando una Balilla.

Ermanno Amicucci

In concreto i colloqui non approdano a nulla in quanto in ultima analisi Roosewelt e Eisenhower non se la sentono di tradire Stalin e gli accordi con lui presi a Yalta. Tuttavia, pur se il progetto non approda a nulla, sicuro sono stati prodotti dei verbali delle riunioni, documenti che poi vengono ad arricchire la preziosa borsa in cui tante speranze ripone Mussolini.

Quanto detto sono gli episodi che più probabilmente creano angosce in Churchill e che per liberarsene gli faranno desiderare la morte del Duce. Un altro elemento che spesso è affiorato in passato, ma la cui certezza è messa in discussione, è la possibilità incredibile che nel maggio del 1940 lo stesso Churchill, certo ormai che l’Inghilterra sarebbe stata costretta ad una trattativa di pace con Hitler, abbia convinto Mussolini ad intervenire accanto alla Germania, per poi frenarne le mire espansionistiche a danno dell’Occidente.

Dino Grandi

E di quanto fosse riluttante l’intenzione mussoliniana di far la guerra accanto ad Hitler ne è testimonianza questa affermazione di Dino Grandi:

“Che Mussolini non concepisse l’alleanza Italo-Tedesca come uno strumento di guerra lo dimostra il fatto che egli non entrò in guerra il 31 agosto 1939.

Nonostante la sua letteratura, l’ideologia fascista-nazista, il programma politico dell’Europa, Mussolini non volle entrare in guerra il 31 agosto e vi entrò solo in giugno 1940 non spinto dal dovere di solidarietà colla Germania ma bensì da un calcolo, che doveva però in seguito mostrarsi errato. Dunquerque non è stata la sconfitta dell’Inghilterra. Dunquerque è stata la sconfitta dell’ Italia. Sembra un paradosso, ma è così.

Senza la sconfitta britannica Mussolini non sarebbe entrato in guerra, malgrado l’alleanza con la Germania. Egli entrò in guerra spinto dalla paura della Germania”. (archivio Grandi, b. 152, fasc. 199, sottofascicolo 6, ins.3, 1 agosto 1944, f.86).

Benito Mussolini

Si tenga presente che quando Mussolini il 10 giugno 1940 dichiara guerra alla Francia e l’Inghilterra non ne motiva oggettivamente la ragione, è generico nelle accuse, e fatto ancora più grave non ha riunito il Gran Consiglio per deliberare collegialmente una scelta così terribile. Se ci fosse stata una intesa con Churchill, questa omissione invece avrebbe avuto un suo motivo, preservarne l’assoluta necessaria segretezza.

Che ruolo giocherebbe dunque Mussolini e l’Italia nel conflitto? Quali i rapporti con l’alleata ufficiale: la Germania, e l’ormai ambiguo amico nemico: l’Inghilterra!? Beh certo, se le cose stessero davvero così questo sarebbe un altro incredibile motivo per cui il Primo Ministro britannico vuole la morte del Duce, il cui ruolo al tavolo della pace assumerebbe una forza a dir poco shakesperiana!

CHURCHILL

Forse la verità sta in mezzo. Mussolini ha forzato il senso delle intenzioni di Churchill. L’Inghilterra aveva fatto promesse enormi, sacrificando possedimenti propri ed ancor più quelli francesi, pur di ottener garantita la non belligeranza italiana. In ogni modo la parola “fine” su questo argomento la si potrà apporre soltanto dopo che si riuscirà concretamente a saperne di più su questi scomparsi documenti segreti.

Testimone di quanto i documenti segreti fossero per Mussolini l’unica via di salvezza è una telefonata tra Claretta e Benito del 2 aprile 1945 intercettata dal servizio di ascolto tedesco:

“I Savoia, Badoglio e soci stanno facendoci un tranello! Tu per loro sei un fuorilegge, un condannato a morte. Ascolta il mio consiglio: stai in guardia! Hanno tutti l’interesse a farti tacere per sempre! Tu dici: parlano i documenti. Ma loro sanno che i documenti si comperano, si rapinano, si distruggono. Un fatto è sicuro: se tu, se il carteggio, dovesse essere un giorno in loro possesso, le tue ore di vita, nonché quelle del carteggio, sarebbero contate! Ben, ti supplico, non prendere decisioni senza consultarti con chi sai!”

Claretta Petacci e Benito Mussolini

Chi potrebbe essere questo misterioso consigliere del Duce di cui parla Claretta? Un italiano? Un tedesco? Un inglese?  Americano? Un uomo dei servizi, o semplicemente qualcuno di cui ci si illude? Mussolini sta già impostando una possibile strategia difensiva e la va concordando con un avvocato di fiducia? Ma per difendersi da che cosa? E con quali argomenti risolutivi? E questi verterebbero sul diritto internazionale, o sul ricatto?

I “Diari” di Claretta Petacci presso l’Archivio Centrale dello Stato verranno desecretati solo nel 2015, accampando la scusa che trattino solo di vicende private. Ma è in quei diari forse che potrebbe emergere il nome del personaggio a cui si allude per chiedere aiuto!


Febbraio 1945

Secondo Enrico Mattei il CVL emette una ordinanza per la quale tutti i gerarchi fascisti, dagli ex federali ai gradi più elevati, se sorpresi armati, o insieme a colonne armate tedesche sono passibili della pena di morte dopo un giudizio da emettersi da un tribunale di guerra composto da tre ufficiali partigiani.

18 aprile

VILLA FELTRINELLI

Gargnano: Villa Feltrinelli

Mattino:

  • – Mussolini lascia Villa Feltrinelli, a Gargnano sul lago di Garda, diretto a Milano. A Gargnano rimangono Rachele con i figli Romano e Anna Maria.
  • – Mussolini va a Milano per vedere di avviare le trattative per una resa della Repubblica di Salò, cercando un compromesso con i capi della resistenza e gli angloamericani, tramite la mediazione del Cardinale Schuster.


23 aprile

Mussolini con il medico Georg Zachariae

Milano

  • – Mussolini abita nel suo appartamento alla Prefettura di Milano, in via Monforte. Via-vai di gerarchi, Pavolini, Romualdi,  Amicucci il direttore del “Corriere della Sera”, Gatti il segretario personale, Zerbino il ministro dell’Interno, eppoi il colonnello della GNR Gelormini, il federale Costa, il prefetto Bassi, il questore Larice, Renato Ricci, Carlo Silvestri, il figlio Vittorio, il capo della polizia Renzo Montagna, il maresciallo Graziani.
  • La sua salute è seguita dal dottor Zachariae, che Hitler gli ha posto a fianco. Me per seguirne più da vicino le sue vicende private, come attendente, Hitler gli ha inserito in famiglia – a Gargnano – il giovane tenente delle SS Hans Dieckeroff. Ed a seguirlo nei suoi movimenti esterni vi è l’ispettore di Polizia Otto Kisnatt, comandante della sua guardia del corpo.
  • – In serata Mussolini sente Rachele per dirle di partire subito e di trasferirsi a Monza alla Villa Reale.


25 aprile

Sandro Pertini

Milano

ore 8.00 – 8.30

  • – Piove. Alle ore 8 del 25 aprile, a Milano, nella biblioteca del collegio dei Salesiani di Via Copernico giungono cinque uomini del CLNAI (Comitato Liberazione Nazionale Alta Italia) Giustino Arpesani, Achille Marazza, Sandro Pertini, Emilio Sereni e Leo Valiani.
  • – Il decreto che essi firmano afferma: “I membri del Governo Fascista e i gerarchi del fascismo colpevoli di aver contribuito alla soppressione delle garanzie costituzionali, di aver distrutto le libertà popolari, creato il regime fascista, compromesso e tradito le sorti del Paese, e di averlo condotto all’attuale catastrofe, sono puniti con la pena di morte e, nei casi meno gravi, con l’ergastolo”.
  • – Non viene fatto il nome di Mussolini, ma lo si sottintende in modo evidente. Si discute ancora se su quel nome ci fosse unanimità. Qualcuno avanza l’ipotesi che il democristiano Marazza ed il liberale Arpesani non fossero d’accordo.
  • – Tuttavia la condanna a morte di Mussolini non vuol dire la sua immediata uccisione.
  • – Riccardo Lombardi ha fatto preparare in Piazza Diaz a Milano un alloggio opportunamente difeso per portarvi il prigioniero.

ore 15.00

Francesco Maria Barracu

  • – Mussolini esce dalla prefettura per dirigersi all’Arcivescovado, dove l’aspetta il cardinale Schuster. Sono con lui il sottosegretario Barracu, il ministro Zerbino ed il prefetto Bassi, il maresciallo Graziani.
  • – Mussolini spera di trattare la resa con il CNL, ma non è disposto ad arrendersi tout court. I rappresentanti del CNL, Raffaele Cadorna, Achille Marazza (DC), Giustino Arpesani (PLI) e Riccardo Lombardi arrivano con un‘ora di ritardo e trovano un Mussolini innervosito.
  • – I piani di Schuster sono ambiziosi: persuadere i tedeschi ad arrendersi. Aspetta di momento in momento l’arrivo in Arcivescovado del comandante generale delle SS in Italia Karl Wolff per firmare dinanzi ai partigiani la resa. Avrebbe così sottratto Milano ed il Nord alle distruzioni ed evitato l’insurrezione. Mussolini, nelle sue mani, avrebbe affrontato una vita di espiazione, in prigionia, o in esilio.

MUSSOLINI E SCHUSTER

Ma Wolff manda a dire al Cardinale di non potere partecipare alla riunione perché sta firmando l’accordo con gli Alleati in Svizzera. Il colloquio con Mussolini si interrompe bruscamente. Mussolini si sente preso in giro.  “Ci hanno sempre trattato come servi e alla fine mi hanno tradito!”– esclama. Anche i rappresentanti del CNL sono colti di sorpresa.

  • – Sandro Pertini, giungendo in ritardo quando Mussolini se ne sta già andando, sfoga la sua ira nei confronti di Arpesani e Marazza, minacciando che non avrebbe mai accettato la loro promessa di fargli salva la vita. Tuttavia i due controbattono che se il Duce torna in Arcivescovado per le ore 20, come da accordi, avrebbe potuto contare sulla loro parola.

Ore 17.00

  • – Uscito dell’Arcivescovado, Mussolini si chiude nel suo studio con Tarchi, Graziani, Pavolini, Romano, Liverani, Mezzasoma, Barracu, Pisenti, Silvestri, l’industriale Cella.
  • – Alla fine della riunione, decide di partire alla volta di Como…, forse con l’intenzione di rifugiarsi in Valtellina… o ancora… in Svizzera! O altri affermano… che lungo le sponde del Lago avrebbe dovuto incontrare degli agenti segreti provenienti forse d’Oltralpe con cui barattare la propria vita in cambio dei documenti che porta nella borsa.
  • – Sono con lui tutti i gerarchi e la scorta tedesca, venti SS al comando del tenente Fritz Birzer, che ha l’ordine di non lasciarlo fuggire, a costo di ammazzarlo.
  • – In quegli stessi momenti il CLN dà l’annuncio per radio dell’insurrezione.

Como

Ore 20.00

  • – Mussolini e i suoi arrivano a Como.
  • – Un camioncino Fiat Balilla in coda alla colonna, con molti documenti, si fermerà in panne nei pressi di Garbagnate.
  • – Viene abbandonato e ritrovato da partigiani democristiani, che tramite l’avvocato Luigi Meda siano stati fatti giungere alla segreteria vaticana (da monsignor Montini) e al Commissariato milanese del ministero dell’Interno. Episodio poco chiaro e palesamente contraddittorio visto che il Vaticano è a Roma e il commissariato del Ministero degli Interni è a Milano!
  • – Mussolini trascorre la sera nella prefettura di Como. Da alcune fonti, discusse, ma quasi attendibili, qualcuno dei fascisti presenti lì nel cortile della Prefettura sembra riconosca in una donna che entra in macchina la figura di Rachele Mussolini. E’ una affermazione dibattuta, ma che se fosse vera metterebbe ancora più pepe nella diffusa concitazione. Per quale motivo Mussolini avrebbe fatto giungere in segreto sua moglie a Como, quando sarebbe dovuta essere in salvo altrove?! Cosa avrebbe dovuto dirle? O consegnarle?! Documenti? Denaro? Cos’altro?

Menaggio

  • – Il federale di Como Paolo Porta trasferisce a tarda notte Mussolini a Menaggio nella villa di Enrico Castelli, vice federale. Il Duce è in attesa di una importante comunicazione: quale?
  • – Mussolini fa l’ultima telefonata alla moglie che, per ora, si è rifugiata con i figli a villa Mantero. E’ l’ultima volta che si parlano. Cosa si sono detti? E se fosse vero il loro incontro a Como, non sarebbe potuto essere una telefonata di conferma, o di smentita, inerente quello su cui si sarebbero accordati?

26 aprile

  • – Rachele Mussolini, al mattino (ore?), accompagnata da Buffarini Guidi, tenterà di passare il confine a Ponte Chiasso. Verrà fermata e rispedita indietro. Cosa avrebbe potuto dargli Mussolini da portare in Svizzera? Gli è stato sequestrato? Cosa poteva essere di tanto importante?
  • – Rachele troverà rifugio con i figli in una casa in via Bellinzona a Ponte Chiasso, dove vive un suo amante francese, uno dei brigatisti che l’accompagnano.

Menaggio

Ore 5.00

  • – Mussolini viene raggiunto a Menaggio da Claretta Petacci, insieme a lei il fratello Marcello, la di lui moglie Zita Ritossa e i figli.

Grandola: Hotel Miravalle

Ore 8.30

  • – Mussolini, con Claretta, Porta, il maggiore Fiaccarini (Gnr) e l’autista Pietro Carradori dopo un tentativo di seminare la scorta nazista si spostano all’albergo Miravalle di Grandola.
  • – Durante il giorno Claretta e Mussolini sono visti colloquiare con alcuni sconosciuti sul retro dell’albergo. E ancora forse tentano di inoltrarsi nel bosco. Ma è subito raggiunto da Birzer che minaccia di sparare se varca il confine. Sembra che Mussolini abbia intenzione di recarsi in Svizzera, per esigere chiarimenti dagli inglesi (Sir Clifford John Norton) quanto alle garanzie che essi offrono prima della consegna del suo famoso carteggio.
  • – Nel suo peregrinare, Mussolini è pedantemente seguito dai gerarchi: Buffarini Guidi, Tarchi, Mezzasoma, Pallottelli. Cui si aggiunge anche la figlia naturale Elena Curti, che li ha raggiunti a Menaggio in quanto facente parte della segreteria di Pavolini.

Elena Curti

Ore 11.00

  • – Arriva il prefetto di Novara, Enrico Vezzalini, uno dei giudici che condannò a morte Ciano a Verona. Sul suo camion un morto e dei feriti per uno scontro con i partigiani.
  • – Intanto la giornata trascorre nell’incertezza se andare in Svizzera (ipotesi Buffarini Guidi), o no. In una intervista a Jean Pierre Jouvet, negli anni ’60, Birzer affermò che in quella occasione più volte fu costretto ad alzare le armi contro il Duce per impedirgli di abbandonare l’Italia.

Menaggio

Sera tardi – notte

  • – Durante la notte Mussolini convoca più volte il tenente Otto Kisnatt per esaminare carte geografiche e possibilità di scampo.
  • – Si ode un rombo di motori: è una autocolonna tedesca con reparto di contraerea al comando del tenente Fallmeyer: è diretta in Valtellina e di qui in Alto Adige.

Otto Kisnatt

27 aprile

Menaggio

Ore 5.00

  • – Mussolini dà l’ordine di accodarsi alla colonna tedesca di Fallmeyer.

Ore 6

  • – Si mettono in movimento.
  • – In testa l’autoblindo di Pavolini (arrivato da Como, dove pensava di trovare migliaia di brigatisti neri.
  • – Dietro Pavolini l’automezzo con le SS di Birzer. Gli si accoda quella di Mussolini che viaggia con Bombacci e Barracu. Dopo di lui le vetture dei gerarchi e di Claretta con il fratello. A Claretta, Mussolini ha consegnato una borsa scottante del carteggio Churchill (?). Ma questa è la borsa di cui parla Urbano Lazzaro, che Claretta cede a Zita Ritossa (?) e di cui si sono perse le tracce? Marcello Petacci quando viene arrestato da “Bill” dice di avere un appuntamento importante con sir Norton in Svizzera, cui deve assolutamente consegnare importanti documenti. Sono questi quelli di Claretta ricevuti da Mussolini, o altri? Pare che Churchill poi cercherà per mesi e anni quella borsa, mobilitando servizi segreti di molti paesi, nonché la figlia Sarah.
  • – Dopo Mussolini, gerarchi e scorta nazista seguono altri automezzi tedeschi (40) e (12) autovetture italiane. L’autocolonna è lunga quasi un chilometro.
  • – Hanno percorso un bel po’ di strada quando Mussolini viene invitato a salire, insieme ai documenti sull’autoblindo di Pavolini.

Uno dei camion della Colonna tedesca a Dongo, 27 aprile 1945

Domaso

Ore 6.30

  • – Il partigiano “Bill” riceve comunicazione dal partigiano “Aldo” della partenza da Menaggio di una autocolonna tedesca e fascista. Urbano Lazzaro “Bill” si predispone per poterne bloccare la marcia.

Musso

Ore 7.00 – 8.00

  • – Fra le 7 e le 8 del mattino la colonna tedesca e i gerarchi fascisti vengono fermati da un commando partigiani a Musso, a pochi chilometri da Dongo. I garibaldini hanno sparato brevi raffiche in aria. I tedeschi rispondono con raffiche di mitraglia sparate in ogni direzione. Ne è vittima innocente un anziano operaio della ditta Scalini di Musso che si recava al lavoro in una cava di marmo. Sugli autocarri germanici sono piazzate sei mitragliatrici contraeree.
  • – A fermare i tedeschi ed i fascisti è la 52a. Brigata d’assalto partigiana Luigi Clerici, composta da 4 persone: il comandante “Pedro” (il conte Pier Bellini delle Stelle), il commissario politico “Pietro” (Michele Moretti), il vice commissario politico “Bill” (Urbano Lazzaro), il capo di Stato maggiore “Neri” (Luigi Canali).
  • – Dopo la breve sparatoria iniziano le trattative tra “Neri” e l’ufficiale tedesco Fallmeyer.
  • “Neri” non può prendere decisioni, deve parlare con il suo Comandante “Nicola”, che si trova a Chiavenna.
  • – Viene inviato a parlarci “Pedro” con Fallmeyer, insieme ad Alois Hofmann, un cittadino svizzero, che funge da interprete.
  • – Nel frattempo alcuni fascisti fuggono cercando rifugio per sè e i propri valori nelle case di Musso e Dongo.
  • – Don Mainetti (a cui si rivolgeranno per cercare protezione Bombacci e alcuni gerarchi) riconosce Mussolini, che uscito dall’autoblindo, vuole sapere che cosa stia succedendo.
  • – Il sacerdote avverte i partigiani della presenza del Duce.

Dichiarazione del Comandante Pedro e del Commissario Urbano Lazzaro “Bill”: fu Giuseppe Negri a scoprire e riconoscere Mussolini.

Ore 12.30

  • – La staffetta partigiana ritorna a Musso. E’ stato deciso che i tedeschi possano andare fino a Ponte del Passo. I fascisti devono essere fatti prigionieri.
  • – Più in dettaglio viene detto che i tedeschi hanno trattato la prosecuzione del viaggio per se stessi, i fascisti dovranno fare altrettanto da soli. In particolare Fallmayer fa notare ai partigiani che gli occupanti dell’autoblindo sono tutti italiani.
  • – Ad avvicinarsi al blindato sono “Bill”, “Pedro” e “Pietro”. Lo comanda il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Francesco Barracu, è vestito in borghese, con l’occhio coperto dalla benda nera, con all’occhiello il distintivo della medaglia d’oro. Accanto a lui il colonnello Vito Casalinovo e Idreno Utimpergher. Nell’apprendere che il conte Pier Bellini delle Stelle “Pedro” è di Firenze, Barracu, con sollievo gli dice che anni prima aveva conosciuto il colonnello suo padre.
  • -Alla richiesta di quali fossero le intenzioni degli occupanti l’autoblindo Barracu gli spiega che vorrebbero raggiungere Trieste ed il confine jugoslavo per combattere contro i comunisti ed i partigiani titini. Il tono del vecchio eroe della Grande Guerra è umano e conciliante, i partigiani sono un po’ scossi dall’emozione, ma sono costretti ad impedire la prosecuzione del viaggio.
  • – I tedeschi si vorrebbero accingere a partire, ma fra loro c’è Mussolini, un vero problema perché hanno preso l’impegno con Hitler di proteggerlo in ogni modo e non può essere abbandonato. Si escogita il travestimento. Mussolini non vuole. Viene convinto da Claretta. Gli viene fatto indossare il pastrano di un caporale della Wermarcht ed un elmetto, poi sale su un autocarro, il n. 34.
  • – L’autoblindo dei fascisti si accosta per permettere il transito dei tedeschi. Alcuni partigiani restano a parlare con il suo equipaggio per convincerlo alla resa. “Bill” va via. A trattare con gli uomini dell’autoblindo rimane Pier Bellini delle Stelle “Pedro”.
  • -Barracu insiste per poter tornare a Como, “Pedro” dà l’assenso e vengono date disposizioni perché il posto di blocco presso Musso faccia passare il mezzo. “Pedro” si allontana. Ma insorge un equivoco sanguinoso. L’autoblindo, che in realtà è solo un camion con rivestimento corazzato della Brigata Lucca, stenta a muoversi, allora il guidatore dà una forte sgasata al motore ma il mezzo reagisce con un movimento brusco verso il centro della strada. I partigiani pensano che sia una manovra di attacco e fanno fuoco. Gli uomini dell’autoblindo rispondono ed il conflitto si protrae per un cinque minuti.
  • -Un fascista viene ucciso mentre Barracu rimane ferito ad un braccio. Tutti si arrendolo. Solo Pavolini, seguito da Porta, fugge verso il lago rincorso da una decina di partigiani. Porta viene catturato subito, invece Pavolini si nasconde tra le rocce a pelo d’acqua gravemente ferito da alcune fucilate all’addome ed alla testa.

La linea viola indica il percorso di Mussolini; in rosso sono tratteggiate le possibili deviazioni stradali per valicare il confine svizzero, mentre in giallo è riportato il percorso più corto per la Valtellina – quest’ultimo tuttavia richiedente il maggior tempo di percorrenza, date le condizioni della strada in quel tempo e il rischioso attraversamento di un ponte sull’Adda)

Cattura di Mussolini

Dongo

La cattura di Mussolini è stata raccontata in vari modi. I protagonisti sono 8 partigiani divisi in due gruppi che hanno le stesse perplessità sul medesimo camion. Sono Giuseppe Negri, marinaio di Dongo, l’ex-carabiniere Carlo Ortelli, Battista Piralli, il maresciallo di finanza Francesco di Paola, il geometra Mattarella, Giuseppe Rubini, Rizieri Molteni e Ugo Torri. Negri durante l’ispezione del quinto camion nota nell’angolo anteriore destro un uomo seduto, accoccolato, con l’elmetto, il pastrano chiuso, sembra addormentato. “Camerata ubriaco…vino” – dice un soldato tedesco.

Negri si insospettisce. Avvisa il partigiano con il grado più alto, il ventenne Bill. Mottarella e Bill chiedono allo sconosciuto che, nel frattempo, si è messo gli occhiali da sole: “Italiano?” e quello risponde: “Italiano”, levandosi in piedi, mentre Bill gli toglie gli occhiali. Tiratogli giù il bavero dal pastrano Bill esclamerebbe: “Cavalier Benito Mussolini”.

Urbano Lazzaro “Bill”

Mussolini scortato da Bill, da Rubini e da Ortelli viene fatto scendere dal camion e scortato nel municipio di Dongo. La folla rumoreggia. Mussolini è portato in una stanzetta a sinistra, al piano terreno, dove si siede su di una panca e depone sul tavolo una borsa (una sola) di documenti. Poco dopo arrivano gli altri gerarchi arrestati: Barracu, Calinuovo, Utimpergher, Paolo Porta. E più tardi Pavolini, ferito.

Nel frattempo in municipio arrivano il capitano “Neri” e la partigiana “Gianna” e i gerarchi che si erano consegnati a don Mainetti. Sui tavoli del municipio si accumulano valigie, borse, portafogli, lire italiane, sterline, gioielli, pesetas, franchi svizzeri, sequestrati ai gerarchi.

Una foto degli ultimi giorni di Mussolini con Pavolini e Barracu

Bill dà un’occhiata alla borsa di Mussolini. “I documenti che sono qui dentro sono segreti. Sono di importanza storica grandissima” commenta il Duce. Incartamenti del processo di Verona, corrispondenza Mussolini-Hitler, informative su Umberto di Savoia.

Nel frattempo Marcello Petacci e la sua famiglia è fermato con documenti falsi, da console spagnolo. Bill si insospettisce e li fa accompagnare in Municipio a “Dongo”.

Vien da riflettere sul comportamento tedesco davvero paradossale ed abbastanza abietto. Hanno impedito a Mussolini – fino a qualche ora prima – ogni via di scampo e di fuga. Adesso invece, all’improvviso lo abbandonano a se stesso nelle mani dei partigiani. Viene il sospetto che abbiano voluto tenersi Mussolini ad ogni costo per poterlo usare come merce di scambio in caso di difficoltà.

Marcello Petacci

Dongo – Municipio

Ore 17.10

  • Il farmacista di Dongo cura le ferite al braccio di Francesco Barracu. Solo lesioni ai muscoli, nulla di grave. Quando giunge poi Pavolini, grondante sangue, anche lui viene curato.
  • Il capitano pilota Pietro Calistri, che si trova nella colonna per puro caso, consegna la sua pistola al partigiano “Bill” e chiede che vengano controllati i suoi documenti perchè sulla sua identità non insorgano equivoci. Viene fatto entrare nella stessa stanza dove sono già Marcello Petacci e famiglia.

Pietro Calistri

Milano

Ore 17.30

Giovanni Bruno Lonati, valoroso giovane partigiano, protetto da Aldo Lampredi, è presso le scuole di Viale Lombardia a Milano, sta interrogando alcuni fascisti arrestati. Inaspettato sopraggiunge il “capitano John” Maccaroni. Lonati lo conosce da metà marzo. John gli chiede di prendere con sè armi e due uomini fidati per recarsi sul Lungolago.

I partigiani che li seguono sono invece tre. Nomi di battaglia: “Bruno”, “Gino” e “Lino”. Le armi: Beretta calibro 9, mitra Sten, bombe a mano. L’auto è una Fiat 1100 sequestrata ad un medico.

La condanna a morte di Mussolini è stata decisa dai comunisti, Luigi Longo, Pietro Secchia ed Emilio Sereni, dai socialisti Sandro Pertini e Riccardo Lombardi e dagli uomini del Partito d’Azione, Leo Valiani e Ferruccio Parri.

 La direzione del PCI, secondo una delle molte versioni, incarica della futura fucilazione materiale del Duce il funzionario militare Aldo Lampredi, nome di battaglia “Guido” (miliziano della Ceka, combattente in Spagna alle dipendenze del generale dell’Armata Rossa Alexandr Orlov, ossia Lew Feldbin) e Walter Audisio (ragioniere di Alessandria) uomo di fiducia di Luigi Longo.

Ore 18:

L’articolo 29 del “Lungo Armistizio” firmato da Badoglio il 29 settembre 1943 dinanzi al generale Eisenhower prevede esplicitamente la consegna di Mussolini, vivo, agli Alleati:

“Benito Mussolini, i suoi principali associati fascisti e tutte le persone sospette di aver commesso delitti di guerra o reati analoghi, i cui nomi si trovino sugli elenchi che verranno comunicati dalle Nazioni Unite e che ora o in avvenire si trovino in territorio controllato dal Comando militare alleato o dal Governo italiano, saranno immediatamente arrestati e consegnati alle Forze delle Nazioni Unite. Tutti gli ordini impartiti dalle Nazioni Unite a questo riguardo verranno osservati”.

E’ logico dunque che gli Alleati si attivino mettendosi in contatto con il comando partigiano. Ed infatti…

  • – Presso il Comando del CVL in Via del Carmine giungono a Milano alcuni messaggi radio molto precisi:

-“Al Comando Generale e CLNAI. Fateci sapere esatta situazione Mussolini. Invieremo aereo per rilevarlo. Quartier Generale Alleato”. Sono inviati dal comando Operativo dell’Office of Secret Service americano di stanza a Siena. Sono firmati dal maggiore Max Corvo.

-“A CVL e CLNAI. Aereo che verrà a ritirare Mussolini atterrerà ore 18, domani, all’ aeroporto di Bresso. Preparate segnali di atterraggio”.

-“Per CLNAI. Il Comando Alleato desidera immediatamente informazioni su presunta locazione Mussolini, dico Mussolini. Se è stato catturato si ordina egli venga trattenuto per immediata consegna al comando alleato. Si richiede che voi portiate queste informazioni alle formazioni partigiane che avrebbero effettuato la cattura, con assoluta precedenza”.

“Per il CLNAI, dico CLNAI. XV Gruppo di Armate desidera portare Mussolini e Graziani, dico Mussolini e Graziani, alla sede del Comando Alleato”.

  • – Contemporaneamente uno dei responsabili della OSS americana per l’Italia, Max Corvo, dà ordini perché accorrano da ogni luogo sia italiano che svizzero tutti i comandanti della missioni OSS disponibili. Così per la sera del 27 giunge a Como il tenente Larry Biglow con il suo radiotelegrafista Mario Zirafa.

Vien da chiedersi come mai gli agenti americani, pur essendo forse partiti in anticipo sembrano svolgere un ruolo solo di spalla rispetto alla cattura di Mussolini. Il fatto è che proprio per l’esser giunti per primi sono costretti a una serie di diversivi che li allontanano dal loro obiettivo principale.

Il capitano Emilio Daddario, per esempio, a Cernobbio deve accettare la resa del generale Graziani ed accompagnarlo a Milano. Poi, a Como, quella del generale tedesco Hans Leyers e dei suoi uomini. E coinvolti per conto dell’OSS in quelle operazioni sembrano esserci anche molti ufficiali italiani: il tenente pilota Vico Rosaspina, il tenente paracadutista principe Oberto Carega, il tenente Vittorio Bonetti, il capitano Cancarini Ghisetti, Aldo Spini, Pino Dario, Pino Romano, Mario Tognato.

Emilio Quincy Daddario con John Kennedy

Vi si aggiunge il tenente Aldo Icardi, con la missione “Crysler”. Vi sono anche donne Silvia Blanchard e la figlia dell’ambasciatore Tony Reale.

La sera del 27 aprile giungono a Como anche i componenti della Missione mista accreditata presso l’Oltrepò Pavese, capomissione ne è il sergente maggiore dell’OSS Frederick Horback.

E la dimensione informativa ed operativa non si ferma qui. Bisogna riflettere anche sulla presenza di personaggi che sono sì agenti ante litteram ma allo stesso modo decisamente efficaci. Sul lungolago, a Tremezzo, vive un cittadino inglese Landels il quale è in contatto con la Special Force. In un’altra villa abitano i cugini di Sir Neville Henderson, l’ambasciatore inglese a Berlino fino allo scoppio della guerra. Anch’essi si muovono con ampio margine di libertà sempre tollerata anche dai tedeschi.

Dongo

Ore 19:

  • – Viene stilato un primo elenco dei fascisti prigionieri, su carta intestata del Comune di Dongo, con l’aggiunta di Comitato di Liberazione nazionale – Corpi Volontari della Libertà – Comando 52.a brigata Clerici. Seguono i 31 nomi dei personaggi più illustri. In calce al documento, a sinistra, la firma del Commissario “Pietro”, a destra, quella del comandante “Pedro”, al centro a mano la firma “Neri”.
  • – Intanto si avverte il C.L.N.A.I. a Milano della cattura di Mussolini. Si chiedono istruzioni. La risposta è “Custodite bene il prigioniero con tutti i riguardi; non gli sia torto un capello; piuttosto di fargli violenza, in caso di tentativo di fuga, lasciatelo fuggire” (!!!!)
  • – Mussolini prende in disparte “Pedro” e gli chiede un favore: portare i suo saluti alla signora arrestata con il console spagnolo. E’ così che Pedro viene a sapere di Claretta Petacci, che sulle prime nega di conoscere Mussolini. Poi, commossa e trepidante, rivela tutto il suo amore per Mussolini e chiede di potere essere ricongiunta a lui. “Pedro” consultatosi con “Neri” promette di esaudire il desiderio della donna.

Pier Luigi Bellini delle stelle detto Pedro

Brunate

Ore 19.30

  • – John Maccaroni, Bruno Lonati, “Bruno”, “Gino” e “Lino” giungono in una villa di Brunate, paese sopra Como. Perché Lonati nelle sua testimonianza non dice il nome della villa?
  • – A Brunate c’è “Franco” della Special Force britannica
  • – Franco li avverte che la loro missione sarà facilitata dalla presenza di un uomo dei servizi segreti britannici vestito da “alpino” che incontreranno sulla destra della strada dopo Tremezzo. Costui gli indicherà la strada per raggiungere il luogo dove sono custoditi Mussolini e Claretta.

Malcom Smith, detto Johnson. Capo del controspionaggio inglese in Italia

Milano

Ore 21:

  • -Sandro Pertini alla radio di corso Sempione dichiara:

 “Il capo di questa associazione a delinquere, Mussolini, mentre giallo di livore e di paura tentava di varcare la frontiera svizzera, è stato arrestato. Egli dovrà essere consegnato al tribunale del popolo perché lo giudichi per direttissima. Questo noi vogliamo, nonostante che pensiamo che per quest’uomo il plotone di esecuzione sia troppo onore. Egli meriterebbe di essere ucciso come un cane tignoso.”

Per Pertini cosa vuol dire “processato per direttissima”? l’uccisione dei gerarchi a Dongo e di Mussolini a Giulino di Mezzegra è un effetto di questo processo per direttissima?

da sinistra, i capi partigiani: Ilio Barontini, Walter Audisio, Francesco Moranino

Germasino: Caserma Guardia di Finanza

Ore 21.30

  • – Da Dongo. “Neri” prende in consegna Mussolini e decide il suo trasferimento a Germasino presso la caserma della Guardia di Finanza. Qui Mussolini cena per l’ultima volta con i finanzieri. Vengono usate due macchine per il trasferimento.
  • “Neri” e “Pedro” poi ritornano a Dongo per incontrarsi con Bill.

Milano

Ore 23.00

  • – Quando giungono presso la sede del Corpo Volontari della Libertà, Pertini, Sereni e Longo si fermano a discutere su chi debba essere il materiale esecutore del Duce!
  • – Sandro Pertini propone Italo Pietra, il quale ribatte che non può essere lui, essendo questo compito della Polizia Militare Partigiana. Lo stesso risponde Luchino dal Verme. Si rifiuta anche il figlio di Alberto Mario Cavallotti che ha preso un po’ di tempo per pensarci. Allora Pertini ne dà ordine a Walter Audisio, che rappresenta la Polizia Militare. 

“Uccidere Mussolini!” ma questa è affermazione contestata da altre fonti. Audisio non riceverebbe l’ordine di far fuori Mussolini ma di portarlo vivo a Milano insieme ai gerarchi catturati a Dongo.

Walter Audisio

Altre fonti aggiungono la variante che Walter Audisio partirebbe con l’incarico di portare tutti vivi a Milano per poi fucilarli a Piazzale Loreto in memoria dei 15 partigiani uccisi dalla Legione Ettore Muti il 10 agosto del 1944. Era stata una rappresaglia per l’attentato compiuto da Gappisti comunisti contro un camion tedesco che distribuiva cibarie all’angolo di piazzale Loreto.

La realtà è che forse sono stati dati due ordini, uno, segreto: uccidere Mussolini; l’altro, ufficiale: portare i fascisti prigionieri a Milano. Quanto all’esecutore ufficiale di Mussolini è difficile dire per certo chi sia. Bisogna tener conto un aspetto peculiare della prassi operativa degli uomini del PCI.

Per loro, al fine di impedire l’identificazione degli uomini che portano a termine una missione, la prima regola è quella che chi la compie debba assumere il nome di battaglia, la funzione e il grado di comando di un suo compagno di grado gerarchicamente inferiore ma operante nella sua stessa zona, altresì munito dei documenti autentici di un terzo compagno, o collaboratore, sempre di livello gerarchico inferiore al suo.

Emilio Sereni

Detto questo, per qualunque nome ufficiale, bisogna tener presente il suo valore relativo. Anche questa è una delle ragioni per cui a tanti anni di distanza è così difficile poter dire qualcosa di veramente preciso intorno al quel 28 aprile 1945.

Messa in moto la spedizione di morte, agli Alleati si risponde subito con un fonogramma:

“Spiacenti non potervi consegnare Mussolini, che processato dal tribunale popolare è stato fucilato stesso posto ove  precedentemente fucilati da nazifascisti 15 patrioti”.

Il messaggio viene portato da una staffetta all’ufficiale di collegamento Giuseppe Cirillo, operatore della principale radio clandestina del CLN, che lo trasmette al comando alleato di Siena, dove a riceverlo c’è il futuro dirigente comunista Antonello Trombadori. Il messaggio consegnato a Cirillo è scritto a matita e privo di firma.

A parte il fatto che non si sa materialmente chi ha dettato un sì grave ordine, rimane da chiederci anche come mai l’estensore fosse così certo almeno della futura morte di Mussolini, quando costui è ancora in vita e può godere ben altra sorte?!

28 aprile
Bonzanigo di Mezzegra – Notte

Casa de Maria a Bonzanigo di Mezzegra, dove Mussolini e la Petacci trascorsero l’ultima notte.

Ore 24 (??)
(Versione Dorina Mazzola)

  • -Molti uomini armati (partigiani?) salgono per via del Riale verso Casa De Maria a Bonzanigo.

Ci sono anche due donne. Chi sono queste donne? Non lo sappiamo. Sono partigiane e partigiani connessi alla futura morte di Mussolini che avverrà al mattino in quello stesso luogo? Oppure sono agenti di qualche servizio segreto? Tutto quel trambusto notturno è una semplice coincidenza, o qualcos’altro?

Col tempo mi vado sempre più convincendo che queste persone non siano altro che Mussolini e Claretta accompagnati dai partigiani a Casa De Maria. Mi vado sempre più convincendo che – i nostri – nella notte, a Moltrasio, ad attendere la barca degli americani che avrebbe dovuto portare in salvo il Duce e l’amante, non ci siano proprio andati preferendo mettere i due immediatamente al sicuro (dubbio di Cicchino).

Dorina Mazzola

Dongo

Ore 1

“Bill”, che ha depositato le borse dei documenti ricevute da Mussolini in banca a Domaso, viene lasciato a presidiare i prigionieri nel municipio di Dongo. Altre due borse consegnerà il 28 aprile al garibaldino Lorenzo Bianchi dopo aver bloccato l’esecuzione del presunto Vittorio Mussolini (alias Marcello Petacci) dietro il convento di cappuccini di Dongo.

Germasino: Caserma Guardia di Finanza

Ore 1.45

  • “Pedro” (Pier Bellini delle Stelle) con i suoi uomini ritorna alla caserma dove è tenuto prigioniero Mussolini. Lo sveglia e gli comunica che dev’essere trasferito. Hanno un appuntamento con il “Neri”, “Gianna” e la Petacci. Fasciano il capo a Mussolini per non farlo riconoscere lungo la strada.
  • Alle porte di Dongo, vicino alle officine Ferriere della Falck Claretta e Mussolini si rincontrano. Dopo un breve colloquio i due vengono obbligati e risalire ciascuno sulla sua auto. Subito dopo ripartono.
  • La testimonianza di Urbano Lazzaro invece è che non sia affatto vero che Claretta abbia atteso in macchina presso le Ferriere Falck ma che invece siano stati i partigiani con a bordo Mussolini a giungere in piazza a Dongo perché si accodasse la macchina con Claretta.

Pier Luigi Bellini delle Stelle “Pedro”, comandante della 52a Brigata Garibaldi, al centro con barba e baffi.

Moltrasio

Ore 3:

  • “Neri” e “Pedro” proseguono con i prigionieri in direzione Como, si fermano a Moltrasio dove rimangono in attesa di una barca (degli americani?) che avrebbe dovuto portare Mussolini a villa Cadermatori a Blevio, da dove poi sarebbe stato trasportato all’aeroporto di Blesso e probabilmente messo in salvo in una località segreta. Sono le 3, di notte. E’ un piano di fuga concordato con il generale Cadorna, comandante generale del Cvl e il colonnello Sardagna, comandante del Cvl di Como. 

La posizione di “Neri” in questo caso, suscita qualche perplessità in “Pedro” e “Pietro” (Michele Moretti). Bisogna tener conto che nei confronti di “Capitano Neri” era già stato emesso nel gennaio 45, una condanna di morte dal comando dei partigiani comunisti milanesi per una accusa di “tradimento”, mai verificata.

  • – La barca non arriverà.

Come mai? Cosa e’ accaduto di imprevisto? Si è affermato anni dopo che il fatto di vedere delle esplosioni verso Como abbia creato dei timori ed abbia convinto la sparuta comitiva a tornare indietro. In effetti, se “Pedro” e compagni, a Moltrasio, stavano in attesa di una barca con agenti americani, sembra strano che non siano informati del fatto che il generale americano Truscott, che avanzava verso l’Adige, ha fatto deviare verso Como la 1.a Divisione corazzata e la 34.a di fanteria e che vi stanno giungendo proprio nel corso della notte. Sarebbe stato sufficiente proseguire dunque! Invece tornano indietro. Anche questo è un episodio che non e’ stato mai chiarito, da alcuni sorvolato, da altri messo in discussione.

Il partigiano Guglielmo Cantoni “Sandrino” o “Menefrego” (1924 1972) questa è una immagine del 1946

  • – Su suggerimento della partigiana “Gianna” Giuseppina Tuissi il “capitano Neri” decide di condurre Mussolini e Claretta presso Casa De Maria a Giulino di Mezzegra. I De Maria sono una famiglia di contadini che “Neri” conosce bene. Lia De Maria era stata la balia di suo cognato. Inoltre è la zia carnale del partigiano “Lino” che fa parte della missione.

Urbano Lazzaro, ed a ragione, non crede affatto che Mussolini e Claretta siano stati condotti a Moltresio, bensì – cosa più certa – direttamente a Casa De Maria.

Luigi Canali, “capitano Neri” e Giuseppna Tuissi “Gianna”

Bonzanigo di Mezzegra

Ore 4.00 – 5.00 circa del mattino

  • – Mussolini e Claretta giungono a Casa De Maria a Giulino di Mezzegra. Lia e Giacomo vengono svegliati da “Neri” e obbligati ad ospitare Mussolini e la Petacci. Ad accompagnare i prigionieri, oltre al “Neri”, a “Pedro”, a “Gianna”, ci sono Michele Moretti, Lino e Sandrino ”Menefrego”. Vengono lasciati di guardia solo “Lino” e “Sandrino” gli altri vanno via.

Colpisce un fatto: come mai a custodia di Mussolini vengono lasciati solo due partigiani e non si organizza invece un presidio!? A proteggere il Duce non è sufficiente l’essere lì in anonimo? Ma dalla testimonianza di Dorina Mazzola non abbiamo visto che Casa De Maria è frequentata anche da altri gruppi di partigiani e di sconosciuti che giungono lì all’improvviso?!

La camera di Casa De Maria dove Mussolini e Petacci pernottarono la notte fra il 27 e il 28 aprile.

…dopo qualche tempo (mezz’ora …?)

Ma Mussolini e Claretta in casa De Maria vi entrano vivi o morti? “Bill” Urbano Lazzaro riporta nel suo libro, “de relato” una vaga indicazione riferita a Valerio, apodittica, decontestualizzata dai fatti, la quale affermerebbero che lui dopo averli uccisi… “Avrebbero nascosto i due cadaveri in una casa vicina che era circondata da un alto muro: nella casa abitava un amico e conoscente del capitano Neri… I due cadaveri vennero quindi trasportati subito nella casa dell’amico di Neri!”

Questo posto ha proprio le caratteristiche della casa dove abitano i De Maria, che sono amici del Capitano Neri! A questo ancora si aggiunga che nel testo dell’autopsia di Mussolini appuntato dal dottor Cova a Milano il 30 aprile 1945, si afferma che fu ucciso lo stesso giorno della cattura. E’ una affermazione buttata lì, forse per errore, tuttavia è un errore che fa riflettere.

A proposito. Il fatto che in tutti i racconti si dica che la testa di Mussolini fosse stata fasciata da bende, non può avere invece altro significato? …significare appunto il delitto! Non potrebbero aver permesso il ricongiungimento con Claretta proprio per ucciderli entrambi! Non potrebbero averli uccisi a Moltrasio?!

Fotografia di dubbia autenticità, ma comunque utile come ricostruzione. Rappresenta Mussolini seduto sul letto della stanza di casa De Maria, 28 aprile 1945. I dettagli della stanza da letto corrispondono al vero. Riconoscibile sul capo un inizio di fasciatura, posta per mascherarne la riconoscibilità, al momento del trasporto verso il luogo dell’esecuzione. Il viso di Mussolini appare però più grasso di come era l’aspetto del’ex duce negli ultimi giorni. L’altro corpo riverso sul letto corrisponderebbe a quello della Petacci, con la pelliccia. Se fosse stata autentica, sarebbe stata l’ultima foto di Mussolini da vivo: ma ripetiamo, il viso del Mussolini degli ultimi giorni non aveva la pinguedine nella zona del sottomento presente in questa foto, che è tuttora un mistero.

Aldo Alessiani, nell’ambito dei suoi studi critici sulla morte e le autopsie del Duce ipotizza che non sarebbe incoerente – da un punto di vista autoptico – ipotizzare la sua uccisione nella tarda notte del 27, rinuncia a questa possibilità solo per il fatto che testimonianze certe affermano che è in vita fino alla mattina del 28 aprile. (Dubbio di Cicchino)

Como

Ore 5.30 / 6

  • -Lasciati Mussolini e la Petacci, “Pietro” Michele Moretti, il “capitano Neri” e “Pedro” vanno a Como alla sede del locale Partito Comunista messo in piedi da Dante Gorreri.

Dante Gorreri era un parmigiano di 45 anni arrestato nel gennaio 1945 e rinchiuso insieme al “Neri” nelle carceri di Como. Sembra che il Gorreri non si comportò molto bene… Fece dei nomi? Il “Neri” fu testimone? Fatto sta che Gorreri fu liberato e “Neri” rimase in carcere. Gorreri fuggì in Svizzera… poi dopo qualche tempo tornò a Como.

“Guido” Aldo Lampredi in una tarda foto del dopoguerra, partecipò alla spedizione a Dongo e Giulino di Mezzegra il 28 aprile 1945 e che vide l’uccisione di Mussolini e Claretta e dei gerarchi

Si dice che Gorreri poi sia stato insieme a Pietro Vergani (“Fabio”) nel maggio 1945 tra i mandanti dell’uccisione di “Neri” e Gianna. La condanna a morte contro “Neri” fu emessa nel retrobottega di un negozio di proprietà del fratello di Mario Melloni (il futuro “Fortebraccio” de L’”Unita’”) da un tribunale comunista di cui fanno parte Pietro Vergani, Aldo Lampredi e Giovanni Pesce.

Sicuramente “Neri” era in contatto con i servizi segreti inglesi, dopo i contrasti che si ebbero fra lui e i dirigenti del PCI di Como in merito alla gestione del prigioniero Mussolini e del Tesoro di Dongo. Sicuramente “Neri” avrebbe voluto consegnare Mussolini agli inglesi (“Neri” era contrario alla sua uccisione senza processo) e probabilmente è lui che ha messo gli inglesi sulle tracce di Mussolini.( vedi L. Garibaldi LA PISTA INGLESE)

  • “Neri” e i suoi uomini giungono a Como per riferire della loro missione ai responsabili del PCI. Lino e Sandrino sono rimasti di guardia ai prigionieri. (Testimonianza di Michele Moretti resa in anni successivi).

L’ultimo scritto di Mussolini, redatto a Germasino, sopra Dongo, il 27 aprile 1945. “La 52a Brigata Garibaldina mi ha catturato oggi venerdì 27 aprile nella Piazza di Dongo. Il trattamento usatomi durante e dopo la cattura è stato corretto”.

Bonzanigo di Mezzegra: Casa De Maria

Ore: ??? della notte

Nei pressi di Casa De Maria si sarebbe fermato il cappellano militare don Luciano Ambrosini (di Vezzo, sopra Stresa. Cappellano militare delle brigate Giustizia e Libertà. Nel 1956 prete missionario in Sud America, ad Abatia – Paranà) 

Dalla casa sarebbe uscito qualcuno per dargli in consegna alcuni fogli scritti da Mussolini. Il Capitano Neri sarebbe tornato a Casa De Maria ed avrebbe consegnato a Mussolini una pistola per difendersi.

Ma allora, sarebbe tornato a Casa De Maria, prima di essere stato a Como, o dopo? Non potrebbe darsi che saputo a Como dell’intenzione di uccidere il Duce, sia tornato indietro e gli abbia consegnato la pistola? (Fonte Pisanò)

Il primo resoconto di Walter Audisio, ancora anonimo, sulla prima pagina dell’Unità del 1 maggio 1945

Milano

Ore 5.30:

  • “Valerio” e Lampredi e “Riccardo”, l’unico esperto di armi, escono dal comando del CLN di via Cusani per andare in viale Lombardia a prendere gli uomini per il plotone di esecuzione.

Che tutto in pratica sia poco chiaro, tra l’altro, lo dimostra il fatto che il generale Cadorna, informato da Audisio della sua missione, sul presto, telefona al carcere di San Vittore ordinando lo sgombero di 20 celle per far posto a Mussolini e i gerarchi catturati a Dongo.

In bianco e nero: Luigi Longo con la sua segretaria Francesca De Tomasi, estenditrice del cosiddetto Memoriale Audisio inerente la morte di Mussolini

Ore 7.00 secondo Bandini

  • – Walter Audisio, su una 1500 nera parte diretto a Como con un lascia passare a nome di Giovanbattista Magnoli rilasciatogli dal capitano dell’OSS americano Emilio Daddario. In macchina con lui “Riccardo” Alfredo Mordini e “Guido” Aldo Lampredi. 

Lampredi è un alto funzionario del PCI con esperienza di missioni diplomatiche presso i partigiani jugoslavi. Interessante osservare, a proposito del documento dato come lasciapassare a Walter Audisio, il fatto che esso ha una origine quanto mai imbarazzante. Il vero Giovan Battista Magnoli, subì insieme ad altre persone, il 20 ottobre 1943, una rapina che lo aveva depredato dei soldi e dei documenti.

Tra questi la carta di identità che poi, non si sa come, è finita nelle mani di Daddario e consegnata a Walter Audisio. Ci si chiede come mai, con tutta l’organizzazione per produrre falsi ci si dovesse servire proprio di una carta sporca che poteva mettere a repentaglio la vita di chi la esibiva.

  • – La scorta è costituita da 13/15 partigiani (sarà il plotone di esecuzione dei gerarchi fascisti).

Non sappiamo bene se il camion con cui partono i partigiani prosegue fino a Dongo oppure si ferma per strada…

  • – Il gruppo di fuoco sono partigiani scelti dell’Oltrepò Pavese al comando di “Riccardo” Alfredo Mordini, sono caricati su un camion requisito alla ditta Ovesticino.

“Riccardo” Alfredo Mordini – Comandò il plotone d’esecuzione a Dongo il 28 aprile 1945

Qualche minuto dopo

  • – Anche Luigi Longo partirebbe da Milano verso Como, subito dopo la messa in marcia di Audisio. Altre fonti affermano che Longo sia invece partito prima di Audisio. Fatto è che che questo secondo, forse, ignaro, fa da spalla al primo.
  • – Su “L’Unità” compare la notizia dell’arresto di Mussolini (Vedi Biblioteca Nazionale: MFP24A)

Ore 8.00 circa

  • Leo Valiani si presenta al generale Cadorna recando l’ordine di fucilare Mussolini a nome del Comitato di Liberazione Nazionale.
  • – Ma Cadorna non è d’accordo. Pare che qualche minuto dopo faccia partire un autocarro pieno di una brigata partigiana indipendente dell’Oltrepò con l’ordine di fermare i giustizieri.
  • – A Camerlata però, un terribile scroscio di pioggia bagna il motore e blocca questo camion. La missione dunque è interrotta. 

Non potrebbe comunque trattarsi invece di un autosabotaggio, di aver accampato una scusa, per non andare a raggiungere e battersi contro i compagni?

Luigi Canali in divisa, ufficiale dell’Esercito italiano: “Capitano Neri” Luigi Canali fu ucciso dai partigiani comunisti subito dopo il 28 aprile 1945

Dongo

Ore: ???

  • “Pedro” torna al municipio di Dongo.

Como

Ore: 7.15

  • “Neri”, “Gianna” e Moretti vanno a svegliare il sindaco di Como Antonio Marnini (PCI): vogliono che vada a Dongo con loro per processare Mussolini. Marnini non se la sente. Meglio consultare il partito.

Brunate

Ore 8.30:

  • John Maccaroni, Bruno Lonati, “Bruno”, “Gino” e “Lino” partono per Giulino di Mezzegra.

Ma perché partono così tardi?! E’ assurdo che dei giustizieri che ritengono così determinante la loro missione se la prendano tanto comoda! Molto probabile è che il racconto di Lonati sia inattendibile quanto agli orari e che invece siano partiti molto prima! A Giulino, infatti, sarebbero potuti giungere uomini dei servizi americani, comunisti, partigiani, fascisti!?

Lino” Giuseppe Frangi il partigiano ucciso due giorni dopo le diverse esecuzione dei fascisti a Dongo e dintorni

Como

Ore 8/ 8.30:

  • – Walter Audisio e “Guido” arrivano alla prefettura di Como. Inizia una lunga e rumorosa trattativa con i comaschi per la “tutela e la giurisdizione” dei prigionieri. Alle 11, l’ignaro prestanome di Longo, non ha risolto ancora nulla.
  • – I capi comaschi avrebbero voluto trasferire Mussolini nelle carceri di Como, scortato dai partigiani della 52a e poi consegnarlo agli americani.
  • – Aldo Lampredi, accompagnato dai partigiani del gruppo di fuoco al comando di Alfredo Mordini, di nascosto, salgono sull’automobile di Walter Audisio e partono, senza informarlo.
  • – Lampredi si reca presso la sede del PCI, parla con il segretario Giovanni Aglietto, il quale incarica Mario Ferro di accompagnare il gruppo, al fine di poter superare facilmente i posti di blocco partigiani.

Verso dove? Con quale obiettivo?

Schema della distribuzione in zone di competenza delle Divisioni e Brigate Partigiane intorno al Lago di Como, al 25 aprile 1945.

  • – La squadra al comando di Lampredi parte per l’Alto Lago. 

Bandini ipotizza che viaggino con due macchine: su una starebbe Luigi Longo, or ora giunto da Milano. L’autista della 1500 nera sarebbe Giuseppe Perotta.

  • – Walter Audisio, inconsapevole, rimane bloccato in Prefettura.

Ma quale è la biografia di questi uomini che accompagnerebbero Longo? Cosa hanno di particolare? Giovanni Aglietto “Remo” di Savona, è amico del concittadino Sandro Pertini, dal 1926 segretario dei giovani comunisti savonesi.

Mario Ferro, dirigente comunista, di Paola, in Calabria, nel 1938 espatria. Nel 1942 è a Nizza con Sereni, va a Marsiglia con Clocchiati nel tentativo di far fuggire Luigi Longo dal campo di concentramento di Brebant. Nel 1942 rientra in Italia, il 26 settembre viene arrestato, poi liberato dopo il 25 luglio.

Da aggiungere… nella zona di Como vi opera anche un altro capo partigiano importante Domenico Tomat, di Venzone, maggiore delle Brigate Internazionali: è stato con Longo in Spagna. Il 3 luglio 1944 rientra dalla Valtellina, dove si è rifugiato, e diventa comandante di una brigata comunista dislocata sopra Chiavenna, vicino Dongo. Il suo nome di battaglia è lo stesso di Audisio: “Valerio”.

Bonzanigo di Mezzegra: Casa De Maria

Ore 8.30 circa:

(Fonte Pisanò “Così Sandrino avrebbe raccontato a sua moglie…)

  • – Su per la stradicciuola che porta a Bonzanigo e a Casa De Maria compaiono alcuni uomini armati di mitra seguiti da…altri uomini in borghese; fra questi c’è Michele Moretti, seguito da altri due partigiani che non ha mai visto né conosciuto; giungono sulle scale di Casa De Maria dove sono custoditi Mussolini e Claretta Petacci.
  • -Viene ordinato a Sandrino di rimanere sul pianerottolo.
  • -“Adesso vi portiamo a Dongo per fucilarvi!” urla un partigiano ai due prigionieri. “No. Vi uccidiamo qui!” controbatte un altro.

…le confidenze che Sandrino avrebbe fatto a sua moglie si arrestano qui senza aggiungere altro… Chi sta accompagnando Michele Moretti? E i due partigiani? Chi sono quei signori in borghese? Sono forse John e Lonati? Ma a quell’ora, a detta di Lonati, sarebbero dovuto essere ancora in viaggio.

Ore 8.30 circa fino a circa le 10.00 (??) (ipotesi MAZZOLA)

  • -due colpi di arma da fuoco provenienti… probabile da Casa De Maria. PRIMO SPARO

Da chi sono stati sparati? Da Mussolini contro i partigiani? (se è vero che gli sia stata lasciata una pistola dal “Neri”) O sono i partigiani che li hanno inferti contro Mussolini? E se fosse un segnale… un avvertimento… per altri che sono giunti, o che devono giungere?

dopo qualche tempo non precisato… (minuti?)

  • -numerosi colpi di fucile dalla campagna a destra di Bonzanigo. SECONDO SPARO

dopo qualche tempo non precisato… (minuti?)

  • -due colpi, forse di pistola forse provenienti da Casa De Maria. TERZO SPARO 

Da quanto si sa Mussolini parrebbe essere stato ucciso prima di Claretta, allora questi colpi a chi sono inferti? Ancora a Benito? Per la prima volta, o per la seconda? E’ stato colpito qualcun altro? Chissa?!

Giulino di Mezzegra (CO) – Cancello e vialetto innanzi a Villa Belmonte, in un immagine precedente l’esecuzione di Mussolini

dopo qualche tempo non precisato… (minuti?)

  • -almeno sei colpi di fucile, dalla destra di Bonzanigo. QUARTO SPARO 

Perché sparano ancora? Chi?

dopo qualche tempo non precisato… (minuti?)

  • -Furibondo litigio. Giacomo De Maria urla picchiando i pugni su un tavolo. La moglie piange gridando “Sono cose da capitare in casa mia!?”

Che cosa è dunque accaduto di così ripugnante? E’ stato colpito a crudo qualcuno? Chi? E’ ancora vivo? E’ morto?

  • -Nel cortile di Casa De Maria alcuni uomini si agitano tra la porta di casa e quella della cantina.
  • -Tra gli uomini ve n’e’ uno con la testa calva, con indosso una maglietta bianca e si muove zoppicando. 

Giulino di Mezzegra (CO) – Cancello di Villa Belmonte, in un immagine del dicembre 1945, dopo l’esecuzione di Mussolini. Visibili due piccoli croci nere.

E’ Mussolini ferito? Forse. Allora gli hanno sparato mentre era in camera?

  • -Si apre il finestrone del secondo piano di Casa De Maria si affaccia una giovane donna che urla: “Aiuto, aiutateci!”

Chi è costei? Certamente Claretta Petacci. O chi?

  • -Qualcuno la tira dentro. Lei s’ode continuare a piangere e gridare.

Argegno

Ore 9 circa: (ipotesi Bruno Lonati)

  • Bruno Lonati, i suoi tre uomini e John Maccaroni hanno un conflitto a fuoco con dei partigiani che presiedono un posto di blocco.

La veridicità di questo e’ stata verificata da Luciano Garibaldi.

  • – Nello scontro viene ucciso “Lino”, uno dei partigiani che accompagna “John” e Lonati, viene abbandonato sul ciglio della strada.

Tremezzo

Ore 9.30/10 circa: (ipotesi Bruno Lonati)

Lonati e John incontrano l’agente inglese vestito da “alpino”  (E’ l’”alpino”, che accompagna l’agente femminile inglese Coven di cui parla sempre L. Garibaldi a proposito dell’assassinio di Gianna??. Vedi La pista inglese pag. 117), pantaloni alla zuava, con il cappello ma senza penna e una pipa in bocca.

  • – La parola d’ordine è: “Andiamo a fare una bella gita”, la risposta: “So io un bel posto”.

Nella spiegazione che dà “l’alpino” una delle battute colpisce per la sua stranezza … “Aprite bene gli occhi e guardate dove sono i partigiani. Mussolini dovrebbe stare lì” quindi risulterebbe che se per rintracciare la casa fosse sufficiente vedere dove sono i partigiani voleva dire che di partigiani ce ne sarebbero dovuti essere molti, non i soli “Lino” e “Sandrino”, lasciati di guardia a Mussolini!

Oppure non può, forse, significare… più semplicemente per “I partigiani”‘, coloro che vi porteranno in quella casa!? e spiegherebbe il fatto che “Pietro” accompagni quegli sconosciuti di cui parla la moglie di Sandrino a Casa De Maria.

Il  punto preciso del muro dove avvenne la fucilazione a Giulino di Mezzegra, ottobre 1945

Ore 10/10.30 circa (?) (ipotesi Bruno Lonati)

  • -Giungerebbe a Bonzanigo il capitano dei servizi inglesi John Maccaroni, insieme a Bruno Lonati (è un partigiano di Lampredi) e ai partigiani “Bruno” e “Gino”.

Dialogo:

  • – “Siamo venuti per trasferirvi e dobbiamo fare presto”
  • – “Ma voi chi siete?! Venite da un’altra parte?”
  • – “Sì. Lui e’ inglese!”
  • – “Avevi ragione tu!” commenta Mussolini, rivolgendosi a Claretta.
  • – “Le carte! Dove sono le carte?” chiede perentorio il capitano John Maccaroni.
  • – Mussolini gli passa quelle di poco conto che ha nella borsa.
  • L’altro, stizzito continua a ripetere “Le altre? Dove sono le altre?”
  • – “Mi sono state tolte a Dongo”.
    Allora John si allontana per parlarne con i partigiani lì fuori.

Risulta evidente che le parole di “John” che ripete ossessivamente nervoso “Le carte? Dove sono le altre carte?” possa essere una battuta plausibile e sicuro pronunciata quella mattina. 

E’ chiaro che l’inglese si attivi per rintracciare i documenti. Tuttavia colpisce l’ora tarda, le 10.00 del mattino, per compiere una operazione così determinante per la storia e soprattutto per Churchill. La fucilazione di Mussolini e Claretta -secondo Lonati – sarebbe avvenuta qualche minuto dopo le ore 11.00.

  • – John Maccaroni, Bruno Lonati, “Bruno” e “Gino” compiuta la missione tornano indietro.

Ricostruzione dell’uccisione di Benito Mussolini. Un uomo indica un punto preciso del muro dove avvenne la fucilazione.

Sono passate le ore 10 (?) …verso le 11: (ipotesi Mazzola)

  • -sette colpi, davanti Casa De Maria. Colpi nitidi, con un distacco preciso l’uno dall’altro. QUINTA SPARATORIA

Sono colpi di pistola? E sparati contro chi? Mussolini? O altri?

  • -Il litigio continua.
  • -via vai concitato degli uomini.
  • -Altri salgono via del Riale. Altri varcano il cancello di Casa De Maria e scendono. 

Sono sempre gli stessi? E’ Longo con il suo gruppo che arriva, o altri? Di sicuro nei frangenti di quella mattinata sono sopraggiunti anche i servizi segreti americani, i cui agenti erano infiltrati ovunque per il Lago di Como. Avevano, rispetto alla sorte di Mussolini progetti diversi, anzi opposti a quelli inglesi. Questi gruppi si sono scontrati fra di loro? Si sono sparati?

ore 11 circa

  • -Nello slargo di Via Albana è parcheggiata una automobile scura. 

Ma potrebbe esserci già da prima. Lei forse non ci ha fatto caso. E’ per caso l’auto con cui Lampredi ha lasciato Como?

Ricostruzione della posizione del corpo dopo gli spari in una foto di Federico Patellani

…ore 11/11,30 circa(?)

  • – sparatoria nel cortile davanti Casa De Maria. SESTA SPARATORIA.
  • – Il frastuono tra gli uomini cessa di colpo.

Si ode solo di pianto di Lia De Maria e dell’altra donna.

E’ il momento forse in cui viene definitivamente ucciso Mussolini? O chi altro?

dopo qualche tempo non precisato… (minuti?)

  • -colpi di fucile alla destra di Bonzanigo, nella campagna SETTIMA SPARATORIA.
  • -Pianto di Lia De Maria.
  • -Un’altra donna (Claretta?): “Ma perché’? perché?”

Ricostruzione dell’uccisione di Benito Mussolini. Un uomo simula il momento della morte.

Tremezzo

Ore 11.30/12 circa (?)

  • “L’alpino” non appena vede l’auto con “John” e i partigiani, di ritorno dalla missione compiuta entra in una ripida strada laterale, così stretta che la macchina ci passa appena.
  • – Dopo una decina di minuti di curve in salita giungono ad una cascina e nascondono l’auto nella stalla.
  • – “John”: “Non abbiamo trovato le carte che cerchiamo. Bisogna darsi da fare per sapere dove sono”.

qualche tempo dopo, non precisato… (minuti?)

  • “L’alpino” prende la bicicletta e si allontana. Oscura l’identità di questo alpino.

Qualcuno assurdamente afferma trattarsi di Paolo Caccia Dominioni, che -si dice- fosse fortemente in contatto con gli inglesi, facesse parte delle brigate Garibaldi, ed avesse il vezzo di andar sempre vestito da alpino e con un bastone, ma noi – su questa ipotesi – non siamo d’accordo. Riteniamo per ora il suo nome a tutti gli effetti sconosciuto!(fonte Enrico Reniero).

Bonzanigo di Mezzegra: Casa De Maria

ore 11.30

  • -Alcuni uomini provengono da Casa De Maria per via del Riale.
  • -Uno di questi ha un grosso fagotto tra le mani con indumenti, coperte e un cappotto. 

Le coperte sono forse macchiate di sangue? O a che servono? Allora Mussolini è stato colpito una prima volta, in camera da letto?

  • -Di nuovo il pianto di Claretta… questa volta più vicino.
  • -Due uomini tengono a braccetto Mussolini morto, diritto, in alto, trascina i piedi, la testa reclinata su un lato.
  • -Claretta gli si butta in ginocchio dinanzi, abbracciando i piedi. Grida convulsamente qualcosa.
  • -Un partigiano le si avvicina e le parla accarezzandole i capelli, cercando di sollevarla da terra.

Chi sarà mai questo uomo pietoso? mosso per lei da tanta pena… perché?

  • -Claretta continua a disperarsi. “Dov’è mio fratello?” chiede. 

La domanda è plausibile, infatti Marcello Petacci, moglie e figli sono stati scoperti e fatti prigionieri dai partigiani a Dongo.

  • -Dalla curva giunge un terzo gruppo di uomini. Alcuni vestiti in borghese. E due donne mai conosciute prima e che Dorina Mazzola non ha poi rivisto più.

Viene da chiedersi: queste due donne sono le stesse della notte precedente? Sono per caso la partigiana Gianna con quella agente inglese che assiste all’uccisione di Gianna qualche settimana dopo, chi altro ancora?

  • -Complessivamente le persone che sono giunte a Bonzanigo quella mattina sono perlomeno una quindicina. 

Fra queste c’è il gruppo di fuoco che è partito da Como con Lampredi? C’è anche Alfredo Mordini? E Longo?

dopo qualche tempo non precisato… (minuti?)

  • – al cadavere di Mussolini, sempre tenuto al centro dritto come a sembrar d’essere in piedi è stato cambiato il cappotto. Prima ne indossava uno militare, ora uno di taglio borghese color marrone.

Perché quel corpo, morto, è tenuto in sì falso modo?

(Da fonte Pisanò: è da escludere che Mussolini sia stato ucciso da Lampredi o da Moretti).

dopo qualche tempo non precisato… (minuti?)

  • -Claretta, vestita di scuro, urlando si riaggrappa di nuovo alle gambe di Mussolini, stringendole così tanto da sfilargli uno stivale.

Ma allora lo stivale gli era già stato messo prima e male? Altrimenti non se ne sarebbe uscito! Potrebbe essere proprio così visto che poi negli anni futuri viene a scoprirsi che si tratta di quello ortopedico del piede ferito in guerra nel 1916.

  • – Un partigiano strappa lo stivale dalle mani della donna e si china per tentare di reinfilarlo al piede. Ma non ci riesce.
  • – Scoppia di conseguenza una lite tra i partigiani.
  • – Alcuni si arrabbiano con quella donna che fa loro perdere tempo. Devono avere molta fretta.
  • – Lei non esita a rimanere tra i loro piedi e ad abbracciare il morto, a cui si rivolge dandogli del voi: “Cosa vi hanno fatto! Come vi hanno ridotto!” si dispera.
  • – Al gruppo intorno al Corpo di Mussolini e Claretta urlante si risoppraggiungono gli uomini che erano scomparsi da dietro la curva.
  • – Il gruppo si avvia verso via delle Rimembranze.

Claretta Petacci

ore 12 circa…

  • – Subito risuonano degli improperi: “Fate largo! Toglietevi dai piedi!”
  • – Claretta corre indietro verso lo slargo prima della stradicciuola che porta verso Casa De Maria. Ha in mano un foulard e una borsetta sotto il braccio sinistro. La pelliccia buttata sulle spalle.
  • parte una raffica di mitra, presumibilmente contro Claretta. OTTAVA SPARATORIA
  • – Finimondo di bestemmie e minacce fra i partigiani: “Chi è quel pezzo di merda che ha sparato? Da dove è arrivato? Ti lego le budella intorno al collo!” 

E’ evidente che non tutti i partigiani, o gli uomini presenti si conoscono. Dall’inveire contro l’altro e’ anche chiaro che chi urla e protesta non lo conosce. Ed ancora, chi parla non è d’accordo con il suo gesto.

Fra questi potrebbe essere presente il partigiano Carlo Angeli, Pietro Faggi, Paolo Guerra (futuro sindaco comunista di Tremezzo).

  • – Il trambusto è tale che sembra vogliano spararsi fra di loro.

Colpisce ne la “vulgata Audisio” in relazione al momento in cui Claretta viene prelevata dalla camera di Casa De Maria per essere portata con Mussolini sul luogo della fucilazione, la battuta: “Non trovo le mutandine” al che le si risponde… “Tira via, non pensarci!” Questo per giustificare il fatto che a Piazzale Loreto lei ne sia priva.

Anni dopo fra le leggende del lago v’è quella che vi sia un partigiano che possieda come cimelio le sue scarpe. Ne consegue che, a Piazzale Loreto sia a piedi nudi.

Da esami avvenuti sui resti mortali di Claretta nel 1956 risulta che prima di morire ha ricevuto un violento colpo con un corpo contundente in volto che le ha procurato la rottura di due incisivi. 

Lo zigomo destro presenta un foro di sfondamento con segmenti ossei rientrati. Ed il perito accerta che tale frattura non è avvenuta post-mortem. Mi insorge il dubbio… ciò non potrebbe esser dovuto invece alla caduta di Claretta in terra dopo la raffica mortale?

Affermazione perentoria di Leo Valiani negli anni del dopoguerra:

“Il comando della lotta partigiana non ha mai diramato nessun ordine di uccidere Claretta Petacci! …Purtroppo non ne so nulla. Non so neppure se Luigi Longo sia andato effettivamente a Dongo. Il CLNAI non ricevette mai da Longo una relazione su come si erano svolti quegli eventi”.

Leo Valiani


dopo qualche tempo non precisato… (minuti?)

  • – I partigiani ancora inveiscono.
  • – Si odono due colpi di pistola. E la baraonda cessa. NONA SPARATORIA

Perché è stato dato il colpo di grazia a Claretta agonizzante? O addirittura è stato ucciso il partigiano colpevole di aver assassinato Claretta?!

  • – Tra le persone in borghese venute da fuori c’è un signore molto distinto che indossa un impermeabile quasi bianco con cintura alta in vita, uno strano berretto con visiera in testa e, a tracolla, una lussuosa macchina fotografica. Un altro, è più piccolo di statura, ha i capelli corti brizzolati e porta un giaccone grigio scuro. Le due donne sconosciute invece, sono entrambe in pelliccia, una di visone, l’altra molto vaporosa. Hanno le facce sbiancate dallo spavento e gli occhi rossi di pianto.

dopo qualche tempo non precisato… (minuti?)

  • – alcuni partigiani stanno ancora tentando, invano, di reinfilare lo stivale a Mussolini, che ha la maglietta insanguinata. Una sciarpa attorcigliata attorno ai fianchi.
  • – i partigiani portano un altro corpo, coperto di un cappotto. E’ Claretta.
  • – dal campanile giungono i rintocchi di mezzogiorno.

dopo qualche tempo non precisato… (minuti?)

  • – l’automobile si stava allontanando lentamente giù per via Albana verso via Regina.

Dongo

Ore 14.10

  • – Il colonnello “Valerio” arriva a Dongo con la sua scorta. Lo segue il camion che poi porterà i cadaveri degli uccisi a Dongo: è un autocarro giallo della ditta Pessina requisito appena fuori Como.

Audisio nelle sue memorie del 1975 afferma che sul pianerottolo del Municipio incontra “Guido” e “Riccardo” “Non potevo immaginare che fossero giunti a Dongo dopo di me – come in realtà è stato, secondo dichiarazioni fatte successivamente da “Guido” stesso e da altri compagni – e lì per lì rimasi turbato”.

Occorre verificare se quello preso a Milano della ditta Ovestina è stato abbandonato perché finito in panne! Questo secondo camion ha percorso i 57 chilometri che lo separano da Como in circa un’ora e mezzo.

  • “Pedro” al sopraggiungere di “Valerio” non si fida, ritiene che lui possa essere un fascista con dei fascisti camuffati da partigiani, telefona a “Bill” a Domaso perché si rechi presto da lui con una squadra di compagni. Ma con autorevole violenza “Valerio” fa scendere in piazza “Pedro” perché gli faccia strada verso il Municipio.
  • -L’equivoco viene chiarito. Anzi la squadra degli uomini dell’Oltrepò Pavese ne approfitta per mangiare qualche panino.
  • Successivamente giunge in piazza un’altra auto, una Aprilia targata RM 001 con su partigiani che si proclamano rappresentanti del CLN di Como ma vengono ritenuti “sospetti”. Il colonnello Valerio dà ordine che vengano arrestati e rinchiusi in una stanza. 

Se ipotizziamo che il colonnello “Valerio” prima giunto possa essere in realtà Luigi Longo, è assai probabile dunque che ad occupare l’auto appena giunta ed i cui occupanti vengono immediatamente imprigionati siamo in realtà, o Walter Audisio, o rappresentanti del CLN di Como. Longo li farebbe imprigionare per impedire che si creino contraddizioni nella gestione dei tragici fatti che seguiranno.

Ore 14.20 – 14.30 circa

  • -Lampredi, Moretti, Aglietto, Ferro, Gorreri si ricongiungono a “Valerio”. Scambio di battute feroci tra “Valerio” e Lampredi. 

In questo caso è difficile capire se lo scambio di battute avviene tra il “Valerio” Longo, oppure tra il “Valerio” Audisio, cosa più probabile, visto che è appunto Audisio ad essere stato gabbato a Como.

Che cosa hanno fatto Lampredi, Moretti e gli altri dalle 10,30 alle 14,30? Forse hanno assistito, o partecipato alla fucilazione di Mussolini? Da Milano all’alba è partito Luigi Longo, probabilmente non da solo, pochi minuti prima? pochi minuti dopo Walter Audisio? Non è chiaro saperlo e le informazioni in possesso sono contraddittorie, fatto certo è che probabilmente Audisio viene usato come copertura.

E’ Longo insieme a “Neri”, Lampredi, Moretti, ”Riccardo”, Gorreri, Gianna ad aver fucilato Mussolini con una sventagliata di mitra lungo il viottolo prospiciente la casa De Maria? Longo è visto – alcuni istanti prima che parta la spedizione ufficiale per Giulino di Mezzegra – dal partigiano Urbano Lazzaro “Bill”, ed al tempo stesso anche da un fotografo dilettante Luca Schenini, che con una cinepresa si aggira nella piazza di Dongo.

I fotogrammi di quelle riprese sono sequestrati dal colonnello “Valerio” (Longo). Dopo l’uccisione di Mussolini tutti abbandonarono la scena: Gorreri a Como, ”Moretti”, “Neri”, Gianna a Dongo, Longo “colonnello Valerio”, a Milano dove alle 14,30 (?) incontrava in viale Certosa Cino Moscatelli, che l’aveva invano cercato per tutta la mattina. Alle 14,30 (?) Longo incontra Moscatelli e Pietro Secchia.

  • – Sulle prime il rapporto di Valerio con i partigiani di Dongo è violento. Ma poi…
  • “Pedro”, “Valerio” e “Guido” si riuniscono. Qui “Pedro” viene a sapere della decisione di fucilare Mussolini, la Petacci e i gerarchi fascisti . Reazione “garantista” di “”Pedro”, che poi deve accettare gli ordini superiori.
  • – Il “Capitano Neri” Luigi Canali -capo di stato Maggiore della 52.a Brigata partigiana garibaldina- colui che ha redatto a mano l’elenco dei 31 prigionieri fascisti più importanti, compreso Mussolini.

Claretta non è presente nell’elenco dei nomi.

Lista dei condannati a morte compilata personalmente da Walter Audisio, Dongo, 28 aprile 1945. Si noti il nome “Mussolini Vittorio” cancellato, e sotto “Petacci Marcello”

  • – L’elenco è stato consegnato al vicecomandante della Brigata “Bill” Urbano Lazzaro.
  • – La lista è sequestrata a Bill dal “Colonnello Valerio” (giunto a Dongo con un plotone di partigiani).

Ai 31 nomi di fascisti catturati, cui si aggiungono fuori lista Marcello Petacci (erroneamente scambiato per Vittorio Mussolini), la moglie Zita Ritossa e i loro due figli Benvenuto e Ferdinando ancora ragazzi.

  • – Il “Colonnello Valerio” si rende conto che non tutti i prigionieri possiedono i requisiti previsti dall’articolo 5 del decreto del CLNAI del 25 aprile 1945, il quale afferma:

“I membri del Governo fascista e i gerarchi del fascismo, colpevoli di aver contribuito alla soppressione delle garanzie costituzionali, di aver distrutto le libertà popolari, creato il regime fascista, compromessa e tradita la sorte del paese, e d’averlo condotto all’attuale catastrofe, sono puniti con la pena di morte!”

Ad esagerare, questo articolo può essere applicato solo a nove prigionieri. Ciò nonostante ad essere fucilati saranno 15:

  • Alessandro Pavolini, ministro segretario del PFR
  • Francesco Barracu, colonnello, sottosegretario alla presidenza del Consiglio
  • Fernando Mezzasoma Ministro della Cultura Popolare
  • Augusto Liveran, ministro delle Comunicazioni
  • Ruggero Romani, ministro dei Lavoro Pubblici
  • Paolo Zerbino, Ministro dell’Interno

Calcando la mano sull’articolo 5 si sarebbe potuto aggiungere:

  • Luigi Gatti ex prefetto di Milano, segretario di Mussolini
  • Paolo Porta federale di Como
  • Idreno Utimperger comandante di brigata nera di Empoli

Ma quanto all’inserire nel gruppo dei fucilando…

  • Nicola Bombacci, pubblicista, ex fondatore del Partito Comunista nel 1921
  • Pietro Calistri capitano pilota dell’Aeronautica Militare di Salò
  • Goffredo Coppola rettore dell’Università di Bologna
  • Ernesto Daquanno, giornalista, direttore della Agenzia Stefani
  • Mario Nudi, impiegato della Confederazione fascista dell’Agricoltura
  • Vito Casalinuovo, colonnello della GNR, ufficiale d’ordinanza di Mussolini

… è un vero arbitrio.

Colpisce, in tutto questo, anche il fatto che nei mesi successivi né il CLNAI, né il CVL prende l’iniziativa di chiarire i fatti con un documento ufficiale con il quale per esempio si riportino dettagli precisi sulla identita’ dei fucilati.

  •  Secondo “Bill” il “Colonnello Valerio” che agisce a Dongo e fa fucilare i gerarchi fascisti e’ Luigi Longo (ipotesi Urbano Lazzaro).
  • Subito dopo il “Colonello Valerio” (alias Luigi Longo??, alias Walter Audisio??), con Moretti e “Guido” Lampredi vanno a Giulino di Mezzegra ad effettuare la messa in scena della seconda fucilazione di Mussolini e Claretta.

Voglio precisare che quanto a questo subito dopo è tutto inconsistente e relativo. In realtà esistono versioni estremamente contraddittorie delle fonti, c’è chi dice che la finta missione del pomeriggio sia partita per Giulino di Mezzegra prima della fucilazione dei gerarchi a Dongo, altri – Walter Audisio – affermano che sia dopo.

La realtà più semplicemente deve essere stata che mentre un gruppo dei dirigenti partigiani fra cui probabilmente Longo rimaneva sulla piazza per l’esecuzione, un altro gruppo al comando di Walter Audisio si reca separatamente a Giulino per organizzare la finta fucilazione.


Bonzanigo di Mezzegra

Ore 14/15

  • – (Dorina Mazzola) Di tanto in tanto colpi di rivoltella provenienti da Viale delle Rimembranze, nei pressi della fontanella. DECIMA SPARATORIA
  • – Vicino alla fontanella sita all’imbocco di Via delle Rimembranze, alcuni partigiani sparano colpi di pistola in alto e mandano tutti giù al bivio di Azzano.
  • – Aprono la portiera della macchina e ne estraggono un uomo morto e insanguinato, sicuramente Mussolini.
  • -L’automobile riparte subito per via delle Rimembranze.
  • – Gli tolgono una maglia bianca sporca di sangue e lo lavano con dei panni che poi gettano nel torrente.
  • – Lo rivestono con la stessa maglietta insanguinata e altri indumenti.
  • – Lo portano via a braccia su per Via delle Vigne, forse fino alla congiunzione con via XXIV maggio.

Dongo, 28 aprile. Corteo dei condannati a morte in Piazza, innanzi si distingue Pavolini con cappotto lungo e braccio fasciato

dopo qualche tempo non precisato… (minuti?)

  • – la macchina scura, presumibilmente con i cadaveri di Mussolini e Claretta a bordo è tenuta per qualche tempo… un’ora? …di più? nel garage dell’Hotel Milano, che costeggia il lago.
  • – Alcuni partigiani della scorta entrano nell’albergo… piangono… 

Perché? …è la paura? …è l’orrore per quel che è accaduto? …quale il motivo?

Bonzanigo di Mezzegra

Ore 16.00 circa

  • – (Dorina Mazzola) Tracce di sangue tra l’erba, quelle lasciate da Claretta.

Si tenga conto che Walter Audisio nel raccontare la finta fucilazione, dice che Claretta sarebbe caduta sull’erba, erba che non esisteva dinanzi al cancello di Villa Belmonte.

  • – Vicino alla fontanella: sangue …sicuramente di Mussolini
  • – Possibile messa in scena della finta fucilazione da parte di Walter Audisio, con la partigiana “Gianna” ed il “Capitano Neri” nel ruolo di Claretta e Mussolini; escono da Casa De Maria e, passando accanto al lavatoio, dove sono a lavare alcune donne, si avviano verso il cancello di Villa Belmonte. Mi è stato riferito da don Birindelli, parroco di Mezzegra, che la finta fucilazione l’avrebbero voluta fare al lavatoio, ma comparendo in quell’istante un partigiano non di loro gradimento, proseguirono oltre verso Villa Belmonte.

Giulino di Mezzegra: Cancello di Villa Belmonte

ore 16.10

  • -Walter Audisio, Aldo Lampredi “Guido”, Michele Moretti, Alfredo Mordini capo partigiano dell’Oltrepo’ Pavese sparano sui due cadaveri di Mussolini e Claretta, in una finta fucilazione.
  • ore 16.25 circa
  • – (Dorina Mazzola) raffiche di mitra dalla zona di Giulino UNDICESIMA SPARATORIA.

Alcuni condannati a morte prima dell’esecuzione a Dongo, 28 aprile 1945. Da sinistra: Nicola Bombacci, Francesco Maria Barracu, Idreno Utimperghe, Alessandro Pavolini, Vito Casalinuovo, Paolo Porta, Fernando Mezzasoma, Ernesto Daquanno.

Tremezzo

0re 16.00 – 16.30

  • “L’alpino” torna alla cascina dove ha lasciato “John” e Lonati. Non ha più la bicicletta ma è alla guida di una Fiat 1100 nera. Dell’altra auto, quella con cui sono andati ad uccidere Benito e Claretta Lonati non ha mai precisato il colore. Deve essere certo però che non era nero.
  • – Riferendosi ai documenti. “John”: “Trovato niente!?”
  • “Niente. Devono averli presi quelli della 52.a che ha catturato Mussolini”.
  • “John”: “Fa un ultimo sforzo. Cerca di darmi notizie”
  • “L’alpino” va via.

Che esista un agente inglese che opera sul lungo lago vestito come un alpino ne trova conferma Luciano Garibaldi. “L’alpino” infatti è presente in alcune fasi precedenti all’uccisione della partigiana “Gianna” Giuseppina Tuissi.

Un episodio che fa riflettere su quanto fosse quel giorno confusa la situazione e che metterebbe in dubbio la versione Lonati è riferito da Franco Bandini: sembrerebbe che la Special Force inglese nella giornata del 26 aprile abbia fatto partire dall’aeroporto di Rosignano Solvay un Dakota scortato da due Spitfire con a capo il colonnello della SF Vincent (ignoriamo il suo nome) per rilevare e porre in salvo Mussolini, che a quell’ora – secondo le intenzioni – ufficiali inglesi sarebbe dovuto già essere in mani alleate.

Il momento della fucilazione dei gerarchi fascisti, Dongo, 28 aprile 1945. Di schiena il comandante del plotone di esecuzione, Alfredo Mordini “Riccardo”.

Di questa missione farebbero parte Dino Bergamasco e Lionello Santi per il Partito d’Azione, l’architetto Guglielmo Mozzoni e Edoardo Viscardi di Modrone per quello liberale. Sarebbero stati paracadutati nei pressi di San Siro verso le ore 16.00, ora nella quale il Duce è a tutti gli effetti già morto.

Mezzegra – Azzano

Dongo

Ore 17-17.30 circa

  • – Fucilazione dei gerarchi – in piazza – di fronte al Lago. 

Fatto saliente: a Luca Schenini, un cineamatore della zona che ha girato per tutto il pomeriggio immagini di quanto sta avvenendo, gli viene in malo modo sottratta la pellicola. La stessa cosa viene fatta nei confronti di un fotografo dilettante.

Cosa possono rivelare di tanto compromettente le immagini? Il volto dei componenti del plotone di esecuzione? O la presenza di qualcuno che non ci sarebbe dovuto essere, Luigi Longo?! sì, proprio Longo, che il partigiano Cesare Tuissi (fratello di “Gianna”) affermerebbe di aver riconosciuto sulla piazza a Dongo.

Luigi Longo nel 1946

Ed a tutti si aggiunge l’affermazione di Urbano Lazzaro “Bill”, che afferma senza ombra di dubbio che, per lui, il “Valerio” incontrato a Dongo è appunto il futuro segretario del Partito Comunista!

Altro aspetto inquietante… Del plotone di esecuzione proveniente dall’Oltrepò Pavese si conoscono solo i nomi veri dei cosiddetti capi drappello “Riccardo” Alfredo Mordini (combattente della guerra di Spagna, maquisard nella Francia di Vichy), e Orfeo Landini “Piero” commissario politico. Subito dopo i fatti, il PCI – del plotone – pubblicò solo i nomi di battaglia.

Assurdità di contraddizioni nelle fonti. C’è chi dice che la fucilazione invece che alle 17 sia avvenuta alle 15 del pomeriggio, vale a dire due ore prima.

Audisio sarebbe dunque partito per Giulino di Mezzegra subito dopo la fucilazione dei gerarchi fascisti avvenuta in piazza alle tre del pomeriggio a Dongo. Sarebbe partito insieme a “Pietro” Michele Moretti, “Guido” Aldo Lampredi. La macchina è una vettura Fiat 1100. Alla guida l’autista G. B. Geninazza. Da alcune fonti non è citato Alfredo Mordini, che poi si sarebbe trovato lo stesso a Giulino di Mezzegra.

Michele Moretti

Quando Audisio starebbe per partire, sta per essere fucilato anche Marcello Petacci, il fratello di Claretta, che in un primo momento era stato scambiato per Vittorio Mussolini. Marcello stava per essere inserito accanto ai fucilandi, ma questi hanno protestato vigorosamente perché non avendo per lui alcuna stima, non vogliono che venga ucciso con loro. La sua fine è avventurosamente tragica, dopo un tentativo di fuga tra le acque del lago.

Audisio è allora andato a Giulino di Mezzegra alle 15, o alle 17 ? La realtà più probabile è che la finta fucilazione di Mussolini sia avvenuta in termini di azione scollegata dalla fucilazione di Dongo, probabilmente non sono intervenute le stesse persone, ma si sono succedute.

Mezzegra – Azzano

Sera

  • – I cadaveri di Mussolini e Claretta che sono stati caricati su una macchina che ha risalito la strada fino a Villa Belmonte, vengono portati giù a bordo ad Azzano, messi a bordo strada per essere caricati sul camion giallo di Valerio con gli uomini fucilati a Dongo. Mussolini e Claretta vengono posti in cima a tutti.

La pistola Beretta di Lampredi, che inferse a Mussolini il colpo di grazia, 28 aprile 1945

Milano

  • – Il camion carico di cadaveri, con Walter Audisio e la scorta dei partigiani si rimette in marcia verso Milano dove arriva alle 22. Si fermano in via Fabio Filzi allo stabilimento della Pirelli dove chiedono al comandante del posto il cambio della scorta.
  • Ma Audisio e compagni vengono scambiati per fascisti, ancora di più quando scoprono che sui camion ci sono i corpi di Mussolini e Claretta (vengono sospettati di aver trafugato i corpi del Duce e la sua amante). Rischiano di essere passati per le armi. Solo dopo ore di discussioni e grazie ad una telefonata fatta da Aldo Lampredi dal comando del CLN, viene creduto e lasciato passare.
  • – La macabra comitiva giunge a piazzale Loreto alle 3.40 del mattino. Scarica i corpi dei fascisti dinanzi alla pensilina del distributore di benzina Standard Oil e va al Comando dei Volontari della libertà a riferire a Cadorna e Longo che la missione è compiuta.
  • Il mitra francese MAS38 di Michele Moretti, che probabilmente sparò a Benito Mussolini, Museo storico nazionale albanese

29 aprile

Milano

Mattino:

  • -Su L’Unità compare la notizia: “Mussolini tradotto a Milano”. (vedi Biblioteca nazionale: MFP24A)
  • – I cadaveri di Mussolini e della Petacci, insieme a quelli dei gerarchi e di Starace (ucciso al mattino) sono appesi a Piazzale Loreto. Si dice che oltre a Starace, colà fucilato, al mucchio si siano aggiunti anche altri cadaveri di fascisti uccisi quel mattino in città, i quali venivano condotti in Piazzale Loreto.

Non è cosa certa, tantomeno si sa quanti essi siano stati. Di sicuro, per errore, alla pensilina viene appeso un cadavere a cui si appone il nome di Teruzzi, che invece era ben vivo a casa sua ed è morto di vecchiaia.

Quanto all’atteggiamento dei capi delle forze politiche sulla esposizione dei corpi a Piazzale Loreto sembra che solo Emilio Sereni la reputasse naturale.

Anni ’40: la fotografia riprende l’angolo fra il piazzale e corso Buenos Aires (dove transita il tram), ed è visibile il distributore di benzina

Pare che avesse commentato, rivolto all’indignato governatore militare di Milano Charles Poletti, “La storia è fatta cosi. Alcuni devono non solo morire, ma morire vergognosamente!”

Diversamente pensa Sandro Pertini, che prorompe: “Avete visto? L’insurrezione e’ disonorata!” Ferruccio Parri aggiunge sconsolato“Questa esibizione di macelleria messicana è terribile e indegno: nuocerà al movimento partigiano per gli anni a venire!”

Quando viene appeso per i piedi il corpo di Claretta è don Pollarolo, cappellano dei partigiani, a prendere l’iniziativa di far spillare la gonna rovesciata (lei è senza mutandine) con una spilla da balia che gli dà una donna. Ma quando questa soluzione si dimostra inefficace intervengono i pompieri, che gliela legano intorno alle gambe con la corda.

  • – Francesca De Tomasi, segretaria del comando generale delle brigate Garibaldi, è convocata da Walter Audisio e Aldo Lampredi per scrivere il rapporto sull’uccisione di Mussolini.

Un comizio di Sandro Pertini

– Da La pista Inglese (Luciano Garibaldi), pag. 50:

“Il testo fu dettato a Francesca De Tomasi, dattilografa del Comando generale Cvl, e amica personale di Luigi Longo, da Walter Audisio e da Aldo Lampredi…Audisio ad ogni frase chiedeva conferma a Lampredi…Lampredi si avvicina ad Audisio e battendogli una mano sulla spalla gli dice : -Allora d’accordo questa è la versione che dovrà essere rimandata alla storia per sempre. Chiaro? da questo momento la parte dell’eroe la sopporti tu…”.

A quanto risulta Audisio leggeva da un foglio di appunti non scritto da lui, perché molte volte si interrompeva e doveva intervenire Lampredi in suo aiuto.

  • -Vedi anche Gli ultimi cinque secondi di Mussolini(Giorgio Pisanò), pag 52-54.

30 aprile

Su L’Unità notizia: “MUSSOLINI FUCILATO PRESSO COMO” ((vedi Biblioteca Nazionale : MFP24A)

Prima versione Walter Audisio.

Milano

Ore 7.30

Si tenga presente: sul cadavere di Claretta non viene eseguita nessuna indagine.

  • – L’autopsia sul corpo di Mussolini è eseguita dal prof. Caio Mario Cattabeni. Permane il mistero intorno ad un sedicente “generale medico della sanità del CVL” che la firma il referto insieme a tutte le autorità presenti con il semplice nome di “Guido”. Forse è Aldo Lampredi; e forse è lui che impedisce che venga condotta l’autopsia sul corpo di Claretta. Nella sala autoptica sarebbe presente anche il prof. Alberto Mario Cavallotti “Albero”, il quale conosce Aldo Lampredi da tempo e non fa nulla per smentirne la falsa identità.

Piazzale Loreto

Tremezzo

Notte:

Aerei inglesi bombardano l’hotel Bazzoni. Sembra essere una “vendetta” contro il mancato arrivo in Svizzera di Mussolini ed il suo prezioso carteggio.

5 maggio 1945

  • – Poco dopo le due di notte in località il Puncett sul lago di Como viene trovato dal “capitano Neri” il cadavere di “Lino”, uno dei carcerieri di Mussolini, ucciso da una raffica di mitra. Sembra che Lino avesse convocato “capitano Neri” per una comunicazione urgente e segreta. Secondo Urbano Lazzaro “Lino” voleva avvisare “Neri” dei pericoli che stava correndo.
  • 7 maggio 1945
  • -Viene ucciso in circostanze misteriose il capo di stato maggiore della 52a Garibaldina “capitano Neri”. Prelevato a Como e portato a Villa Tornaghi, dove fu tenuto prigioniero per alcune ore nelle cantine. Prelevato da “Nicola”, tale Dionisio Gambaruto, presente Dante Gorreri, tutti fedelissimi degli ordini del partito e portato verso l’alto Lago di Como… al Pizzo di Cernobbio: da quel momento spariscono le sue tracce.
  • 23 giugno 1945
  • – Viene uccisa “Gianna” Tuissi, e nei giorni successivi la sua amica Anna Maria Bianchi, il padre della Bianchi, Michele, fervente comunista, ed altre decine di partigiani che potrebbero essere informati delle circostanze reali in cui venne ucciso Mussolini e la Petacci oltre che della reale destinazione del “Tesoro di Dongo”, nonché nel novembre 1946 il giornalista Franco D’Agazio che aveva iniziato a pubblicare sul settimanale Il Meridiano d’Italia, i memoriali di “Neri” e “Gianna”. Si parla di decine di assassini (vedi L. Garibaldi pag.168 e segg.)

20 ottobre

2 novembre 1945

  • -Sul “Corriere d’informazione” diretto da Ferruccio Lanfranchi compare la prima versione ufficiale dell’uccisione di Mussolini. Versione che Lanfranchi ottiene da Francesca De Tomasi.

18 novembre

13 dicembre 1945

  • -Su l’UNITÀ a partire dal 18 novembre sotto il titolo “Come giustiziai Mussolini”, viene pubblicata la versione “ufficiale” dell’uccisione di Mussolini. Gli articoli, presentati da Luigi Longo, sono tratti da una fantomatica “relazione del Colonnello Valerio”. Sono 24 articoli che si concludono il 13 dicembre.

Nell’introdurle Luigi Longo diceva:

“In queste pagine parlano i testimoni oculari e gli esecutori materiali della cattura e delle fucilazione di Mussolini e i suoi accoliti, parlano i patrioti che ricevettero dal Comando generale del Corpo dei volontari della libertà le missioni ufficiali che condussero a buon termine e di cui si riferisce.

Perciò non racconti romanzati, non mistificazioni, ma la nuda e pura realtà narrata da chi la visse e in gran parte la creò. Questo posso affermare per la parte avuta nel comando generale delle brigate d’assalto Garibaldi e del Cvl e per la conoscenza che ho dei fatti. 2 novembre 1945”.

Seconda versione Walter Audisio.Þ (qui si parla delle mutandine della Petacci). Il colonnello Valerio mantiene ancora l’anonimato.

Walter Audisio

3 marzo 1947

  • – Al giornalista americano John Pasetti nella sede romana de L’Unità Walter Audisio dichiara in francese: “Sì io, il ragioniere Walter Audisio sono il Colonnello Valerio. Sono io che ho fucilato personalmente Mussolini”.
  • 6-16 marzo 1947
  • – Il quotidiano “Il Tempo” pubblica un servizio in otto puntate del giornalista Alberto Rossi dal titolo “Il mistero di Dongo è crollato, il Colonnello Valerio è Walter Audisio”.
  • 22 marzo 1947
  • -La segreteria nazionale del PCI comunica su L’Unità che il “Colonnello Valerio” era il ragioniere Walter Audisio. Walter Audisio verrà eletto deputato dal 1948 in poi per alcune legislature nelle liste del PCI.

1947, un comizio di Walter Audisio

23 marzo 1947

  • -Il quotidiano L’Unità pubblica un articolo a nome Marino intitolato Colui che fece giustizia per tutti. L’uomo Valerio. E’ una biografia apologetica di Walter Audisio.

28 marzo 1947

  • -Walter Audisio con basco, cravatta e impermeabile bianco si presenta alla Basilica di Massenzio, nel corso di un comizio e si dichiara ufficialmente l’uccisore di Mussolini. Urbano Lazzaro (“Bill”) non riconosce in quel colonnello Valerio, il colonnello Valerio da lui conosciuto a Dongo.
  • ottobre 1949
  • -La Corte d’Appello di Milano emette sentenza contro Michele Moretti e altri in merito all’omicidio di dieci persone (tra cui “capitano Neri” e “Gianna”). Veniva parallelamente giudicato il reato di sottrazione di ingenti quantità di beni (“l’oro di Dongo”). Gli imputati del processo sono 51. Il processo durò fino alla fine di luglio 1957.
  • 5 febbraio 1956
  • – L’Europeo (n.538) pubblica una serie di articoli a firma di Franco Bandini con i quali vengono confutate le versioni del Colonnello Valerio.
  • 25 febbraio 1956
  • – L’Unità pubblica una smentita a firma del partigiano Guglielmo Cantoni “Sandrino, Menefrego” nel quale dichiara di aver raccontato fantasie a Giorgio Pisanò nel corso di un’intervista che sarebbe uscita nei giorni seguenti sulla rivista Oggi, a proposito della morte di Mussolini.
  • Il cadavere di Claretta Petacci

maggio 1956

  • -Viene riesumato il cadavere decomposto di Claretta Petacci e fra i resti vengono rinvenuti due proiettili calibro 9, quando invece la versione ufficiale parla dell’uso da parte del Colonnello Valerio di un Mas calibro 7,65.
  • luglio 1957
  • -Si svolge a Padova il processo per l’assassinio di “Capitan Neri” e “Gianna”. Incriminati tra gli altri, come mandanti, Dante Gorreri e Pietro Vergani, che verranno assolti in quanto parlamentari del PCI. La pratica viene definitivamente archiviata.

maggio 1972

  • -Nel maggio 1972 viene presentato il “Memoriale” di Aldo Lampredi, il partigiano “Guido” all’onorevole Armando Cossutta che L’Unità pubblicherà integralmente solo il 25 gennaio 1996. Il memoriale arricchisce la versione “ufficiale” del PCI sulla morte di Mussolini. Aldo Lampredi muore a Jesenitza in Jugoslavia il 21 luglio 1973.
  • 1975
  • -Viene pubblicato postumo dalla casa editrice TETI il libro di memorie di Walter Audisio: “In Nome del popolo italiano”. Walter Audisio era morto nel 1973 a 64 anni. Terza versione Audisio.

Appendice

IL TESORO DI DONGO

L’ammontare dei beni del Governo della Repubblica Sociale sequestrati a Dongo, calcolato dall’agente dell’Office of Strategic Services, John Kobler, e dal tenente Edmund Palmieri , ufficiale della Commissione Alleata in Italia fu valutato in 189 miliardi e 657 milioni di lire del 1949. Ma valutazioni giornalistiche successive, che tenevano conto anche di beni precedentemente occultati quantificherebbero l’ammontare complessivo in 600 miliardi di lire dell’epoca.

Dante Gorreri, segretario provinciale della federazione giovanile comunista di Como, nome di battaglia “Guglielmo” eseguì l’incarico di trasferire in Svizzera l’intero ammontare del tesoro e con l’aiuto di Renato Cigarini fu convertito tutto in titoli finanziari spendibili anche sul mercato italiano.

Con parte di questo denaro venne pagato il costruttore Marchini per la realizzazione del Palazzo delle Bottege Oscure e per l’acquisto delle macchine tipografiche per il giornale L’Unità a Milano e per finanziare le campagne elettorali del PCI del 46’ e del 48’, oltre per liquidare le formazioni garibaldine ( circa 13 miliardi del 2000)

I documenti segreti

Giorni dopo la morte di Mussolini l’agente dell’OSS Larry Bigelow parte dalla Lombardia per Roma fare da battistrada ad una jeep guidata da un italiano, il sergente Stella e carica di documenti sequestrati a Dongo e nella zona del lago. Ma a Radicofani, dopo Firenze, perde il contatto. Ripercorre la strada all’indietro temendo un incidente, invece non trovo’ nessuno.

Cinque successive inchieste della Polizia Militare americana non sono riuscite a trovar traccia né del sergente Stella, né della jeep, tantomeno dei documenti che essa trasportava. Si dice che tra quei documenti, oltre alle carte recuperate presso gli archivi dei ministeri residenti a Salò ed in zona Lago di Garda e Lago di Como ci fossero anche i dossier relativi a tutti gli appartenenti alla Massoneria Italiana compilati durante il Ventennio.

Luigi Carissimi Priori in una intervista afferma che a fine aprile ’45, insieme ad un giornalista anglosassone si reca nello studio di Carlo Ballarate, un fototecnico del Comune di Como e si fanno realizzare all’istante la fotolitografia di una serie di lettere in numero di sessantadue, tutte con l’autografo: Mussolini, W.S.C. Ballarate intravede le date: 1936 la prima, giugno 1940 l’ultima. “Se parli fai una brutta fine!” Dante Gorreri avverte quando ritira le copie.

  • -Emilio Sereni porta quei documenti a Pietro Secchia a Milano.
  • -Togliatti prende visione dei documenti, ma intelligentemente non ne informa Stalin, invece ne discute direttamente a quattrocchi con Churchill durante la sua visita in Italia nel 1946.

IN COLLABORAZIONE CON:

Enzo Antonio Cicchino

Enzo Antonio Cicchino

Nato a Isernia nel 1956

Vive a Roma.

Matricola Rai 230160.

enzoantoniocicchino@tiscali.it

Autore e regista documentari RAI

ALCUNI LIBRI DI ENZO ANTONIO CICCHINO

 

BIBLIOGRAFIA

  • -Ermanno Amicucci, I 600 giorni di Mussolini – Faro ediz., 1948
  • -Alfredo Cucco, Non volevamo perdere – Bologna, 1950
  • -Ezio Saini, La notte di Dongo – Casa Editrice Libraria Corso Roma, 1950
  • -Franco Bandini, Le ultime 95 ore di Mussolini -Milano, 1959
  • -Nicola D’Aroma, Vite parallele: Churchill e Mussolini – Roma, 1962
  • -Georg Zachariae, Mussolini si confessa – Garzanti, 1966
  • -Audisio Walter, In nome del popolo italiano – Teti, 1975
  • -Bellini della Stelle-Lazzaro, Dongo, la fine di Mussolini – Mondadori, 1975
  • -Franco Bandini, Vita e morte segreta di Mussolini – Mondadori, 1978
  • -Paolo Monelli, Mussolini piccolo borghese – Milano,Vallardi 1983
  • -G.Bianchi – F. Mezzetti, Mussolini:aprile 45, l’epilogo- Editoriale Nuova, 1985
  • -Arrigo Petacco, Dear Benito, caro Winston -Mondadori, 1985
  • -Sergio Nesi, Decima flottiglia nostra – Milano, 1986
  • -A.Ercolani, Gli ultimi giorni di Mussolini nei documenti inglesi e francesi- Editrice Apes, 1989
  • -Urbano Lazzaro, Il compagno Bill: diario dell’uomo che catturo’ Mussolini- Sei ed.,1989
  • -Fabio Andriola, Appuntamento sul lago – Sugarco, 1990
  • -Franco Gianantoni, “Gianna” e “Neri” vita e morte di due partigiani comunisti Mursia, 1992
  • -Urbano Lazzaro, Dongo mezzo secolo di menzogne- Mondadori, 1993
  • -Alessandro Zanella, L’ora di Dongo – Rusconi, 1993
  • -B. Giovanni Lonati , Quel 28 aprile. Mussolini e Claretta: la verita’ – Mursia, 1994
  • -Ricciotti Lazzero, Il sacco d’Italia – Mondadori, 1994
  • -Giorgio Cavalleri, Ombre sul lago – PIEMME, 1995
  • -Pasquale Chessa-Renzo De Felice, Rosso e Nero – Baldini-Castoldi 1995
  • -Giorgio Pisanò, Gli ultimi cinque secondi di Mussolini- Il Saggiatore, 1996
  • -Fabio Andriola, Mussolini-Churchill, carteggio segreto – PIEMME 1996
  • -Massimo Caprara, Quando le Botteghe erano oscure- Milano 1997
  • -Roberto Festorazzi, Mussolini-Churchill: le carte segrete – Data news, 1998
  • -Pietro Carradori, Vita con il Duce – Milano, 2001
  • -Massimo Caprara, PCI, la storia dimenticata – Milano 2001
  • -Peter Tompkins , Dalle carte segrete del Duce – Tropea, 2001
  • -Luciano Garibaldi, La pista inglese – Edizioni Ares, 2002
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