I “SEGRETI” DEL FASCISMO – 36

a cura di Cornelio Galas 

  • documenti raccolti da Enzo Antonio Cicchino

Congresso di Verona
Il discorso
di Alessandro Pavolini
14 novembre ’43

di Enzo Antonio Cicchino

Quando Mussolini scelse il nuovo segretario del PFR pare lo avesse fatto solo a titolo provvisorio. Alessandro Pavolini in quel momento rappresentava la figura migliore per bloccare l’intraprendenza di Roberto Farinacci.

Se non avesse optato per il suo ex Ministro della Cultura Popolare il Duce si sarebbe infatti trovato contro la maggioranza dei fedelissimi che si erano rifugiati in Germania e che ora stavano tornando. Pavolini era la figura più presentabile delle soluzioni possibili, uno dei pochi stimato anche dagli avversari i quali lo ritenevano non un volgare e non arrivista.

Quanto al suo intervento al Congresso di Verona il 14 novembre 1943…

 “Anticipando alcuni temi trattati da Mussolini giorni dopo, il discorso di Pavolini ebbe toni piú intransigenti. In particolare a proposito della punizione dei traditori e della necessità che il PFR fosse tutt’altra cosa che la «semplice copia» del PNF e che attorno a Mussolini fossero soprattutto «uomini nuovi», «gente che viene dal combattimento, dal lavoro, dalla competenza, dal sacrificio», «gente della guerra, di questa guerra».

Solo grazie a questi «uomini nuovi» la repubblica che sarebbe dovuta nascere avrebbe potuto avere un carattere di rottura sociale con il passato e il PFR essere un partito «di lavoratori», «proletario», «animatore di un nuovo ciclo sociale senza piú remore plutocratiche».

«Al comunismo, che, ancora una volta, i liberali hanno evocato in scena, noi opponiamo la nostra risoluta volontà di lotta. Troncheremo l’impulso anarchico al disordine. Ma il fermento sociale che la guerra e il popolo esprimono l’accogliamo e lo facciamo nostro come un lievito di vita».”  (Renzo De Felice – Mussolini l’alleato: La guerra civile 1943-1945 – Einaudi).

A metà novembre 1943 gli iscritti al PFR sarebbero stati circa 250 mila, per salire a fine febbraio del 1944 a circa 487 mila, con un incremento particolare di giovani e di non poche donne.

***

Alessandro Pavolini

Iniziando questa prima Assemblea Nazionale, il nostro pensiero va ai Caduti per la Rivoluzione, ai Caduti sui fronti di guerra che ancora combattono e che hanno combattuto nei mesi recenti accanto ai camerati germanici, ai Caduti nostri nelle foibe dell’Istria, della Dalmazia, facendo fronte al comunismo partigiano, centinaia e centinaia di Martiri che sono andati a raggiungere la schiera di tutti i Martiri della Rivoluzione Fascista, infine ai Caduti più recenti, quelli che bagnano col loro sangue ed illuminano con il loro esempio le piazze delle città e dei borghi d’Italia in queste settimane.

Parliamo un momento di questa ondata terroristica con cui il nemico interno ed in parte esterno, in Italia tenta di spezzare la vita del nostro giovane Partito appena risorto.

Che cosa vuol dire questa ripresa sanguinosa, questa ripresa cruenta contro di noi? Vuol dire che il nemico interno ed esterno ci prende sul serio, prende atto che noi esistiamo, che noi stiamo prendendo in mano la situazione delle Provincie, del Paese.

E allora cerca di colpirci disperatamente, cerca di stroncarci. Ma il fatto è essenziale nella nostra storia, nella vita d’Italia, perché lo squadrismo così colpito nei suoi uomini, nei suoi Comandanti, nel Partito così aggredito nelle sue gerarchie, nei suoi militi fedeli, è l’Italia che ricomincia a combattere, è l’Italia che ricomincia a spargere il suo sangue, è l’Italia che ricomincia coi suoi figli a levare la sua fronte di uomini d’onore, di uomini che sanno rischiare la vita per un’idea.

Noi dobbiamo vendicare questi morti, dobbiamo vendicarli e dobbiamo nel loro nome prendere il dominio definitivo della vita italiana. Se io ho dato un ordine alle squadre in questo senso, è perché avevo la sensazione di questa situazione che via via si aggravava.

Chiarisco che i Tribunali a cui mi sono riferito non sono i Tribunali straordinari di cui parla il Decreto recentemente approvato dal Consiglio dei Ministri e che riguarda la posizione di coloro che hanno tradito dal 26 luglio all’8 settembre o che in quel nefasto periodo hanno compiuto atti di violenza contro fascisti o contro cose e istituti del Regime.

Non a questo intendevo riferirmi, ma ad una legge fatta al tempo di Badoglio e che una volta tanto è una buona legge, della quale ci possiamo ottimamente servire. È una legge che istituisce, cioé che ci permette l’istituzione, entro 24 ore, quando vi siano particolari condizioni di ordine pubblico turbato, di Tribunali straordinari che immediatamente e secondo la legge marziale possono giudicare, in modo appunto che il verdetto è subito emesso ed i colpevoli vengono subito condannati con l’unica pena efficace che è: la pena di morte.

Io non sono né un sanguinario, né un maniaco; la mia formazione mentale è molto diversa; ma ho la precisa sensazione che o si fa così o non si toccano le coscienze. Naturalmente nel compiere questa necessaria opera di giustizia con consapevolezza e con senso appunto di giustizia assoluta non bisogna colpire soltanto i piccoli: bisogna colpire soprattutto i mandatari importanti.

In molte provincie si sta verificando il fenomeno di industriali i quali sono i sovvenzionatori di questa ripresa sovversiva delle bande di Lenin, sovvenzionatori di queste bande di ribelli. Soprattutto su questi bisogna intervenire; questi sono appunto gli elementi che per primi devono avere la giusta punizione.

Quanto al fenomeno delle bande dei ribelli, ciascuno di Voi lo conosce e altrettanto bene quanto me. Si può, all’incirca, delineare una ripartizione e qualifica di costoro: ci sono i comunisti veri e propri, che si richiamano agli ordini di Mosca.

Ci sono i gruppi che fanno capo a paracadutisti inglesi o prigionieri evasi o lasciati fuggire nei giorni del disonore, e che comprendono soprattutto quegli elementi che più che altro si propongono di restare lontani dalla coscrizione o dal lavoro obbligatorio.

Alessandro Pavolini al congresso di Verona

E c’è infine il gruppo che si autoclassifica arbitrariamente come dei «patrioti», che comprende elementi di varia natura, in parte antifascisti, in parte no.

In parte comprende anche Ufficiali decorati, ed è in parte recuperabile ai nostri fini. Sicché ora in questo intensificarsi della lotta civile -lotta che noi speriamo e fermamente vogliamo breve, brevissima, cosicché il Paese intero possa dedicarsi alla sua rinascita – poiché questa ripresa è anche una guerra, tutta diversa – bisogna mettere sul tappeto il problema di questi sbandati. Occorrono mezzi adeguati per provocare al più presto lo sgretolamento di costoro.

So il problema che hanno i dirigenti di provincia per questo combattimento: gli Squadristi si trovano, non si trovano sempre le armi. Per le armi occorre che le provincie che per i loro Squadristi ne son prive, tengano il più possibile il contatto con noi e con i Comandi Germanici, in modo che si possano superare queste difficoltà.

Per quello che riguarda le squadre e lo squadrismo, il nostro cuore non può che esultare nel vedere di nuovo gli squadristi, sia pure per un motivo doloroso, sulle piazze d’Italia. Lo squadrismo è stato la primavera della nostra vita, e chi è stato squadrista una volta lo è sempre.

Parlo, naturalmente, dei presenti. Così pure bisogna stare attenti che nello squadrismo che rinasce tutto sia puro, tutto, come è puro il sangue dei Caduti dello squadrismo. lo elogio i dirigenti di Torino e di Firenze che hanno proceduto all’arresto del conte Gaschi e di Dumini: lo squadrismo deve essere assolutamente puro, deve colpire là dove ha da colpire; ma non deve allontanare dal Partito le simpatie del popolo sano, non deve in alcun modo offuscare l’aureola di purezza che il Partito deve avere intorno a sé.

Aggiungo anche che il compito dello squadrismo non è un compito permanente, è un compito necessario in questo periodo che ci auguriamo di sistemare al più presto. Allorché la situazione lo consentirà, noi contiamo e speriamo che la Milizia, in cui noi vogliamo vedere veramente e autenticamente la guardia della Rivoluzione, la guardia della vita dei fascisti e dei Fasci, potrà essere sviluppata ed avere assunto la funzione della polizia politica armata nazionale, e ricevere nei suoi ranghi ricostituiti le nostre squadre.

Fino allora lo squadrismo, sempre meglio disciplinato dai dirigenti, è una forza insostituibile, che costituisce l’ordinamento essenziale degli organi del Fascismo repubblicano. Io credo, ed è stata la tesi che a nome del Partito ho sostenuto, che oltre al corpo delle Camicie Nere, il quale allineerà le formazioni della Milizia in combattimento accanto alle altre formazioni dell’Esercito sulla linea del fronte, la Milizia debba avere accanto questo ramo importantissimo e che riassume in sé tutte le tradizioni gloriosissime dei battaglioni della Milizia che si sono battuti in Africa, in Russia ed in Italia, accanto a questo ramo dirò primario, debba avere in sé un altro ramo il quale assume i compiti, come ho detto prima, della polizia politica armata nel territorio nazionale e che sia veramente una guardia armata della Rivoluzione.

Voi direste: Un’altra volta noi abbiamo sentito che la Milizia è la Guardia Armata della Rivoluzione; e in certo senso o per lo meno non sempre lo è stata. Ora passo ad altro argomento di essenziale importanza, perché grande è la nostra e la vostra impazienza in materia.

Noi abbiamo parlato dianzi di quella che è la punizione immediata, città per città, dei responsabili diretti o dei responsabili morali degli esecutori o dei mandanti, degli assassini dei fascisti repubblicani. La nostra impazienza riguarda la punizione dei traditori, dei maggiori in certo senso, che hanno contribuito a portare il Paese in questo baratro da cui faticosamente noi cerchiamo di farlo risalire. In proposito, può apparire a taluno che si sia perso del tempo.ù

Ora io richiamo la vostra mente su questi fatti che non sono impugnabili. Allorché si ricostituì il Partito, questo fu fatto in base a una serie di 5 brevi ordini del Duce diramati dalla radio, che ciascuno di voi certo ricorda: uno di questi ordini precisava i primi compiti di carattere urgente del Partito che rinasceva e indicava questo compito nella punizione esemplare dei traditori.

Ora ciascuno di voi che ha riaperto le Federazioni, che ha riunito il primo nucleo di animosi intorno a sé, sa benissimo che quest’ordine non è stato da noi potuto eseguire o non è stato sempre potuto eseguire, perché ci si trovava in una città in cui le forze che avrebbero dovuto arrestare i traditori erano tutte d’accordo per arrestare lui stesso ed i suoi collaboratori.

Questa è la situazione in cui abbiamo cominciato a muoverci. Questori e carabinieri volevano arrestare noi, non avevano nessuna intenzione di arrestare coloro di cui noi avessimo fornito gli elenchi. Non è stato semplice. E questo ha portato evidentemente un rallentamento nella formazione dei tribunali e nella speditezza delle operazioni in questa materia.

Voi sapete che il decreto istitutivo dei tribunali, e questo è ciò che calma in qualche modo e in parte la nostra impazienza, pone nelle mani degli uomini del Partito questi strumenti di legge, i quali sono strumenti giuridici ma anche strumenti politici.

Quindi non potevano evidentemente essere formati da magistrati ordinari. Del resto, il loro stesso nome indica la loro straordinarietà rivoluzionaria. Ciascuno di Voi mi ha designato i nomi per la costituzione dei tribunali straordinari provinciali.

Come Voi sapete questi tre uomini per ciascuna provincia, noi li mandiamo in provincie diverse perché il giudizio abbia maggiore indipendenza ed efficacia, dall’influsso dell’ambiente locale. Inoltre, già da diversi giorni, ho consegnato al Duce, per il Consiglio dei Ministri, che ha la potestà di decidere in merito, a norma del Decreto esecutivo, i nomi di nove camerati scelti fra uomini di sicura fede nostra, di sicura intransigenza rivoluzionaria e spesso fra camerati che in proprio hanno avuto, attraverso il carcere, attraverso le percosse, attraverso le ferite ed attraverso l’esilio, da soffrire personalmente e nelle loro famiglie, degli effetti del tradimento di costoro.

Ho presentato i nomi dei nove camerati, così scelti, al Duce, perché costituiscano il tribunale straordinario speciale. Vi dico subito, per quel che riguarda la punizione di costoro, che a termine di legge, l’unica pena prevista per coloro che siano convinti del reato di tradimento, è la morte.

La legge non prevede altra alternativa perché, evidentemente, il tradimento è sempre innanzi tutto un reato tale, in qualunque grado sia commesso, in qualunque periodo, il quale squalifica un uomo completamente e lo pone al bando del Partito, di una società nazionale e così via ed impone la sua eliminazione esemplare.

Ma in questo periodo poi, in cui il tradimento di costoro ha contribuito a gettare la Nazione nel caos e nella miseria, non si può evidentemente comminare nella legge pena diversa. In questa materia, le pubblicazioni radiofoniche e giornalistiche hanno grandemente disorientato la pubblica opinione e l’opinione dei Fascisti in questa materia. Si sono fatti, certe volte, alcuni nomi di uomini che non hanno diretta responsabilità in questa materia. Viceversa ne mancano ancora taluni del principali.

Ma si tratta di stabilire altresì, che qualcuno dei principali responsabili di quanto è avvenuto non ancora è stato arrestato e forse non ancora è stato chiaramente individuato. Quindi far presto va bene, ma noi vogliamo fare anche totalmente, perché la vita del Paese e la vita del Partito debbano essere sbarazzati, in toto, da questa piaga.

E questa piaga del passato deve essere veramente cauterizzata col ferro ed integralmente anche, perché noi vogliamo una volta per sempre, prima che ciò sia compiuto, dire un basta definitivo alla diffamazione del Fascismo.

E’ l’ora di dir basta agli scandali, alle delazioni, all’immondizia gettata a piene mani contro le Gerarchie del Fascismo, contro coloro che restati poveri, avendo fatto tutte le guerre che si sono presentate a portata delle loro generazioni, avendo data la loro opera, come potevano, con le forze che avevano, negli incarichi in cui il Duce li comandava, sono oggi sulla breccia come ieri, sono quelli che appena venuto Badoglio hanno sofferto il carcere, sono dovuti scappare,hanno sofferto le percosse, hanno avuto le loro famiglie perseguitate e sono ancora sulla breccia, oggi come ieri, sono quelli che muoiono in questi giorni, sono gli uomini insomma ai quali non permetteremo a nessuno di recare il minimo insulto.

Vogliamo forse noi prolungare i 45 giorni di Badoglio con altro scandalismo, vogliamo insistere ormai in una forma che è di autolesionismo o masochismo addirittura? Nei 45 giorni si è adottata largamente la formula di Voltaire: «Calunniate, calunniate, qualche cosa resterà». Qualche cosa effettivamente è restato anche sul conto di uomini probi, anche sul conto di camerati sui quali non c’è niente da dire.

Tutte le attività di cui il Partito si era caricato fin qui e che sono d’altra parte utilissime, devono secondo me e salvo che da voi mi venga un avviso che mi convinca del contrario, funzionare a sé stanti, avendo eventualmente alla testa dei camerati designati dal Partito, uomini del Partito, quando sia necessario, dei Fascisti alla loro testa. Ma il Partito né al centro, né alla periferia, deve essere una specie di Ministero pieno di funzioni diverse.

La giornata del Commissario Federale non deve dividersi, distribuirsi in tante minime mansioni: dare il via ad una gara sportiva, distribuire una minestra, visitare una istituzione o l’altra. Si tratta di fare della politica e soltanto della politica. S’intende, si tratta di fare della politica rivoluzionaria!

Questo non toglie che osservando dal nostro punto di vista le questioni dell’assistenza noi ci rendiamo conto che occorre fare in materia qualche cosa di vasto nella vita nazionale, in questo momento, soprattutto per i sinistrati dai bombardamenti.

In proposito, ho una idea e una notizia: come Voi sapete si sta in questi giorni provvedendo al prelievo dei patrimoni ebraici. Si tratta, non per fare della rettorica, appunto di sangue succhiato al popolo italiano. E’ giusto che questo sangue ritorni al popolo.

Mi pare non vi sia migliore via, per farlo tornare al popolo, che quella di provvedere ai bisogni dei sinistrati dai bombardamenti, di coloro che furono colpiti dalla guerra, la cui principale responsabilità risale agli ebrei.

Quindi ho in animo, nell’immediato futuro, di costituire a latere della assistenza fascista, dei comitati composti prevalentemente di lavoratori, i quali non siano funzionari della assistenza, ma cittadini che aiutano quelli e che non siano tutti fascisti. Voi non sapete: qui si tratta di fare della intransigenza non formale, ma sostanziale.

Ora Voi mi insegnate che dal punto di vista politico si avranno risultati molto maggiori se si vedrà, per esempio, un Commissario Federale che incarica tre operai di una officina, anche non fascisti, di provvedere ai bisogni di altri operai. Vi dicevo che questa assistenza può farsi in grande stile.

Si può calcolare, dai calcoli fatti, che la prima somma che si può mettere a disposizione per quest’opera è di un miliardo di lire. Per quello che riguarda la vita del Partito dirò anche questo: il numero degli iscritti, nonostante il periodo drammatico in cui ci muoviamo è già abbastanza alto e vorrei dire sufficientemente alto, perché dai calcoli sommari, attraverso le segnalazioni Vostre, non ancora nominative, ma arrotondate da Voi, si aggira sui 250 mila iscritti. Quindi il Partito ha già una forza considerevole: di massima la forza che deve avere nella vita italiana.

Naturalmente in questa materia la chiusura assolutamente ermetica non è possibile anche per delle ragioni pratiche: molti camerati sono dispersi, prigionieri di guerra, alle armi. Ci sono delle situazioni essenziali da esaminare.

Il caso però delle nuove iscrizioni sia soprattutto una eccezione da esaminare, da esaminare attentamente, col giudizio dei camerati eletti dalla assemblea in modo che il Partito sia composto tutto di camerati assolutamente fedeli, come, salvo eccezioni trascurabili, sono coloro che sono venuti a noi nelle primissime settimane fino a questo momento.

In questo periodo sapevano di giocare la loro vita e quella delle loro famiglie, e sono legati a noi per la vita e per la morte. Intendiamoci bene. Che nella Repubblica si debbano fare delle elezioni, siamo perfettamente d’accordo, secondo le direttive che saranno stabilite nello Statuto del Partito. Secondo la direttiva del Duce: «Io intendo che ogni cinque anni il Capo della Repubblica sia eletto dal popolo»; ma che poi nel senso intimo noi non dobbiamo molto sperare nel sistema elettorale, siamo altrettanto d’accordo.

L’esperienza delle elezioni nella vita italiana è stata fatta ed è stata una esperienza disastrosa ed è anche vero che l’Italia di Nitti non valeva meno che l’Italia di Badoglio. Quindi, salvo parlare di questo in altre riunioni, io credo che una formula mista sia molto meglio rispondente alle esigenze. Ne riparleremo se proporrete una formula migliore.

Elezioni anche nei sindacati? Veramente le elezioni nei sindacati esistevano anche prima. La trasformazione delle associazioni sindacali in unica Confederazione del lavoro, delle arti, della tecnica è quella che ci darà modo di rivedere tutto il complesso dell’organismo sindacale.

Bisogna snellirlo infinitamente, perché la burocrazia sindacale ha assunto proporzioni elefantiache, e una delle responsabilità maggiori di questa elefantiasi è stata del partito, perché era appunto il partito che continuamente intendeva sistemare, per motivi assistenziali, elementi dell’organizzazione sindacale.

Questi organismi si sono così venuti gonfiando dal punto di vista
sindacale. Questo personale è stato totalmente liquidato. Siccome ora si verifica la fortunata coincidenza che tutto questo personale – almeno quello del centro – è stato tutto liquidato, si verificano le condizioni necessarie perché il personale del meccanismo sindacale sia grandemente semplificato e si possa tornare al concetto che la maggior parte delle cariche debba essere ricoperta non da funzionari, ma da rappresentanti di categoria, perché il punto della mancata elezione o falsa elezione non è soltanto quello del sistema per acclamazione, ma per acclamazione veniva proposto il nome di un funzionario o di camerati che non sempre erano all’altezza del compito.

Alcuni rispondevano bene, altri no. Si tratta insomma di cambiare tutta la mentalità, anche la mentalità nostra di uomini del partito, perché se vogliamo che il sindacato sia utile, il sindacato non deve essere uno strumento politico, bisogna che il sindacato sia utile e presieda al benessere dei lavoratori; in quanto un regime dove il sindacato funzioni con soddisfazione dei lavoratori e con l’adesione dei lavoratori, questo è un regime forte. E questa è la migliore politica che noi possiamo fare.

Noi adotteremo, alla fine di questi lavori, un manifesto programmatico del Partito, che in vista della convocazione della Costituente dovrà formare il binario in cui noi incammineremo la nostra azione. Sarà questo il punto di riferimento per il popolo italiano, per sapere che cosa pensa il Partito nel riferirsi appunto al Partito Fascista Repubblicano.

Detto quale è in ordine di urgenza la volontà del Partito per ciò che concerne l’immediata politica da attuare e cioé: continuazione della guerra a fianco degli alleati del Tripartito e formazione delle forze armate italiane le quali dovranno operare a fianco dei soldati del Fuehrer, e ciò come due mete essenziali che sovrastano tutte le altre in importanza ed urgenza, il Partito dovrà esaminare quale è la nostra posizione in materia costituzionale ed interna, in materia di politica estera, e in materia soprattutto sociale.

Perché sociale? Perché la Repubblica nostra dovrà essere soprattutto uno Stato sociale. Per ciò che riguarda la Costituente, il pensiero della Direzione del Partito, raccolte le direttive del Duce, è che si tratti di un potere sovrano di elezione popolare, il quale in un primo suo atto dovrà dichiarare la decadenza della monarchia. Condannare solamente l’ultimo Re traditore e fuggiasco, proclamare la Repubblica sociale e nominarne il Capo.

Quanto alla formazione della Costituente, sembra che essa non possa non venire costituita se non da rappresentanti del popolo che lavora, attraverso le organizzazioni sindacali, dai rappresentanti di tutte le provincie invase, attraverso l’organizzazione degli sfollati.

Deve comprendere inoltre, e vorrei dire soprattutto, le rappresentanze dei combattenti, compresa quella dei prigionieri di guerra, attraverso coloro che sono rimpatriati per
minorazione; rappresentanze dell’esercito e della magistratura; la rappresentanza degli italiani all’estero e di tutti quanti possono contribuire a rappresentare anche la Nazione in quanto spazio e sintesi di valore.

Alessandro Pavolini

La Costituente dovrà nelle leggi fondamentali assicurare ai cittadini una serie di diritti, precisando anche i doveri, in quanto il cittadino è soldato, lavoratore e contribuente. Una serie di diritti che, senza arrivare alla formula equivoca della cosiddetta libertà di stampa, accordi ai cittadini il diritto di controllo e di critica responsabile sugli atti della pubblica amministrazione.

Dovrà comprendere una dichiarazione su quelli che sono i diritti del cittadino riguardo appunto all’elezione dei massimi poteri della Repubblica ed in particolare secondo la direttiva che il Duce ha dato per quella che è l’elezione del Capo della repubblica; dovrà contenere una specificazione dei diritti del cittadino per quel che riguarda la sua libertà personale, sancendosi che nessun arrestato in flagrante o fermato per misura preventiva possa essere trattenuto oltre un determinato numero di giorni senza un ordine dell’Autorità giudiziaria e dovrà contenere altresì, perché questo è ciò che contiene ogni Costituzione degna di questo nome, la dichiarazione sull’indipendenza e sul funzionamento della Magistratura nei riguardi dei suoi Organi.

Un punto fondamentale è questo: il Partito che noi concepiamo è o no un partito unico? Io credo che noi non possiamo avere se non un partito unico, il Partito lo concepiamo come un ordine di combattenti e di credenti che deve realizzare in se stesso un organismo snello di assoluta purezza politica, degno di essere il custode dell’idea rivoluzionaria, dell’idea che è al centro dello Stato.

Dovrà stabilirsi chiaramente dai nostri Istituti che la tessera di questo Partito non è richiesta per alcun impiego od incarico. Il Partito è composto di Fasci Repubblicani di Combattimento, comunque parleremo di questo e ciascuno di voi potrà interloquire. Dovrà contenere questa legge fondamentale un accenno alla religione della Repubblica, la quale evidentemente non può essere se non la religione del 99 per cento.

Questa è un’altra questione. La religione dello Stato è la religione Cattolica, Apostolica Romana, mentre ogni altro culto sarà rispettato. Per quel che riguarda gli ebrei la direzione del Partito propone che in questa materia si adotti una formula che non lasci campo ad equivoci e che dica che gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri che durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica.

Per ciò che concerne la politica estera è chiaro che il fine essenziale della politica estera della Repubblica dovrà essere la liberazione della Patria dell’invasione straniera, difendendo l’unità, l’indipendenza e l’integrità territoriale e facendo riconoscere la necessità degli spazi vitali indispensabili ad un popolo di 45 milioni di abitanti sopra un’area insufficiente a nutrirli.

Inoltre, nel campo europeo e quindi mondiale noi siamo – perché questa è stata sempre la nostra aspirazione – per una comunità di nazioni europee, possibilmente per una unità federale di nazioni europee, le quali accettino i seguenti principi: l’Europa agli europei, con le eliminazioni del secolare intrigo britannico dal nostro continente, abolizione dei sistemi capitalistici interni e lotta contro le plutocrazie mondiali, valorizzazione, a beneficio dei popoli europei, delle risorse ancora inutilizzate del continente africano, con rispetto a quei popoli, specialmente musulmani, a cominciare dall’Egitto, i quali abbiano già raggiunto una maturità civile e nazionale.

In materia sociale è chiaro che il socialismo fascista non può essere il socialismo marxista, cioè quel socialismo che non vede se non il lavoro manuale e trascura demagogicamente il lavoro tecnico e intellettuale che è, da un punto di vista puramente umano, un valore necessario e indispensabile come l’altro, da un punto di vista di gerarchia nell’azienda, qualche cosa di superiore all’altro, non come origine sociale, ma come estrinsecazione e come apporto individuale al lavoro collettivo.

Non potrà esser, il socialismo nostro, un socialismo comunistico, tipo russo, nel senso che è contrario al nostro spirito, il pensiero di un’assurda totale statizzazione di tutte le attività economiche fino alle attività artigianali, fino a tutte le attività rurali, fino a tutte le attività professionali così come in Russia si pratica.

PAVOLINI

Il nostro deve essere un socialismo sindacale il quale realizzi però un deciso passo innanzi sulla via della giustizia sociale, senza nulla rinnegare di quanto, sulla via del progresso sociale, era già stato compiuto nel ventennio del Regime Fascista.

Per ciò che concerne quella proprietà privata che è, dicevo, dianzi, una proiezione della personalità umana e che noi vogliamo garantire e proteggere, la proprietà che sorge dal lavoro individuale, dall’individuale risparmio, è chiaro che il nocciolo di questa proprietà sana è la casa.

MUSSOLINI CON PAVOLINI

Quella della casa per noi non è soltanto un diritto di proprietà, è un diritto alla proprietà. Il Partito si propone perciò di iscrivere nel suo programma, ed io lo impongo a Voi, la creazione di un Ente Nazionale per la Casa del Popolo, il quale assorbendo l’Istituto esistente ed ampliandone al massimo l’azione, provveda a fornire in proprietà la casa a tutte le famiglie dei lavoratori di ogni categoria, mediante diretta costruzione di nuove abitazioni, graduale riscatto delle esistenti, affermando in proposito il principio generale che l’affitto, una volta rimborsato il capitale pagato col giusto frutto, può costituire titolo di proprietà. Come primo compito, l’Ente potrà risolvere i problemi derivanti dalle distruzioni di guerra con requisizioni e distribuzioni di locali inutilizzati e costruzioni provvisorie.

Tutte le imponenti provvidenze sociali realizzate dal Regime Fascista nel ventennio, restano integre. La Carta del Lavoro ne costituisce nella sua lettera la consacrazione così come costituisce nel suo spirito il punto di partenza per l’ulteriore cammino.

Infine, in linea di attualità, il Partito riconosce indilazionabile, ove già non sia avvenuta, una revisione salariale per i lavoratori e più ancora per i piccoli e medi impiegati. Perché questo provvedimento non riesca inefficace e alla fine dannoso, per il noto cerchio che porta all’inflazione, all’aumento dei prezzi e all’inadeguatezza dei salari e alla svalutazione della moneta, occorre, secondo il pensiero del Partito, che mi è stato segnalato da più provincia, che attraverso spacci di azienda, attraverso spacci cooperativi, l’estensione dei compiti della Provvida, requisizione dei negozi colpevoli di infrazione e gestione parastatale e cooperativa, attraverso insomma tutte quelle forme che possono essere escogitate e rapidamente messe in azione, occorre che una parte del salario venga pagata in viveri al prezzo ufficiale.

E’ l’unico mezzo per stabilizzare almeno in parte i prezzi e la moneta e per concorrere almeno per una quota al risanamento del mercato. Quanto al mercato nero, noi chiediamo che gli speculatori, al pari dei traditori e dei disfattisti, rientrino nella competenza dei Tribunali Speciali, e siano passibili della pena di morte. Come ho detto è urgente la situazione dei piccoli operai e degli operai.

Con questa parte sociale del nostro programma io credo che noi faremo un deciso passo innanzi quale il popolo aspetta e nello stesso tempo lo faremo con quel senso di equilibrio che è proprio della nostra natura di italiani; lo faremo da uomini responsabili ma insieme da uomini che sanno guardare lontano, che sanno guardare al futuro, che sono disinteressati e non si muovono se non per il bene del popolo.

E’ chiaro che se si tratta, come si tratta, di realizzare con rapida gradualità questi nostri postulati sociali, se si tratta su questo terreno di fare andare per tale via lo Stato verso la massa occorre che di altrettanto le masse vengano verso lo Stato.

Vorrei dire che la realizzazione di tutto questo è condizionata al fatto che queste conquiste sociali siano veramente conquiste sociali del popolo il quale le conseguirà infatti combattendo e lavorando.

C’è un solo modo per il popolo italiano di raggiungere in campo sociale queste mete che sono le mete di generazioni e generazioni di italiani, che sono le mete originarie della Rivoluzione, le mete che la rivoluzione iscrive di nuovo sulle bandiere ormai spregiudicate, ormai libere e alte sopra ogni forma di compromesso; c’è un solo modo di raggiungere questo fine; essere nell’esercito del lavoro, nell’esercito delle armi, una compattezza operante; vi è un solo modo per il popolo italiano di difendere le sue conquiste di ieri, di oggi e di domani: estromettere dal suolo nazionale l’invasione delle plutocrazie angloamericane.

E’ per questo che il partito vuol essere, soprattutto ha da essere, in questo periodo, oltre che organismo di combattimento all’interno per la difesa dell’idea rivoluzionaria nei suoi uomini nei suoi istituti, oltre che un organismo di discussione politica che la parola porta alta e lontana, deve essere soprattutto organismo che attraverso uomini i quali abbiano il prestigio del combattimento e il prestigio della fede, parli al popolo italiano il verbo della riscossa, lo convincano che l’onore è tutto nella vita di un popolo, che senza onore un popolo non può esistere, lo convincano che la causa dei camerati germanici è la nostra stessa causa, che essi si battono per noi.

Come noi domani ci batteremo accanto a loro , non ci batteremo per loro ma batteremo per un’idea comune di salvezza europea, di esistenza nazionale , di onore continentale e razziale, persuada il popolo a prendere le armi, a essere il popolo italiano dei nostri sogni e della nostra volontà, quello per cui tanti martiri sono caduti nel Risorgimento, nella guerra della Patria, nella Rivoluzione.

Quello per il cui avvenire tanti martiri si immolano ogni giorno e fanno sacra con la loro muta presenza, questa nostra Assemblea, che vuol segnare il segno della ripresa, vuol essere il simbolo della riscossa, ed aprire di fronte ai nostri spiriti, nel nome Duce, dopo tanto ottenebramento, dopo tanta disperazione, la luce della disperata speranza, la luce della volontà che conseguirà il suo fine.

Alessandro Pavolini

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