ROMMEL, LA VOLPE DEL DESERTO – 5

a cura di Cornelio Galas

  • documenti raccolti da Enzo Antonio Cicchino

ERWIN ROMMEL

Mio padre partigiano

nella villa  con Rommel

Villa dei Cedri a Colà, sul lago di Garda

Incontro con

Luciano Caldera

Luciano Caldera

di Enzo Cicchino

In quali termini la vita di suo padre Carlo, capo partigiano, si è incontrata con quella di Rommel in Italia?

Mio padre alla fine del 1943 era ospite a Villa La Bottona dei conti Barbaro, era un ospite un po’ particolare, difatti era un ospite confinato in un granaio dove doveva rimanere nascosto.

Ma il particolare della situazione era curioso. Mentre mio padre (antifascista, militante nella brigata “Vittorio Avesani”, che poi sarebbe diventato uno dei capi della Resistenza del veronese e della zona del Garda) era nascosto nel granaio, al piano terra, aveva sede un ufficio dei servizi di sicurezza dell’esercito: l’Abwehr Servizio di Sicurezza della Wehrmacht.

La vita di mio padre si incrocia in qualche modo con quella di Rommel perché durante la prima delle due volte in cui fu nascosto a Villa Bottona, nell’ottobre del 1943, a casa delle contesse Renata ed Elsa vi veniva ospite lui, appunto.

Carlo Caldera

Elsa era una vecchia amica della moglie di Rommel, tedesca, nata a Berlino e vissuta a Stoccarda. Quando si è stabilito a Colà, avendo saputo che lì vicino c’era la villa di Elsa Naumann… la andava a trovare, qualche volta in macchina, qualche volta col suo cavallo bianco, visto che da Colà a Lazise c’e’ poca distanza.

Rimaneva molte volte anche a cena. Non so se Rommel sapesse di mio padre, ma sicuramente Elsa Naumann in Barbaro era perfettamente a conoscenza che lui, capo partigiano, ricercato dai tedeschi e dai fascisti, era nel granaio della sua villa.

Il fatto singolare è che questa contessa correva un grosso rischio, non solo quando c’era Rommel, ma soprattutto quando lui a fine novembre è andato via, perchè – come ho detto – al piano di sotto c’era l’ufficio di sicurezza dell’esercito tedesco.

Erwin Rommel con la moglie

Il soggiorno di mio padre nel ’43 penso si sia limitato al mese di ottobre. Mentre è stato più lungo nel ’44. Nel ’43 aveva raggiunto villa “La Bottona” con mezzi suoi, credo accompagnato da mia madre con una macchina di servizio pubblico. Invece nel 1944 vi è stato trasportato in una ambulanza tedesca, perchè lo stesso tedesco che ci aveva requisito la casa di Verona, la sorte poi ha voluto che ci requisisse pure la nostra casa di campagna, quella in cui abitiamo adesso.

Così è accaduto che mia madre e i miei fratelli più grandi, sono diventati suoi amici, si chiamava Ferdinand Monzel abitava ad Oiskirker ed era un medico ostetrico. Io a quel tempo avevo undici anni. Questo medico tedesco è rimasto in così buoni rapporti con noi, che poi ha accompagnato mio padre al rifugio di Villa Bottona.

Nell’ottobre del ’43, quando c’era Rommel, mio padre era rimasto nascosto nella Villa per circa un mese. Alla fine del quale è tornato a Verona per organizzare attacchi partigiani con i suoi amici antifascisti. Tant’è che, in dicembre, è stato anche arrestato e portato come ostaggio nel Forte San Leonardo di Verona.

Suo padre era noto per la sua attività antifascista anche prima della guerra?

Certo. Aveva organizzato degli attentati contro Mussolini… tant’è vero che ogni volta che veniva Mussolini da queste parti lo chiamavano in Questura e lo trattenevano.

 

Rommel graziò due partigiani

 

Testimonianza di

Nicolino Branciforti

Nicolino Branciforti

di Enzo Cicchino

Ci troviamo sulla Gardesana, alle spalle abbiamo la Rocca di Garda, dopo la Gardesana c’è un dirupo e lì incomincia il lago di Garda. Qui c’era un grande traffico di truppa che proveniva dalla Germania, infatti questa strada conduce a Riva … Trento, Bolzano e via… E’ stata una strada sicuramente battuta da molti mezzi militari, in quel settembre ottobre 1943. Era una strada molto più svelta di quella del Brennero.

Questa e’ la chiesetta di San Pietro sul territorio bardolinese, nei pressi di Garda, qui vicino passavano i fili del telefono del Quartier Generale di Rommel, forse i partigiani scelsero di sabotare questo punto proprio perchè era molto isolato.

In effetti però gli atti di sabotaggio non avvennero soltanto qui. Il primo fu in territorio sempre di Bardolino ma presso la villa di un certo avvocato Lenotti, che poi poveretto è stato arrestato, portato al San Leonardo di Verona, che è un forte, poi di lì portato a Mathausen, dove è deceduto. A riferire della sua morte è stato un partigiano bardolinese catturato a Ronchi dei Legionari, in Venezia Giulia; lo ha visto mentre lo portavano al forno crematorio.

 Sembra che la ragione del suo arresto e conseguente internamento nel campo di sterminio fosse dovuta proprio al fatto di averlo ritenuto responsabile del taglio dei fili dinanzi alla sua villa. Non vi era nessuna prova. Probabilmente fu solo una scusa per liberarsi di un uomo che aveva manifestato le sue idee da antifasciste già prima della guerra.

Cosa accadde invece ai responsabili del taglio dei fili presso la chiesetta di San Pietro?

Riguardo al sabotaggio avvenuto qui davanti, i responsabili furono presi in flagranza di reato, mentre lo stavano compiendo. Erano due giovani, che furono immediatametne arrestati, giudicati per direttissima dal tribunale militare tedesco e condannati a morte… Mentre erano in attesa della esecuzione, però …  si è saputo poi… il generale Rommel li ha graziati.

Eh, Rommel forse l’ha fatto per dare un esempio; voleva accreditarsi anche un po’ di simpatia da parte della popolazione, comunque non li ha fatti ammazzare. Evidentemente era un uomo che prima di passare ai fatti gravi ci pensava su.

Nicolino Branciforti

 

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