MUSSOLINI E IL TRENTINO – 7

IL ROMANZO EROTICO DEL DUCE

trovaimg

a cura di Cornelio Galas

“Claudia Particella ovvero l’amante del Cardinale”. E’ il titolo di un  romanzo anticlericale a sfondo erotico scritto da un giovanissimo Benito Mussolini quando, tra il 1909 e il 1910, come abbiamo già visto, il futuro duce è esule a Trento. Questo – ricordiamolo – dopo aver scontato 15 giorni di carcere in Svizzera per aver minacciato di spaccare la testa a un capo cantiere che, in veste di crumiro, costringeva gli operai a lavorare senza la benché minima misura di sicurezza. Mussolini, come abbiamo già scritto nelle precedenti puntate – era quindi fuggito nell’allora cittadina austriaca trentina  per dirigere il segretariato della Camera del Lavoro e “L’Avvenire del Lavoratore”, organo della Camera stessa.

a1911a

Cesare Battisti accortosi della penna sagace dell’esule lo invita a collaborare al giornale che dirige, “il Popolo”, assumendolo come redattore capo. Inizia proprio sul foglio irredentista, la storia a puntate di Claudia Particella e del suo cardinale. Il romanzo, oltre che erotico, per quanto potesse esserlo allora, è anche storico. Lui, il cardinale, non è altro che Carlo Emanuele Madruzzo, rampollo di una dinastia di vescovi-principi. Nel 1648, riuscì ad ottenere il riconoscimento di uno speciale stato di autonomia per il Trentino. Follemente innamorato della figlia di un suo consigliere, Claudia Particella, il cardinale chiede al papa una dispensa per poter convolare a nozze. Ma papa Alessandro VI nega l’autorizzazione. La risposta del cardinale? “Uno schiaffone –  dicono – al pontefice”.

cesare-battisti-sitting-at-his-desk-at-headquarters-of-il-popolo-d-italia

Va detto, prima di entrare nel merito del romanzo, che l’ impeto e il carisma di Cesare Battisti affascinarono inevitabilmente Mussolini. Ma se per il concittadino illustre provava sincera ammirazione, molto diverso era l’atteggiamento che aveva nei confronti di Trento. Infatti per “il vero eretico”, (pseudonimo usato da Mussolini), Trento era troppo clericale. A inasprire i rapporti fra la città e il giornalista de “il Popolo”, pesò anche la profonda avversione  che aveva per il leader dei cattolici, Alcide De Gasperi, apostrofato da Mussolini, “pennivendolo”, “uomo senza coraggio”, “un tedesco che parla italiano, protetto dal forcaiolo, cattolico, feudale impero austriaco e quindi un servo di Francesco Giuseppe“.

MUSSOLINI-AMANTECARDINALE2

Il romanzo di Mussolini uscì in 57 puntate non consecutive tra il 20 gennaio e l’11 maggio 1910 unite al giornale socialista Il Popolo di Trento, quotidiano diretto da Cesare Battisti. Mussolini, nel periodo trentino, decide di indirizzare le sue stoccate, verso quello che da sempre considera, da anti-clericale, il nervo scoperto del potere spirituale: il sesso. Ovviamente, con un simile romanzo al suo interno, il Popolo incrementò notevolmente le vendite. Cesare Battisti peraltro così descriveva il suo redattore: «E’ uno scrittore agile, incisivo, polemista, vigoroso, con una buona cultura, multiforme e moderna».

Ma il direttore aveva dei grossi problemi in quanto gestire un ragazzo come Mussolini era difficile. L’irruenza e l’impulsività con cui attaccava qualsiasi forma di potere, fosse esso clericale o imperiale/austriacante,  costarono a Mussolini  il posto al giornale, dopo solo un mese di collaborazione. Nonostante ciò continuò a denunciare il malcostume all’interno della Chiesa. La situazione degenerò quando  in un paesino di Trento si scoprì una storia boccaccesca fra una contadina (in vena di santità) e il parroco locale, che l’aveva messa incinta ripetutamente. Mussolini con la sua vena di scrittore salace, irriguardoso e fantasioso scatenò un putiferio, divertendosi nel raccontarne i retroscena, con il preciso intento di ridicolizzare tutto il clero locale. In questo clima anche la  permanenza a Trento era diventata precaria. Non trovando appigli legali per sbatterlo in galera, la cupola clericale, attraverso segnalazione di anonimi, lo accusò di aver preso parte ad una rapina in banca assieme ad amici irredentisti. Naturalmente, gli sbirri non trovarono il denaro ma rivoltando l’appartamento saltarono fuori dei manifesti anti-austriaci e copie di giornali clandestini. Quello che bastava per metterlo in gabbia. Il soggiorno nelle galere del Kaiser si prolungò oltre il dovuto e per sbloccare la situazione fu  costretto ad intentare uno sciopero della fame. Per non farlo diventare un pericoloso martire socialista o creare incidenti diplomatici, i gendarmi lo accompagnarono, con i soli vestiti sdruciti che aveva addosso, al confine di Ala, diffidandolo dal mettere piede nei territori austriaci.

A8

Ci sono comunque “precedenti” letterari di Mussolini. Intorno al 1900 – quando aveva 17 anni- cominciò a scrivere poesie, che però avrebbe distrutto qualche anno dopo. Comunque, una poesia si è conservata; la composizione si apre così: «Ridon tremuli i rii, tra la fiorita/ erbetta nel languor del dì novello/ mentre la Primavera esce verita/ nell’oro verde del suo brocatello» (citato in Farrell, 2003:19). All’età di 18 anni, il 10 febbraio 1901, la scuola gli chiese di recitare un in memoriam, nel teatro di Forlimpòpoli, per Giuseppe Verdi, morto qualche giorno prima. Questo discorso, il primo discorso per un grande pubblico, fu un po’ controverso perché Mussolini sferrò un attacco alla classe dirigente; il pubblico tuttavia ne fu molto affascinato e anche nel giornale socialista “Avanti!” il discorso fu accolto con molto entusiasmo. In quegli anni, anche l’interesse per altri scrittori e per la poesia emerse in lui, che si dedicò alla lettura di Dante, Zola, Hugo e Gustave Le Bon del quale lesse e rilesse molte volte «La Psychologie des Foules».

cover

Il romanzo (allora definito “di interesse popolare”), che Mussolini, diventato Duce, cercò poi di far passare sotto silenzio, è in realtà una sorta di “feuilleton” che pone l’accento sulla intensa passione amorosa tra l’alto prelato e la giovane, ma anche su considerazioni politico-sociali di quel periodo nel Principato di Trento, dove il benessere era riservato al clero, mentre la “poveraglia era stata confinata perché la visione della miseria non turbasse la digestione dei 210 vescovi …”.

Il racconto è denso di sentimenti, tra ardori e turbamenti, per l’amore esasperato che il Cardinale manifesta per Claudia, in contrasto con “la dignità della porpora”, trovando conforto nella lettura di opere di Virgilio. Il romanzo si colora di notazioni appassionate, tramandosi di lamentele, di malcontento della popolazione tartassata da “nuovi e odiosi balzelli” imposti dal Cardinale; del pericolo di tradimenti della giovane non indifferente, con le sue occhiate lusingatrici, al corteggiamento di un cavaliere ungherese.

cop

La narrazione assume anche carattere drammatico, per l’avvelenamento di Claudia, da parte di ignoto. “Claudia moriva – scrive Mussolini – senza imprecazioni, come le antiche cortigiane che andavano serene incontro alla morte”. E per lei funerali solenni. In escandescenza va il Cardinale che pare toccare le corde della pazzia, ma vuole redimersi, purificandosi del suo passato scandaloso, e ritornare pastore del suo popolo. È quello che fa, officiando la cerimonia religiosa sull’altare davanti a tutti.

L’autore instaura un rapporto intenso con i protagonisti, indagati nelle loro sottili sensibilità, nelle risonanze affettive, nelle specifiche coordinate psicologiche. «Con questo romanzo – sostiene Roberto Armenia – il duce, attento osservatore dei caratteri e delle peculiarità delle masse, manifesta nuovi aspetti della sua personalità che ce ne danno un ulteriore spaccato».

A334

«Claudia Particella l’Amante del Cardinale»– fu pubblicato prima in episodi nel giornale «Il Popolo» e poi come libro, ma in inglese: «The Cardinal’s Mistress». La pubblicazione in inglese avvenne tuttavia senza il consenso di Mussolini. In seguito, divenuto Mussolini Duce dell’Italia fascista e firmato nel 1929 il Concordato con la Chiesa, il romanzo venne opportunamente tolto dalla circolazione e finì per essere poi a lungo ignorato. Lo stesso Mussolini si incaricò di liquidarlo definendolo un libro di propaganda politica.

CLAUDIA E DON BENIZIO

Carlo-Gaudenzio-Madruzzo

Leggiamo nel romanzo: «Don Benizio accompagnò i colleghi fin sulla porta (…) Mentre si svestiva per andare a dormire, pensieri di vendetta, di conquista, di godimento gli turbavano il cervello. A domani!  A domani! diceva tra sé … La pecorella non può sfuggirmi … impiegherò i mezzi buoni e cattivi, l’eloquenza gentile e la minacciosa … farò delle promesse, delle grandi promesse! Ah Claudia, domani sarai mia! Lo voglio! E la donna – dalle nudità lungamente agognate, quali appaiono nei furori di un erotismo coartato, ai forzati della castità – la donna bella e impudica che domani gli avrebbe gettato le braccia al collo, Claudia dagli occhi neri come quelli del diavolo, dagli omeri rotondi, dai capelli odorosi, dalla bocca paradisiaca, dalla pelle bianca e tenera, Claudia la cortigiana turbò il sonno di Don Benizio, con l’incubo dei desideri insoddisfatti, con la speranza di carezze ignorate, di voluttà ineffabili sino all’esaurimento, sino all’esasperazione. La carne di questo prete fremeva, come freme un Dio silvano nel mirare una ninfa nuda che si specchi nell’acqua di un ruscello limpido e silenzioso.»

E ancora:  “Una sera Don Benizio affrontò Claudia che passeggiava sola nei giardini della Cervara, le parlò del  suo amore, le chiese uno sguardo benigno, una buona parola. Fu eloquente .- a scatti e singulti  – come gli uomini che davanti a una donna non possono più trattenere l’impeto della passione. E Claudia aveva sorriso di scherno e di pietà. Don Benizio non era il primo, molti altri l’avevano assediata ma invano. Di qui la ragione recondita dell’odio inestinguibile che gli ecclesiastici nutrivano contro di lei.»

AASC

«(…) Don Benizio dopo dieci anni di vane manovre ricorse alle minacce. Cercò di atterrire Claudia. Non ne cavò vendetta allegra. Claudia era troppo intelligente, troppo superba per cedere alle minacce apocalittiche di Don Benizio e dei suoi emissari. Il prete tuttavia non aveva rinunciato al suo sogno. Ne aveva fatto lo scopo della sua vita. Pur di possederla avrebbe venduto l’anima a Satana e preferito alla beatitudine dei cieli i roghi infernali per tutta l’eternità. La passione – in cui l’odio e l’amore si alternavano – aveva finito per irrigidire l’animo di questo prete. Egli si era pietrificato, fossilizzato nel suo desiderio. Ed ora che la virilità accennava al tramonto, fiamme ossessionanti di libidine gli torcevano le carni».

Mussolini nel gennaio del 1920 scriveva: «Noi abbiamo stracciato tutte le verità rivelate, abbiamo sputato su tutti i dogmi, schernito tutti i ciarlatani bianchi, rossi e neri che mettono in commercio le droghe miracolose per dare la felicità al genere umano. Non crediamo ai programmi, agli schemi, ai santi, agli apostoli […] Due religioni si contendono oggi il dominio degli spiriti e del mondo: la nera e la rossa. Da due Vaticani partono oggi le encicliche: da quello di Roma e da quello di Mosca. Noi siamo eretici di queste due religioni. Noi, soli, immuni dal contagio».

1929 patti lateranensi

Il 21 giugno 1921, invece: «Il fascismo non predica e non pratica l’anticlericalismo […] Il papa è il più grande decoro dell’Italia. Per lui tutti i milioni di cattolici che sono nell’universo mondo si rivolgono all’Italia come a una seconda Patria, per lui Roma è davvero Caput mundi; e bisogna chiudere gli occhi all’evidenza per non vedere […]»

TRA STORIA E LEGGENDE

4QPNaHG

Castel Toblino, in Trentino, è stato turisticamente lanciato lo scorso secolo sfruttando il Vino Santo ma anche una torbida leggenda dal sapore fortemente romantico. Questa leggenda racconta che a Castel Toblino, verso la metà del 1500, il Principe Vescovo Carlo Emanuele Madruzzo e la nobile Claudia Particella, (dalla quale in seguito, ebbe un figlio), qui si rifugiavano per i loro amori proibiti. I cortigiani, per difendere l’immagine del Principe Madruzzo, caricarono su una barca la bella Claudia, la condussero in prossimità dell’insenatura ad est del lago di Toblino, e, dopo averle legato dei grossi sassi a mani e piedi, la gettarono in acqua. Il luogo dove avvenne l’omicidio prese in seguito il nome “Valle della morte”. Nelle notti di luna piena gli spiriti inquieti dei due annegati aleggiano ancor oggi sulle acque del piccolo lago.

20130331032941-2

Nato nel 1599, dalla nobile famiglia dei Madruzzo, Carlo Emanuele in gioventù studiò grammatica e retorica a Monaco di Baviera e filosofia a Ingolstadt presso i gesuiti, distinguendosi per il carattere mite e pio. Successivamente si trasferì a Perugia per studiare legge e ivi rimase fino al 1619, quando venne richiamato a Trento ove fu assunto dallo zio cardinale Carlo Gaudenzio Madruzzo come coadiutore e successore. Nel 1626 venne promosso al sacerdozio. Governò in periodo di crisi per la guerra dei Trent’anni e per le tensioni tra Impero e Papato. Fu il più discusso dei Madruzzo sia per la fuga durante la pestilenza del 1630 sia, appunto, per il rapporto scandaloso con Claudia Particella, figlia di un suo consigliere.

Al fine di regolarizzare il rapporto con la nobildonna aveva a più riprese tentato di chiedere la dispensa papale in modo da sposare legittimamente Claudia: si dice che, infervorato per l’ennesimo rifiuto subito, prese a schiaffi Papa Alessandro VII. Fu un suo merito comunque l’aver ottenuto nel 1648 la parziale autonomia del principato vescovile di Trento dall’Austria. Morì improvvisamente il 15 dicembre 1658.

La vicenda di “Claudia Particella ovvero l’amante del Cardinale” narra del Cardinale Carlo Emanuele Madruzzo (1599-1658) ultimo di una dinastia di principi-vescovi che resse per oltre un secolo la diocesi Trentina. Il giovane Carlo Emanuele non aveva molta voglia di fare il principe e ancor meno il Principe della Chiesa. Invaghitosi della giovane vicina Claudia Particella arrivo anche, dopo aver ben meritato in missioni diplomatiche per il Papa e per gli Asburgo, a richiedere più volte la dispensa per poter sposare la giovane. La bella ragazza, di cui si dice abbia fatto da modella per il quadro di Santa Lucia ancora visibile nella chiesetta di Calavino nei pressi di Madruzzo, rimase sempre la prediletta del Madruzzo anche quando questi, nel 1629, assunse la porpora cardinalizia. La voce popolare parlava di un passaggio sotterraneo tra villa Madruzzo e casa Particella, che consentiva ai due amanti di incontrarsi a piacimento. Incontri tanto frequenti che casa Particella finì per essere chiamata dal popolino la “Madruzzina”. Ma la leggenda dice anche che la giovane Particella fu, in un impeto di gelosia, affogata dal suo amante e che il suo fantasma appaia a volte nel castello affacciato sul lago di Toblino.

image_hotel_exterior_outside_1
A questo misto di storia e di leggende Benito Mussolini aggiunse del suo: morti e assassinii e soprattutto “personaggi” di pura fantasia ma riconducibili alle sue vicende personali: Rachele, l’ancella della bella Claudia e don Benizio il consigliere di Carlo Emanuele. Poco tempo dopo la pubblicazione del romanzo Benito sposerà la sua Rachele.

LA VERA STORIA DI CLAUDIA PARTICELLA

In alcune recensioni o note riferentesi al romanzo, come ad esempio nel libro di Gore Vidal “L’età dell’oro”, si colloca la vicenda di Carlo Emanuele negli anni centrali del Concilio di Trento. Ma in quel periodo era cardinale-principe Cristoforo Madruzzo, figura storica di maggior rilievo del nostro. Il Concilio di Trento si chiuse definitivamente nel 1563 e Carlo Emanuele nascerà 36 anni dopo e succederà 23enne al penultimo della sua casata. La morte di Carlo Emanuele segna la fine della dinastia e consente all’Austria di estendere la sua piena sovranità sul Trentino.
La confusione temporale è dovuta in parte alle alterne vicende editoriali, che hanno un po’ mitizzato un’opera di certo non eccelsa per quanto intrigante, e in parte alla confusa trama del romanzo. Un feuilleton in piena regola, per palati buoni a qualsiasi lettura ma non del tutto privo del pregio della buona scrittura e della verve giornalistica cui Mussolini aveva già dato prova in quei primi anni della sua militanza socialista e della sua attività di redattore. L’anno successivo alla pubblicazione del libro lo troviamo in ben più serie occupazioni: è direttore del quotidiano socialista l’Avanti!

MUSSOTR2

Il romanzo è forse irreperibile, a meno di non aver fortuna o un libraio particolarmente bravo. Una chicca comunque sia dal punto di vista della letteratura popolare che da quello storico. Villa Madruzzo e le sue rinomate sale ristorante è sulla collina trentina, in quel di Cognola, e Casa Particella vi sorge accanto.

Questa voce è stata pubblicata in Senza categoria. Contrassegna il permalink.

1 risposta a MUSSOLINI E IL TRENTINO – 7

  1. Pingback: Benito Mussolini: storia di un letterato | Radici Digitali

Lascia un commento