MUSSOLINI E IL TRENTINO – 3

MUSSOLINI IN TRENTINO

a cura di Cornelio Galas

Cari amici di Televignole, prima di tutto volevo dirvi che in questa terza puntata sul rapporto tra Benito Mussolini e il Trentino ho inserito anche un video, storico, dell’Istituto Luce. Si tratta della visita del Duce a Trento nel settembre 1935. Dura meno di un minuto.

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VIDEO. 1935: MUSSOLINI IN VISITA A TRENTO

Le sequenze: 1. una bandiera tricolore sventola in cima ad una torre; 2. enorme stendardo raffigurante un fascio littorio su sfondo nero; 3. i palazzi lungo una via di Trento sono addobbati con bandiere; 4. gente affacciata alle finestre e accalcata sui terrazzi dei palazzi; 5. folla festosa e acclamante nella piazza principale di Trento; 6. Mussolini, in piedi sull’automobile scoperta, passa seguito da altre automobili lungo una via, gremita di gente, della città di Trento eseguendo il saluto fascista; 7. da una parte della piazza la folla innalza cartelli inneggianti a Mussolini; 8. un gruppo di giovani donne fasciste si alza improvvisamente eseguendo il saluto fascista; 9. piccoli balilla seduti; 10. Mussolini in piedi esegue il saluto fascista verso la folla che saluta; 11. giovani balilla in piedi agitano il berretto.

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Ma torniamo al 1909, anno in cui Benito Mussolini abitò e lavorò in Trentino, cercheremo di approfondire meglio il pensiero del futuro Duce. In particolare i motivi che lo portarono – e siamo lontani dai famosi Patti Lateranensi controfirmati proprio da Benito Mussolini – ad un duro anticlericalismo.

Sul giornale “Il Popolo” dell’11 febbraio di quell’anno Mussolini scrive di Marx e di Darwin, definendoli “i pensatori più importanti del secolo XIX”. Di questo periodo si ricordano i molti interventi di Mussolini in comizi pubblici, un confronto con Alcide De Gasperi, che dopo le parole di Mussolini però si limita a “giustificare – come scrisse un cronista – l’atteggiamento dei cristiano-sociali nella presente lotta operaia, fa appello alla concordia, gratifica di signori i presenti e di onorevoli i socialisti; ammette che gli intervenuti sono socialisti quasi tutti e rinuncia a discutere col compagno Mussolini, traendo a pretesto la solita partenza per affari urgentissimi […] commenti ironici – sottolinea il cronista – si convertono in una sonorissima fischiata che saluta la fuga del campione del cristianesimo sociale”. Attraverso la Lega per la cultura sociale in Trento, Mussolini creò una scuola di “propaganda del partito”. La sua azione conduce a buon fine una battaglia per la categoria del falegnami che lo festeggiano: è il 5 giugno 1909. Parla a loro e dice: “Un giornale di Trento ci ha chiamati violenti. Se l’anonimo scrittore fosse qui, dovrebbe convincersi di aver mentito. Fummo altra volta chiamati malfattori. Ebbene, se violenti e malfattori sono tutti quelli che hanno in odio le bassezze, le iniquità, le ingiustizie; se malfattori e violenti sono tutti quelli che tendono gli sforzi alla realtà dell’ideale, noi siamo allora malfattori e violenti e siamo fieri di esserlo”.

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Ancora a giugno, per essere esatti il 12 del mese, pubblica su Il Popolo un’intervista alla “Santa di Susà”: l’articolo viene pubblicato anche in un opuscolo in vendita a 6 centesimi “pro L’Avvenire del Lavoratore”. Si tratta della vicenda di una donna che viene usata da un sacerdote il quale pretende che lei si finga una santa che fa miracoli: Benito si reca a Susà, un villaggio alpestre, e la intervista.

È della fine di agosto un pezzo in cui analizza il fenomeno della disoccupazione: “Questo fenomeno, che costituisce una specie di malattia incurabile della società capitalistica, si verifica in tutti i paesi”. Una statistica precisa sul tema – dice – è impossibile, e ricerca la ragione di questo fenomeno “nella imperfetta ed ingiusta organizzazione produttiva della società borghese, nella quale capitale e lavoro sono divisi e nemici fra loro, e la produzione è fatta per il lucro individuale del capitalista, non già in vista della necessità sociale o della utilità pubblica”. Anche il sentimento nazionalista emerge nei suoi scritti di questo periodo: “L’Italia attuale va perdendo le caratteristiche di un cimitero. Dove un tempo sognavan gli amanti  e cantavan gli usignoli, oggi fischiano le sirene delle officine. L’italiano accelera il passo nello stadio dove le nazioni corrono la grande Maratona della supremazia mondiale. Gli eroi hanno lasciato il posto ai produttori. Dopo aver combattuto si lavora. L’aratro feconda la terra e il piccone sventra le vecchie città. L’Italia si prepara a riempire di sé una nuova epoca nella storia del genere umano. La patria comune del genio fu ed è l’Italia”.

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Estremamente interessante il punto di vista sull’emigrazione italiana all’estero: “Un giornale di Innsbruck – scrive – s’occupa dell’emigrazione italiana europea e transoceanica e afferma fra l’altro che i 60.000 italiani che lavorano in Germania devono essere riconoscenti ai tedeschi per il lavoro, l’ospitalità, il pane. È una cosa stomachevole! Sembra che gli italiani vadano in Germania ad esercitare l’accattonaggio, mentre sono gli italiani che non solo in Germania, ma in tutta l’Europa centrale rappresentano la civiltà del lavoro. È alla mano d’opera italiana che si devono i grandi esercizi pubblici di molte città: le strade, i canali, le gallerie perigliose e meravigliose, come quelle del Sempione o l’altra del Jungfrau. L’operaio italiano ha qualità che mancano agli operai di altre operai di altre nazionalità: è tenace, coraggioso, sobrio e spesso si lascia docilmente sfruttare. Se vi sono debiti di riconoscenza fra italiani e tedeschi, non possono essere che reciproci!”.

Capo redattore de “Il Popolo”

È un periodo fervidissimo in termini di produzione scritta: pubblica tra l’altro una serie di quattro racconti a sfondo cupo “che risentivano della tragica immaginazione di Edgar Allan Poe ma insieme anticipavano certo surrealismo moderno ed alcune impostazioni alla Bontempelli e alla Pirandello. Sfogava così in prosa – commentano gli studiosi – il fantastico lirismo che aveva cessato di esprimere in versi”. Innumerevoli sono i suoi scritti, anche su “Pagine Libere”.

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Il 2 agosto Benito viene assunto da Battisti come capo redattore: “Egli è noto – dice Battisti – ai nostri lettori, come scrittore agile, incisivo, come polemista vigoroso, come uomo di un sol pezzo, che nell’opera giornalistica sa portare tutta l’esuberanza del sentimento, tutta la fierezza del carattere romagnolo, temperato da una cultura multiforme e moderna”. Così il ventiseienne Benito sale al primo piano di un palazzo di via Torre Verde, a Trento, e prende il suo posto a fianco di Battisti. Al piano terra c’è la tipografia dove si stampa il giornale. La sua cultura è vastissima, al punto che tutti si rivolgono a lui con mille domande. Battisti è costretto ad affiggere questo avviso in bacheca: “I signori redattori e i signori collaboratori sono pregati di far meno domande e di avere più fiducia nelle loro individuali possibilità”. Il lavoro lo assorbe quasi totalmente.

La polemica anticlericale gli crea non pochi problemi, anche con la giustizia. È un contraddittorio quotidiano, quello di Benito e dei rappresentanti della Chiesa. Si vocifera in breve di uno “sfratto”: “dichiaro altamente che me ne infischio“, risponde. I rapporti di Mussolini con  la Fede: “Noi siamo – scrive – gli “anarchici” e i “desperados”, ma anche per i patrizi di Roma pagana “desperados” eran gli umili che alla parola di Gesù vibravan di speranze e di fede. E pure il mite apostolo di Galilea diceva ai “desperados”: “Voi siete il sale della terra’”.

Mussolini era giunto nel capoluogo trentino nel 1909, preceduto dalla fama di propagandista politico di rara efficacia, con le conseguenti, inevitabili attenzioni della polizia asburgica. Battisti, già in corrispondenza con Mussolini, non si lasciò sfuggire l’occasione, anche per aiutare economicamente il compagno di ideali socialisti, per coinvolgere l’amico nelle battaglie intellettuali e politiche del suo quotidiano. È nel rapporto con Cesare Battisti, per altro, che in Mussolini fiorisce la convinzione che il Socialismo, inteso come movimento di riscatto del proletariato dalle indigenti condizioni in cui è costretto dalla disordinata industrializzazione italiana del primo Novecento, si possa, anzi, si debba fondere con il sentimento nazionalistico, con l’orgoglio identitario che, a Trento, rende parimenti infelici e insoddisfatte le classi borghesi e piccolo-borghesi che vedono compresse le loro ambizioni dal prevalere dell’elemento austriaco. Ed è in questo quadro che si spiega anche l’acceso anticlericalismo che pervade un suo romanzo. Cosa rappresenta, infatti, il cattolicesimo trentino, agli albori del secolo più tempestoso dell’umanità? In primo luogo, la subordinazione di quelle terre – italianissime nella lingua, nella cultura, nell’anima del popolo e ancor più delle classi colte – a Vienna, la cui corona è ancora, come ai tempi del disciolto sacro romano impero germanico, la corona de re de romani, cioè del primo protettore della Chiesa cattolica nel mondo. L’Italia dell’amicizia tra Battisti e Mussolini è l’Italia in cui è ancor spalancata – aperta sarebbe espressione diminutiva – la questione romana; in cui i cattolici sono invitati neppure troppo nascostamente a non preoccuparsi delle vicende politiche e delle lotte sociali del giovane stato nazionale (visto come usurpatore delle terre dello Stato pontificio); in cui chi si fa ispirare dalla Chiesa nel suo agire politico, sovente agisce contro gli interessi della monarchia sabauda.

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Trento, da questo punto di vista, è emblematica: di fronte al social-nazionalista Cesare Battisti, si staglia, la figura di un giovane politico cattolico, del tutto prono – dicono – al potere austriaco, in ossequio agli interessi contingenti del clero trentino d’allora: Alcide Angela de Lucia Gasperi. Anche se in quegli anni Mussolini è ancor l’ateo che non esita ad aprire un comizio dichiarando: “Se Dio esiste, ha due ore di tempo per fulminarmi!” Situazioni e figure che nell’animo di Mussolini, tendono a distinguere nettamente la Chiesa impelagata e corrotta nell’esercizio del potere dalla spiritualità autentica e sincera di chi ha fede in Dio.  Certamente, in una Trento ferventemente nazionalista – in particolare, tra le classi use a leggere i giornali -, ma altrettanto intrisa dei sentimenti della Cristianità, questa distinzione fondamentale venne colta, determinando l’insperata – tanto per Mussolini quanto per Battisti – successo dell’operazione editoriale, con conseguente moltiplicazione delle copie vendute e raddoppio o quasi del compenso riservato al futuro Duce.

Ma vediamo nel dettaglio quello che Mussolini pensa, del cosiddetto partito clericale trentino.

Il partito clericale trentino, secondo Mussolini

È il più forte economicamente e politicamente. Recluta i suoi aderenti fra tutte le classi della popolazione. Solo poche migliaia di operai delle due città principali e di qualche centro minore — non subiscono l’ influenza clericale. Ma i bottegai, i commercianti, gli industriali che vanno a chieder sconti alle due banche cattoliche — ma i contadini che fanno debiti presso le Casse Rurali o si servono dei Consorzi agrari o delle Cooperative clericali sono dominati dal prete. Così dicasi dei professori nelle città. Uno di questi fu oggetto di una viva campagna da parte di un foglio clericale, sol perché aveva commentato in classe un brano di Merlin Coccai. I maestri nelle campagne sono mancipi del parroco. La scuola quando non è diretta da un prete, è sempre dipendente dalla sacrestia. Guai agli insofferenti ! Le gesta di don Plotegher — condannato a 5 mesi di carcere duro (agosto 1909) per aver aizzato un’ intera popolazione contro a un povero diavolo di maestro, informino. Gli altri ceti professionistici si inchinano tacitamente’ davanti alla potenza e prepotenza clericale. A Trento si respira ancora l’aria del Concilio. All’ ingresso della città sta il grande palazzo del Vaticano trentino, cogli uffici di due banche, di due giornali, di una libreria. Il quotidiano supera in tiratura tutti gli altri del Trentino — la tipografia dispone di tre linotype e di una rotativa. Il giornale è passivo, poiché dellc 7000 copie molte son distribuite gratis. Così dicasi del settimanale che tira ben 14.000 copie. Ma i passivi della stampa e della propaganda sono compensati dall’attivo delle banche cattoliche, mischiate a tutte le speculazioni capitalistiche italiane e austriache. L’organizzazione professionale cattolica è tuttavia una povera cosa; esiste un segretariato di azione economica — ma eccettuate poche decine di ferrovieri e qualche gruppo nella zona bilingue — la grande massa degli operai non segue l’ indirizzo clericale. Anche in questo campo però ferve l’attività : i propagandisti clericali — fra cui figurano pochi dottori e alcuni studentelli — vanno nelle campagne, tengono conferenze private, a paragrafo due, come si dice in gergo burocratico, per evitare il contraddittorio e tornano trionfanti a Trento dopo aver fatto votare dall’uditorio dei lavoratori un ordine del giorno di rinuncia al Socialismo.

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Colui che volesse studiare con profitto la formazione, l’essenza, la tattica di un partito schiettamente, sinceramente clericale, dovrebbe soggiornare qualche tempo nel Trentino. Qui il clericalismo non è adulterato o mascherato dalla religione o da vernici modernistiche: è genuino. E si mostra anzitutto come una vasta e ben congegnata organizzazione d’ interessi profani — organizzazione che deve conservare il dominio politico, economico, spirituale della popolazione. La massima dei clericali trentini è quella del vescovo Pelizzo da Padova: Una chiesa di meno e un giornale di piú. Ma per assicurare i giornali occorrono cespiti fissi : di qui banche, cooperative, imprese industriali. La rete degli interessi clericali è così fitta da soffocare il Trentino. Ma a questa soggezione materiale va unita quella spirituale. I fogli dei preti esercitano una specie di censura su quanto scrivono e pensano i cittadini; questa censura tocca molto spesso i termini della diffamazione e della delazione. Per i clericali trentini il nemico è l’ Italia. Essi sono austriacanti (Non tutti, naturalmente, collo stesso entusiasmo. Questione, più che altro, di temperamento ; o di quantità, non di qualità).

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Nel loro giornale si leggeva che se si vuol ottenere qualcosa dallo Stato austriaco bisogna esserne fedeli sudditi. Nei ricreatori cattolici si cantava e forse si canta ancora questa strofetta:

Colla pell de Garibaldi

Ne faremm tanti tamburi,

Tirolesi stè sicuri

Garibaldi no ven pu.

Per le feste hoferiane celebratesi l’anno scorso, i clericali hanno organizzato le bande dei trentini che si recarono — per poche decine di lire — a sfilare in parata dinanzi all’ Imperatore per dimostrargli che Trentino e Tirolo non costituiscono che una sola indissolubile provincia. Il vescovo Don Celestino mandò una circolare a tutti i parroci e decani eccitandoli a far dal pergamo il panegirico di Andrea Hofer per suggerimento, probabilmente, del governo. E poichè oportet clericos laicosque cum episcopis suis coniunctissime vivere et agere (così leg-gevasi in testa alla ex-Voce Cattolica, oggi giornale il Trentino) l’elemento laico clericale tenne un contegno equivoco, biasimò le dimostrazioni anti-tirolesi — rinnovando le sue proteste di devozione all’ Impero e allo Stato. Ecco l’ inno che il foglietto settimanale di propaganda clericale pubblicava otto o dieci anni fa:

Dell’Austria al meriggio

Tu sorgi, o Trentino

Serbando nel core

Di Cristo la fè.

Le spoglie innocenti

Ti diè Simonino

Virgilio l’amore

E ‘l sangue ti diè.

A te salve, o Trento

Che l’urna racchiudi

Del vescovo santo

Che un di t’ illustrò.

Col bianco e col giallo

Vessillo di Roma

Anela alla pace

Che il Santo invocò.

Quest’ inno fu ripubblicato dal Popolo all’epoca delle feste hoferiane agosto 1809. Non aveva e non ha forse ancora perduto l’attualita:

Ma anche la gialla

E nera bandiera

Le forze di tutti

Congiunga ed i cuor.

E se odi suonare

Lo squillo di guerra

Del prode Passirio

Invita il valor.

L’apologia dell’Austria, del Papa, del Tirolo e di Hofer non potrebbe essere più evidente. Tepidi amici dell’ italianità linguistica, i clericali trentini sono dichiaratamente avversi all’ italianità politica. All’ultimo Congresso Internazionale dei cattolici austriaci ad Innsbruck e nel quale come in tutti i precedenti si fecero voti per la restaurazione del potere temporale, mandarono la loro adesione il vescovo e i vari dirigenti del Vaticano trentino e non mancarono i clericali trentini. L’Italia per i clericali trentini è il laicismo, la massoneria, una monarchia di sinistra, un esercito che non ha cappellani di reggimento, né obbligo pei soldati di ascoltar messa e confessarsi; un esercito che non presta servizio al Corpus domini, — facendo scorta al baldacchino e sparando salve d’allegria ad ogni fermata. Per i clericali trentini l’ Italia è un paese in convulsione — dacchè il Papa è prigioniero ed ha perduto i suoi domini terreni. Poichè i clericali trentini sono temporalisti e uno dei loro gridi preferiti è quello di Viva il Papa Re.

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Quanto all’autonomia politica o semplicemente amministrativa del Trentino, i clericali vi hanno rinunciato. La loro azione in questo senso fu sempre equivoca e fiacca : oggi sono caduti gli ultimi pudori e si accetta toto corde fino all’ultima conseguenza l’Austria e il suo governo. I deputati clericali trentini e sono tutti ad eccezione d’un socialista per Trento eletto a suffragio universale e di un liberale nazionale per Rovereto — sono gli ascari più fedeli di Bienerth e di qualunque ministero austriaco. Il governo protegge i clericali trentini e li accontenta con … promesse. Nient’altro che promesse. La loro politica di cieco ministerialismo non ha raggiunto gli scopi che si proponeva : lo stesso gesuita deputato Gentili dovette confessarlo nel suo famoso discorso di Levico. Ma non per questo i deputati clericali passeranno all’opposizione : adorano troppo l’Austria e odiano troppo l’ Italia.

L’ influenza dei clericali si fa disastrosamente sentire su tutte le manifestazioni della vita civile e laica. Nel 1909 quando i socialisti trentini iniziarono un’agitazione per ottenere l’abolizione dell’obbligo della messa per i bambini delle scuole popolari — obbligo che esiste solo nel Trentino — i clericali iniziarono la contro-agitazione raccogliendo 1187 firme di madri e pseudo-madri cristiane. L’agitazione cadde poi per mancanza d’alimento e per altri avvenimenti che assorbirono per altri scopi le energie del popolo e i bambini sono obbligati ancora ad ascoltar ogni mattina la messa. I clericali trentini s’associarono ai persecutori di Warhmund — professore di diritto canonico ad Innsbruck — attualmente a Praga — per il suo coraggioso opuscolo su L’indirizzo cattolico e la scien.za moderna — e giubilarono pel sequestro ordinato dalla Procura anche sull’edizione italiana ordinata a cura del professore Socin di Rovereto. I clericali trentini si opposero a che fosse eretto un busto all’antropologo Alessandro Canestrini, trentino, Il busto fu eretto, ma una mattina lo si trovò col naso spezzato. Lo si sostituì con un busto in bronzo tuttora esistente. Durante una notte del penultimo carnovale, alcuni avvinazzati, posero un’ indecente maschera sul volto dell’erma di Carducci — situata ne’ giardini della stazione. Ebbene all’ indomani il foglio clericale trovava grazioso questo oltraggio plateale al poeta italiano. Dopo l’ assassinio di Ferrer, lo stesso foglio non solo giustificò e apologizzò Maura ma ebbe il coraggio di annunziare la compilazione di un numero unico contro Ferrer.

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L’odio che i clericali trentini nutrono contro tutti coloro che non li seguono, è terribile. Dal silenzio vanno al boicottaggio e giungono alla delazione sfacciata. I rapporti fra polizia e Vaticano trentino sono stati più volte messi nella debita luce. La situazione economica, politica, morale del clericalismo trentino è ora eccellente. Banche piene di denari, imprese industriali, associazioni, ricreatori, scuole, giornali, deputati al parlamento e alla dieta — e malgrado il suffragio a curie, ma grazie all’equivoco contegno dei liberali-nazionali — anche tre consiglieri comunali a Trento. Durerà? Non lo crediamo. Nello stesso campo clericale non c’è l’accordo completo. Accanto agli affaristi che gridano una chiesa di meno e un giornale di pii accanto ai mercatori, ai banchieri della religione, vi sono dei gio¬vani molto giovani e dei vecchi, ormai forse troppo vecchi — che vorrebbero scinder bene ciò ch’è religione da ciò ch’è affare, che vorrebbero noii confusi gl’ interessi spirituali con quelli materiali. Questo dissidio esiste e potrebbe domani paralizzare ‘l’azione clericale. Inoltre la sfacciata dedizione dei clericali trentini all’Austria ha disgustato gran parte della popolazione urbana. Nelle campagne poi, i contadini cominciano ad avvedersi della turlupinatura clericale. Tutte le tasse anche quella affamatrice sulla polenta furono votate all’unanimità dai clericali trentini in amorevole accordo coi clericali tirolesi. E’ quindi assai probabile che le prossime elezioni a suffragio universale segnino una clamorosa sconfitti del partito clericale.

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Quanto convien fissare per ora — riassumendo queste note — ed a edificazione dei «regnicoli» irredentisti è che il Partito Clericale trentino dominatore della maggioranza della popolazione è apertamente austriacante e antitaliano. Se per dannati ipotesi l’Austria indicesse un referendum fra gli abitanti del Trentino onde si pronunciassero per l’adesione agli Asburgo o ai Savoia — partirebbero dal Vaticano trentino carovane di preti a propugnare per tutte le vallate che l’unione all’ Italia è contro alla religione e ai voleri della divina provvidenza. Questo referendum darebbe — ne siamo sicuri — una strabocchevole maggioranza di voti favorevoli all’Austria. Poichè l’inno-programma dei cattolici trentini si augura e vuole che …

… la gialla

E nera bandiera

Le forze di tutti

Congiunga ed i cuor.

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