MOSTRI TRENTINI – 2

a cura di Cornelio Galas

Torniamo a parlare di mostri trentini. Sempre sulla base delle analisi scientifiche, storiche, culturali di Duccio Canestrini, contenute nel saggio suo saggio dal titolo “Freaks (mostri ndr). Antropologia  dell’anomalia”, del 1998.

DUCCIO CANESTRINI

DUCCIO CANESTRINI

“Dal Settecento in poi – scrive Canestrini – ha inizio una fase importante che porta la scienza a distinguere il reale dall’immaginario. C’è bisogno di un catalogo attendibile, di un’apposita nomenclatura che superi le barriere linguistiche. C’è bisogno di un sistema. Alcuni naturalisti affermano che le specie si lasciano ordinare secondo una serie continua di forme, in una sorta di catena degli esseri. Avanza così un metodo critico, ragionevole, illuminato, che anticiperà il positivismo.

linneo

La classificazione di Linneo in cui si indicano genere e specie (il suo Systema Naturae è del 1735) crea una sorta di esperanto della biologia. A fronte della tradizione naturalistica che collezionava mostruosità ed esotismi, lo spirito classificatorio linneiano sgretola lo statuto stesso del mostro, relegandolo sul piano della particolarità, appunto, di un sistema. Ovviamente tutti questi naturalisti si pongono anche il problema del posto dell’uomo nella natura. È ancora nel corso del Settecento che nasce un razzismo, o meglio un razzialismo teorico, su presunte basi antropologiche. George-Louis Leclerc conte di Buffon traccia una gerarchia delle razze umane, ponendo al culmine della scala l’europeo, seguito dall’asiatico, dall’africano e in ultima posizione dal selvaggio americano.

foto_primavera_7015

Nell’Enciclopedia di Diderot e d’Alembert i negri vengono descritti come viziosi e inclini al libertinaggio, alla vendetta e alla menzogna. Né è da meno Voltaire, che nel suo Saggio sui costumi allude più volte alla natura quasi animale delle razze inferiori, e così fa un altro faro della cultura settecentesca, il filosofo inglese David Hume confessando il suo «sospetto» che i negri siano per natura inferiori ai bianchi.

È in questo periodo storico che l’antropologo francese Claude Lévi-Strauss ha situato «il peccato originale dell’antropologia», vale a dire la confusione fra il concetto biologico di razza e le produzioni sociologiche e psicologiche delle culture umane. Trattando nelle stesse pagine le differenze fisiche e quelle culturali, gli studiosi settecenteschi procedono come se la correlazione tra i due ordini fosse scontata.

2738487925_5c14cc15b3_z

La fisionomia del cosiddetto primitivo corrisponde alla rozzezza dei suoi costumi. Il bianco è bello e buono, il nero è brutto e cattivo. Etica ed estetica si alleano nella filosofia dei pensatori europei, i quali eleggono loro stessi a metro di paragone per stabilire la distanza che separa gli altri popoli dalla compiutezza.

«La natura al suo massimo grado di perfezione ha creato gli uomini bianchi», scrive ancora Buffon in “De l’homme”. Sicché gli altri sono misurabili, va da sé, in gradienti di degenerazione e di anomalia. Il concetto di compiutezza comporta necessariamente quello di una evoluzione. Un’idea – nata ben prima di Darwin – che rivoluzionerà il pensiero scientifico del secolo scorso.

02509

Nell’Ottocento le anomalie naturali vengono studiate alla luce delle discipline emergenti. I mescolamenti favolosi tra le specie risultano intoppi o difetti dello sviluppo. O sono di pertinenza paleontologica, dunque, o sono pane per i denti della nascente embriologia, dove si discute con entusiasmo di ricapitolazione: la teoria secondo cui le fasi dello sviluppo dell’embrione corrispondono alle fasi dell’evoluzione della specie.

Sul piano del significato, i mostri perdono il loro simbolismo metafisico, ma acquistano valore di esempi del dinamismo della natura. Una dialetticità che a volte può avere la meglio sulla norma fissa.

GIOVANNI CANESTRINI

GIOVANNI CANESTRINI

Lo zoologo e antropologo trentino Giovanni Canestrini dimostra un grande interesse per le anomalie. Nel suo manuale di Antropologia (1878) annovera casi di polidattilia e di polimastia (rispettivamente eccessivo numero di dita e di mammelle), descrive un «uomo istrice» con la cute coperta di aculei e ricorda la nascita abnorme, avvenuta in Siam (oggi Tailandia) nel 1811 dei gemelli Eng e Chang, uniti ventralmente da un ponte muscolare. Osserva Giovanni Canestrini: «Avviene talvolta che un organo od una parte qualsiasi del corpo umano devii dalla sua struttura normale.

27933_400_90

Allora succede di frequente che tale deviazione si compie in guisa da rappresentare lo stato normale di altri vertebrati.

Ciò non può attribuirsi al semplice caso, né possiamo considerare questi fenomeni come giuochi della natura; per spiegarli è d’uopo ammettere un legame tra l’uomo e gli animali a lui sottoposti nella scala zoologica. Questo legame non può essere determinato che dai rapporti di parentela». Ma conclude: «Le cause che conducono alla mostruosità ci sono in gran parte ignote».

In questa stagione scientifica si fa largo il concetto di atavismo, cioè la ricomparsa in un individuo di caratteristiche anatomiche o funzionali di suoi remoti antenati. Tipico l’esempio delle persone completamente coperte di pelo (ipertricosi) o delle donne barbute che allora si esibivano nei circhi. Anche gli organi rudimentali come l’estremità della nostra colonna vertebrale vengono correttamente interpretati in chiave evoluzionistica: il coccige è un abbozzo di coda.

maxresdefault

Da notare che nell’opera di paleontologia umana “The Descent of Man” pubblicata da Charles Darwin nel 1871, cinque anni dopo l’uscita del libro “l’Origine dell’uomo” dell’antropologo trentino, a proposito di organi rudimentali lo scienziato inglese ammette: «Io avevo abbozzato questo capitolo prima di aver letto un pregevole lavoro, “Caratteri rudimentali in ordine all’origine dell’uomo, di G. Canestrini”, al quale devo molto».

Per certi ambienti culturali, all’epoca, era inconcepibile ipotizzare che Adamo ed Eva potessero vantare antenati. Giovanni Canestrini non ebbe vita facile. Offeso e irriso dalla stampa cattolica come professor Scimmia, viene anche costretto a lasciare l’austriaco Trentino, in quanto irredentista. Nel 1863 è nominato socio corrispondente del Museo Civico di Rovereto. Nel 1868 chiede, da Padova, che gli vengano inviati alcuni crani.

Istituto_di_anatomia_patolo

In seguito all’analisi di questi reperti, nel 1880 lo scienziato firmerà insieme a Lamberto Moschen il saggio “Anomalie del cranio Trentino”. Di uno di essi (il cranio femminile n° 200) i due antropologi rimarcano, ovviamente con linguaggio specialistico: «La diretta articolazione del temporale col frontale che dà origine ora al pterio a K, ora al pterio rovesciato (retourné), è considerata come un carattere pitecoide o di riversione al tipo scimmiesco».

homo-sapiens-presentation-6f-1-728

È pur vero che Giovanni Canestrini nell’intento di provare la continuità naturale tra gli animali e l’uomo, finisce per esagerare. Attribuisce cioè facoltà di raziocinio a certi mammiferi, per elevarli, e scarsa intelligenza a certe tribù di selvaggi, per abbassarli al rango di gradini intermedi tra l’animalità e l’umanità. Su questo punto, per inciso, da molti anni l’antropologia culturale ha fatto chiarezza: non esistono etnie culturalmente inferiori ad altre, l’Homo sul pianeta Terra è uno solo, ed è sapiens.

Corre l’obbligo di ricordare, tuttavia che Giovanni Canestrini – caso unico nel panorama antropologico dell’Ottocento – è cauto nell’applicare le teorie biologiche allo studio delle comunità umane, dimostrando soprattutto preoccupazioni di ordine etico. Nei suoi scritti “Per l’evoluzione”, pubblicati nel 1894, quasi intravedendo il pericolo del darwinismo sociale, lo scienziato mette in guardia da questo genere di errori: «Chi applica leggermente le vedute naturalistiche alle società umane arriva a conclusioni che possono indurci a detestare  l’evoluzionismo».

isidore

Per tornare alla teratologia, la prima classificazione sistematica delle forme viventi mostruose è la “Histoire générale et particulière des anomalies” di Isidore Geoffroy de Saint-Hilaire, pubblicata in tre volumi nel 1836. L’intento del compilatore, professore universitario di zoologia a Parigi, è anzitutto quello di ordinare il caos. La sua logica è semplice: le eccezioni confermano la regola.

Geoffroy de Saint-Hilaire non risparmia le frecciate contro la cieca credulità dei teratologi- fai-da-te del Sedicesimo e del Diciassettesimo secolo. Qualche anno più tardi Isidore Geoffroy de Saint-Hilaire si applica allo studio della morfologia del volto umano.

MOST2

L’analisi dei tratti somatici, beninteso, viene sempre condotta alla ricerca di anomalie, poiché tale rimane il pallino degli scienziati ottocenteschi. Ma si tratta di uno spostamento d’interesse fondamentale e innovativo rispetto alla fisiognomica cinquecentesca, quella pseudoscienza che pretendeva di conoscere il carattere degli uomini desumendolo dalle loro sembianze.

Comincia così la stagione dei misuratori, ora dotati di una adeguata strumentazione: scienziati convinti di poter cogliere nelle proporzioni fisiche di uomini e donne non soltanto le tracce dell’evoluzione biologica, ma anche quelle di un’evoluzione psicosociale. Sulla base della convinzione che i numeri parlino da soli, la statistica applicata all’anatomia assurge a metodo sovrano di ricerca. Gli antropologi, meticolosamente intenti alla misurazione della capacità cranica e dell’indice cefalico, diventano antropometri.

lombroso

Più o meno consapevolmente eredi della mentalità settecentesca, essi tornano a propugnare l’equazione tra bruttezza fisica e degenerazione spirituale, cui aggiungono tratti distintivi quali la miseria e la delinquenza cronica. Tutti questi attributi ora vengono interpretati sbrigativamente come «arresti di sviluppo». Il criminologo Cesare Lombroso lo dice chiaro e tondo: i tipi delinquenti sono atavismi, regressioni evolutive. Sono cioè selvaggi che portano le stigmate anatomiche di un passato in cui regnava la legge della giungla.

lombroso2

L’uomo delinquente di Lombroso (prima edizione nel 1876) diventa un bestseller scientifico internazionale, citato a fine secolo nel romanzo “Resurrezione” di Tolstoj e in “Dracula” di Bram Stoker. Caratteristiche del criminale sarebbero, tra l’altro, la scarsa sensibilità al dolore e l’incapacità di arrossire. Ma Lombroso le spara ancora più grosse. Notando che tra i carcerati c’è un’alta percentuale di tatuati, fa paragoni con i tatuaggi dei selvaggi polinesiani, e al congresso internazionale di antropologia del 1886 sostiene che i piedi delle prostitute sono spesso prensili come quelli delle scimmie.

oreeeoeo

Tristemente celebri sono le sue considerazioni sulle anomalie dell’orecchio nei  delinquenti, che autorizzano altri ricercatori come Salvatore Ottolenghi a compilare stravaganti statistiche sui carcerati, tra i quali vengono trovate orecchie anomale (precisamente «ad ansa») nel 35% dei ladri, nel 37% dei truffatori, nel 36% degli stupratori, e così via. Il tipo anomalo e criminale al tempo stesso viene definito «ipoevoluto, dalla facies cretinica».

Un tipo sospetto, da tenere controllato. E infatti nella seconda metà dell’Ottocento tutti i devianti, compresi quelli che per così dire sragionano, vengono schedati quasi ossessivamente.

Gall_FRenologia

Franz Joseph Gall

In psichiatria trionfa il cosiddetto indirizzo organico: a determinati tipi corporei corrispondono neuropatologie statisticamente ricorrenti. All’inizio del secolo Franz Joseph Gall, scienziato attivo tra Vienna e Parigi, aveva fondato la frenologia (dal greco phren = mente, e logos = discorso), una disciplina che indagava sulle relazioni esistenti tra la conformazione del cranio e le caratteristiche psichiche e comportamentali dell’individuo. In Francia lo psichiatra Esquirol compie una serie di misurazioni sul cranio di un’invasata «demonomaniaca».

PPOL

Nel manicomio di Surrey County, vicino a Londra, dal 1860 si utilizzano dagherrotipi fotografici per ritrarre i pazienti. Nel Trentino austriaco, nell’ospedale per malati di mente di Pergine, aperto nel 1882, si misurano i lineamenti facciali di tutti i folli ricoverati (che però vengono fotografati soltanto a partire dal 1930).

Un quarantenne di Avio, G. G., sposato, viene accusato ingiustamente d’essere un falsario e finisce in cella, dove impazzisce: il poveraccio, che si crede Vittorio Emanuele re d’Italia, trascorrerà lunghi anni legato alla catena. E dal manicomio di Pergine verrà dimesso, come recita la cartella clinica, «non risanato».

BertillonageMeasurements

Nel 1890 Alphonse Bertillon, direttore del servizio fotografico della prefettura di polizia parigina, pubblica il volume “La fotografia giudiziaria”. È la prima teoria scientifica per la descrizione e la classificazione esatta dei malfattori. Per rimediare alle difficoltà di identificazione dei delinquenti recidivi, Bertillon propone un sistema di classificazione della popolazione penale analogo a quello impiegato in botanica e in zoologia.

Da notare che Alphonse era figlio di Louis Adolphe Bertillon, medico e pioniere della statistica applicata all’antropologia. Le tavole sinottiche per quei primi identikit, ideate da Alphonse Bertillon, inaugurano una pericolosa deriva dell’antropologia che tende a criminalizzare tutti i diversi.

Lombroso_1

Siamo allo scoccare del secolo. Giovanni Canestrini, che come abbiamo visto temeva proprio questa deriva disumana, muore nell’anno 1900.Nello stesso anno esce per le edizioni Hoepli il manuale di Antropometria dell’antropologo Ridolfo Livi (autore, tra l’altro, di una curiosa mappa della distribuzione dei nasi aquilini e dei capelli rossi in Italia).

A questo punto, schematicamente, possiamo individuare due atteggiamenti nei confronti dei diversi: la persecuzione politica dei devianti sociali e la spettacolarizzazione dei portatori di handicap. Persecutorio diventa in Francia, a partire dal 1912, il cosiddetto bertillonage: un sistema di identificazione dei nomadi, che rende loro obbligatorio il possesso di una carta d’identità antropometrica.

Livi_Capelli_Rossi

Come indubbiamente persecutoria è l’utilizzazione segnaletica del ritratto fotografico dei dissidenti («anomalie politiche») sotto il regime fascista, e degli ebrei («razza degenere») deportati nei campi di concentramento.

Su tutt’altro fronte, l’intramontabile curiosità per le deformità – un misto di voyeurismo e di compassione – produce un’antropologia ai confini tra la fiera degli organi e il museo degli orrori. Alcuni mostri umani schivano i laboratori e i cottolenghi e si esibiscono al circo in show teratologici come fenomeni da baraccone.

MOST3

Nani, giganti, obesi, androgini e altre anomalie note alla medicina come John Merrick, il famoso «uomo elefante», girano le fiere d’Europa e d’America. Nascono i freak-show intesi come esibizioni di mostruosità umane.

Il tendone del circo americano Barnum fornisce al visitatore uno spettacolo straordinario e allucinante in cui pare che uno sfrenato demiurgo si sia divertito a fondere specie viventi in una fantasia demenziale. C’è Jojo, l’uomo-cane siberiano con il viso totalmente ricoperto di pelo. C’è la regina “Mab” che a vent’anni misura cinquantasei centimetri e pesa nove chili.

C’è la bella Francis O’Connor detta la Venere di Milo poiché, come la statua classica, non ha braccia. Ci sono diversi esemplari di fratelli e sorelle «siamesi», tra cui Radica e Dudica, le due indianine che moriranno in seguito al tentativo di separarle chirurgicamente. E c’è il gigante della Val di Ledro, del quale parleremo nella prossima puntata.

Questa voce è stata pubblicata in Senza categoria. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento