LEO E GLI ORRORI DI AUSCHWITZ

a cura di Cornelio Galas

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Oggi propongo la storia di Leo Zelikowski, cittadino onorario di Arco (Trentino), scomparso nel 2012, nella sua casa a Monreal, in Canada, alla veneranda età di 102 anni.

Leo Zelikowski

Leo Zelikowski

«Leo Zelikowski ha rappresentato un vero orgoglio per la nostra comunità – aveva ricordato allora il sindaco Paolo Mattei assieme all’assessore alla cultura Max Floriani – la sua forza d’animo, la sua tenacia, e insieme il suo rispetto per la vita, per i valori della pace e della convivenza sono stati un esempio prezioso, tanto più che coesistevano insieme al ricordo e alla testimonianza precisa dei fatti tragici dello sterminio del popolo ebraico.

Inoltre, il fatto che dopo il ritorno dalla guerra e dalla deportazione qui ad Arco si sia sentito finalmente “a casa”, dopo tutte le tragiche vicende che lo hanno colpito, rende la città particolarmente fiera della sua predilezione».

Leo Zelikowski con il sindaco di Arco Paolo Mattei

Leo Zelikowski con il sindaco di Arco Paolo Mattei

Altra testimonianza, quella di Renato Veronesi, il sindaco di Arco che nel 2008 gli consegnò la cittadinanza onoraria: «Lo ricordo in particolare con profonda commozione nel giorno della cerimonia: ricordo le sue parole di grande affetto per la nostra città, ricordo l’orgoglio di ricevere la cittadinanza e la gioia per la stima e l’affetto della nostra città». 

Leo con il sindaco Veronesi

Leo con il sindaco Veronesi

E veniamo alla biografia, soprattutto alle tragiche vicissitudini di Leo Zelikowski, nato a Vilnius, attuale Lituania, il 15 aprile 1910, da una famiglia di religione ebraica. E questa, come lui ebbe occasione di scrivere nel suo diario, è la colpa che segna indelebilmente la sua sorte e diventa la causa principale delle terribili vicende che hanno inciso successivamente sulla sua lunga vita.

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Leo Zelikowski ad Arco

Leo ha infatti un’infanzia travagliata, come quella di molti europei che hanno vissuto il “secolo breve”, quel Novecento devastato da guerre e segnato dai rapidi cambiamenti che ne hanno stravolto tradizioni, culture e confini.

Nel 1929 si trasferisce in Francia per gli studi universitari: a Grenoble consegue la laurea in ingegneria e poi, a Parigi, inizia a frequentare la Scuola Superiore di Scienze. Fino al 1933 riesce a condurre la sua vita di studente-lavoratore, ma poi la grave crisi economica gli impedisce di svolgere lavori sufficientemente remunerativi per mantenersi agli studi.

Documento rilasciato all’ing. Leo Zelikowski dopo la liberazione dal Consolato francese a Bucarest

Documento rilasciato all’ing. Leo Zelikowski
dopo la liberazione dal Consolato francese
a Bucarest

A Parigi si fidanza con Rosa Abelow, anche lei di Vilnius, in Francia per perfezionare i propri studi in farmacia. Avevano deciso di sposarsi, nel 1936, ma proprio in coincidenza con la data prevista per le nozze, Leo ha la sua prima grave crisi polmonare; le nozze vengono rimandate in attesa di un suo miglioramento, se non di una molto improbabile guarigione.

Rosa nel frattempo si trasferisce a Pisa per frequentare la facoltà di medicina e si adopera per trasferire Leo dalla Francia a Merano, dove la locale comunità israelita gestisce un convalescenziario. Nell’aprile del 1937 Leo viene quindi accolto a Merano, ma già pochi mesi dopo si trasferisce ad Arco: la città aveva infatti la fama di ottimo centro di cura per le malattie polmonari.

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Leo Zelikowski: alle sue spalle il quadro con la targa della cittadinanza onoraria di Arco

Ad Arco, durante le lunghe terapie, Leo ha occasione anche di mantenersi impartendo lezioni. La situazione europea si fa però di mese in mese più drammatica; al termine del 1938 a Leo Zelikowski viene comunicato che, poiché residente all’estero, egli ha perso lo status di cittadino polacco ed è considerato apolide, di religione ebraica.

E’ questa la prima delle ingiustizie insuperabili di cui sarà oggetto nel corso degli anni successivi: per prima cosa, egli perde ogni possibilità di contatto con la famiglia con cui di fatto non riuscirà più a comunicare a partire dal 1939.

Leo Zelikowski con l'ex sindaco di Arco Ruggero Morandi

Leo Zelikowski con l’ex sindaco di Arco Ruggero Morandi

Nel 1940 l’Italia entra in guerra a fianco della Germania: la promulgazione delle leggi razziali contro gli ebrei e l’origine polacca, ossia di uno stato che diviene da quel momento un “Paese nemico” dell’Italia, gli procurano il primo arresto e l’internamento nel carcere di Trento.

La sua situazione ufficiale di apolide, in questo caso gli viene però in soccorso: non può infatti essere espulso in Polonia, poiché la Polonia non lo considera più un proprio cittadino; chiede asilo a venti Paesi diversi, il primo dei quali rappresenta per lui quasi una seconda patria, la Francia. Il rifiuto francese lo colpisce molto duramente e costituisce per lui una amara delusione: niente apolidi, specialmente se ebrei.

Targa della cittadinanza onoraria

Targa della cittadinanza onoraria

Anche Rosa Abelow viene arrestata ad Arco, ma poi internata in Molise, nel campo di Casacalenda: per qualche tempo riescono ancora a comunicare, ma dopo pochi mesi si perdono di vista. Fa quindi ritorno ad Arco, con un foglio di viaggio provvisorio che non ha alcun valore legale, ma che costituisce il suo unico documento di identità, rilasciato in attesa di capire quale sarà il suo destino.

L’angoscia con cui vive i mesi di guerra che si succedono fino al 1943 è appena mitigata dal clima di solidarietà e di cauta protezione che la cittadinanza di Arco riesce comunque a garantire. Per tutta la vita Leo sarà grato alla città di Arco di averlo in vario modo sostenuto e per quanto possibile, protetto con amicizia. Arco è però allo stesso tempo la città che lo tradisce: qui infatti Leo viene arrestato la sera del 21 dicembre 1943.

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In un primo momento, la prigionia si svolge presso le carceri di Trento; di questo periodo, Leo ha sempre ricordato, anche a tanti anni di distanza, il coraggio dimostrato da molti arcensi che erano andati a trovarlo (e come lui gli altri prigionieri) portandogli da mangiare, da vestire, a volte denaro, e sfidando la disapprovazione violenta e pericolosa del regime nazista.

Il campo di concentramento per prigionieri di guerra a Fossoli di Carpi (Modena)

Il campo di concentramento per prigionieri
di guerra a Fossoli di Carpi (Modena)

Il primo trasferimento è al campo di Fossoli: Leo vi arriva nel febbraio del 1944 . Il freddo e la fame cominciano a diventare compagni abituali, così come le violenze e le torture da parte dei carcerieri nazisti. Non c’è possibilità di riscaldarsi, non c’è cibo, ma soprattutto non c’è alcuna umanità da parte dei suoi aguzzini. A Fossoli, Leo Zelikowski smette di essere una persona.

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Una delle esperienze più terribili è il viaggio verso Auschwitz; parte il 21 febbraio 1944, il suo è il convoglio n. 08, lo stesso di Primo Levi. Il viaggio dura cinque giorni, durante i quali non viene distribuito cibo, né, soprattutto, acqua. La sete è il tormento più feroce. L’arrivo a Birkenau è una vera e propria descrizione dell’inferno.

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Dichiaratosi elettricista (avendo compreso che le professioni intellettuali non erano ritenute né utili, né gradite), viene  destinato al lavoro nel campo di Monowitz6 (Auschwitz III). Non ha più notizie dei suoi compagni di viaggio partiti da Arco quel 21 dicembre e solo più tardi viene a sapere che sono stati uccisi nelle camere a gas la sera stessa del loro arrivo a Birkenau.

Nel suo diario, le pagine che descrivono il campo di Auschwitz fanno emergere l’orrore infinito e indicibile dello sterminio; in questi scritti, dallo stile molto misurato e quasi più ironico che drammatico, Leo riesce comunque a trasmettere in modo molto intenso la progressiva perdita di umanità e l’assurdità crudele a cui i prigionieri si erano assuefatti durante il terribile periodo del campo.

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Altrettanto crudele, però, è la cronaca delle vicende che segnano la fuga-liberazione da Auschwitz; lasciati i nazisti ed il campo di sterminio, l’antisemitismo dei russi e dei polacchi non abbandona i deportati che vagano senza meta alla ricerca di un difficile ritorno, affamati e disorientati. Il clima è sempre pesante, è sempre tempo di guerra, per tutti.

Leo racconta di come, in un paese polacco a metà strada del suo viaggio verso Cracovia, nell’attesa di un buono pasto e di un alloggio che venivano forniti ai prigionieri liberati, vede in un gruppo di prigionieri tedeschi. Erano tenuti in un cortile, al freddo, sotto la pioggia, senza vestiti e certamente affamati: in lui è immediato il sentimento di identificazione: a breve sarebbero stati identici ai prigionieri del lager, con altrettanti carcerieri brutali.

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Ad un polacco che lo invita a scendere e picchiarli, per vendicarsi delle violenze subite, non riesce neppure a rispondere. L’unico sentimento che ricorda di quel momento è un senso di repulsione prepotente e assoluta per qualsiasi forma di violenza e di sopruso, per la bestialità a cui costringono la guerra e l’ingiustizia. Sentimenti che lo hanno poi contraddistinto durante tutta la sua vita.

Il viaggio di ritorno dura otto mesi ed è irto di pericoli: la conoscenza del russo, del polacco e del francese lo aiutano a districarsi fra le mille difficoltà ma gli creano qualche problema di identità. In una occasione ricorderà sorridendo che doveva fare attenzione a non trovarsi nello stesso posto in cui c’erano troppe persone, perché alcuni lo conoscevano come lituano, altri come francese, altri come italiano.

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Solo nel maggio 1945 riesce a raggiungere Odessa, il porto da cui partivano le navi per il rimpatrio dei cittadini francesi ed inglesi. Una volta arrivato a Marsiglia (è il 7 luglio 1945), dichiara apertamente di aver utilizzato delle false generalità e si adopera per riottenere un passaporto polacco, nella speranza di avere poi un visto per l’Italia.

Negli otto mesi di peregrinazioni, dopo la fuga da Auschwitz e non sapendo più nulla della sua famiglia, egli matura la decisione di tornare ad Arco, dove sapeva di poter contare su amici sinceri e su una comunità che gli aveva sempre dimostrato affetto e comprensione. Si stabilisce definitivamente ad Arco, sposando Maria Mittempergher, e qui rimane fino al 1991, prima lavorando come amministratore del sanatorio Forlanini e poi occupandosi di gestioni alberghiere.

Leo Zelikowski

Leo Zelikowski

Nel 1991 si trasferisce con la famiglia a Montreal (Canada), nel sobborgo di Pierrefonds, dove rimane fino alla data della sua scomparsa, il 10 dicembre 2012.

Nel 1995, Maria Luisa Crosina, di Riva del Garda, pubblica un volume con il risultato di una lunga e meticolosa ricerca sugli ebrei trentini perseguitati, ricostruendo numerose vicende. Fra queste, si trova anche la testimonianza di Leo Zelikowski, sopravvissuto: è la prima volta che la sua storia viene resa pubblica.

Maria Luisa Crosina e Leo Zelikowski ad Arco

Maria Luisa Crosina e Leo Zelikowski ad Arco

Nel 2008, viene pubblicato dal Museo Storico di Trento il diario “La mia testimonianza”, dove Leo Zelikowski narra la storia della sua lunga vita, con il suo consueto tono pacato, privo di rancore e, anche se in qualche caso venato di amarezza, sempre solcato da una punta di ironia e da un ponderatissimo senso storico.

Per la riconoscenza che egli ha sempre dimostrato alle molte persone di Arco che gli hanno garantito l’aiuto che poterono e per la stima sincera per questa città in cui è riuscito infine a ricostruire il suo percorso di uomo, il Consiglio comunale arcense, il 27 gennaio 2008, ha voluto ricompensarlo concedendogli, visto il suo definitivo trasferimento in Canada, la cittadinanza onoraria di Arco, la più alta onorificenza prevista dalle norme comunali.

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Di questo riconoscimento, lui che amava ricordare che ad ogni partenza era solito volgersi verso la rupe del castello, per portarsi nel cuore l’immagine dell’amata Arco, si sentì profondamente commosso ed onorato.

Nel 2010, in occasione del suo centesimo compleanno, la televisione canadese CBC gli ha dedicato uno speciale servizio e all’interno di quei minuti dedicati a raccontare la sua storia, uno dei principali argomenti fu proprio l’orgoglio di mostrare l’arco d’oro e la targa con cui era stato insignito dalla città di Arco di questa onorificenza.

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