LE BATTAGLIE DI CASSINO – 2

a cura di Cornelio Galas

  • i documenti di Antonio Enzo Cicchino

INTERVISTA

AL GENERALE EVANS BRADFORD
STATI UNITI (1994)
di Enzo Cicchino

Enzo Antonio Cicchino

Enzo Antonio Cicchino ha realizzato questa intervista per la trasmissione Speciale Mixer “LA BATTAGLIA DI CASSINO” di cui ha curato la regia ed andata in onda su Rai Tre nel 1995.

15 febbraio 1944. I piloti che tra poco piloteranno i bombardieri sul monastero di Montecassino

Generale Evans Bradford, che grado aveva sul fronte italiano tra l’ottobre del ’43 e il marzo del ’44?

Maggiore.

Riguardo al bombardamento di Montecassino: è vero che il generale Mark Clark dovette assecondare – contro la propria volontà – il Generale Freyberg capo del Corpo di Spedizione neo-zelandese?

Clark, comandante generale della 5a armata per la zona di Cassino, era contrario al bombardamento, prima di tutto perché il monastero sarebbe stato ridotto in  macerie e in quel caso i Tedeschi sarebbero potuti entrare ed occuparlo… avrebbero praticamente tratto vantaggio dal bombardamento. Per questo motivo riteneva che l’azione non fosse necessaria.

Il generale Mark Clark

E’ vero che senza il bombardamento dell’Abazia, il Generale Freyberg avrebbe minacciato il ritiro dei suoi neozelandesi dal campo di battaglia?

E’ vero, il generale Freyberg, che era al comando dell’esercito neozelandese, si trovava nella situazione piuttosto inconsueta di poter ritirare le proprie unità e la propria divisione dalla battaglia e tornare a casa. …Una deliberazione politica della quale non ho mai sentito parlare nella storia militare… e cioè il fatto che un comandante potesse ritirare le proprie truppe ed abbandonare il campo di battaglia. Questo fu il motivo per il quale si accettarono le condizioni di Freyberg, non si poteva perdere il suo appoggio.

Come ricorda quel tragico giorno?

…Oh, me ne ricordo benissimo.
Ero comandante e capo pilota del bombardamento del Monastero ed eravamo di base sull’altro versante della penisola italiana, vicino a Foggia. Si trattava di una missione molto breve, che chiamiamo “milk-run” (missione aerea effettuata con regolarità, N.d.T.), una missione facile, insomma.

Quando ci avvicinammo a Cassino, al comando di 244 bombardieri, si vedeva il monastero in cima alla montagna che dava sulla vallata dove tutte le truppe alleate fronteggiavano i Tedeschi. Quando sganciammo le prime bombe, rientrai nel vano bombe: Le porte dell’aereo erano ancora aperte; si trattava di un B17, un quadrimotore da bombardamento pesante, e potevo vedere le bombe cadere giù e colpire il monastero.

Quando le vidi centrare ebbi la sensazione…ovviamente bisogna considerare che eravamo in guerra, e quindi cerchi di non farti turbare troppo da cose di questo genere e non permetti comunque che interferiscano con la tua missione, ma quell’evento ebbe un grosso effetto su di me perché eravamo abbastanza sicuri del fatto che ci dovevano essere molti monaci e contadini che avevano cercato scampo all’interno del monastero, e questo certamente ebbe un grosso impatto. Fu così che in seguito decisi di scrivere due libri su quell’avvenimento.

Quale ordine diede ai piloti della sua squadriglia quel giorno?

Ci incontrammo  intorno alle 4.30 del mattino e prendemmo istruzioni di volo dai  funzionari del servizio segreto. Ci diedero una stima della situazione… il monastero poteva essere occupato dai Tedeschi… oppure i Tedeschi lo stavano usando per fare fuoco con l’artiglieria sugli alleati appostati nella vallata..

Allora diedi istruzione a tutti i piloti delle diverse squadriglie di volare in formazione serrata, in altre parole volevo che gli aerei volassero il più vicino possibile gli uni agli altri – a 5 piedi di distanza da una punta dell’ala all’altra, perché ciò ci avrebbe consentito di concentrare le nostre bombe su un punto specifico del monastero e allo stesso tempo, nel caso in cui fossimo stati attaccati dagli aerei tedeschi, avremmo avuto una forte capacità difensiva.

Un altro punto molto importante nelle istruzioni che diedi ai miei uomini fu quello di metterli in guardia sul fatto che gli americani, gli inglesi, i polacchi e gli eserciti degli altri paesi erano localizzati molto vicino al monastero, alcuni di essi a circa 1500 metri, e quindi bisognava evitare che le bombe colpissero le nostre truppe. Questo rappresentava un punto molto importante nelle istruzioni di volo che diedi a tutti i piloti che facevano parte della missione.

Da quale aeroporto siete partiti?

Decollammo da Foggia. Era lì che i bombardieri pesanti erano di base durante la Seconda Guerra Mondiale e sorvolammo la penisola italiana verso Napoli con il Vesuvio che era ben visibile, e rappresentava per noi un ottimo punto di riferimento; poi ci dirigemmo verso Capua, che era un nostro posto di controllo, in altre parole dovevamo essere là ad una determinata ora e ad una certa altitudine, pronti ad effettuare il bombardamento decisivo su Cassino.

Circa cinque minuti prima del bombardamento, avevamo tutti gli aerei in formazione serrata e ci trovavamo all’altezza giusta per lanciare le bombe e passai i comandi al bombardiere della mia squadriglia, il quale puntò il monastero, che trovandosi a circa 1500 piedi al di sopra della vallata, è abbastanza visibile; quindi effettuammo una precisa manovra verso l’interno a una quota di circa 17000 piedi e nel frattempo tutte le altre formazioni di bombardieri stavano disposte in fila e partivano a 15 minuti di distanza l’una dall’altra, cosicché il bombardamento si svolse nel giro di circa 2 ore.

Sganciammo le bombe e poi, come ho detto prima, tornai al vano bombe e vidi con i miei occhi le prime 12 bombe partire dal nostro aereo e colpire il monastero, e tutto questo è documentato su pellicola fotografica ed è la prova che effettuammo un bombardamento di grande precisione. Sganciammo le prime bombe, alle 9.30 del mattino.

Poi eseguimmo una virata a sinistra e facemmo ritorno al territorio alleato in pochi minuti, per cui fu una missione davvero facile sotto questo aspetto. Infine tornammo alla nostra base a Foggia.

Quali tipi di aerei parteciparono all’attacco?

In totale 244 velivoli, tutti quadrimotori,  bombardieri pesanti B17, i Mitchell B25 e i Marauder B26, di misura media. La nostra fanteria non riportò perdite nel bombardamento, e neppure la nostra forza aerea; non ci fu nessun caccia tedesco che scese ad intercettarci ed i Tedeschi non fecero fuoco antiaereo da terra perché temevano che in tal modo avrebbero portato allo scoperto le loro postazioni. Quindi non dovemmo subire l’attacco dell’artiglieria, e da questo punto di vista si trattò di una missione molto facile.

Ma il Vaticano non aveva informato gli eserciti di tutto il  mondo del fatto che il monastero e i suoi confini erano zona demilitarizzata?

Sì. Presumibilmente c’era un cerchio, sulle carte geografiche, che era stato tracciato intorno al monastero allo scopo di indicare il divieto di bombardare o di fare fuoco con qualunque tipo di arma al suo interno. Ma tale divieto non durò a lungo, fu ben presto trascurato. Successivamente, non so come, venne fuori che non c’erano Tedeschi nel monastero ma solo un migliaio di contadini che vi avevano trovato rifugio… si trattò di una scoperta molto spiacevole.

Secondo lei per quale motivo nessuno prestò attenzione all’invito del Vaticano? E’ possibile che qualcuno pensasse che i monaci si fossero alleati con i Tedeschi per attirare l’esercito anglo-americano in una trappola?

No, non lo credo possibile… stiamo parlando dei  monaci Benedettini – si tratta della Chiesa Madre dell’Ordine dei Benedettini –  e la loro testimonianza nel corso dei secoli è sempre stata una testimonianza di pace. Non avrebbero mai accettato una collaborazione di questo genere, ne sono certo… Sono assolutamente sicuro che non sarebbe mai potuto accadere.

Riflettendo… dopo tanti anni, come spiega che tutto ciò sia potuto accadere?

A quell’epoca, secondo le informazioni segrete più attendibili di cui eravamo a conoscenza, i Tedeschi avrebbero occupato il monastero per poter puntare l’artiglieria contro gli Alleati e molti ci credettero… Ma altrettanti, che poi dopo la guerra sono diventati ufficiali di alto rango… alcuni sono generali… furono contrari al bombardamento.

Tuttavia, come sempre accade, è il militare di più alto grado che ha l’ultima parola e questo fu proprio ciò che accadde. Anche se fu una ultima parola che contrastava con la loro volontà intima, il Generale americano Mark Clark infatti era contrario; ed anche il generale Montgomery delle truppe inglesi, si piegò, dicendo: “Se è necessario dal punto di vista della strategia politico-militare, dobbiamo farlo, ma sono personalmente contrario”.

Il bombardamento fu una decisione soprattutto politica.

Lei era a conoscenza di quale fosse il valore storico del Monastero per la cultura occidentale?

No, fu solo dopo il bombardamento che divenni consapevole del grande contributo che aveva reso alla civiltà.

Fu detto che gli anglo-americani avrebbero potuto vincere la battaglia di Cassino senza il bisogno di bombardarlo, aggirando l’ostacolo. Perché non fu presa in considerazione la strategia del generale Juin?

Sì, questo è un altro punto problematico. Il Generale Juin aveva occupato la zona montuosa che circondava Cassino, avendo a propria disposizione asini e muli che potevano trasportare gli equipaggiamenti su quel terreno estremamente roccioso ed a picco sulla valle. Le sue truppe da montagna erano state appositamente addestrate ad effettuare operazioni militari in quelle particolari condizioni.

E lui, con l’esperienza di ciò aveva elaborato un piano per accerchiare il monastero e Cassino… consisteva nell’oltrepassare le montagne e ridiscendere dal versante nord per poi ricongiungersi alle truppe che erano sbarcate ad Anzio e proseguire per Roma, ma purtroppo il suo piano venne respinto.

Ha mai pensato che, dal punto di vista strategico, il bombardamento di Cassino fu un errore?

Sì, penso che fu un errore… per le macerie causate dal bombardamento… che i tedeschi utilizzarono a proprio vantaggio e, naturalmente… per tutti quei morti… a la gente che c’era dentro.

Non sapevamo esattamente quante persone ci fossero, eravamo sicuri comunque che c’erano parecchie centinaia di contadini, …e certo, quando ero al comando della formazione aerea pensavo che lo scopo di quell’azione sarebbe dovuto essere assolutamente risolutivo per vincere la battaglia altrimenti non si poteva giungere a sacrificare così tante vittime. No… no.

Ho sempre pensato che si sarebbe potuto evitare. E’ stato un errore terribile!

Pesarono molto gli errori nella Battaglia di Cassino?

Beh, se considera che la campagna di Cassino durò cinque mesi e che ci furono quattro battaglie importanti che ebbero luogo in quello stesso periodo, è assolutamente impensabile che un’azione militare di così ampio respiro si sarebbe potuta portare a termine senza un margine di errore, e di errori ne furono fatti…

Durante la stessa operazione contro l’Abbazia per esempio, alcune  granate -quelle sparate dalle navi- caddero proprio sul nostro versante ed uccisero alcuni soldati delle nostre truppe oltre ai contadini che si trovavano nel monastero.

Dopo un attacco, un pilota è in grado di valutare l’efficacia della propria azione?

Beh, per quanto riguarda l’efficacia del bombardamento, fu effettuato con notevole precisione. Le nostre bombe caddero proprio in mezzo al monastero, quindi non c’è niente da dire al riguardo, ma questo non basta a giustificarne l’esito finale.

E qual’è la reazione di un pilota quando spinge il bottone e colpisce un obiettivo?

Beh, a quell’epoca si trattava di un dovere militare che dovevamo compiere e quindi tutta la nostra concentrazione era diretta solo in quella direzione. Quindi credo che, nel mio caso, quando vidi le bombe cadere e colpire il bersaglio… fu solo in un secondo tempo che ebbi una reazione…è difficile riportare alla mente questi ricordi dopo tanti anni, ma ricordo distintamente l’effetto che quell’episodio ebbe su di me.

In quale momento il generale Clark ebbe la certezza di esser riuscito a superare l’ostacolo di Cassino?

…Durante la Quarta Battaglia – quella che si svolse nel mese di maggio; …in cui i marocchini riuscirono a penetrare attraverso le linee tedesche sugli Aurunci… e poi l’avanzare graduale delle forze bloccate a Cassino fino a loro ricongiungersi con quelle di Anzio. Fu un sollievo quando insieme marciarono verso Roma.

Ora, fortunatamente Roma fu dichiarata città aperta dai tedeschi e per questo non dovette subire distruzioni; tutti i ponti rimasero intatti e gli Alleati impiegarono un solo giorno per occupare l’intera città riportando perdite molto esigue.

Tornando al bombardamento dell’Abbazia, lei, senza tema di smentite, ribadisce che quell’azione non fu assolutamente necessaria!

No, mi sento di affermare che non fu necessaria e credo che quasi tutti coloro con cui ho avuto modo di parlare la pensano allo stesso modo, ora che la storia ha portato alla luce questi fatti.

Alcuni monaci del monastero, alcuni sono ancora vivi (siamo nel 1994) tennero un diario estremamente dettagliato di quei giorni; quindi, dopo averlo letto, sono giunto alla conclusione che quella missione non era davvero necessaria.

Dopo la guerra è tornato varie volte a Cassino. Quali sentimenti prova nel calpestare quella terra?

Vede, quando ci tornai la prima volta, mi domandai quale sarebbe stata la reazione della gente del posto con cui avrei parlato. Temevo che avrebbero avuto del rancore nei miei confronti per ciò che avevo fatto, ma non fu così.

Furono estremamente cordiali e disponibili con me …e così dal 1978 torno in Italia quasi tutti gli anni, e ogni volta stringo nuove amicizie. Ho un rapporto molto affettuoso con la gente di Cassino ed è qualcosa che mi rende molto felice, perché la prima volta che ci ero tornato avevo avuto molti timori.

L’ultima domanda che vorrei rivolgerle riguarda la sua attività. Lei ha appena terminato un grosso lavoro, quello che lei chiama il “Grande Libro” (the Big Book”); prima ne scrisse uno più piccolo, vuole parlarcene?

Sì, il precedente libro, che è stato pubblicato circa quattro anni fa, trattava soltanto del bombardamento del monastero. Il libro più grande è un romanzo storico che abbraccia invece la storia dei 1400 anni del monastero e si intitola “L’Abbazia Indistruttibile”.

Il motivo del titolo è che essa è stata distrutta ben cinque volte nel corso della storia dagli invasori provenienti dalle terre del nord, dai terremoti, da Napoleone e infine… da me, durante la Seconda Guerra Mondiale. Quindi il libro abbraccia tutto quel periodo di tempo e viene narrato in terza persona da un ragazzo, un contadino al quale San Benedetto, fondatore del monastero, concesse la vita eterna.

Il ragazzo vi conduce per mano fino alla fine del libro. E’ un romanzo storico, che parla soprattutto di  fatti reali… ho dovuto ottenere un’autorizzazione particolare per poter scrivere un romanzo sull’argomento. E’ un soggetto davvero affascinante.

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