LE BATTAGLIE DI CASSINO – 3

a cura di Cornelio Galas

  • i documenti di Enzo Antonio Cicchino

 

Battaglia di Cassino: la distruzione dell’Abbazia

 

15 febbraio 1944

 

Josef Fischer, tenente della prima divisione paracadutisti

le interviste

di Enzo Cicchino

(1994)

COME NACQUE LA LINEA GUSTAV?

Intanto che l’avanzata delle truppe alleate continuava, anche se lentamente, a risalire la penisola, il feldmaresciallo Kesselring cercò di ideare una linea di difesa ideale per bloccare gli alleati prima di giungere a Roma. Questa linea la trovò qui nei pressi di Cassino, con la catena degli Abruzzi verso l’Adriatico e da qui fino a Gaeta, includendo anche i Monti Aurunci.

Si dice che questa posizione gli sarebbe stata suggerita dall’addetto militare giapponese, ma io credo che si tratti di voci infondate poiché Kesselring stesso conosceva benissimo la topografia delle montagne nei dintorni e sapeva quali tratti si potessero inserire nella sua linea di difesa. E quindi dispiegò le sue truppe qui a sud di Cassino.

L’ABBAZIA DI MONTECASSINO CHE RUOLO AVREBBE AVUTO NELLO SCHIERAMENTO DIFENSIVO TEDESCO?

Non si era comunque mai progettato di integrare l’abbazia nella linea di difesa perché altrimenti prima ci si sarebbe rivolti al Vaticano pregandolo di trasferire i tesori artistici accumulati all’interno dell’abbazia nel corso di 1500 anni, grazie all’opera dei monaci colti. Non si credeva neanche che gli Alleati sarebbero stati così ottusi da continuare a scagliarsi contro questo monte, che vediamo qui di fronte a noi, talmente ripido che per la fanteria è praticamente impossibile riuscire a scalarlo e a conquistare il terreno.

C’ERANO SOLDATI ALL’INTERNO?

Vorrei chiarire, che nessun soldato tedesco si trovò all’interno dell’Abbazia prima della sua distruzione. Questo era un ordine preciso del feldmaresciallo, osservato rigidamente inoltre la protezione di opere artistiche di questa portata nonché della popolazione civile costituivano alcuni dei principi fondamentali della disciplina e della formazione del soldato tedesco.

L’abate documentò in una storica lettera che, appunto, nessun soldato tedesco mise piede nell’abbazia prima che fosse stata rasa al suolo. Io lo so per certo perché per un periodo mi trovavo al posto di comando tattico della divisione del generale Heidrich, dove spesso vennero ufficiali e generali importanti, anche il feldmaresciallo Kesselring, per parlare con Heidrich, e in quelle occasioni spesso diventai testimone delle loro discussioni.

Allora ero a capo di un’unità di pionieri che costruiva gallerie in legno all’interno delle caverne naturali, su ordine del generale. Quindi so bene che cosa accadeva.

IN CHE MODO SI ESPRESSE LA VOSTRA SENSIBILITA’ VERSO IL MONASTERO?

I tedeschi portarono le opere d’arte al riparo. Sarebbe stato meglio se fossero state rimosse già prima dal Vaticano. Ma né il Vaticano né i monaci credevano che l’abbazia sarebbe stata attaccata dagli Alleati. Questo atteggiamento si nota anche nelle dichiarazioni dell’abate di allora, che non credeva che un santuario vecchio 1500 anni – così credo possiamo definirlo – sarebbe stato distrutto dalle bombe alleate.

Soltanto quando si cominciò a sparare contro il monastero, si calcola che da 500 a 1000 granate caddero nei pressi dell’abbazia prima che fosse bombardata (e prima ancora che essa facesse parte della linea di difesa tedesca, che le girò intorno a circa 300 metri di distanza) soltanto allora si cominciò a riflettere che era praticamente certo che non ci sarebbe stata nessuna protezione per il monastero. I monaci – dopo qualche titubanza – diedero quindi l’autorizzazione a trasferire le opere d’arte dal monastero a Roma nel Vaticano.

Sia ben chiaro però, che si poterono salvare soltanto le opere movibili, perché i tesori raccolti nel corso di 1500 anni e diventati parte integrante e solidale con la struttura dell’edificio – come gli intagli in legno di inestimabile valore, creati dagli artigiani nel corso dei secoli, e gli affreschi sui muri e soffitti, non si poterono salvare. Da questo punto di vista, il danno della sua distruzione è incalcolabile ed anche irreparabile.

Il bombardamento di Montecassino è un fardello terribile che pesa sulla conduzione della guerra da parte degli alleati. La storia futura sicuramente li giudicherà per questo, anche se solo sul piano morale.

CHE RAPPORTO SI ERA INSTAURATO FRA LA POPOLAZIONE ED I SOLDATI TEDESCHI?

Naturalmente non vi erano contatti tra i soldati e la popolazione rifugiata nell’abbazia. Anche questa gente credeva che l’abbazia non sarebbe stata bombardata, sperando in questo modo di essere risparmiati . Ma quando caddero sempre più granate e si intravide lo spettro dei bombardamenti, si cominciò a pensarci. In ultimo avvenne il lancio di volantini da parte degli Alleati che chiarì che il monastero non sarebbe stato salvaguardato, bensì bombardato.

Ma neanche allora la popolazione lasciò il monastero, solo singoli fuggirono, anche se i tedeschi invitavano la gente ripetutamente ad andarsene. Solo quando la situazione era ormai diventata critica un maggiore numero di persone fuggì in direzione di Roma o verso il Nord.

Ma solo quando le bombe erano cadute e l’inimmaginabile si era verificato, si riuscì a convincere anche i monaci a trasferirsi a Roma. Ad eccezione di uno – del quale si racconta, e la storia è vera – che a metà strada attraverso la gola della morte si fermò e tornò indietro per restare nel monastero e per morirvi eventualmente.

Io stesso sono rimasto per qualche tempo, circa una settimana, nella gola della morte che fu bombardata incessantemente con granate pesanti; per me è stato uno dei momenti più duri del tempo passato a Cassino.

Durante i combattimenti non sono mai stato al monastero, ma ero di stanza in città, in Via Casilina. Soltanto dopo il bombardamento divenne possibile entrare in contatto con la popolazione che aveva bisogno del nostro aiuto. E solo ora quando ormai l’abbazia era diventata una mucchio di macerie – le truppe tedesche entrarono nell’area del monastero, vale a dire all’interno della zona protetta di 300 metri intorno al monastero, fissata da Kesselring.

SI DICEVA CHE VENISSE UTILIZZATO IL MONASTERO COME PUNTO DI OSSERVAZIONE…

Questo è un convincimento che  si può dare soltanto un ignorante in materia militare. Perché avrebbero dovuto usare il monastero? Per l’artiglieria a lunga portata esistevano posizioni migliori, come il vicino Monte Cairo molto, anzi addirittura 1000 metri più alto, mentre per le armi a breve gittata, i lancia granate ed altri armamenti presenti con raggio più limitato, valeva lo stesso trovarsi nei numerosi punti di osservazione più avanzati, comunque già occupati dai paracadutisti della 44.a divisione, denominata “Hoch-und Deutschmeister”.

Quindi non era necessario usare il monastero a questi scopi, anzi sarebbe stato controproducente. Perché in quel modo, sarebbe stata violata la zona protetta dell’abbazia e poi ci sarebbe stata una certa protezione per i soldati, dato che si cercava comunque di garantire che il monastero non venisse colpito dalle granate.

Si è presentata anche la domanda perché i tedeschi si sarebbero rifugiati nelle fortificazioni intorno al monastero invece di sfruttare il monastero stesso – che era una fortezza per eccellenza.

Questa definizione fortificazione o bunker, riferita alle postazioni tedesche è sbagliata. Non esistevano fortificazioni nel vero senso della parola, c’erano soltanto semplici postazioni all’interno delle caverne di pietra o in simili rifugi naturali, utilizzati ed eventualmente ampliati in fortificazioni naturali dai paracadutisti. Ma per la terminologia militare si trattava di postazioni, né più né meno.

I parà si difendevano ostinatamente e non abbandonavano le proprie posizioni perché altrimenti avrebbero messo in pericolo la vita dei camerati nelle postazioni vicine, e l’intera linea del fronte sarebbe potuta crollare per l’abbandono di una sola postazione. Questo è tutto il segreto della difesa tedesca sul Montecassino.

PRIMA DI INSEDIARSI SULLE POSTAZIONI DI CASSINO LEI DOVE ERA DISLOCATO?

Prima che noi soldati della l.a divisione paracadutisti arrivassimo qui alla cosiddetta linea “Gustav” eravamo dispiegati nelle zone di combattimento verso l’Adriatico, nei pressi di Ortona.

La prima divisione paracadutisti servi il Generale Kesselring spesso nel ruolo dei “pompieri” perché era mobile e poteva essere impiegata rapidamente in zone di combattimento pericolose. Prima del nostro intervento, qui erano presenti in primo luogo la “HG”, cioè la divisione paracadutisti corazzati “Hermann Goring” ed inoltre la già menzionata 44.a divisione, gli “Hoch-und Deutschmeister”, inoltre giù a valle avevano combattuto con successo la 15.a divisione dei granatieri corazzati, la 96.a corazzata e la 90.a di fanteria leggera ecc.

Noi stessi arrivavamo quando era già scoppiato l’incendio, quando la faccenda si faceva pericolosa e questa posizione chiave doveva essere presa.

Anche noi soldati – io allora ero ufficiale per merito di coraggio e tenente – riflettevamo perché gli strateghi Alleati cercassero, per la prima volta in assoluto nell’intera storia delle guerre, di “srotolare lo stivale italiano, partendo dal tacco”. Non riuscivamo a comprenderlo, e ancora meno capivamo perché continuarono a “sbattere la testa” contro questo muro, costituito dal monte dell’abbazia di Cassino.

Chiunque abbia visto questi pendii non riesce ad immaginarsi come conquistarli. Praticamente si potevano abbattere gli attaccanti semplicemente scagliando delle pietre, per quanto è ripido il terreno.

COME RICORDA IL BOMBARDAMENTO ?

Io stesso a quei tempi ero giù in città, a Cassino. Avevo un’unità di pionieri e nelle pause dei combattimenti scavavamo delle caverne sotto la Via Casilina, nel terreno in discesa in avanti per installare delle postazioni di mitragliatrici. E posso dire con precisione quando vedemmo per la nostra sorpresa arrivare le fortezze volanti dall’orizzonte, con rotta verso Cassino ed il monastero.

1 Cassino – 2 Monte della Rocca – 3 Abbazia – 4 Stazione – 5 Fiume Rapido – 6 Ferrovia Roma-Napoli – 7 Strada Roma-Napoli

Anche noi eravamo stupefatti e credevamo che le fortezze avessero continuato verso Nord per bombardare qualche ferrovia o le grandi arterie di collegamento stradale. Ancora più sorpresi eravamo quando vedemmo aprirsi gli sportelli e cadere le bombe. Chi l’ha vissuto sa che si riesce a vedere benissimo, perché volano ad un’altezza dove si vede come vengono sganciate le bombe che poi cadono sul loro obiettivo.

Naturalmente vedevamo anche che l’obiettivo era il monastero, anche se cominciammo a preoccuparci pure della nostra incolumità ed a riflettere dove rifugiarci se la stessa cosa accadesse alla città. Come poi si è verificato. Io stesso ero alloggiato nel cosiddetto Hotel Del Roses, il quale tra l’altro viene definito in modo errato dagli storici sia alleati che tedeschi.

CHE ALBERGO ERA?

L’Hotel Del Roses non era affatto un albergo, ma bensì la proprietà di un conte italiano. E come si usa dire ad esempio in Francia, Hotel del Ville, così era il nome di questa proprietà, Hotel Del Roses appunto. E questo Hotel Del Roses resistette alle bombe quando ci fu il bombardamento della città, più tardi dopo lo sgombero del monastero.

Io mi trovavo nel sotterraneo, costituito da volte pesanti che resistettero alla bombe. Naturalmente le entrate furono bloccate dalle macerie, ma a noi ci volle ben poco per scavare un’uscita e presto eravamo fuori, subito pronti alla difesa.

Tornando al bombardamento del’Abbazia, le bombe caddero anche tra le truppe tedesche sul monte, i parà, gli osservatori delle batterie di artiglieria e i reparti lancia-fumogeni, che hanno combattuto con molto coraggio qui. Queste truppe avevano le loro postazioni di osservazione nelle caverne e nei rifugi dei parà.

Un obice da 240 mm della batteria B appartenente alle truppe americane del 697° Battaglione di Artiglieria Campale si prepara a far fuoco sul territorio controllato dai tedeschi vicino a Cassino. Italia, gennaio 1944

Tutti erano naturalmente sorpresi dell’attacco sull’Abbazia. Ma era successo, e allora presero possesso del monastero, in primo luogo per assistere la popolazione civile ed in secondo anche per ottenere quella posizione, perché ora la protezione del monastero non aveva più alcun senso.

CONOSCEVA IL COLONNELLO SCHLEGEL, O IL TENENTE MEDICO BEKER (o DEIBER) CHE ORGANIZZARONO E PARTECIPARONO ALLA MESSA IN SALVO DELLE OPERE D’ARTE?

Non li conoscevo perché, come già detto, facevo parte delle truppe combattenti e tutto quello che riguardava il salvataggio delle opere d’arte era successo molto tempo prima.

Per tornare ancora una volta sull’argomento della strategia alleata, sono del parere – come molti altri – e ho sentito esprimere questa opinione anche al posto di comando tattico del generale Heidrich da generali importanti, incluso lo stesso Kesselring, che questa guerra degli alleati, cercando di conquistare l’Italia partendo dal Sud…

…Mi ricordo, una sera, sotto gli ulivi di Rocca Cielo ne parlai proprio con il generale Heidrich (quando era ancora colonnello della Wehrmacht… entrò anche nell’esercito dei 100.000 della Repubblica di Weimar) che per molto tempo era stato docente di strategia e tattica all’accademia militare di Dresda già prima del 1933, – disse che…. se uno studente gli avesse detto di voler adottare la strategia di occupare l’Italia partendo dal basso dello stivale, avrebbe avuto un brutto voto e probabilmente sarebbe stato bocciato.

Tanto meno capimmo perché le truppe alleate tentarono questa tattica. Cosa avevano in mente, chi lo sa….?! Secondo me sarebbe stato facile per le truppe alleate sbarcare nei golfi di Genova e di Trieste, tagliando fuori le truppe tedesche che allora, prima del golpe di Badoglio, ebbero poche forze dispiegate nel Sud dell’Italia.

Mi ricordo che la l.a divisione paracadutisti difendeva l’Italia, dall’Adriatico fino al centro, quindi una sola divisione per un territorio immenso. Questo solo marginalmente. Dopo la guerra si seppe che anche Churchill era uno dei sostenitori dell’idea di creare il fronte sud nei Balcani invece che in Italia. Questa strategia sicuramente avrebbe avuto più successo.

Non solo avrebbero potuto fare a meno degli italiani, poco affidabili anche per noi tedeschi, come si vide dal golpe di Badoglio – ma avrebbero potuto contare inoltre su degli alleati molto più forti, quali i greci e soprattutto i partigiani di Tito, che in questo modo si sarebbero trovati alle spalle dei tedeschi. Sarebbe stato meglio.

Ed inoltre sarebbe stata una tattica più sensata nel senso che, nei confronti dei russi, avrebbe avuto il vantaggio di preparare i Balcani per un sistema occidentale. Vale a dire che gli Alleati occidentali avrebbero potuto esercitare la propria influenza sui Balcani prima che i russi riuscissero ad avanzare il fronte sufficientemente per prenderli sotto il proprio dominio. Ma questa è acqua passata, è meglio tornare sul teatro di guerra qui di fronte a noi.

COME AVVENNE LO SFONDAMENTO DELLA LINEA DI CASSINO?

Durante l’ultima offensiva di maggio gli alleati riuscirono a spezzare la linea difensiva nella Valle del Liri, grazie all’avanzata decisiva dei francesi sui Monti Aurunci ed alla sconfitta delle truppe tedesche vicino a Gaeta, conquistata anche con l’aiuto dei cannoni sulle navi alleate davanti alla costa.

Per evitare di restare accerchiati, anche le truppe intorno a Cassino dovettero ritirarsi, incluse quelle del monte del monastero. Ma i parà si opposero a questa decisione e si rifiutarono di cedere un solo metro di terreno poiché, consci della propria forza, dissero che avrebbero potuto difendere questa postazione anche all’eterno, se necessario.

Dovettero comunque ripiegare perché altrimenti sarebbero stati tagliati dalle altre truppe, circondati e caduti in prigionia. Questo è la caduta del Montecassino. Non è vero, come spesso si sente dire, che il monte con le macerie dell’abbazia fosse caduto in combattimento. Non è così.

Le rovine ed il monte sono stati sgomberati senza battaglia dai tedeschi, e solo dopo arrivarono i polacchi per piantare la propria bandiera. Dicendo ciò non voglio comunque negare il coraggio delle truppe polacche. Tutti gli alleati hanno combattuto valorosamente.
E questo lo voglio ribadire.

ESISTEVA UNA LEALTA’ NEL COMBATTIMENTO?

Certo. Sono stato in Russia nel settore centrale del fronte, eravamo dispiegati davanti a Mosca, e lì la guerra veniva condotta senza pietà, inoltre si aggiunse l’inverno russo. Ma qui esisteva qualcosa come umanità. Ricordo come nelle pause dei combattimenti, quando gli alleati avevano subito perdite terribili durante la battaglia di difesa dei tedeschi, chiedevano una tregua per raccogliere i morti ed i feriti.

Monte Cassino on the 5th Army Front in Italy, 8 March 1944

Questa veniva concessa dal comando tedesco e naturalmente anche noi avevamo subito gravi perdite. E così, durante la ricerca di caduti e feriti, le linee del fronte si dissolvevano: gli alleati passarono sul lato tedesco mentre i tedeschi andarono sul terreno degli alleati.

Nessuno colpiva l’altro in quelle occasioni. Mi hanno raccontato che addirittura si scambiavano le barelle quando mancavano, chi ne aveva dava all’altro, al cosiddetto nemico, e si dice che sia successo perfino che alcuni infermieri alleati passassero la notte nei campi nemici tornando dalla loro parte soltanto la mattina dopo perché durante la giornata non avevano fatto in tempo o perché si erano perduti nel terreno.

C’era una specie di “fair play” e devo dire che non ho mai fatto un’esperienza simile né prima né dopo. Questi fatti dimostrano che le truppe combattenti non nutrono ostilità nei confronti dell’altro, perché sanno che l’altro soffre se stesse avversità del clima e della guerra e che l’altro incontra esattamente le stesse difficoltà.

E questo è un punto che gli storiografi non comprenderanno mai. Un uomo famoso disse una volta, che gli storiografi hanno il vantaggio di non aver mai vissuto gli eventi che descrivono. E questo è vero, altrimenti non riuscirebbero a scrivere certe cose.

E’ VERO CHE GLI ALLEATI ABBIANO UTILIZZATO LE PECORE PER APRIRSI LA STRADA FRA I CAMPI MINATI?

Ho detto prima che durante il mio impiego nella zona di combattimento intorno a Cassino, sulla linea Gustav, ero di stanza nella città, lungo la Via Casilina, dal Hotel Del Roses fino al castello alla curva verso la valle del Liri, nella cosiddetta gola della morte, e alla fine prima dell’avanzata degli alleati nei pressi di S.Angelo.

Mi è stato chiesto se sapevo qualcosa del fatto che presso S. Angelo gli alleati Avrebbero impiegato circa 2000 pecore per aprire un varco nei campi minati, dove sarebbero morte tutte le bestie. Lo ritengo una storiella. Sembra carina, ma non credo sia vera. Perché le pecore avrebbero al massimo potuto far scattare le mine antiuomo, mai le mine anticarro, per le quali erano troppo leggere.

E poi, gli alleati avevano mezzi ben più efficaci per le operazioni di sminamento, cioè i carri antimina oppure l’artiglieria o qualunque altro mezzo. Ma questa storia delle pecore la ritengo poco credibile. All’ultimo momento, poco prima che la linea fosse sfondata, ero a S. Angelo per la protezione dei carri armati, strappato dei bei tempi al posto di comando del generale Heidrich, durante i quali scavavamo nelle caverne naturali.

A Sant’Angelo siamo stati travolti dagli Alleati e la notte successiva avevamo un bel da fare per ritrovare le nostre linee, molto arretrate presso Pontecorvo, attraversando le linee alleate durante la notte per tornare dai nostri, ma poi ci riuscimmo.

Ho già detto che l’avanzata degli Alleati nella valle del Liri riuscì grazie al crollo della difesa nei Monti Aurunci e sulla costa del Tirreno. Proprio per questo motivo, perché parti delle divisioni corazzate dovettero distaccarsi e correre in aiuto di quei due focolai, il fronte nella valle del Liri si era indebolito talmente che poi le truppe alleate riuscirono a sfondare, anche qui a Cassino.

IL GENERALE TEDESCO VON SENGER ERA UN RELIGIOSO?

Era un benedettino e… a Natale ha celebrato la messa insieme ai monaci qua su.

MI FA UN RITRATTO DI KESSELRING…

Il feldmaresciallo Kesselring era un uomo eretto, coraggioso, spesso stava con le sue truppe in prima linea, è considerato uno dei generali più capaci della Wehrmacht. I suoi generali d’armata, Vietinghoff, che era qui dalla nostra parte il comandante del corpo d’armata della linea Gustav, anche lui era un generale capace, e tutti erano stati formati ancora ai tempi della vecchia Wehrmacht tedesca, vale a dire della Wehrmacht dell’esercito imperiale. Ed anche il generale Heidrich, o prima ancora von Senger und Etterlin o Baade, per nominare soltanto i più importanti.

Tutti i generali delle divisioni dispiegate sulla linea Gustav erano degli strateghi capaci ai quali inoltre non si possono negare i lati umani, come invece ora nel dopoguerra si suol fare, nel senso che il soldato tedesco, servendo un regime criminale, sarebbe egli stesso diventato un criminale, e così vengono trattati oggi in Germania. Ma questo non è vero e le prove sono evidenti.

Albert Kesselring

Il generale von Senger und Etterlin era un uomo che aveva studiato in Inghilterra ad Oxford, che aveva chiaramente una formazione umanistica, che era un benedettino e che a natale del 1943 aveva celebrato il natale insieme ai monaci del Montecassino.

Vorrei tornare su un’altra circostanza, ancora non menzionata. Il tenente Schlegel, oppure Becker, non avrebbero mai potuto trasferire le opere d’arte dall’abbazia al Vaticano sotto la propria, responsabilità. La posizione di un tenente come Schlegel non era abbastanza elevata per una tale iniziativa. Schlegel aveva bisogno di un grande numero di camion, credo in tutto quasi 200, e considerata la cronica penuria di carburanti e benzina nella Wehrmacht tedesca, non avrebbe mai osato farlo senza ordine e copertura dall’alto.

Io stesso lo so dai rapporti del generale Heidrich, quando ero al suo posto di comando…(dopo la seconda – vale a dire la terza e quarta battaglia secondo il conteggio degli alleati, noi tedeschi ne abbiamo avuto solo tre, gli alleati invece quattro, questo è diventato una consuetudine storiografica)

Il generale Heidrich, comandante della prima divisione paracadutisti

Ricordo che Heidrich tornò dal Quartier generale del Fuhrer e raccontò tra l’altro che anche a quel livello era noto il salvataggio delle opere d’arte da noi effettuato a Montecassino. So per certo che ad esempio Goring era informato e non posso immaginarmi che Hitler non ne sapesse nulla. Sicuramente era al corrente.

Ora per ciò che riguarda la domanda se una parte delle opere fosse stata trafugata in Germania, dico che non è vero. Se lo fosse, sicuramente lo saprei. Perché una tale operazione per trasferire una parte delle opere in Germania non sarebbe potuta restare segreta. Quindi non è vero.

CHE PUO’ DIRE DELLO SBARCO DI ANZIO E NETTUNO?

Ho già detto che ero un soldato semplice, ero nella fanteria e cosiddetto ufficiale per merito di coraggio, non avevo l’ambizione per diventare ufficiale, mi era capitato per caso. Ma dal punto di vista del soldato semplice posso dire che, analogamente alle riflessioni precedenti, uno sbarco degli alleati presso Genova o nel golfo di Genova o di Trieste avrebbe avuto più probabilità di riuscire nell’intento di far crollare il fronte tedesco, il fronte Sud.

Kesselring era, come già ho detto, un feldmaresciallo molto abile e naturalmente sapeva che gli Alleati avrebbero cercato di sbloccare la situazione arenata e di sfondare la linea Gustav, con uno sbarco a nord di questa linea, ed era anche prevedibile che lo sbarco si sarebbe svolto in un punto a sud di Roma.

Già in precedenza aveva raccolto truppe ad Anzio e Nettuno con lo scopo di annientare il tentativo di sbarco o almeno di far crollare la testa di ponte in un secondo momento. Purtroppo, dal punto di vista del soldato, non ci riuscì ma aveva comunque ostacolato e frenato le truppe alleate in quel punto.

DIPENDEVANO SOLO DAGLI ERRORI STRATEGICI LE DIFFICOLTA’ ALLEATE?

In parte si dà la colpa al cattivo tempo. Non è possibile fare una affermazione del genere perché il tempo è cattivo per ambedue i lati, sia per l’attacco che per la difesa. Poi non si deve dimenticare che gli alleati erano padroni dello spazio aereo. E questa è una situazione che, anche se può avere effetti disastrosi sulla difesa di un fronte, comunque non è così decisiva come si crede.

I fattori decisivi sono altri. Si diceva anche che, se il fronte tedesco fosse stato arretrato fino alle Alpi, gli Alleati non sarebbero mai riusciti a sfondare; e secondo me in quel caso la Luftwaffe avrebbe potuto di nuovo intervenire nella battaglia, battaglia impari, perché l’intero spazio aereo italiano era dominato dall’aviazione alleata. I pochi caccia ed aerei di combattimenti tedeschi, per non parlare neanche dei bombardieri, praticamente non si vedevano.

LO SBARCO DI ANZIO HA AVUTO UN EFFETTO DECISIVO SUL FRONTE?

Anzio non è servito un gran che. Il generale Lucas spesso è stato attaccato perché non aveva sfondato il fronte tedesco provenendo da Anzio, spesso si è beffato di quei signori dello Stato Maggiore americano che pensavano che dovesse sfondare il fronte ad Anzio e galoppare poi, come un eroe delle guerre francesi, verso Roma, lasciandosi praticamente indietro le truppe tedesche.

Questo non era pensabile. Lucas non ci riuscì e non poteva riuscire. Del resto il feldmaresciallo Kesselring era un generale troppo abile per non prevedere il pericolo dello sbarco e tenere pronte delle truppe proprio per questa eventualità.

….
Per concludere voglio dire che il colonnello IRLANDESE presidente dell’Unione Mondiale dei Veterani del Montecassino che avete intervistato insieme a me è mio amico, anche se mi stava di fronte a S. Angelo e se è stato lui con le sue truppe a sfondare nella valle del Liri.

***
il colonnello IRLANDESE

presidente dell’Unione Mondiale dei Veterani del Montecassino

Ero nella Brigata Irlandese dell’8.a Armata Britannica che dalla costa orientale si spostava verso questa zona di Cassino e verso il mare, secondo quanto previsto dall’Operazione Diadema del Generale Alexander, Comandante delle Forze Operative. Riposavamo prima della battaglia, in attesa di condizioni meteorologiche che ci consentissero di sfruttare nel migliore dei modi la nostra superiorità in fatto di mezzi corazzati e armi pesanti, cioè grossi carri armati e cannoni.

La Brigata Britannica di cui facevo parte attraversò il fiume Rapido e giunse nelle immediate vicinanze di Sant’Angelo; ci spingemmo in avanti fino a raggiungere un paesino chiamato Fiumarola. Ci volle parecchio tempo perché ovviamente i tedeschi contrastavano la nostra avanzata. Poi finalmente il nostro Reggimento tagliò la Statale 6 Casilina. I tedeschi, dopo aver compiuto altri spostamenti, si ritirarono, e noi fummo in grado di avanzare lungo la Casilina.

Nello stesso tempo naturalmente i polacchi, che avevano combattuto valorosamente per “il monastero”, come allora chiamavamo l’abbazia, allo stesso modo riuscirono ad entrare nell’abbazia e ad issare la loro bandiera.

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