LA RESISTENZA IN TRENTINO – 2

a cura di Cornelio Galas

ANCILLA MARIGHETTO

ANCILLA MARIGHETTO

Il 19 febbraio 1945, moriva Ancilla Marighetto. Staffetta partigiana con il nome di battaglia «Ora» e Medaglia d’oro al valor militare, venne catturata nei boschi innevati del bellunese mentre cercava di fuggire ad una retata di tedeschi assieme a quel che restava della compagnia «Gherlenda».

Arrampicatasi su un abete per sfuggire agli inseguitori, Ancilla Marighetto venne scoperta e fatta scendere. Aveva con sé la sua pistola, ma non la usò. Una volta catturata, fu percossa: sarà salva, le dicono, se denuncerà i suoi compagni. Ma Ancilla, diciotto anni appena compiuti, non tradì.

ANCILLA MARIGHETTO

ANCILLA MARIGHETTO

Fu il capitano “SS” austriaco Hegenbart ad ordinare a uno dei soldati trentini presenti, un sottufficiale di Cavalese, di sparare ad Ancilla. L’esecuzione fu immediata: un colpo di pistola alla testa e «Ora» cadde nella neve.

Il corpo della ragazza fu recuperato due giorni dopo da due giovani di Lamon, sollecitati dai partigiani superstiti, e trasportato al vicino rifugio Croset, dove fu tumulato sotto un cumulo di sassi; dopo la Liberazione fu traslato a Castello Tesino, dove il 16 giugno 1945 si tennero i funerali anche dei partigiani Isidoro Giacomin «Fumo», Clorinda Menguzzato «Veglia», Gastone Velo «Nazzari», Luigi Parer «Pronto», Dario Zampiero «Mosca» e Dorimberto Rocco Dallemule.

Passo del Borcon - malga Valarica di sotto - la targa in memoria di Ancilla Marighetto - Ora, la partigiana uccisa da un maresciallo del Cst nel febbraio 1945

Passo del Borcon – malga Valarica di sotto – la targa in memoria di Ancilla Marighetto – Ora, la partigiana uccisa da un maresciallo del Cst nel febbraio 1945

Torniamo indietro per meglio capire cosa successe in quel tragico periodo. Nel giugno 1944, il gruppo trentino decise di contattare i comandanti della Brigata Garibaldi “Antonio Gramsci”, attiva con circa mille uomini sulle vicine Vette Feltrine, che era parte della Resistenza bellunese organizzata capillarmente fin dal novembre 1943, grazie anche a numerosi elementi provenienti dalla vita militare e a una diffusa adesione popolare. Due mesi dopo fu istituita e destinata al vicino Tesino e alla bassa Valsugana la compagnia “Giorgio Gherlenda”, elevata al rango di battaglione un mese più tardi, intitolata a un partigiano della “Gramsci” fucilato dai tedeschi pochi giorni prima e composta da 29 partigiani, in buona parte provenienti dai comuni bellunesi di confine affiancati da alcuni trentini. Quasi subito fu operativa come staffetta anche Ancilla Marighetto, col nome di battaglia “Ora”.

CASTEL TESINO

CASTEL TESINO

Fra le prime azioni del “Gherlenda” vi fu, il 14 settembre 1944, l’assalto alla caserma del Corpo di sicurezza trentino (Cst) di Castello Tesino, al fine di impossessarsi di armi e munizioni: il colpo riuscì e furono fatti prigionieri temporaneamente 55 soldati trentini arruolati dai tedeschi per controllare il territorio e svolgere attività antipartigiana (il Cst era attivo in provincia di Belluno, come il più noto SS-Polizei-Regiment “Bozen”, e partecipava attivamente anche a rastrellamenti e rappresaglie).

COSTABRUNELLA

COSTABRUNELLA

L’assalto provocò il 15 settembre 1944 un enorme rastrellamento che si spinse fino ai monti di Costabrunella, il rifugio sul Lagorai del battaglione Gherlenda. Negli scontri fu ucciso anche il comandante “Fumo”, Isidoro Giacomin da Fonzaso, e in seguito per i partigiani del “Gherlenda” – le cui fila si erano ingrossate fino a toccare circa le ottanta unità – la vita fu sempre più difficile, fino alla decisione del neoeletto comandante “Marco”, l’ex maresciallo di artiglieria Antonio Da Ronch di Feltre, di suddividere il battaglione in tre compagnie, due delle quali si sciolsero poco dopo.

PARTIGIANI AL PASSO DEL BROCON

PARTIGIANI AL PASSO DEL BROCON

Dopo l’appello alleato (13 novembre 1944) alla Resistenza di sospendere le attività durante l’inverno, una parte dei combattenti fece rientro alla vita civile. Nel Bellunese l’appello non ebbe molto seguito, nel caso del “Gherlenda” rimase in montagna solo un gruppo ristretto di sette partigiani noti, che difficilmente sarebbero passati inosservati al rientro nei rispettivi paesi (per numerosi loro compagni, infatti, il destino dopo il ritorno fu tragico).

Fra i sette c’era “Ora” e il loro nascondiglio fu in una valletta impervia nella zona del passo Brocon, la Val Caora; da qui partirono anche per alcune azioni di sabotaggio contro l’occupante. Alla metà di febbraio 1945, il gruppetto decise di trasferirsi in una zona meglio esposta al sole e fece tappa a malga Vallarica di Sotto, dove il 19 febbraio fu sorpreso da una pattuglia di tredici uomini del Corpo di sicurezza trentino guidata dal capitano delle SS austriaco Karl Julius Hegenbart.

GRUPPO DEL CST

GRUPPO DEL CST

Nel fuggi fuggi “Ora” (contrariamente a quanto riportato in alcune ricostruzioni approssimative) non riuscì a mettersi i suoi sci perché in precedenza li aveva prestati al fratello “Renato” e gli attacchi non erano stati ancora risistemati per lei. La ragazza si mise allora a correre verso valle, sulla neve, in direzione Lamon, insieme con il compagno “Raul”; quando sentirono avvicinarsi i nazisti che avevano gli sci, i due si arrampicarono su due abeti per nascondersi; erano nei pressi del Col del Toc, in territorio comunale di Lamon.

Solo l’ultimo uomo della pattuglia si accorse di “Ora” e richiamò gli altri: la giovane impugnava la pistola ma alla fine – per qualche motivo – non la utilizzò, e accolse l’invito del capitano Hegenbart a scendere dall’albero.

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“Ora” fu subito interrogata ma oppose il silenzio alle domande del comandante tedesco. Hegenbart ordinò allora a uno dei soldati trentini presenti, un sottufficiale di Cavalese, di sparare alla testa di Ancilla.

Quando la pattuglia se ne andò, “Raul” scese dall’albero e seppellì “Ora” sotto la neve; la salma fu recuperata due giorni dopo da due giovani di Lamon, sollecitati dai partigiani superstiti, e trasportata al vicino rifugio Croset dove fu tumulata sotto un cumulo di sassi; dopo la Liberazione sarà traslata a Castello Tesino dove il 16 giugno 1945 si tennero i funerali amche degli altri partigiani: Isidoro Giacomin “Fumo”, Clorinda Menguzzato “Veglia”, Gastone Velo “Nazzari”, Luigi Parer “Pronto” e Dario Zampiero “Mosca”, Dorimberto Rocco Dallemule.

I FUNERALI DI "FUMO"

I FUNERALI DI “FUMO”

Dopo la guerra il miliziano che uccise “Ora” fu condannato a 22 anni di reclusione; ma ne scontò solo cinque, perché la martoriata famiglia Marighetto (nell’ottobre 1944 anche il padre di Ancilla, Giacomo, era stato fucilato dai tedeschi), acconsentì alla grazia per la quale si erano spesi esponenti della Chiesa trentina. Il capitano Hegenbart, invece, condannato all’ergastolo in Italia per una lunga serie di crimini di guerra, non fu mai estradato dall’Austria, dove visse indisturbato e morì nel 1993.

Anche se gli altri fuggiaschi compagni di “Ora” sopravvissero, quell’episodio del 19 febbraio 1945 segnò la fine del “Gherlenda”, che va considerato come la realtà più significativa della Resistenza in Trentino, nella provincia dell’Alpenvorland in cui la lotta partigiana in generale fu poco presente.

ANCILLA E GIACOMINA MARIGHETTO

ANCILLA E GIACOMINA MARIGHETTO

Ancilla Marighetto era nata il 27 gennaio 1927 a Castello Tesino. Di famiglia contadina, lavorava campagna con la sorella Giacomina. Nel 1943 era stata anche a Mortara (Pavia) a fare la mondina.

Non era un’attivista politica, men che meno, una “fanatica delle armi” o “una maschiaccia”. Era una normalissima ragazza trentina che, a diciott’anni appena compiuti, non esitò a fare la scelta più difficile dopo l’8 settembre del ’43: seguire il fratello nelle fila della Resistenza. La breve vita di quella che viene ricordata anche nella toponomastica di Trento come la partigiana “Ora”, prende la piega decisiva nel luglio del ‘44, allorché in base alle direttiva dell’amministrazione di  Franz Hofer, capo supremo della provincia, con potere di vita e di morte sui suoi abitanti, che aveva decretato l’arruolamento coatto dei trentini abili nel Corpo di Sicurezza, viene chiamato alle armi anche Celestino, il fratello di Ancilla.

CELESTINO MARIGHETTO

CELESTINO MARIGHETTO

Il ragazzo però non ci pensa due volte e pur di non trovarsi agli ordini dei nazisti decide di arruolarsi, assieme  al compaesano Rodolfo Menguzzato, nel battaglione partigiano “Gherlenda”, di stanza nel bellunese, guidato dal comandante “Fumo”.

Prima di darsi alla macchia, il giovane corre a dare un ultimo, drammatico saluto ad Ancilla e agli altri familiari nella loro casa di via Santa Croce, a Castello Tesino. Non passano molti giorni che a quella stessa abitazione si presenta una pattuglia tedesca in cerca del fuggiasco. I nazisti nel corso della “perquisizione” non esitano a distruggere mobili e suppellettili, eppure questa non sarà che una lieve anticipazione di quanto, di ben più tragico, dovrà vivere la famiglia di lì a non molto.

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La Resistenza intanto, in Trentino come in altre aree della penisola, prende una sua forma più organica, e la Gherlenda decide di distaccare una compagnia di 29 uomini sotto la Cima d’Asta, a pochi chilometri da Castello, sul Lago di Costa Brunella. Siamo a quota duemila. Tra gli effettivi della compagnia anche il fratello Celestino e Rodolfo, i cui nomi di battaglia sono “Renata” e “Menefrego”. Per Ancilla quella è la spinta decisiva.

Così, assieme all’amica Clorinda Menguzzato, sorella di Menefrego, decide di raggiungere i partigiani. Fumo esprime dapprima un certo sconcerto all’ipotesi di accogliere due donne nel gruppo, ma i dubbi durano poco e alle due vengono assegnati i nomi di battaglia: “Ora” e “Veglia”. In breve le due dimostrano di essere state un ottimo acquisto per la formazione. Apprendono senza difficoltà l’uso delle armi tanto che Fumo non esita a equipaggiare Ancilla sia di pistola che di un preziosissimo fucile mitragliatore.

giorgio gherlenda

giorgio gherlenda

Le ragazze esigono di essere messe anche nei duri turni di guardia notturni e sono in prima linea pure il 13 settembre 1944, quando il gruppo di Fumo attacca la caserma tedesca di Castello Tesino, impossessandosi di diverso materiale bellico, ma soprattutto infliggendo un pesante colpo piscologico alle forze d’occupazione. La reazione dei nazisti non si fa attendere e arriva due giorni dopo. Il teatro dello scontro è un canalone che porta verso la località di Sorgazza. I partigiani, la cui posizione è migliore, potrebbero anche sfangarla contro forze decisamente superiori se il destino non ci mettesse la mano: sulla zona, improvvisamente, si leva infatti una fitta nebbia.

Fumo ordina la ritirata, fa ripiegare i propri uomini ad uno ad uno fino a che rimane da solo a combattere. Per lui non ci sarà scampo. Per i nazisti questo non basta, e il 9 ottobre, sotto il comando del famigerato capitano Hegenbart, un battaglione di SS mette travolge il Tesino, non risparmiando Giacomo Marighetto, il papà di Ancilla e di Celestino, fucilato il giorno dopo. Perisce sotto la tortura anche Clorinda Menguzzato – della quale ci occuperemo in modo più approfondito nella prossima puntata – che fino alla fine evita di fare i nomi dei compagni. E’ un colpo troppo duro per andare avanti, e per il distaccamento arriva l’ordine di scioglimento.

CLORINDA MENGUZZATO

CLORINDA MENGUZZATO

I due Marighetto e altri due compagni decidono comunque di continuare la lotta, e compiono una serie di “colpi” contro strutture e installazioni logistiche del nemico. Arriva così il fatidico  19 febbraio del 1945, allorché il gruppo è a Malga Vallarita, tutt’intorno un bosco innevato. E’ qui che i tedeschi raggiungono i superstiti del gruppo di partigiani. Cercando di fuggire, Ancilla afferra gli sci che tante altre volte le hanno assicurato la salvezza dopo gli attentati contro gli invasori, ed anche questa volta sembra che debba cavarsela quando un proiettile gliene spezza uno.

Inseguita dai tedeschi, la diciottenne non può far altro che arrampicarsi su un abete dal quale comincia a far fuoco con la pistola contro i nazisti. Ma c’è poco da fare. Le “SS” riescono a catturarla.

GIACOMINA MARIGHETTO CON LA FOTO DELLA SORELLA ANCILLA

GIACOMINA MARIGHETTO CON LA FOTO DELLA SORELLA ANCILLA

La sua sorte, da quel momento, è segnata. E lei lo sa. Urla che non tradirà mai i suoi compagni. E una sventagliata di mitra, là sulla neve fresca, sigilla per sempre la sua promessa. Dalla motivazione della medaglia d’oro al valor militare:  “Generosa figlia del Trentino abbandonò la propria casa e la famiglia per rispondere all’appello della Patria a cui già il padre aveva sacrificata la vita. Unitamente al fratello maggiore divise i gravi rischi e i grandi sacrifici della lotta partigiana nella stagione più rigida e in zona impervia e pericolosa.

Durante un rastrellamento, con uno sci spezzato da raffiche nemiche – questa è un’altra versione dei fatti – , si rifugiò sopra un albero. Individuata, scaricò la pistola sul nemico fino ad esaurimento delle munizioni. Catturata e sottoposta a sevizie e torture non si piegò. Offertale salva la vita purché denunciasse i propri compagni, rifiutava sdegnosamente sputando in faccia ai carnefici e gridando: “Ammazzatemi, ma non tradirò mai i miei fratelli”.

IL RECUPERO DELLA SALMA DI "ORA"

IL RECUPERO DELLA SALMA DI “ORA”

Il piombo nemico stroncò la sua eroica esistenza”. Col del Tocco – Passo Broccone – Comune di Castel Tesino (Trento), 19 febbraio 1945. “Veglia” e “Ora” sono state insignite di medaglia d’oro alla memoria. I cinque corpi vengono seppelliti, per ordine del comandante del 2o Battaglione del Cst di Strigno Hegenbart, lungo il muro esterno del cimitero. Solo a fine guerra saranno riesumati, ricomposti nelle bare e deposti da mani amiche nel camposanto.

Nel corso del rastrellamento, la casa dei Marighetto, come altre, venne saccheggiata, il maso dato alle fiamme: cosi Giacomina, la sorella di Ancilla,  si rifugiò a Milano a servizio.

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