a cura di Cornelio Galas
âDarò la mia copertura a ogni comandante che nella lotta contro le bande oltrepassi nella scelta e nella drasticitĂ del mezzo la moderazione che ci è solita. Vale anche qui il vecchio principio che uno sbaglio nella scelta dei mezzi per imporsi è sempre meglio dellâomissione o della trascuratezzaâ.

Il Generalfeldmarschall Albert Kesserling
Era una cambiale in bianco che lasciava ampio margine allâinterpretazione dei metodi da usare. E Kesserling fu anche il teorico della rappresaglia preventiva. Per esercitare unâulteriore pressione e sollecitare la collaborazione, era anche possibile âarrestare ed eventualmente spedire un certo numero di abitanti a lavorare in Germaniaâ o âarrestare un certo numero di abitanti ed eventualmente deportarli in un campo di concentramentoâ.
Dalle misure di rappresaglia dovevano essere risparmiati solo i fascisti. Sulla scorta di simili âindicazioniâ si può comprendere il dramma che si abbattĂŠ su Castello Tesino nellâottobre 1944 e nei mesi successivi.
Gli informatori di Borgo avevano segnalato che ci sarebbe stato un rastrellamento. Lungo la strada da Strigno a Castello erano stati posti segnali con le scritte âBanden Gefahrâ, cioè pericolo di bande, o âAchtung Banditenâ.
Lâarciprete don Cristofolini aveva preparato la popolazione tre giorni prima, giovedĂŹ 5 ottobre, e aveva espresso lâintenzione di far voto alla Madonna che se il paese fosse stato risparmiato dalla distruzione, i capifamiglia avrebbero costruito, dopo la guerra, un oratorio per i giovani.

Don Silvio Cristofolini (Vigo Cavedine 1912 – 1953) con i cinquantenni di Castello Tesino nel 1946
La sera di domenica 8 ottobre era giĂ in corso la cerimonia, presieduta dallo stesso don Cristofolini, con tutto il clero e la popolazione, quando Albino Sordo âNinaâ corse in chiesa senza farsi vedere dal padre, che era uno dei fabbricieri, ad avvertire il cappellano del âGherlendaâ, don Francesco Sordo âCorvoâm che erano in arrivo i tedeschi.

Albino Sordo âNinaâ (Castello Tesino 1924 â 2003)
Stavano salendo da Grigno lungo la strada del âMureloâ, che si snodava per undici chilometri fino a Castello Tesino, con cannoncini e mortai trainati da cavalli, e da Strigno con moto e autocarri. âCorvoâ era presente alla cerimonia, ma essendo ricercato perchĂŠ renitente al servizio militare e perchĂŠ sfuggito alla cattura sia da parte dei repubblichini che dei tedeschi, non aveva firmato il documento del voto per non lasciare traccia della sua presenza. âNinaâ decise di recarsi in chiesa per ragguagliarlo su quello che stava accadendo.

La strada del Murelo che da Grigno porta a Castello Tesino. Quando salivano per i rastrellamenti, le truppe tedesche e del Cst, giunte a volte anche da Trento in ferrovia, percorrevano gli undici chilometri di questa strada, al riparo da eventuali attacchi da parte dei partigiani. Di qui passò anche don Narciso Sordo per il suo viaggio verso Mauthausen. La strada fu costruita durante la guerra 1915 â â18
Il cappellano del âGherlendaâ si diresse immediatamente in sacrestia, svestĂŹ i paramenti sacri e uscĂŹ. StabilĂŹ con âNinaâ di trovarsi verso le ventuno alla Madonna del Colle (o del Caravaggio) per decidere sul da farsi. Terminata la funzione religiosa, tutti gli uomini sotto i sessantâanni di dispersero nei vari masi, specialmente nella zona di Fradea da dove potevano vedere il paese.
Alcuni partigiani, allâora convenuta, si riunirono sul piazzale della chiesetta e si accorsero del lungo corteo che stava salendo da Grigno per via delle sigarette che ogni tanto venivano accese.

Panorama di Grigno in una fotografia degli anni Venti. Qui giungevano in ferrovia tedeschi e pattuglie del Cst per i rastrellamenti nel Tesino
Erano giunte per ferrovia anche formazioni da Trento. Oltre a âCorvoâ e a âNinaâ si ritrovarono âVegliaâ e âMenefregoâ, âOraâ e âRenata, âNazzari, Remo Marighetto âRitaâ e qualche altro. Su proposta di âNinaâ decisero di nascondersi in Celado fin dopo il rastrellamento. âVegliaâ e âNazzariâ non li seguirono e preferirono dirigersi verso la localitĂ âZunaâ, dove i Menguzzato avevano una casa di campagna.
Di quello che riferiremo abbiamo giĂ parlato nelle prime puntate. Ma vale la pena approfondire alcuni dettagli. Durante il percorso, âVegliaâ e âNazzariâ, incapparono in una pattuglia del Cst e vennero condotti presso il Municipio. âVegliaâ aveva solamente il suo âprosaccoâ (sacco da montagna) e âNazzariâ era in possesso di una rivoltella.

Chiesetta della Madonna del Caravaggio (detta del Colle)
Il giorno seguente Castello Tesino si trovò in stato dâassedio, circondato da circa cinquecento fra solati e poliziotti del Cst. âCannoncini piazzati sullâaltura di San Rocco, mortai e mitra, carrette cariche di zaini, di Bombe, autocarri e cavalli, cani lupo, e soldati col telo tenda sulle spalle, fermi sotto gli alberi gialli con ta-pum spianato, il mitra al collo e le bombe a mano sulla cinturaâ
I tedeschi, però, erano terrorizzati, tanto è vero che la prima notte fecero un âfuoco dâinferno sparando allâimpazzata per paura di essere aggreditiâ, scrisse nella sua relazione, finita la guerra, don Cristofolini.
Nessuno poteva entrare o uscire dal paese: anche il medico condotto Mario Tommasini ebbe difficoltĂ a rientrare in sede da Pergine, dove si era recato in bicicletta a trovare i familiari. Per dirigere le operazioni, Hegenbart si insediò allâalbergo Savoia, di proprietĂ di Giovanni Pelloso, commissario prefettizio.
Ordinò che tutti gli uomini dai 15 ai 60 anni si presentassero presso la sala del cinema comunale (palazzo Littorio, sede del Municipio). Ne arrivarono soltanto una settantina e furono rilasciati con lâavvertimento che se il giorno successivo non si fossero consegnati tutti, compresi gli sbandati, il paese avrebbe subito rappresaglie.
Gli ordini venivano impartiti tramite le autoritĂ comunali. Il 1â ottobre si ritrovarono in circa quattrocento. Durante la notte precedente erano state arrestate molte persone e sottoposte a interrogatorio negli uffici comunali. Furono rilasciati i capifamiglia e i giovani indispensabili per i lavori nei campi o per la cura del bestiame.
Circa centoventi di Castello e una ventina di Cinte Tesino furono caricati su camion e trasportati a Trento e nella zona di Pergine a lavorare per la Todt. Anche a Pieve ci fu un rastrellamento non previsto e tutti gli uomini furono convogliati nella sala dellâalbergo Tesino.
Intervenne il segretario comunale Giuseppe Girardelli, ex capoposto di Gendarmeria al tempo dellâAustria, il quale, in perfetta lingua tedesca, assicurò gli occupanti che quella gente non aveva niente a che fare con i partigiani. Furono tutti rilasciati.
RicorderĂ Teresa Zampiero, sorella di Ilario, partigiano noto con il nome di battaglia âCatinaâ:
âI tedeschi avevano adocchiato della legna giĂ tagliata nel mio cortile e mi costrinsero a portarla allâalbergo Savoia. In un corridoio passò Clorinda Menguzzato tra due tedeschi ce lâaccompagnavano in qualche luogo e mi misi a piangere. Fu lâultima volta che la vidiâ.

Clorinda Menguzzato âVegliaâ, uccisa lâ11 ottobre 1944 (non il 10 come riportato nella foto)
Erano stati arrestati anche Ermanno Pasqualini e la moglie Pierina Sordo, sorella di don Narciso.
âDalla stanza vicina uscivano lamenti e urla. Quando trascinarono fuori Giovanni Muraro, barcollante e insanguinato, capimmo. Egli aveva preso il posto di suo padre nei collegamenti in montagna con il gruppo dei miei figli ed era stato catturato.
Dalla bocca di quellâumile ed eroico giovane non uscĂŹ una parola. Col suo silenzio e la morte salvò la nostra vita, la vita di suo fratello Gregorio, la vita di Italo (Franceschini) e di Guido (Dorigato), quella dei miei figli e di tanti ragazzi del paeseâ.
Nelle tre notti tra lâ8 e lâ11 ottobre, come abbiamo giĂ detto allâinizio di queste puntate sulla Resistenza in Trentino, âVegliaâ fu sottoposta a continue torture anche da parte dello stesso Hegenbart, che le lanciò contro il suo cane lupo. Tra lâaltro il capitano voleva sapere il nome del compagno assieme al quale era stata sorpresa.

Il terzo plotone della quinta compagnia del Cst a Pieve di Bono (Trento) nellâagosto del 1944
âClorinda Menguzzato di Augusto e di Dorigato Maria fu uccisa con arma da fuoco e il cadavere fu trovato sulla strada verso Pieve poco prima della villa Daziaro, lungo una scarpata. Fu sepolta fuori del cimitero di Pieve, lungo il muro a levante dello stesso cimitero il 14 ottobre 1944.
Trasportata la salma nel cimitero di Pieve Tesino con funerale semplice il 9 aprile 1945 â ore 17â. Eâ quanto riportato nel libro dei morti di Castello Tesino alla data 11 ottobre 1944.
Lâordine di Hegenbart fu di seppellire tutti i giustiziati di quei giorni fuori del cimitero, in fosse comuni. Nellâaprile 1945 i corpi verranno ricomposti in una bara e sepolti nel camposanto. Ecco la testimonianza del dott. Tommasini:
âIn riferimento alla morte della garibaldina Clorinda Menguzzato âVegliaâ, avuta notizia che era stata fucilata, il giorno 11 ottobre 1944 mi sono recato in localitĂ Daziaro a Pieve Tesino, che era al di fuori della mia competenza di medico condotto perchĂŠ giaceva nel Comune di Pieve Tesino nellâambito del dott. Luciano Gioseffi.

“Veglia”
Essendo però la Menguzzato di Castello Tesino, era una mia assistita e appunto per questo motivo sono andato. Ho visto il cadavere in costume tradizionale abbandonato lungo la scarpata con la gonna alzata. Con altri ho provveduto a sistemare il costume ponendo una pietra sulla gonna medesima per coprirne il corpo nudoâ.
Era stato don Silvio Cristofolini, parroco di Castello Tesino, tramite alcune persone del paese, a far rivestire la salma di âVegliaâ con il costume tradizionale del Tesino.
Tre persone vennero arrestate il 10 ottobre: Giacomo Marighetto, padre di âOraâ e di âRenataâ, mentre era nel campo a âcavĂ r patateâ; Dorimberto Boso, sorpreso in casa mentre cercava di nascondere una rivoltella della prima guerra; Giovanni Muraro, vivandiere dei fratelli Ugo e Tullio Pasqualini nascosti alle malghe Viose, bloccato al ritorno dal suo solito viaggio.

Passo del Borcon – malga Valarica di sotto – la targa in memoria di Ancilla Marighetto – Ora, la partigiana uccisa da un maresciallo del Cst nel febbraio 1945
Era stato avvistato a distanza con il binocolo mentre nascondeva il biglietto riportante le nuove richieste di viveri dei suoi assistiti. La sera stessa i tre furono fucilati assieme a âNazzariâ. A nessuno di loro fu comunicata la decisione di sopprimerli. Nella constatazione di morte per âNazzariâ si parla di uno âsconosciutoâ: è la prova che âVegliaâ non aveva parlato.

CASTEL TESINO
Nel libro dei morti di Castello Tesino (XI â 1939-1955), alla data 10 ottobre 1944 è scritto:
âUno sconosciuto sullâapparente etĂ di 25 anni, alto, slanciato. Fu ucciso con armi da fuoco sulla strada di Molizza immediatamente a destra del capitello verso le 18. Fu sepolto fuori dal cimitero lungo il muro nord lâ11 ottobre 1944. Trasportata la salma nel cimitero di S. Polo con funerale semplice il 10 aprile 1945, ore 7â.
Allâinizio della strada per il Passo del Brocon, a destra, câera un capitello, poi scomparso, accanto al quale i quattro furono fucilati. Di fronte il cippo che li ricorda. Tutti i partigiani del âGherlendaâ sapevano chi fosse quello sconosciuto. Grazie al tenace silenzio di âVegliaâ, i nazisti non seppero di aver catturato e ucciso uno dei piĂš ricercati partigiani del Bellunese. Ecco il racconto degli arresti e dellâeccidio nelle parole del dott. Tommasini:
âLa sera del 10 ottobre, verso le 18, mi trovavo in piazza Crosara a parlare con una persona quando udĂŹĂŹ il passo cadenzato di militari tedeschi: era un drappello che circondava quattro prigionieri con le mani legate dietro la schiena e si dirigeva verso piazza Molizza. Riconobbi i tre di Castello, Giovanni Muraro, Giacomo Marighetto, Dorimbergo Boso e il quarto non sapevo chi fosse. Poco dopo si udirono degli spari.

CINTE E PIEVE TESINO
Al mattino seguente in ambulatorio seppi che erano stati passati per le armi. Dei tre che conoscevo, devo dire che non câentravano con i partigiani: il Muraro lâavevano catturato al ritorno dalle Viose dove era stato a portare da mangiare ai due figli di Ermanno Pasqualini, Ugo e Tullio, lĂŹ nascosti per non fare il servizio militare. Aveva una lettera da consegnare al padre dei due fratelli.

Piazza Crosara (o piazza San Giorgio) a Castello Tesino
Giacomo Marighetto aveva lâunica colpa di essere il padre di âOraâ e âRenataâ. Il Boso era stato sorpreso in casa mentre cercava di nascondere una vecchia pistola della prima guerra. Le salme erano rimaste tutta la notte sotto una fitta pioggia. Mi recai dal capitano Hegenbart per lâautorizzazione alla sepoltura.

IL RECUPERO DELLA SALMA DI “ORA”
Ordinò che fossero sepolti in una fossa comune senza alcuna presenza, neppure del prete. Pelloso, commissario prefettizio, mi indirizzò da Giovanni Franceschinelli âFiemmazzoâ per il trasporto delle salme, per il fatto che aveva un carro con mulo. Mi recai alla Molizza per la constatazione di rito: avevano tutti e quattro il cranio fracassato con frammenti di ossa e materia cerebrale dappertutto.
Erano stati colpiti in faccia. Lo sconosciuto rimase tale fino alla fine della guerra, ma i partigiani lo conoscevano bene: era Gastone Velo âNazzariâ da Feltre, moroso di âVegliaâ. Nonostante le torture, lei non aveva parlato e fu uccisa lâ11 ottobreâ.

Gastone Velo âNazzariâ (Feltre 1923 â Castello Tesino 10 ottobre 1944), vice comandante del âGherlendaâ, poi Capo di Stato maggiore
Gastone Velo era nato a Feltre nel 1923. Dopo aver frequentato la quarta industriale, aveva lavorato alla Metropole, alla Smirrel e alla Metallurgica della sua cittĂ . Da militare aveva frequentato il corso allievi ufficiali a Fano (Ancona).
Lâ8 settembre 1943 era scappato dalla caserma con unâautocorriera e, attraversato lâAppennino, a Novafeltria (Pesaro e Urbino) aveva venduto lâautomezzo perchĂŠ non cadesse nelle mani dei tedeschi. Raggiunta Rimini, inconsapevolmente si era presentato allâaiutante maggiore di Rommel con documenti falsi di tenente autista.

PARIDE BRUNETTI “BRUNO”
Lâufficiale gli aveva proposto cinquemila lire al mese perchĂŠ rimanesse al suo servizio. Aveva finto di accettare, ma aveva chiesto e ottenuto, prima di entrare in servizio, un permesso per recarsi a Trento affermando che lĂŹ aveva i genitori. Giunto a Mestre si era invece diretto a Feltre, dove era rimasto nascosto.
Si era poi messo in contatto con âBrunoâ e aveva formato la squadra âMarmoladaâ per i collegamenti e per le informazioni, rifornendo Pietena di armi e munizioni.
A guerra finita la madre di âNazzariâ renderĂ la seguente testimonianza:
âDichiaro che il 4 agosto 1944, alle tre di notte, il maresciallo Willy Niedermayer, detto Tigre, con una pattuglia di tedeschi armati sino ai denti, sfondarono la porta di casa per cercare mio figlio, ora defunto, Velo Gastone, il quale era fuggito alle due di notte dalla caserma ove prigioniero; fu percosso, torturato, gli furono strappati i capelli brutalmente lacerandogli il cuoio cappelluto.
La sera del 4 agosto, ci sorpresero ancora in camicia, ci minacciarono di portarci a Bolzano se non avessero trovato mio figlio. Ci derubarono di tutti i suoi vestiti ⌠Dopo due mesi mio figlio fu preso, torturato e ucciso, a scarica di mitraglia, in Castello Tesino, La sua morte è tomba per noi poveri genitoriâ.
Non soddisfatti dellâassassinio del capofamiglia dei Marighetto, i nazisti incendiarono il loro maso in localitĂ Zuna e non potendo dare alle fiamme lâabitazione in paese, in via Terrasanta, perchĂŠ troppo vicina alle altre case, la resero inservibile fracassando porte e finestre e rubando quanto serviva.

ANCILLA E GIACOMINA MARIGHETTO
âNel 1943 â ricorderĂ Giacomina Marighetto – con mia sorella Ancilla e altre ragazze del paese andammo a Mortara (Pavia) a fare le mondine: riso a colazione, riso a pranzo e riso a cena. Oltre al salario, per ogni giornata lavorativa ci diedero un chilogrammo di riso che ci fu spedito a casa.
Fra me e mia sorella erano ottanta i chilogrammi di quel prezioso e sudato alimento che nascondemmo in Zuna e prelevavamo ogni tanto quello che ci serviva, cercando di risparmiarne il piĂš possibile: nellâincendio andò distruttoâ.

In Celado (Castello Tesino) furono dati alle fiamme molte baite e fienili, possibili rifugi dei partigiani
Dopo la morte del padre Giacomo, âOraâ e âRenataâ rimasero in montagna, Giacomina fuggĂŹ a Milano a lavorare presso una famiglia, mentre la madre e il fratello piĂš giovane furono accolti da suor Antonia Bertamini presso lâOspedale Ricovero del paese. I soldati proseguirono le distruzioni dando alle fiamme anche la casa di campagna di âVegliaâ e una quindicina di masi in Celado.
Una colonna si diresse a piedi verso il Passo del Brocon con i coniugi Pasqualini perchĂŠ indicassero il nascondiglio dei loro due figli. Giunti allâalbergo âPizzo degli Uccelliâ, lâunico allora esistente in Brocon, âassistemmo alla fuga di un partigiano che era stato legato al sottoscala.
Mentre i soldati buttavano tutto sottosopra, rovesciando mobili e masserizie dalle finestre, egli si slegò e si buttò al di sotto dello stradone, sparendo nel bosco. Era il quindicenne Vito Ballerin, âNapoleoneâ, che era stato catturato da una pattuglia del Cstâ.

Vito Ballerin âNapoleoneâ (Castello Tesino, 1927 â Borgo Valsugana 1948). Dopo âPortafortunaâ era il piĂš giovane partigiano dâItalia
âFermi Rodolfo di Arnaldo e di Maria Moroni, nato a Cortemaggiore (Piacenza) il 16 giugno 1914, gestiva lâalbergo del passo del Brocon dove accoglieva sovente e volentieri i partigiani mettendo a loro disposizione viveri e alloggio. Fu preso dai tedeschi nel rastrellamento del 12 ottobre, accusato di aver favorito la fuga di un partigiano distraendo lâattenzione dellâufficiale tedesco di guardia.
Venne portato a Roncegno, dove il 28 ottobre subĂŹ un interrogatorio. In seguito i tedeschi lo portarono nei pressi di Campiello di Levico dove lâuccisero e lo seppellirono in campagnaâ. Lâalbergo fu dato alle fiamme.

Albergo âPizzo degli Uccelliâ al Passo del Brocon
Pierina Sordo Pasqualini fu rilasciata, mentre il marito Ermanno sarĂ trasferito nel Lager di via Resia a Bolzano. I figli non furono scovati e alla fine di ottobre ripareranno a Milano. Il giovane Vito Ballerin vide per poco tempo i giorni della Liberazione per la quale aveva lottato: morirĂ di tbc allâospedale di Borgo nel 1948.