CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE

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La redazione di Televignole, in occasione della Giornata Mondiale contro la violenza sulle Donne in programma mercoledì 25 novembre 2015, propone un interessante servizio, utile soprattutto per riflettere sul tema purtroppo sempre d’attualità.  L’autore è Maurizio Panizza, giornalista, scrittore, da tempo nostro amico e prezioso collaboratore. Ringraziamo a nome di tutti gli amici di Televignole Maurizio per questo importante contributo. E per tutti gli articoli che ci ha finora consentito di ospitare in queste pagine.(Cornelio Galas)

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La triste storia di Italia Spagnolli, un breve amore violento e contrastato, poi la sua barbara uccisione, infine l’oblio durato più di un secolo. Un lungo silenzio durante il quale l’infelice vicenda venne nascosta forse per pietà, oppure per vergogna o per sensi di colpa. Era il mese di marzo del 1910 e la primavera stava per iniziare. Italia aveva allora solo 24 anni.

Al centro, Italia Spagnolli, a sinistra la sorella Enrica.

Al centro, Italia Spagnolli, a sinistra la sorella Enrica.

 

“Ma quanto è bella l’Italia!” esclamavano spesso in famiglia, orgogliosi di quella figlia e di quella medaglia vinta ad un concorso di bellezza e forse compiaciuti anche di quel nome, Italia, contenente in sé fascino e aspirazioni per coloro che all’epoca erano sudditi austriaci, ma che guardavano oltre a Borghetto con grande speranza.

Gli Spagnolli, originari di Borgo Sacco, avevano abitato fino al 1881 a Malcesine, nel Regno d’Italia, poi si erano trasferiti non molto lontano – a Rovereto, allora Impero Austro-Ungarico – dove il papà Riccardo era tornato per lavorare da panettiere. Qui, il 24 luglio del 1885 era nata Italia e, sei anni dopo, la sorella Enrica.  Purtroppo nel 1899 il papà era morto e da allora tutto era cambiato. Infatti, se fino a quel momento la famiglia era stata in affitto “alle Campagnole” di Borgo Sacco, da quanto ne sappiamo alla morte del padre le tre donne furono costrette a lasciare quel luogo per andare a Volano, il piccolo paese in cui era nata la mamma, Edvige Volani. A dire il vero c’era anche un fratello più grande, ma pare che all’epoca lui non vivesse più in famiglia. Del resto motivi ce ne sarebbero stati fin troppi per tenerlo a debita distanza. Infatti, diverse segnalazioni del Comune di Borgo Sacco del 1899, ci confermano come Ferdinando Placido Spagnolli, di 16 anni, fosse già stato condannato a tre mesi di “carcere duro” e considerato “individuo assai pericoloso in linea di violenze” al punto da venire proposto per lui lo “sfratto da tutti i domini rappresentati dal Consiglio dell’Impero”, l’attuale foglio di via, per intenderci.

Volano, via Roma. All'interno del secondo portone c'è la casa dove con molta probabilità hanno abitato gli Spagnolli. La foto è dei primi anni ‘50

Volano, via Roma. All’interno del secondo portone c’è la casa dove con molta probabilità hanno abitato gli Spagnolli. La foto è dei primi anni ‘50

Italia, non appena compiuti i 14 anni, aveva iniziato a lavorare. A quel tempo pare che lei e il resto della famiglia fossero ospitate a Volano, da parenti, in una casa posta sull’attuale via Roma, mentre invece sappiamo per certo che dieci anni dopo, nel 1910, la ragazza era occupata come “tessitrice” presso la ditta Schröder.

Il 17 marzo di quello stesso anno, il quotidiano roveretano «Messaggero» uscì in edizione straordinaria alle sei del pomeriggio, riportando in cronaca la seguente drammatica notizia: Grave fatto di sangue. Ore 17.35. Apprendiamo ora che in un’osteria in contrada della Terra un giovanotto ed una ragazza vennero trovati feriti gravemente d’arma da fuoco. Sul posto si è recata la Commissione giudiziaria”.

Il giorno successivo la notizia campeggiava su tutti i giornali. Titolava il «Popolo» di Cesare Battisti e Benito Mussolini: “Gravissima tragedia. Un colloquio che finisce a revolverate”, mentre l’«Alto Adige» apriva la cronaca scrivendo: Un dramma di sangue. La tragedia dell’amore”.

 Ma che razza di amore può mai essere quello che pretende di conciliarsi con le parole sangue e tragedia? Un esempio crudele è proprio la storia che stiamo per raccontare, una storia in cui quello che avrebbe voluto chiamarsi amore, era purtroppo qualcosa d’altro e ben diverso, qualcosa che sapeva di morte forse fin dal suo inizio.

Tutto era cominciato qualche mese prima, quando Italia Spagnolli incontrò Fausto Boni, 28 anni, di Calliano. Fra i due si avviò una relazione che sin da subito si rivelò piuttosto sofferta per via del vizio di bere cui il giovane era dedito da molto tempo. Il Boni, poi, non pare fosse uno stinco di santo. Due anni addietro, infatti, era stato denunciato dal padre per averlo minacciato dopo essere venuti violentemente alle mani.

Mercoledì 16 marzo, il giorno prima della sparatoria, il ragazzo si era recato a Volano, dove a casa della fidanzata avvenne un’accesissima discussione innescata probabilmente dal fatto che la madre non voleva più che i due si frequentassero. Sembra, infatti, che mamma Edvige, stanca di quello sfaccendato dedito all’alcool, vedesse con simpatia un giovanotto del paese, tale Luigi Filz, il quale da tempo aveva iniziato a fare la corte alla bella Italia.

Giovedì 17, quello della tragedia, era una splendida giornata di sole. Italia, dopo il lavoro, si recò col cuore in gola presso il Tribunale di Rovereto per verificare se la madre avesse sporto denuncia contro il Boni, come aveva promesso. Il giovane, infatti, aveva minacciato di morte entrambe le donne. Se dal caso, Italia sarebbe stata intenzionata a fare ritirare la denuncia.

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La Birreria alla Scaletta di via della Terra, poco oltre Piazza S. Marco

Il destino volle, però, che nel palazzo di giustizia lei si imbattesse proprio nel fidanzato, recatosi lì per avviare la pratica di fallimento della sua piccola segheria a Calliano. Non sappiamo ovviamente cosa si dissero, certo è che i due furono visti uscire insieme e poco dopo raggiungere l’osteria alla Scaletta in via della Terra. Qui, riferirà in cronaca il «Corriere del Leno», “Ordinarono della birra e del formaggio e fecero merenda in buona armonia. Dopo circa un’ora, lasciati uscire tre giovanotti e scambiate alcune frasi vivaci, all’improvviso il Boni, estratta una rivoltella, colpì la Spagnolli con tre colpi alla testa rivolgendo poi l’arma contro se stesso.”

Al rumore delle detonazioni, molta gente si riversò in strada e nell’osteria. Accorsero le guardie e in poco tempo arrivò dall’ospedale un’autolettiga con alcuni medici. I due giovani giacevano supini a terra circondati da un lago di sangue, ma, incredibilmente, erano ancora vivi. I sanitari riscontrarono ad entrambi ferite gravissime: il Boni rantolava, privo di conoscenza e con un proiettile nel cranio; Italia, invece, era ancora presente e domandò che venisse chiamato un sacerdote.In pochi secondi, la minaccia di morte si era consumata e tutto era accaduto con il medesimo copione di altre tragedie che oggi ben conosciamo. Quelle che a distanza di un secolo, vengono ora chiamate “femminicidi” e che purtroppo si consumano sempre più frequentemente in molte, troppe famiglie italiane.

L’inchiesta, avviata immediatamente, portò alla luce alcuni fatti sconcertanti, fra cui il ritrovamento, in una tasca del giovane, di un foglio, scritto lo stesso giorno, in cui lui disponeva delle sue ultime volontà.

Una sala comune dell'Ospedale di Rovereto nel 1910

Una sala comune dell’Ospedale di Rovereto nel 1910

Come dirà ancora il «Popolo», all’indomani della tragedia tutto era ancora avvolto dal mistero e dall’incredulità sia perché alcune persone sostennero di avere visto nel primo pomeriggio i due giovani scambiarsi baci appassionati “dietro alle fosse”, ma pure per il fatto che tutta la città era molto impressionata “perché non si ricorda da un pezzo un caso si tragico.”Annoterà il «Messaggero»: “All’ospitale i medici dott. Dordi e dott. Scrinzi operarono i feriti, facendoli poi trasportare nelle rispettive sale. Anche la Commissione giudiziaria si portò all’ospitale per vedere se era possibile interrogare la ragazza. Ma quantunque essa fosse stata consapevole, non era però in grado di articolare parola in causa della frattura della mandibola e della lacerazione del palato.”  Il giornale «Trentino», diretto da Alcide Degasperi, aggiungerà laconicamente il giorno seguente: “Il Boni è morto questa notte senza proferir parola. Lo stato della Spagnolli si mantiene tutt’ora grave. Fu sottoposta all’azione dei raggi Rötgen ed i medici poterono constatare che aveva tre proiettili nella testa, dei quali finora non fu possibile estrarne che uno. Ella soffre dolori atroci. Sono al suo letto tutti i suoi parenti.”

In realtà è da dire che simili tragedie erano rare nella società dell’epoca anche perché la donna, in generale, a quei tempi non poteva permettersi di reclamare alcuna libertà dovendo sempre subire e tacere, sia nei confronti dei genitori che in quelli del marito o fidanzato che fosse. Probabilmente alla povera Italia accadde di trovarsi stretta fra due analoghi “poteri” contrastanti: quello della madre che la voleva costringere a chiudere immediatamente la relazione con il Boni, e quello di quest’ultimo che non tollerava di essere messo da parte. L’errore poi che fece la giovane – se di errore si può parlare – fu quello di ritenersi in grado di redimere un uomo che avrebbe meritato non tanto l’amore, quanto la galera. Del resto, da questo punto di vista è cambiato ben poco: oggi, come cento anni fa, spesso è fatale la “vocazione” delle donne nel voler salvare i propri uomini, quelli che non cambieranno affatto e che diventeranno poi i loro carnefici.

Purtroppo Italia Spagnolli, la bella ragazza dallo sguardo dolce e fiero e dagli occhi neri, non poté mai spiegare cosa successe in quella giornata. A distanza di otto giorni, infatti, lei spirò in una  sala comune dell’ospedale di Rovereto e il quotidiano «Messaggero», che per primo aveva raccontato del dramma, nuovamente scrisse: La protagonista della tragedia avvenuta nella nostra città la sera del 17 marzo corrente, è morta stamane alle ore 7. E’ finita così tragicamente la dolorosa storia d’amore che senza un perché ha strappato alla vita due giovinezze, mentre più luminosamente che mai dovevano loro sorridere i sogni dell’avvenire.”

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Al di là della retorica del tempo contenuta in questo annuncio, nondimeno è da dire che i percorsi dell’amore, incrociandosi con quelli della follia, a volte appaiono incomprensibili o forse… fin troppo chiari. E la prova sta in un altro biglietto rinvenuto addosso al Boni che lasciò sbigottiti pure gli stessi inquirenti. Lo scritto diceva: “Conchiuso oggi 5 marzo 1910 con Boni Fausto di Calliano e me Italia Spagnolli di Volano d’essere sempre l’un dell’altro, promettendoci di sposarci e di non essere sposa di nessuno qualunque ostacolo si frapponga fra noi, ed in fede di che giuriamo entrambi e ci firmiamo: Spagnolli Italia, Fausto Boni.”

Era troppo bella l’Italia! Ma non per questo meritava di morire.

* * *

Maurizio Panizza

Maurizio Panizza

Maurizio Panizza

© Il Cronista della Storia

maurizio@panizza.tn.it

 

 

Nb. Alcune foto sono provenienti dall’Archivio privato Spagnolli. Un particolare ringraziamento a Edith Eccher, discendente della famiglia Spagnolli, per il prezioso contributo.

 

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