CEFALONIA 1943, TANTE “VERITÀ” – 7

a cura di Cornelio Galas

Oggi, sul “caso” Cefalonia, prima di altre immagini tratte dal libro di Carlo Palumbo, propongo una prima parte di schede di un dossier: si tratta in realtà di atti di un convegno (con mostra) tenutosi nel dicembre 2013 ad Acqui Terme. Offrono, questi scritti, alcuni esempi di storiografia e memorialistica recente, senza alcuna pretesa di completezza (la bibliografia sul tema occupa ormai molte pagine): insomma una selezione significativa di testi alcuni molto recenti e poco conosciuti – delle questioni che la vicenda della divisione Acqui a Cefalonia implica.

Vale a dire: l’occupazione italo-tedesca nei Balcani e in Grecia ed i rapporti interni a questa alleanza, la vicenda militare e umana consumatasi a Cefalonia nel settembre ’43, la politica espansionistica italiana nei Balcani e nel Mediterraneo. E ancora, tragedia della deportazione nei lager, la resistenza, i processi per i crimini di guerra, la memoria e la sua riproposta alle nuove generazioni.

Le schede portano traccia anche delle diverse angolature: il punto di vista italiano, quello tedesco, quello greco; gli aspetti propriamente militari, quelli politici e ideologici, quelli esistenziali e personali. Che ci rinviano anche alla diversità, ma anche alla complementarietà del piano storiografico e di quello memorialistico.

All’intreccio tra il fare storia e il dovere civile della memoria. Una considerazione particolare meritano la testimonianza inedita (la vedremo più avanti) di Marcella De Negri sui processi ed il volume di H.Meyer, al momento la più ampia e documentata ricostruzione sulla vicenda.

Hermann Frank Meyer

IL MASSACRO DI CEFALONIA

e la 1° divisione da montagna tedesca

a cura di M.H.Teupen, prefazione di G.Rochat

Gaspari Ed., 2013

L’AUTORE

H.F. Meyer (1940-2009), spinto anche dal destino del padre, ufficiale della Wehrmacht ucciso dai partigiani greci nel 1943, a partire dalla fine degli anni Ottanta si occupa intensamente della storia contemporanea greca e ha al suo attivo diverse pubblicazioni, in particolare sulla Resistenza greca, il massacro di Kommeno e i crimini di guerra compiuti dalla 117 a divisione cacciatori in Serbia e in Grecia.

L’ultimo lavoro è dedicato alla storia della prima divisione da montagna e del XXII corpo d’armata da montagna responsabili del massacro dei soldati della divisione Acqui. Nel 2002 il comune di Kommeno lo ha nominato suo cittadino onorario.

IL LIBRO

Questo libro è basato sulle fonti d’archivio tedesche integrate con il racconto dei testimoni greci, tedeschi e italiani. L’elaborazione ha impegnato ben 12 anni; in Germania ha avuto 2 edizioni, la prima nel 2008. La traduzione italiana di E. Morandi, di oltre 500 pagine, è una versione ridotta dell’originale tedesco. Il testo è stato tradotta anche in greco e pubblicato ad Atene nel 2009.

Lo studio di Meyer ha come soggetto la 1° divisione tedesca da montagna (Gebirgstruppe) una formazione di elite, costituita all’inizio della 1° guerra mondiale e famosa per il suo contributo determinante all’offensiva austro-tedesca a Caporetto nel 1917.

Meyer ripercorre la storia della divisione e del suo comandante H.Lanz lungo le diverse campagne della 2° guerra mondiale: dal fronte occidentale alla Russia, dal Caucaso ai Balcani, prima in Montenegro e Serbia, quindi in Grecia e Albania.

Una lunga serie di combattimenti (con circa il 30% di perdite), ma anche di eccidi di prigionieri, di civili e di ebrei, con centinaia di villaggi bruciati. Nell’ultima fase è impiegata contro la resistenza greca e iugoslava. E’ questa unità a gestire la conquista tedesca di Cefalonia ed il massacro e deportazione della “Acqui” nel settembre ’43, insieme ai “cacciatori” della 104° divisione e al 910° battaglione dei granatieri.

Una vicenda cui si collegano altri episodi meno noti avvenuti negli stessi giorni nelle altre isole Ioniche: a Zacinto i tedeschi catturano senza resistenza oltre 4.200 soldati italiani; a Leucade i tedeschi uccidono comandante e ufficiali italiani e catturano il contingente; gli italiani resistono a Corfù e dopo il combattimento e la resa circa 600 soldati e ufficiali italiani sono fucilati dai tedeschi.

Nella prefazione Rochat sottolinea come il volume costituisca “la più grande ricostruzione di quanto avvenne a Cefalonia, difficilmente superabile per l’ampiezza di documentazione e per la grande onestà. Meyer non fa sconti a entrambi le parti. E tuttavia il calcolo dei caduti italiani a Cefalonia rimane un problema aperto”.

Problema al quale Meyer offre comunque un contributo importante, comparando in modo critico le diverse fonti tedesche e italiane, segnalando i “vuoti” ed evidenziando le speculazioni e manipolazioni operate sul numero delle vittime italiane, sia da parte italiana (per rimarcare il ruolo della Acqui) sia da parte tedesca (per sminuirlo e accreditare la tesi del “tradimento”).

Giunge così ad una stima di circa 2.500 caduti sull’isola (in combattimento, sotto i bombardamenti o fucilati dai tedeschi dopo la resa), di oltre 1.500 morti in mare (a causa del naufragio dei trasporti finiti sulle mine), di circa 6.700 catturati e deportati nei lager, di circa 200 sfuggiti al massacro grazie all’aiuto della popolazione greca e poi unitisi alla resistenza locale.

Una importante sezione del volume è dedicata alle inchieste post-belliche in Italia e in Germania e ai tentativi di individuare i responsabili del massacro: dal processo di Norimberga del 1948 fino al processo di Monaco del 2007.

Qui l’autore inquadra con chiarezza le pretese giustificazioni dei comandanti tedeschi circa l’impossibilità di non eseguire l’ordine di Hitler di eliminare gli italiani o la spiegazione dell’alto numero di caduti dovuto a presunti pesanti combattimenti con forti perdite da entrambe le parti (in realtà i morti tedeschi furono circa 80 e 140 i feriti).

Meyer ripercorre infine il dopoguerra: da un lato la pietosa opera di recupero dei resti delle migliaia di caduti attuata da diverse missioni italiane, dall’altro la vicenda degli ufficiali tedeschi. Rilevante la sezione iconografica e cartografica con oltre un centinaio di immagini, in gran parte inedite in Italia.

Cefalonia 1943

L’eccidio della “Acqui” e la Resistenza greca nei ricordi di un ragazzo

di Vanghelis Sakkatos

traduzione di Massimo Rapetti, Ed.Impressioni Grafiche, 2004

L’AUTORE

Vanghelis Sakkatos (1930) è nato a Cefalonia. Dopo i fatti del settembre 1943, partecipa alla Resistenza come «pioniere» nelle file dell’EAM. Agli inizi degli anni ‘50, si occupa di giornalismo ed editoria. Incarcerato per motivi politici, nel 1960 si trasferisce nella Germania Occidentale dove rimarrà fino al 1992.

Qui, con altri greci emigrati, partecipa al movimento d’opposizione alla «dittatura dei Colonnelli» e contribuisce alla costituzione e federazione delle Comunità Greche.

Scrittore e giornalista, ha pubblicato testi di storia, memorie politiche, opere letterarie e teatrali in greco e tedesco.

IL LIBRO

Sakkatos, adolescente durante l’occupazione italiana e la successiva guerra civile, testimone dei fatti di Cefalonia, ha affidato alla scrittura i ricordi di quegli eventi, scegliendo la forma del «racconto». Ha agito in lui, per così dire, un meccanismo fisiologico: chi la guerra l’ha vissuta deve raccontarla.

Suonano illuminanti, a questo proposito, le parole di Italo Calvino de “Il sentiero dei nidi di ragno”: «Avevamo vissuto la guerra, e noi più giovani – che avevamo fatto appena in tempo a fare il partigiano – non ce ne sentivamo schiacciati, vinti, “bruciati”, ma depositari esclusivi d’una sua grande eredità».

L’esperienza del conflitto mondiale prima, e della guerra civile poi – in Italia come in Grecia – faceva sì che si fosse «carichi di storie da raccontare, ognuno aveva avuto la sua, ognuno aveva vissuto vite irregolari drammatiche avventurose». Tutte, comunque, suscettibili e meritevoli di essere narrate.

Il racconto Cefalonia 1943 è articolato su un lungo flash-back in cui fatti storici e memoria personale si intrecciano e si fondono, come in una sceneggiatura cinematografica: «tutti quei ricordi gli scorrevano nella mente come un film».

Complice questo sguardo retrospettivo, l’esposizione muove così dal periodo prebellico, per arrivare all’occupazione e alla strage della «Acqui» e concludersi con gli anni ’50, quando Milio – il protagonista ormai adulto – si trova a fronteggiare la spinosa realtà socioeconomica della Grecia del dopoguerra: «Anche se l’argomento fondamentale dell’opera è la rivolta antifascista degli italiani a Cefalonia nel settembre del 1943, il mio racconto prosegue con l’epopea della Resistenza Nazionale, come la vissi allora, da ragazzo, sullo sfondo dello Ionio».

Naturalmente il recupero memoriale, fitto di associazioni emozionali, frantuma la sequenza degli eventi con aneddoti di vita quotidiana, rapidi schizzi di figure popolari, pensieri, timori e speranze della gente dell’isola. Benché possano suscitare qualche perplessità rispetto alle aspettative del lettore (specialmente italiano), questi elementi costituiscono una delle peculiarità dell’opera, poiché si allineano come altrettante tessere nella ricostruzione di quegli avvenimenti.

Pregevole rimane la descrizione del biennio d’occupazione italiana, del tumultuoso clima del settembre 1943 e degli sviluppi successivi. Infatti – dopo l’agghiacciante eccidio dei militari della «Acqui» – feroci contrapposizioni ideologiche, efferate rese dei conti tra connazionali e un ritorno all’ordine forzosamente imposto, produssero quell’odio politico e quella sete di vendetta fratricida che avrebbero a lungo insanguinato la Grecia da poco svincolatasi dal giogo italo-tedesco.

Come ha acutamente rilevato Marcello Venturi, la sezione sul dopo-strage risulta, per il lettore italiano, la più valida ed inedita: qui si evidenziano gli elementi di novità che affiorano dalla fitta rete di ricordi personali dello scrittore. Cosicché il merito di “testimonianza” costituisce la cifra più significativa dell’opera.

“SOPRAVVIVERE A CEFALONIA

La dignità di resistere del portaordini della Acqui”

di Franco Brunetta

Araba Fenice edizioni – Boves (CN) – 2013

L’AUTORE

Antonio Capra, detto Toni, è nato a San Francesco al Campo in provincia di Torino, il 29 novembre 1920. Nel 1940 partecipa alla campagna bellica contro la Francia e, a partire dal dicembre successivo, viene inviato a combattere sul fronte greco-albanese nel 17° Fanteria della Divisione “Acqui”.

Al termine di queste operazioni di guerra segue la “Acqui” a Cefalonia, con l’incarico di portaordini della Compagnia Comando del III Battaglione del 17° Reggimento Fanteria.

Nell’isola greca vive le drammatiche vicende del settembre 1943, culminate nello scontro armato contro i tedeschi, e sopravvive ai bombardamenti e alle successive fucilazioni. Fatto prigioniero, non accetta di essere deportato, così, rischiando la vita, riesce a fuggire e collabora con i partigiani ellenici.

Tuttavia, è grazie a una povera famiglia contadina che può finalmente riabbracciare i suoi cari nel maggio 1945. Questa odissea è rimasta pressochè sconosciuta fino al 27 gennaio 2013, quando – 70 anni dopo – gli è stata conferita la medaglia d’onore che la legge attribuisce ai cittadini italiani deportati e internati nei lager nazisti, rendendo merito alla straordinaria dignità di resistere del portaordini della “Acqui”.

IL LIBRO

Franco Brunetta – già premiato nel 2012 dall’ANPI nazionale per l’impegno nella ricerca storica – ha salvato dall’oblio l’ultima testimonianza vivente sul massacro di Cefalonia, facendola diventare un avvincente racconto, che trascende dai limiti temporali di quanto accadde sull’isola greca e rendendo merito alla straordinaria dignità di resistere del portaordini della “Acqui”.

I fatti sono narrati con semplicità dal reduce, spesso attraverso l’uso del dialetto piemontese, ma trovano notevoli riscontri con avvenimenti e personaggi della memorialistica, parecchi sconosciuti o poco noti. Sul piano formale, alle parole del sopravvissuto si affiancano inserti coerenti con i protagonisti citati o gli episodi narrati, senza che ciò vada a discapito della fluidità della testimonianza.

Così il libro, presentato in anteprima nel settembre 2013, propone un doppio livello di lettura: da un lato l’incredibile odissea personale vissuta dal reduce Antonio Capra, dall’altro la conoscenza storica degli avvenimenti accaduti, che trasforma un’inedita memoria individuale, in un’aggiornatissima opera divulgativa su Cefalonia, col valore aggiunto simbolico di proporla proprio nel 70° anniversario del massacro degli uomini della Divisione “Acqui”.

La vicenda del portaordini del 17° Reggimento Fanteria, ha il pregio di aiutarci a riflettere sul valore della dignità umana e rappresenta l’essenza di ciò che significa “resistere”. Quest’appassionante storia, corroborata da un ricco apparato fotografico, oltre a riportare l’attenzione sulle vittime – caduti e reduci – ben s’inserisce nel dibattito attuale e può essere nutrimento sostanzioso per la nostra ancor debole memoria civile.

Afferma Graziella Bettini, Presidente dell’Associazione Nazionale Divisione “Acqui”: “Parlare, come fa l’autore, della storia di questo militare, sottolineata da inserti storici che permettono di inquadrare (o talora, conoscere!) la tragedia della Divisione “Acqui”, penso che costituirà un importante tassello che contribuirà alla Memoria della Divisione stessa, specie in questo 70° anniversario”.

 

L’imbarco a Prevesa dei veicoli in dotazione al Gruppo tattico Dittmann. Bundesarchiv Koblenz.

Le operazioni di imbarco procedono ordinatamente sui moli di Prevesa. Bundesarchiv
Koblenz.

Prevesa, 23 settembre 1943. Imbarco dei reparti della divisione Edelweiss. Bundesarchiv
Koblenz.

Prevesa, 23 settembre 1943. Reparti in attesa dell’imbarco per Corfù. Bundesarchiv
Koblenz.

Un gruppo di Gebirgsjäger della divisione Edelweiss nel porto di Prevesa, in attesa dell’imbarco per le operazioni a Corfù. Bundesarchiv Koblenz.

La spedizione a Corfù: il Comando in partenza. Bundesarchiv Koblenz.

L’imbarco a Preveza: carico di pezzi di artiglieria. Bundesarchiv Koblenz.

L’imbarco a Preveza: carico di pezzi di artiglieria. Bundesarchiv Koblenz.

Imbarco dei muli, necessari per il trasporto sui difficili percorsi dell’isola greca.
Bundesarchiv Koblenz.

Le ultime disposizioni prima della partenza per Corfù. Ancora il generale von Stettner.
Bundesarchiv Koblenz.

Il Generalmajor Walther Ritter von Stettner, secondo da sinistra, riconoscibile dalla
«Ritterkreuz», la Croce del Cavaliere, che si porta al collo. Bundesarchiv Koblenz.

I comandanti della spedizione contro Corfù. L’imbarcazione ha appena lasciato il molo
di Prevesa. Bundesarchiv Koblenz.

Il generale von Stettner sull’imbarcazione che si sta allontanando da Prevesa.
Bundesarchiv Koblenz.

Il generale von Stettner sull’imbarcazione che si sta allontanando da Prevesa.
Bundesarchiv Koblenz.

Il generale von Stettner sull’imbarcazione che si sta allontanando da Prevesa.
Bundesarchiv Koblenz.

In viaggio per Corfù. Si prepara il rancio. Bundesarchiv Koblenz.

Gli ufficiali del Gruppo tattico Dittmann a colloquio col generale von Stettner. Bundesarchiv Koblenz.

In navigazione verso Corfù. Bundesarchiv Koblenz.

Navi di ogni genere trasportano soldati tedeschi dalla terraferma a Corfù per disarmare
i reparti della Acqui. Bundesarchiv Koblenz.

In navigazione verso Corfù. Bundesarchiv Koblenz.

L’ufficiale a destra è il Leutnant Michael Pössinger, riconoscibile dalla Croce del
Cavaliere. Bundesarchiv Koblenz.

Il generale von Stettner durante la navigazione. Bundesarchiv Koblenz.

Il generale von Stettner durante la navigazione. Bundesarchiv Koblenz.

Il generale von Stettner durante la navigazione. Bundesarchiv Koblenz.

Il Gruppo tattico Dittmann giunge di fronte alle lagune di Corissia, nella zona sudoccidentale
di Corfù. I primi uomini sbarcano sulla spiaggia a bordo di canotti. Bundesarchiv
Koblenz.

Il Gruppo tattico Dittmann giunge di fronte alle lagune di Corissia, nella zona sudoccidentale
di Corfù. I primi uomini sbarcano sulla spiaggia a bordo di canotti. Bundesarchiv
Koblenz.

Sbarco dei muli sulla spiaggia delle lagune di Corissia. Bundesarchiv Koblenz.

Le operazioni di sbarco procedono ordinatamente, sotto la vigilanza di alcune navi da
guerra ferme più al largo. Bundesarchiv Koblenz.

L’arrivo a Corfù. Testa di ponte tedesco presso Ankona, sbarco di cacciatori di montagna
dalle zattere. Bundesarchiv Koblenz.

Lagune di Corissia, forse 24 settembre 1943. Sbarco di un mulo. Bundesarchiv Koblenz.

Lagune di Corissia, forse 24 settembre 1943. Sbarco di un mulo. Bundesarchiv Koblenz.

Proseguono le operazioni di sbarco dei cacciatori da montagna tedeschi. Bundesarchiv
Koblenz.

Proseguono le operazioni di sbarco dei cacciatori da montagna tedeschi. Bundesarchiv
Koblenz.

Proseguono le operazioni di sbarco dei cacciatori da montagna tedeschi. Bundesarchiv
Koblenz.

Sistemate le casse di munizioni, i cacciatori si preparano. Bundesarchiv Koblenz.

Sistemate le casse di munizioni, i cacciatori si preparano. Bundesarchiv Koblenz.

Sistemate le casse di munizioni, i cacciatori si preparano. Bundesarchiv Koblenz.

Reimbarco dei feriti da Corfù. Bundesarchiv Koblenz.

Reimbarco dei feriti da Corfù. Bundesarchiv Koblenz.

Conducente carica il suo mulo; in alto idrovolante, a bordo si trova probabilmente il
generale Lanz che controlla le operazioni dall’alto. Bundesarchiv Koblenz.

I reparti tedeschi avanzano ordinatamente verso l’interno di Corfù, in direzione nordest.
Bundesarchiv Koblenz.

Un primo gruppo di italiani disarmati che si è arreso «in tempo» attende di avviarsi
verso la prigionia. Bundesarchiv Koblenz.

Soldati italiani prigionieri in attesa: gli ufficiali sulle sedie, i fanti per terra o in piedi.
Bundesarchiv Koblenz.

Uno dei pezzi di artiglieria in posizione dopo lo sbarco. Bundesarchiv Koblenz.

Il Leutnant Michael Pössinger. Bundesarchiv Koblenz.

Soldati dell’Edelweiss in riposo. A sinistra rotoli di filo per telefoni da campo.
Bundesarchiv Koblenz.

Cacciatori alpini in marcia. Bundesarchiv Koblenz.

I cacciatori alpini obbligano ragazzi greci per portare le loro armi. A destra un MG 34,
una mitragliatrice multiruolo prodotta in massa dalla Mauser. Bundesarchiv Koblenz.

Ragazzi greci utilizzati come portatori di armi. Bundesarchiv Koblen.

«Tutti i sottufficiali portavano binocoli da campo!». Edelweiss in movimento, a sinistra
un sottufficiale riconoscibile dal binocolo al collo. Bundesarchiv Koblenz.

Dopo la battaglia: colonna dell’Edelweiss attraversa un villaggio; porte, finestre e
persiane chiuse; una donna e due bambini guardano dall’uscio della loro casa. Bundesarchiv
Koblenz.

I vincitori: colonna di cacciatori in marcia dopo la fine dei combattimenti. Bundesarchiv
Koblenz.

Marcia di mattina presto: strade polverose, muli carichi, rari camion. Bundesarchiv
Koblenz.

Marcia di mattina presto: strade polverose, muli carichi, rari camion. Bundesarchiv
Koblenz.

Colonna della Edelweiss in movimento: civili greci con muli obbligati per il trasporto.
Bundesarchiv Koblenz.

Soldati italiani disarmati si avviano alla prigionia. Il fotocronista li riprende da una
camionetta militare. Bundesarchiv Koblenz.

Soldati italiani disarmati si avviano alla prigionia. Il fotocronista li riprende da una
camionetta militare. Bundesarchiv Koblenz.

La colonna di italiani in marcia vista da dietro. Ai lati i soldati tedeschi. A sinistra un
giovane greco utilizzato per portare un’arma più pesante. Bundesarchiv Koblenz.

In mezzo alla strada italiani disarmati si avviano alla prigionia; a sinistra cacciatori
tedeschi si muovono in direzione opposta; a destra spostamento di mezzi pesanti.

I soldati tedeschi, su un cingolato, mentre osservano soddisfatti la colonna di italiani prigionieri. Bundesarchiv Koblenz.

I cacciatori trasportano pezzi pesanti in punti strategici. Bundesarchiv Koblenz.

Lavori di sistemazione di una postazione tedesca. Bundesarchiv Koblenz.

Corfù, settembre 1943. Spostamento di un mezzo di artiglieria pesante. Si tratta
dell’ultima foto della serie di tre rullini conservati nel Bundesarchiv Koblenz.

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