ALTO ADIGE, BOMBE E SEGRETI – 3

a cura di Cornelio Galas

Quale il coinvolgimento dei servizi segreti, di Gladio e dei neofascisti negli attentati in Alto Adige? Cominciamo ad affrontare questo delicato argomento con una relazione del senatore Lionello Bertoldi, approvata, dalla Commissione Stragi, il 14-15 aprile 1992.

Lionello Bertoldi

Lionello Bertoldi, nato a Levico (Trentino), consigliere comunale a Laives ed a Bolzano del P.C.I. dal 1964 al 1988, senatore dal 1987 al 1992, presidente dell’ANPI

“(…) Nel luglio 1971 si svolse in località Valdurna, nei pressi del Lago Negro, a quota oltre i duemila metri, un campeggio con esercitazioni da parte di un gruppo di una decina di iscritti al Msi. La magistratura di Bolzano aprì all’epoca un’inchiesta sulla base di dichiarazioni di due partecipanti, secondo i quali si era trattato di un vero e proprio campo militare con uso delle armi ed addestramento a marce di lunga durata.

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Il procedimento avviato per reati gravissimi si concluse sia in primo grado che in appello con l’assoluzione degli imputati. L’istruttoria fu portata avanti dal primo giudice istruttore «senza molta convinzione ed anzi con molta fiacca e fra incertezze ed omissioni». Giudice istruttore era Martin. Pubblico ministero Giudiceandrea che «si deve dolere della caparbia ed ingiustificata decisione del giudice istruttore di rifiutare l’ispezione dei luoghi dove si tenne il campeggio.

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Fu quindi impossibile trovare resti e prove dell’uso delle armi e delle esercitazioni a fuoco, denunciate da due dei partecipanti. Fra i partecipanti processati, tutti iscritti al MSI, figuravano almeno volontari nazionali del MSI legati a vicende di campi paramilitari analoghi a vicende eversive per le quali successivamente saranno espulsi dal Msi.

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Nel suo memoriale “L’albero caduto”, allegato come appendice alla sentenza-ordinanza del Pm Guido Salvini sulle indagini riguardanti l’eversione di destra e i depístaggi, Vincenzo Vinciguerra scrive: «Il Msi che si era mobilitato negli anni 1953-54 per “Trieste italiana”, si adoperò anche per evitare che il Sud Tirolo ottenesse di sganciarsi dall’Italia.

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Giorgio Almirante

Non si attivò solo politicamente, nelle sedi parlamentari e nelle piazze, muovendo i suoi attivisti, ma lo fece anche segretamente impegnando i propri uomini nell’azione diretta contro i sud-tirolesi. Risulta che Giorgio Almirante, nel ’64, inviò in Alto Adige Enzo Maria Dantini, romano, attivista, per compiti sui quali sarebbe giunto il momento di fare piena luce, escludendo pacificamente che il Dantini si sia spostato dalla Capitale, dietro ordine personale di Almirante, per partecipare a qualche distribuzione di volantini in quel di Bolzano (…)”.

Stefano Delle Chiaie

Stefano Delle Chiaie

Forse, i compiti del Dantini non erano prettamente politici come non lo erano, con totale ed assoluta certezza, quelli di Tazio Poltronieri, bolognese, che partecipò, secondo l’attendibilissima affermazione di Stefano Delle Chiaie, all’omicidio di Alois Amplatz, nel settembre del ’64. Chi attivò Poltronieri? Chi lo indusse a partecipare alla guerra segreta che i servizi segreti italiani, militari e civili, hanno scatenato in Sud Tirolo?

Luis Amplatz

Luis Amplatz

La risposta si trova in quanto affermato sempre dal Delle Chiaie, che il Poltronieri, trovatosi in difficoltà, venne aiutato sul piano giudiziario, con la fornitura di un alibi, da Giorgio Almirante e dal senatore Cremisini contrariamente a quanto fece Arturo Michelini che, poco cavallerescamente, si tirò indietro».

Tra i partecipanti con funzione di istruttore, che sceglie il campo, che ha rilievo particolare nel presunto uso delle armi, vi è Giuseppe Sturaro, iscritto al Msi dal 1960 e facente parte dal 1968 della Upi Primula di Gladio, al n. 515 dei componenti ufficiali Gladio.

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Amplatz e Klotz: chi sparò contro di loro e perché?

E’ il ventottesimo iscritto al MSI che appartiene contemporaneamente a Gladio conosciuto nella Commissione; in Alto Adige ne incontreremo altri due in Amos Spiazzi ed in Francesco Stoppani. Giuseppe Sturaro figura anzi essere passato dall’Unità Pronto Impiego Primula all’Unità di Guerriglia Bolzano.

Amos Spiazzi

Amos Spiazzi

L’allora capitano Spiazzi dichiarò di aver fermato in Alto Adige, il 20 agosto 1961, due attentatori che si qualificarono come componenti dei “servizi speciali”. La vicenda è stata confermata davanti alla Commissione parlamentare sulla P2 e durante la trasmissione “La notte della Repubblica”.

In quella sede l’ufficiale, poi coinvolto nella vicenda della Rosa dei Venti, disse tra l’altro: «Sono fermamente convinto che, così come tanti altri fatti gravi del nostro paese, anche in Alto Adige si voleva, me ne sono accorto allora per la prima volta, creare un determinato clima di tensione i cui frutti si vedono purtroppo tristemente oggi».

La vicenda è stata archiviata dalla magistratura nel 1990 ma ha trovato successive conferme nelle dichiarazioni rese dal maresciallo dei Carabinieri Cosimo Provenzano.

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(…) Ora la Commissione ha accertato che un iscritto al MSI appartenente alla struttura segreta e clandestina ha istruito altri appartenenti al MSI, a loro volta coinvolti in vicende eversive. (…) Vi sono state carenze ed omissioni da parte della Magistratura e da parte di organismi di sicurezza o dei Servizi.

Vi è stata ancora una volta una palmare contraddizione con le dichiarazioni ufficiali su Gladio a cui non avrebbero potuto appartenere elementi attivi iscritti a partiti politici. Ancora una volta un appartenente a Gladio, estremista di destra, opera in Alto Adige. Lo stesso è coinvolto e vittima nel 1971 di un episodio terroristico.

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La relativa tranquillità per quanto riguarda atti di terrorismo è interrotta nel 1978: dieci attentati, riappare la sigla Ein Tirol, ma anche sigle diverse, anche italiane, per rivendicare attentati. Ma è nel 1979 che un fenomeno terroristico diverso, ora facilmente riconoscibile perché diretto contro obiettivi “tedeschi”, diventa virulento.

Fanno la loro comparsa le sigle di rivendicazione come API (Azione Protezione Italiani) o MIA (Movimento Italiani Alto Adige) o sigle di minaccia “Pattuglia avanzata capitano Gentile”.

(…) L’episodio più sconcertante avviene il 4 dicembre 1979. Nella notte dal 3 al 4 dicembre vengono eseguiti sei attentati dinamitardi su sei obiettivi in sei località diverse, molto distanti fra loro e praticamente alla stessa ora.

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Gli obiettivi scelti sono impianti di risalita (funivie e seggiovie) di proprietà di privati o società “tedesche”. In tutti la medesima tecnica precisa, capace di provocare il massimo danno con il minimo uso di esplosivo, senza nessun pericolo per le persone.

Il medesimo preciso uso dell’esplosivo collocato espertamente su parti tecnicamente più vulnerabili dell’impianto. Quasi una stessa mano esperta, ma con la necessità di coinvolgimento di almeno 18 persone, tre per ogni obiettivo.

Un terrorista che individua l’obiettivo, uno che è capace di scalare i piloni, uno che fa fuggire i primi due. Quasi una esercitazione militare di guastatori. Si presume che per tali serie di attentati sia stata necessaria anche una struttura di sostegno sul posto forse altrettanto numerosa.

Il blocco di tutte le strade della provincia dopo le esplosioni non dava nessun esito. Una operazione perfetta, quasi militare, dirà la Magistratura che ha ora ripreso le indagini su API e MIA, anche perché le indagini della Magistratura in precedenza erano state quasi inesistenti.

Una osservazione è possibile sui nostri Servizi allertati e presenti da tempo nel terrorismo in Alto Adige, sugli organismi di sicurezza, sulla stessa Magistratura: quale è stata in merito la loro azione? Hanno svolto correttamente e fino in fondo il loro compito istituzionale? Attentati terroristici seguiranno ad opera di Ein Tirol specie in corrispondenza di occasioni elettorali.

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La rivendicazione Ein Tirol finirà solo con l’arresto e la condanna di Karl Ausserer da parte degli organi di sicurezza austriaci finalmente coinvolti. L’ultima rivendicazione “italiana” di attentati di ritorsione contro “tedeschi” è del 22 agosto 1988 a Lana.

Finalmente se ne è accorto anche il Governo italiano che per bocca del presidente De Mita dichiara, il 23 novembre 1988: «Il 20 agosto nei pressi di Lana, ed è la prima volta in questi tre anni, è stata compiuta un’azione dinamitarda di modesta entità di matrice italiana, ed è riapparsa la sigla MIA, minacciante atti di ritorsione contro elementi di lingua tedesca».

Parliamo di Francesco Stoppani: nato nel 1948, sottotenente presso il battaglione alpino Trento a Monguelfo (Bolzano) dal 15 ottobre 1975 al 15 luglio 1976. Procuratore legale presso lo studio del padre a Roma; iscritto al MSI alla pari del padre che ne è esponente e candidato alle elezioni politiche.

Ciriaco Demita

Ciriaco De Mita

Risulta appartenente a “Gladio” ed aver frequentato corsi di addestramento al tiro ed all’uso di ogni arma presso la base addestramento del Cag in Sardegna (località segreta sul mare). Conosciuto ed in rapporto con il generale Santovito, capo del SISMI, e con il generale Paolo Inzerilli, allora colonnello, capo 5 a Sezione “R” (Gladio).

Paolo Inzerilli

Paolo Inzerilli

Paolo Inzerilli, Francesco Stoppani e Francesco Mura sono stati assolti dalla seconda Corte di Assise di Roma, il 19 febbraio 1994, dall’accusa di banda armata e da quella di aver progettato, all’inizio degli anni ’80, attentati in Alto Adige, Austria e Germania Federale. La denominazione del gruppo era – secondo l’accusa – MIA (Movimento Italiani Alto Adige).

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La Corte ha stabilito che le ipotesi accusatorie per banda armata non siano punibili quando coloro che «prima che sia commesso il delitto per cui la banda armata venne formata, e prima dell’ingiunzione dell’autorità e della forza pubblica, o immediatamente dopo tale ingiunzione, si ritirino dalla banda stessa».

Per Inzerilli, già ultimo comandante di Gladio prima dello scioglimento e capo di Stato Maggiore del SISMI, era stata chiesta la condanna a 8 anni. Per Stoppani erano stati chiesti 6 anni e 5 anni e mezzo per Mura. A Stoppani, non appartenente all’epoca né alle Forze Armate, né ai servizi di sicurezza, fu dato incarico di rapire all’estero o, eventualmente, uccidere Peter Kienesberger, già condannato in Italia all’ergastolo per la strage di Cima Vallona.

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Peter Kienesberger

Stoppani avrebbe dovuto anche colpire tralicci in Alto Adige. L’operazione, voluta dal direttore del Sismi, generale Santovito, fu pianificata da Inzerilli e da Mura. Stoppani venne addestrato a Capo Marargiu, nella base di Gladio, all’uso degli esplosivi, fu dotato di un passaporto di copertura. Stoppaní si vantò della sua attività con un ufficiale dell’Arma delle sue prossime azioni dicendo anche «di conoscere bene il capo del MIA e che questo è inoltre noto al Sismi».

Il generale Giuseppe Santovito

Il generale Giuseppe Santovito

Mura, responsabile all’epoca del settore aereo di Gladio, predispose le due operazioni che furono bloccate solo dalla propensione di Stoppani a parlare troppo nel corso dei suoi frequenti giri di sopralluogo in Alto Adíge.

Dirà Sportelli che si trattava di un rapporto fuori dagli schemi ordinari. I rapporti tra Stoppani, Santovito ed Inzerilli erano sicuramente precedenti il 1980. Prima di tale data (è sempre Sportelli che parla) Santovito gli confermò di aver dato incarico “generico” allo Stoppani di rintracciare in Austria un terrorista per portarlo in Italia.

L’impiego, per esigenze “R” (cioè Gladio), dello Stoppani è confermato da una lettera del colonnello Mario Sardo del 9 ottobre 1979. E’ quindi per via di questo incarico di esigenze “R” che soggiorna in Alto Adige, in Valle Aurina, a S. Candido nel 1979 e nel 1980 e che prende contatti con ufficiali e militari del posto.

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Il 19 gennaio 1980 si presenta al capitano Antolini a S. Candido e confida di far parte del SISMI di essere amico di Santovito, di effettuare sia per convinzione che per denaro “lavori sporchi” ma a buon fine. Di avere incarico di rapire, trasportandolo attraverso la Svizzera (per via sperimentata) in Italia, Peter Kienesberger o di ucciderlo come atto di ritorsione nella sua casa di Norimberga già localizzata. Di conoscere il capo MIA, ben noto al SISMI.

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Di poter dimostrare di essere parte dell’organizzazione telefonando alla presenza di Antolini al numero riservato del colonnello Paolo Inzerilli capo “R”. Il capitano Antolini non ci sta, ed inoltra rapporto informativo per via gerarchica.

Francesco Stoppani diventa immediatamente un mitomane e sulla sua scheda Gladio verrà scritto in data 25 gennaio 1980 «da non utilizzare». Ma perché proprio Peter Kienesberger, criminale responsabile secondo la Magistratura italiana di attentati omicidi? Peter Kienesberger è stato già in contatto e confidente del SID del colonnello Monico. Schgor, del centro Cs Bolzano, conferma infatti di aver avuto quattro incontri con Kienesberger in Svizzera assieme a Monico e a Pignatelli. Peter Kienesberger, neo-nazista, pupillo di Burger4 è in rapporto con il SID e sa molte cose.

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Quattro incontri in Svizzera, la Svizzera è per questo una via “sperimentata”. L’incarico a Stoppani da Santovito SISMI e da Inzerilli sezione 5/a “R” c’è stato effettivamente e non è generico.

Lionello Bertoldi

Lionello Bertoldi

Intervenendo in Commissione Stragi, il 15 aprile del 1992, il senatore Bertoldi ha detto:

“E’ certo che, passato il 1962, fanno la loro comparsa in Germania Federale e in Austria personaggi che hanno la duplice veste di terroristi, apertamente neo-nazisti, e di agenti dei servizi segreti.

E’ il caso di Herbert Kuhn, responsabile di un attentato a Verona, lì processato e poi scomparso; è soprattutto il caso dell’architetto Charles Joosten, sicuramente appartenente alla “organizzazione clandestina NATO” come appare dalle carte. E’ il caso di Norbert Burger e Peter Kienesberger, arrestati in Austria e subito rilasciati. Sono legati ai servizi? Quali servizi?».

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Ma il SISMI ed “R” Gladio hanno dato assieme un incarico di rapire o di uccidere. Che agente è Stoppani? Che sezione è quella cui appartiene? E’ la sezione “K” di Gladio? Può effettivamente essere conosciuto da Stoppani e da Santovito il capo del MIA? (…)

La Commissione non deve però ricercare reati ed i loro responsabili e quindi ha già ora prove e certezze che i Servizi sono andati ben oltre il loro compito istituzionale nei loro progetti di iniziative e che ancora una volta Gladio è intervenuta in Alto Adige e lo ha fatto alla fine degli anni ’70.

E’ ancora chiaro che il Governo, il Ministro non hanno esercitato, o potuto esercitare, alcun controllo. Ho descritto episodi di cui la Commissione ha acquisito documentazione probante adeguata e per i quali vi sono riscontri sufficienti.

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Ho evitato di fare riferimento ad organizzazioni complessive, a strategie e ad un filo logico del terrorismo lungo un confine strategico della NATO. Compito della Commissione, e quindi mio, è quello di trarre dagli accertamenti le possibili osservazioni sull’intervento, sull’adeguatezza e sul funzionamento di organismi dello Stato e dei Servizi, durante il troppo lungo periodo di terrorismo in Alto Adige.

Per me è certo che vi sono state carenze e deviazioni preoccupanti, per cui il Parlamento dovrà intervenire con rapidità ed energia. Quello che è ancora più evidente è che da parte del Governo e dei Ministri responsabili è mancato coordinamento e soprattutto controllo degli organismi, compresi quelli segreti.

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Ho evitato di aggiungere moltissimi altri episodi che fanno parte di una dolorosa letteratura della lunga notte del terrorismo in Alto Adige, anche se questo avrebbe consentito una lettura più agevole del filo che lega i diversi episodi analizzati, che posso riassumere:

  • 1) La notte dei fuochi del 12 giugno 1961 non poteva cogliere di sorpresa gli organismi dello Stato, i Servizi: perché c’è stata questa carenza di funzionamento?;
  • 2) il colonnello Amos Spiazzi arresta nel 1961 agenti SIFAR che intendono fare attentati e questi agenti risultano effettivamente essere stati fermati. Spiazzi è iscritto al MSI o appartiene ad Avanguardia Nazionale ed è anche un gladiatore;
  • 3) il generale Capriata parla di attivazione di Gladio in Alto Adige e il capo del SID Monico utilizza un informatore di Gladio in Austria;
  • 4) i Carabinieri, la questura, l’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno, la Magistratura sono al corrente od organizzano l’assassinio di Amplatz a Malga Brunner. Il Servizio segreto ne è al corrente o collabora per fini diversi;
  • 5) per ordine di Henke, capo dei Servizi, due ufficiali Gladio predispongono piani di rappresaglia in territorio austriaco;
  • 6) la Questura, l’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno sono coinvolti nell’attentato fasullo al Brenner Express a Bressanone tramite il loro confidente Joosten, il 15 novembre 1964, alla vigilia delle elezioni provinciali;
  • 7) la strage di Malga Sasso del 9 settembre 1966 dimostra che un meccanismo di infiltrazione e di informazionee consentiva al controspionaggio ed ai Servizi di conoscere preventivamente, forse fin dagli inizi, i progetti criminali degli attentati. Il terrorismo ha però continuato a divampare;
  • 8) il metodo della ritorsione per gli attentati, diretta sia all’interno contro la popolazione tedesca che in Austria, è stato adottato, per lunghi periodi, dal terrorismo in Alto Adige e non solo per gli episodi più significativi e vergognosi come il rastrellamento di Montassilone;
  • 9) l’episodio del campo di addestramento paramilitare di Passo Pennes (estate 1971) dimostra che un iscritto al MSI, appartenente a Gladio con responsabilità all’interno della struttura Api Primula e poi Unità di guerriglia, ha addestrato iscritti al MSI e Volontari Nazionali del MSI, coinvolti in fatti eversivi. Dimostra anche che la Magistratura non ha operato sino in fondo il suo compito istruttorio ed indagativo;
  • 10) l’iscritto al MSI e reclutato in Gladio, Stoppani, ha avuto incarico dai Servizi di organizzare il rapimento e l’uccisione di Peter Kienesberger, terrorista già coinvolto in precedenza dai Servizi. L’elenco è quello di una costellazione di mancanze a compiti istituzionali di Servizi e di corpi dello Stato, ma anche di deviazioni gravi ed anche delittuose da questi compiti. Rappresenta una prima risposta alla domanda di fondo perché le pacifiche popolazioni dell’Alto Adige sono state costrette a convivere con il terrorismo per trenta anni della loro storia. *documento approvato dalla
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